Anestesia e Rianimazione

Introduzione

L’anestesia spinale continua è una metodica che permette un’anestesia/analgesia neuroassiale con modeste dosi di anestetico locale e oppiacei somministrati in bolo durante l’intervento e in pompa elastomerica nel periodo post operatorio. Si tratta di una tecnica conosciuta da anni, ma poco usata per la carenza di materiali idonei e per i potenziali rischi di infezioni ad essa correlati.

Metodologia

Scopo del lavoro sarà quello di mettere a confronto due tecniche anestesiologiche diverse. L’anestesia generale con IOT e l’anestesia spinale continua.
Tale confronto verrà fuori da vari giudizi fatti dal chirurgo operatore, dall’anestesista e dal personale infermieristico di reparto che ha seguito il decorso post operatorio.
L’anestesia spinale continua è la tecnica di produrre e mantenere l’anestesia spinale con piccole dosi di anestetici locali iniettati a intermittenza nello spazio subaracnoideo, interessando i metameri di pertinenza chirurgica, attraverso un catetere a permanenza estremamente sottile, mentre l’analgesia postoperatoria può essere realizzata attraverso l’infusione continua di farmaci con una pompa elastomerica collegata al catetere https://impotenzastop.it.
Questa tecnica è ben consolidata con vantaggi importanti quali l’elevata efficacia analgesica, la rapida insorgenza, l’effetto minimo sullo stato mentale, riduzione della perdita di sangue e la protezione contro le complicanze tromboemboliche. Inoltre, la modalità di somministrazione del farmaco migliora la stabilità emodinamica rispetto a un unico regime in bolo.
Recentemente, l’introduzione di cateteri di basso calibro nell’anestesia spinale continua, ha permesso di diminuire le dosi di anestetici e i volumi con buona analgesia e complicazioni ridotte.
Questo studio confrontando due tecniche diverse, ne valuta il comfort post intervento, la capacità di ripresa del paziente, il controllo del dolore post operatorio, la ripresa della canalizzazione intestinale. Gli outcome secondari sono gli eventi avversi associati con l’anestesia spinale continua.

Materiali e Metodi


Quindici pazienti sono stati randomizzati a ricevere anestesia generale con IOT, Diprivan all’induzione, fentanil e Cisatracurio, mantenimento con gas Desflorane ed elastomero per 48 ore nel post operatorio con morfina (0,6 mg/h) e ketorolac (3,75 mg/h) (GRUPPO A narcosi).
Altri quindici pazienti sono stati trattati con anestesia spinale continua e dopo aver posizionato il catetere Kit spinolong nel metamero scelto si inietta Levobupivacaina 2,5mg + 2,5mg + 2 mg+ fentanil 15mcg ed eventuale rabbocco di 1 mg a due ore dall’inizio di Levobupivacaina. Modesta sedazione con Propofol 1,2mg/kg/h viene utilizzata su 8 pazienti.
Nel post operatorio GRUPPO B spinale l’analgesia veniva trattata con Levobupivacaina 0,0625 % 3 ml/h + fentanil 10 mcg/h (GRUPPO B spinale) attraverso catetere spinale, collegati alla pompa elastomerica nelle 48 h.
La qualità dell’analgesia è stata valutata sulla base dell’intensità del dolore attraverso la Visual Analogic Scale (VAS). Funzioni sensoriali e motorie, emodinamica e parametri respiratori sono stati registrati per 96 ore dopo l’intervento chirurgico anche dopo che il catetere spinale è stato rimosso. Inoltre, è stata valutata la capacità di mobilizzazione e di risposta cognitiva dei due gruppi; infine, sono stati registrati gli effetti collaterali. I risultati hanno mostrato che il punteggio VAS era ≤30 mm in 24 pazienti.
Quattro pazienti del GRUPPO A narcosi hanno avuto la necessità di un’ulteriore somministrazione di analgesic, due del GRUPPO B spinale, hanno ricevuto una dose di salvataggio di Levobupivacaina. Il punteggio medio VAS nel gruppo A narcosi era più alto che nel GRUPPO B 0,0625 alla prima ora-T1H (8±11 vs 16±11); (p <0,05), e alle 4 ore-T4H (11±8 vs 18±1; p <0,05). 
Tutti i pazienti sono rimasti emodinamicamente stabili a eccezione di un paziente del GRUPPO A che ha necessitato degli inotropi nel post operatorio al fine di mantenere il circolo. Migliore è stata la risposta allo stress chirurgico nei pazienti del GRUPPO B e la capacità di mobilizzare precocemente. Anche gli effetti collaterali della PONV sono stati minori nel GRUPPO B (1 caso contro 6 nel GRUPPO A).
In conclusione, l’anestesia spinale continua fornisce un’ analgesia post operatoria ottima. Migliora il decorso post operatorio; diminuisce le complicanze polmonari post operatorie (PPCS); è apprezzata dal personale infermieristico che segue il post intervento in quanto i pazienti sono più lucidi e collaboranti già da subito; fa meno paura ai pazienti e ai loro parenti; se accortamente dosata da meno alterazioni emodinamiche, specie nelle fasi di induzione/risveglio; allontana il timore di un trasferimento dei pazienti più critici a una terapia intensiva o una PACU.

