ABSTRACT
La procedura di posizionamento e gestione del catetere vescicale è tra le pratiche più comuni e usuali in ambiente ospedaliero ed extra-ospedaliero. Tale procedura, se in un primo momento può sembrare conosciuta e senza alcun tipo di evoluzione, in realtà ha avuto ed ha molti risvolti che ritroviamo espressi nella più recente letteratura scientifica. Gli studi maggiormente si concentrano su quelle che sono le condizioni di asepsi durante la manovra di posizionamento del catetere, per evitare un successivo sviluppo di infezione nosocomiale; è anche importante la corretta gestione extra-ospedaliera del catetere, dato dal suo uso permanente in pazienti con patologie croniche.
Il cateterismo vescicale spesso viene correlato allo sviluppo di infezioni delle vie urinarie e all’uso di prolungato di antibiotici che possono portare il paziente a sviluppare resistenza agli stessi. Fondamentali, quindi, sono le “indicazioni assistenziali” con azione di prevenzione e profilassi nei confronti di tali infezioni.
Il cateterismo vescicale vede, in ambito ospedaliero, degli usi e degli abusi
ABSTRACT
The procedure for positioning and managing the bladder catheter is among the most common and usual in hospital and extra-hospital environments. If that kind of process firstly may look like familiar and without any type of evolutional process, recently has had many implications on the most recent scientific literature. The studies mostly focus on the aseptic conditions during the catheter positioning maneuver to avoid a subsequent development of nosocomial infection, but the correct extra-hospital management of the catheter is also important, given its permanent use in patients with chronic pathologies.
Bladder catheterization is always correlated to the development of urinary tract infections and the use of antibiotics that could lead the patient to the development of a strong resistance in a long term period. Therefore, care instructions that lead to prevention and profilaxis actions are relevant to prevent their development
Bladder catheterization often sees uses and abuses into hospital environment.
Indicazioni legislative
Il cateterismo vescicale è una procedura di competenza infermieristica. È annoverata tra le tecniche insegnate al primo anno di corso di laurea in Infermieristica. Non viene fatta differenza fra cateterismo maschile e cateterismo femminile e tra cateterizzazione con cateteri molli o semirigidi.
Il Mansionario dell’Infermiere limitava, in passato, la competenza infermieristica a:
- cateterismo femminile,
- cateterismo nell’uomo con cateteri molli (D.P.R. n. 225 del 14/3/74, art. 2, punto 12).
La Legge 42 del 26/2/99 ha abrogato tale Decreto.
La normativa vigente, che regola la professione infermieristica, fa rifermiento al Profilo professionale dell’infermiere (Legge n. 739 del 14/9/94) e al Codice Deontologico. Quest’ultimo, nel caso si ritenga di non essere all’altezza di eseguire la tecnica, ci permette di astenerci dalla manovra nel momento in cui, con tale procedura, si può nuocere il paziente. L’infermiere è tenuto a riconoscere i propri limiti ed è obbligato a declinare tale responsabilità.
Indicazioni al cateterismo
- ostruzione acuta delle vie urinarie;
- disfunzione neurologica permanente della vescica;
- monitoraggio della diuresi nei pazienti critici (stato di shock, coma, pazienti con alterazione della coscienza, nel postoperatorio, scompenso cardiaco);
- intervento chirurgico che richieda la vescica vuota (es. apertura della vescica, chirurgia transuretrale della prostata e della vescica), interventi ginecologici o sul tratto gastrointestinale, interventi per incontinenza urinaria femminile;
- trattamento di neoplasie vescicali con farmaci chemioterapici topici;
- esecuzione dei test di funzionalità vescicale per un tempo strettamente limitato agli stessi (compreso la valutazione del residuo vescicale, qualora non sia possibile eseguirla ecograficamente);
- svuotamento della vescica prima del parto, laddove la paziente non sia in grado di urinare spontaneamente;
- incontinenza urinaria (se impossibile usare metodi alternativi, quali, condom, pannoloni)
- gravi casi di macroematuria e piuria per evitare il tamponamento vescicale (Feneley R.C.L., 2015; Lombrana M. et, 2013).
Fattori di rischio e misure preventive
Nei pazienti cateterizzati, i patogeni responsabili dell’infezione possono far parte della flora endogena del paziente ed avere accesso alla vescica al momento dell’inserzione del catetere; oppure risalire lungo il foglietto mucoso periuretrale tra catetere e mucosa uretrale durante la cateterizzazione; o provenire da fonti esogene e risalire in vescica all’interno del lume del catetere, per contaminazione crociata da altri pazienti, dal personale ospedaliero oppure attraverso attrezzature contaminate.
