Dott.ssa Elisa Tongiani,
Terapista Occupazionale
Poliambulatorio Shoulder Team
Forlì
Introduzione
L’Interfalangea Prossimale (IFP) è l’articolazione più frequentemente colpita delle dita della mano e solo raramente i traumatismi alla mano possono essere considerati come lesioni isolate. L’agente traumatizzante spesso lede contemporaneamente le formazioni ossee, tendinee, muscolari e vascolo nervose, oppure queste vengono interessate successivamente durante il processo di guarigione.
Caso clinico
Il paziente giunto alla nostra osservazione, a seguito di una caduta in moto si crea una frattura da scoppio che interessa sia la base di F2 che la testa di F1 del terzo dito.
Viene steccato per 4 settimane e rimandato al trattamento fisioterapico. Dopo circa due mesi di riabilitazione il paziente presenta una rigidità importante in estensione dell’IFP (fig.4 e 5), un atteggiamento a martello della IFD (vedi fig.4) e un’instabilità laterale radiale con tendenza a clinodattilia ulnare della IFP. (fig.6)
Dopo 7 mesi il paziente viene sottoposto ad un’operazione di artroplastica con interposizione di membrana toutopatch alla IFP. L’intervento consiste nella regolarizzazione dei capi articolari dopo l’apertura della capsula (fig.7 e 8) e nell’artroplastica di interposizione con membrana timpanica sintetica, a copertura sia della testa di F1 che della base di F2. (fig.9)
In seguito all’intervento chirurgico viene applicato un bendaggio con stecca per 1 settimana; successivamente la fasciatura viene rimossa e sostituita con uno splint con IFP e IFD in estensione e MF libere.
Lo splint viene rimosso ogni 2 ore per eseguire esercizi di mobilizzazione attiva e globale in flessione ed estensione. Dopo 2 settimane dall’intervento si comincia la mobilizzazione attiva in acqua sia globale che analitica, esercizi per lo scorrimento differenziato per il flessore profondo e superficiale, esercizi di place and hold ed esercizi di mobilizzazione passiva globale.
In seguito si prosegue con il trattamento della cicatrice e con l’elettrostimolazione in tavola canadese. In quarta settimana si comincia un cauto rinforzo muscolare (con plastilina) che viene poi incrementato con diversi strumenti di intensità più elevata (plastilina, digiflex, powerbar, attrezzo ragnatela, elastici…)
A distanza di 1 mese si rimuove lo splint durante il giorno e viene applicata una sindattilia con il 2 dito per compensare la clinodattilia ancora presente.
All’ottava settimana il recupero è molto buono (fig.10), lo scorrimento tendineo è sufficiente ma permane una ipoelasticità capsulare, l’instabilità laterale radiale della IFP (fig. 11) e l’atteggiamento in flessione della IFD.
Si confeziona un ulteriore splint utilizzando il quick cast in leggera iperestensione della IFD (fig.13) per 8 settimane. Il paziente continua con gli esercizi in flessione e in estensione attiva e passiva della IFP per tutta la durata del trattamento di immobilizzazione della IFD tutaj. Passate le 8 settimane, si rimuove lo splint ogni 2 ore per eseguire gli esercizi di sola estensione per 1 settimana al termine della quale si inseriscono anche gli esercizi per la flessione.
Durante le 8 settimane viene applicato un tutore elasto-compressivo digitale per il modellamento dei tessuti molli periarticolari.
Risultati a 1 anno dall’intervento
A distanza di un anno dall’intervento il paziente presenta una flessione attiva (fig.14) della MF di 90° (contro laterale 90°), della IFP di 92° (contro laterale 94°), e della IFD di 68° (contro laterale 72°). La falange distale presenta un deficit di estensione di 35° (fig.15) e permane un’instabilità laterale ulnare (fig.16) dovuta al fatto che il terzo raggio presenta una deviazione ulnare probabilmente dovuto a un minimo riassorbimento della testa di F1 nella regione più ulnare. Il rigonfiamento cutaneo a livello della IFP poi sembra dovuto all’accorciamento dei capi articolari cui non è ancora stata eseguita una ripresa chirurgica per eliminare la cute in eccesso, trattamento che il paziente momentaneamente ha rifiutato.