All’origine dell’Alzheimer e delle altre due più comuni forme di demenza potrebbe esserci un problema a livello del “sistema digerente della cellula”, la via endo-lisosomiale. Non sarà un percorso facile, ma se le nostre evidenze saranno confermate da ulteriori studi, si potranno aprire nuove frontiere terapeutiche, conferma Roberta Ghidoni, Direttrice Scientifica dell’IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia e coordinatrice del progetto europeo “EU Joint Programme-Neurodegenerative Disease Research JPND LODE” che studia tali meccanismi nella malattia di Alzheimer, nella demenza frontotemporale e nella demenza a corpi di Lewy. Lo studio,, coordinato dalll’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia in collaborazione con l’Università di Anversa e l’IRCCS Besta, ha incluso 948 soggetti ed è stato recentemente pubblicato sulla rivista International Journal of Molecular Sciences.
La via endo-lisosomiale rappresenta il “sistema digerente” della cellula, in quanto è responsabile di degradare e riciclare molecole, tra cui le proteine: regola il trasporto delle proteine dallo spazio extracellulare alla cellula, lo smistamento delle stesse all’interno della cellula ed infine la loro degradazione mediata da vescicole lisosomiali o il loro riciclo in altre strutture vescicolari. La malattia di Alzheimer, la demenza frontotemporale e la demenza a corpi di Lewy, le tre principali forme di demenza, sono tutte caratterizzate da un accumulo di proteine a livello cerebrale: per questo si ipotizza che una alterazione nella via endo-lisosomiale possa rappresentare un meccanismo molecolare comune alle tre forme di demenza. «Questi dati sono importanti in quanto mettono in luce l’esistenza di un meccanismo molecolare comune alterato nelle tre differenti forme di demenza» specifica Ghidoni, che è anche responsabile del Laboratorio Marcatori Molecolari dell’IRCCS. «Abbiamo caratterizzato geni appartenenti alla via endolisosomiali nelle tre patologie: il più interessante è quello responsabile del trasporto/smistamento delle proteine all’interno della cellula (SORL1), ma ve ne sono altri due da indagare e forse altri cinque» commenta. «Tali alterazioni possono verificarsi in differenti punti chiave del complesso meccanismo che regola il riciclo, il trasporto e la degradazione di proteine a livello intra-neuronale. Sappiamo che le tre forme di demenza hanno in comune l’essere caratterizzate da accumulo di proteine a livello cerebrale ed i geni identificati regolano questi processi» aggiunge. Un elemento interessante è che le manifestazioni cliniche associate sono diverse e ciò può dipendere altri fattori individuali (genetici/epigenetici/ambientali) in grado di modulare in modo differenziale l’espressione della malattia. «Il nostro impegno è quello di svelare nuovi possibili target terapeutici. I risultati sono frutto del lavoro svolto nell’ambito del progetto europeo EU Joint Programme-Neurodegenerative Disease Research JPND LODE» conclude Ghidoni.
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