Le principali fonti di infezione urinaria sono, quindi, costituite da:
- L’area periuretrale.
Nelle donne cateterizzate è più frequente, che non negli uomini, la colonizzazione períuretrale e la successiva risalita di microrganismi in vescica attraverso tale via. Daifuku ha stimato che il 70% degli episodi di batteriuria nelle donne si verifichino attraverso la via perìuretrale e che nella maggior parte dei casi i microrganismi provengano dalla flora rettale. Negli uomini, invece, la maggior parte delle infezioni si verifica per via intraluminale e i microroanismi responsabili vengono trasmessi per via crociata.
- Le mani del personale durante l’inserzione o la gestione del sistema di drenaggio.
In diverse epidemie, è stato dimostrato come le mani del personale abbiano svolto un ruolo fondamentale nella trasmissione delle infezioni, trasportando microrganismi provenienti da altri pazienti infetti o colonizzati o attraverso la contaminazione di detergenti o soluzioni antisettiche per le mani. Schaberg ha studiato il ruolo delle infezioni crociate trasmesse dalle mani del personale in situazioni non epidemiche: il 15,5% di 194 casi di infezione urinaria si sono verificati con isolamento di microrganismi della stessa specie e genere, con uguale antibiogramma, da pazienti ricoverati nello stesso reparto durante lo stesso periodo di tempo.
- Strumenti o attrezzature contaminate.
Sono state descritte epidemie causate da cistoscopi, attrezzature per urodinamica, contenitori per urine, padelle contaminate.
I possibili punti di accesso dei microrganismi nel sistema di drenaggio urinario sono:
- il rubinetto della sacca di drenaggio al momento in cui questa viene svuotata, se non vengono rispettate misure di asepsi;
- l’anello di gomma per il prelievo di campioni urinari, se non manipolato in asepsi;
- il punto di connessione tra sacca di drenaggio e catetere, se questo viene aperto;
- lo spazio tra catetere ed uretra.
I microrganismi possono, quindi, entrare all’interno del sistema di drenaggio urinario e risalire per via intraluminale oppure ascendere all’estemo della superficie del catetere, nello spazio esistente tra uretra e catetere.
Poiché le urine rappresentano un terreno favorevole alla crescita della maggior parte di microrganismi, il sistema di drenaggio urinario è molto suscettibile a qualsiasi contaminazione dall’esterno, anche a carica batterica bassa. È stato dimostrato che i batteri che hanno accesso alla sacca di drenaggio urinario possono essere rinvenuti dopo 24-48 ore in vescica e che i microrganismi una volta arrivati in vescica, anche se in carica bassa, si moltiplicano in meno di 24 ore.
Un importante meccanismo fisiopatologico, chiarito in questi ultimi anni, è rappresentato dalla capacità di alcuni microrganismi di aderire e crescere sulla superficie del catetere.
– Cateterismo singolo.
L’incidenza di IVU (infezione vie urinarie) associata ad una cateterizzazione singola varia dall’ 1% al 3% nei diversi studi, anche se in particolari gruppi di pazienti, quali anziani debilitati e donne in gravidanza, il rischio può essere molto più elevato. Le infezioni associate a cateterismo singolo sono attribuibili a microrganismi che hanno accesso diretto alla vescica durante l’inserzione del catetere.
– Cateterismo a permanenza: sistema di drenaggio aperto.
Nel pazienti sottoposti a cateterismo a permanenza, il rischio di IVU è maggiore rispetto al cateterismo singolo e varia in relazione al tipo di drenaggio utilizzato e alla durata del cateterismo.
I primi sistemi di drenaggio aperto erano costituiti da un tubo connesso al catetere che drenava in una bottiglia aperta, ad alto rischio di contaminazione dall’esterno; negli ospedali italiani sono ancora molto diffusi sistemi di drenaggio urinario caratterizzati da sacche monouso di plastica, che devono essere cambiate ad intervalli regolari, man mano che si riempiono di urina. Tali sistemi si associano ad un rischio molto elevato di contaminazione. Per cambiare la sacca si deve interrompere periodicamente il ciclo chiuso, con successivo rischio di contaminazione della giunzione catetere-tubo di drenaggio e risalita di microrganismi in vescica.
– Cateterismo a permanenza: sistema di drenaggio a circuito chiuso.