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Anestesia e Rianimazione

blankIl periodo post-operatorio, nel corso del quale il paziente sperimenta una sintomatologia dolorosa più o meno intensa in relazione alle sue caratteristiche individuali, alla sede e all’entità dell’intervento, rappresenta una fase critica in cui l’aggressione chirurgica e gli eventi bioumorali ad essa correlati esercitano la loro azione negativa rallentando la guarigione e creando uno stato di malessere e depressione.
Il dolore, in particolare, impedisce al paziente di riposare, di muoversi, di ventilare adeguatamente e di tossire.
Un’adeguata analgesia postoperatoria può contribuire a ridurre le complicanze che tali effetti negativi possono comportare.
Le molecole che l’anestesista ha a disposizione per eliminare, o quanto meno ridurre, il dolore postoperatorio sono numerose, possiedono proprietà farmacologiche molto diversificate e possono essere somministrate, da sole o in associazione, attraverso diverse vie. Gli oppioidi garantiscono un efficace controllo del dolore postoperatorio e possono essere utilizzati da soli o in associazione ad altri analgesici.
Queste molecole necessitano di essere adeguatamente “titrate” in base alle esigenze del singolo paziente. La terapia con oppioidi è tuttavia caratterizzata dalla possibile insorgenza di significativi effetti collaterali quali sedazione, depressione respiratoria, stipsi e ileo paralitico, nausea e vomito, contrazione dello sfintere di Oddi, prurito e ritenzione urinaria.
Tali effetti possono essere moderati modificando dosaggio, frequenza, via di somministrazione, associando specifici farmaci sintomatici e instaurando un adeguato monitoraggio del paziente. Inoltre, benché gli oppioidi siano efficaci nel trattamento del dolore a riposo, risultano meno efficaci nel trattare il dolore incidente scatenato dalla deambulazione, dai movimenti e dall’espettorazione. La morfina rimane l’oppioide μ-agonista di riferimento nel trattamento del dolore postoperatorio severo.
Può essere somministrata per via intramuscolare, endovenosa (in boli intermittenti, mediante PCA o in infusione continua) e per via spinale (mediante pompe elastomeriche o PCEA) con o senza anestetici locali. Particolari precauzioni sono richieste nei pazienti con riserva respiratoria compromessa, insufficienza epatica o surrenalica e nell’ipotiroidismo. La petidina è un oppioide forte di sintesi a breve durata d’azione.
La produzione del metabolita tossico norpetidina, usualmente eliminato per via renale, limita l’utilizzo di questo farmaco nei pazienti compromessi o nelle somministrazioni prolungate. Sono noti inoltre i suoi effetti anticolinergici e inotropi negativi. La pentazocina, farmaco con azione agonista sui recettori κ e antagonista sui recettori μ, non presenta depressione respiratoria marcata e per questo viene spesso utilizzato in reparti privi di monitoraggio strumentale.
Tuttavia poiché tende a spiazzare dal sito di legame gli agonisti ai recettori μ, può peggiorare l’analgesia indotta dagli oppioidi utilizzati nel periodo intraoperatorio. La buprenorfina, agonista parziale dotato di forte e prolungata affinità sui recettori μ (non paragonabile alla morfina come potenza analgesica) tende, come la pentazocina, a spiazzare gli agonisti ai recettori μ. Una volta legato al recettore è difficilmente spiazzabile anche dagli antagonisti più potenti.
Può essere somministrata per via sublinguale. Il tramadolo agisce sia sul sistema di analgesia oppiaceo (30% di azione sul recettore μ), sia sul sistema noradrenergico e serotoninergico (70% di inibizione del reuptake delle catecolamine).
Metabolizzato nel fegato e in parte eliminato immodificato nelle urine, ha un’emivita di circa 5 ore che aumenta nei pazienti con insufficienza epatica o renale. Rispetto agli oppioidi di riferimento, esso possiede un’apparente minore capacità di indurre depressione respiratoria, non crea tolleranza e determina minor dipendenza.
Pur presentando una apparente minore componente sedativa e stiptica rispetto alla morfina, presenta maggiore tendenza a indurre nausea e vomito nella fase postoperatoria.
Utilizzato nel trattamento del dolore da moderato a severo, viene somministrato ad una dose di 50-100 mg ogni 4-6 ore fino ad un dosaggio massimo di 400 mg/die, usualmente in associazione ad un antiemetico.
Presente sul mercato da diversi anni, il tramadolo sembra possedere una efficacia superiore a quella degli oppioidi deboli e del ketorolac, e sovrapponibile a quella di morfina e buprenorfina nel controllo del dolore acuto di intensità moderata.
É largamente utilizzato nei reparti di degenza per il profilo vantaggioso in termini di sicurezza di somministrazione. I FANS sono molecole molto eterogenee tra loro ma simili per meccanismo d’azione ed efficacia clinica.
E’ la categoria di farmaci più utilizzati nella pratica medica e nel trattamento del dolore postoperatorio. Le molecole di maggior successo sono alcuni FANS acidi non aspirinosimili non COX2 selettivi (ibuprofene, diclofenac, indometacina, ketoprofene), COX2 selettivi (parecoxib), alcuni FANS non acidi quali i paramino-fenolderivati (paracetamolo o acetaminofene) e il ketorolac trometamina. Gli effetti collaterali più comuni sono le reazioni idiosincrasiche non dose dipendenti (riniti, asma, manifestazioni dermatologiche ed ematologiche) ed effetti collaterali dose dipendenti (gastrolesività, sanguinamento gastrico, nefrolesività, alterazioni della coagulazione, alterazioni della funzione epatica).
Nell’impiego clinico i FANS dimostrano una risposta individuale molto variabile, un’efficacia analgesica che dipende dal tipo di dolore (attivi nel dolore superficiale cutaneo o delle mucose, nel dolore osseo o articolare), un effetto tetto e una non associabilità tra di loro. Sono in generale indicati da soli nel trattamento del dolore di intensità da lieve a moderata. In associazione agli oppioidi possono essere impiegati nel trattamento del dolore postoperatorio severo.
Gli anestetici locali, infine somministrati attraverso tecniche di analgesia locoregionale, sono in grado di ridurre o abolire il dolore postoperatorio riducendo la risposta allo stress chirurgico. Anche se possono essere somministrati anche per via subaracnoidea, le tecniche di maggiori successo e impiego sono quelle che prevedono la loro somministrazione per via epidurale, da soli o in associazione con gli oppioidi.
L’analgesia epidurale sarebbe, secondo alcuni autori, in grado di ridurre significativamente la morbilità postoperatoria del paziente chirurgico.
L’associazione con gli oppioidi poi, ha evidenziato un’importante azione sinergica e ridotti effetti collaterali. La somministrazione spinale richiede tuttavia esperienza da parte dell’anestesista, sia nel posizionamento dei presidi di somministrazione, sia nella scelta che nel dosaggio dei farmaci utilizzati.
É inoltre indispensabile un adeguato supporto assistenziale. La scelta del tipo di farmaco, della via di somministrazione e di una tecnica antalgica piuttosto che un’altra dipendono dalla tipologia e dall’intensità del dolore lamentato dal paziente in relazione all’intervento chirurgico cui è stato sottoposto, dalle sue condizioni cliniche e psicologiche e dalle caratteristiche del supporto assistenziale.
In particolare ogni farmaco analgesico, oppioide o non oppioide, e ogni tecnica vanno utilizzati secondo le sue specifiche caratteristiche, valutandone attentamente gli effetti favorevoli e sfavorevoli, nell’ambito di un processo di trattamento del dolore postoperatorio di tipo multimodale.

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