Non solo drenano in una sacca chiusa all’esterno, ma sono dotati di un rubinetto sulla sacca di drenaggio che ne consente il periodico svuotamento, senza dover mai interrompere il circuito chiuso. Tali sistemi hanno consentito di ridurre in modo considerevole il rischio di IVU, soprattutto nel pazienti con cateterismi di breve durata. I Centers for Disease Control (CDC) raccomandano l’utilizzo di cateteri a ciclo chiuso in tutti i pazienti cateterizzati come la misura più efficace a prevenire l’insorgenza di IVU. È importante che il drenaggio sia dotato di un sito per il prelievo delle urine direttamente dal catetere in modo da evitare la disconnessione del circuito. Sono state proposte anche altre modifiche al drenaggio a circuito chiuso, quali sfiatatoi per l’’aria, gocciolatoi, valvole antireflusso: non esistono, però, dati in grado di dimostrarne l’efficacia nel prevenire l’accesso di microrganismi in vescica.
– Cateterismo a permanenza: durata.
L’ incidenza di IVU nel pazienti cateterizzati aumenta progressivamente in relazione alla durata di cateterizzazione. Anche utilizzando sistemi di drenaggio chiuso, l’ incidenza di infezioni è del 5-10% al giorno; circa il 50% dei pazienti cateterizzati per più di 7-10 giorni sviluppa una batteriuria e quasi il 100% dopo 30 giorni di cateterismo.
Contaminazione della sacca di drenaggio.
Diversi autori hanno evidenziato che la contaminazione della sacca di drenaggio comporta un aumento del rischio di infezioni urinarie per via ascendente intraluminale. Burke, combinando i dati rilevati nell’ambito di quattro studi sperimentali controllati sull’ antisepsi del meato uretrale, ha osservato come fossero molto frequenti errori nell’assistenza al paziente cateterizzato. Nell’ 11,5% dei 1927 pazienti studiati, la giunzione tra catetere e tubo di drenaggio era stata disconnessa, nel 20,5% la sacca era stata mal posizionata, nell’ 1,5% il rubinetto di svuotamento della sacca era stato collocato in modo non corretto. Nei pazienti in cui la sacca o il rubinetto erano stati mal posizionati, l’incidenza di batteriuria era significativamente maggiore rispetto al pazienti in cui non era stato notato alcun errore. Warren ha rilevato come la disconnessione tra catetere e tubo di drenaggio si associasse ad una incidenza più elevata di batteriuria nello stesso giorno in cui si era verificata la disconnessione (11 % nel pazienti con disconnessione vs. 4% nel pazienti senza).
Le misure preventive proposte in letteratura possono essere suddivise in misure mirate a ridurre l’uso di catetere vescicale, misure mirate a prevenire le infezioni endogene e in misure mirate a prevenire le infezioni esogene.
– Prevenzione delle infezioni endogene.
Dato che queste infezioni sono dovute alla risalita in vescica per via extraluminale di germi che colonizzano il meato uretrale, per prevenirle:
- eliminazione della colonizzazione intestinale ed eradicazione dei microrganismi che colonizzano l’area periuretrale;
- prevenzione dell’ adesione dei batteri alla superficie del catetere;
- rimozione dei batteri che colonizzano le urine in vescica prima della insorgenza di infezioni sintomatiche.
Per quanto concerne l’eradicazione di microrganismi dall’ area periuretrale nell’ultimo decennio sono stati effettuati numerosi studi clinici controllati randomizzati mirati a valutare l’efficacia protettiva della disinfezione giornaliera del meato uretrale con sapone, iodiopovidone, creme antibiotiche. In nessun caso si è riusciti ad evidenziare un effetto protettivo di tali misure.
Altri tentativi di prevenire le infezioni endogene sono stati mirati a produrre cateteri di materiali che potessero indurre minori reazioni flogistiche locali, oppure più resistenti alla adesione batterica.
In ambedue i casi le evidenze disponibili sono contraddittorie e non definitive.
Per prevenire l’insorgenza di IVU è stata proposta l’irrigazione della vescica con soluzioni antisettiche o con antibiotici. Anche in questo caso, nessuno degli studi effettuati ha dimostrato l’efficacia di tale misura. L’irrigazione della vescica non solo non è efficace a prevenire le infezioni, ma può aumentare il rischio di batteriuria a causa della frequente disconnessione del catetere, il cambiamento della flora batterica e l’incremento di ceppi resistenti.
– Prevenzione delle infezioni esogene.
L’introduzione dei cateteri a drenaggio chiuso ha rappresentato il passo in avanti più significativo nella prevenzione delle IVU di origine esogena nei pazienti con cateterismo a permanenza. Tale misura dovrebbe essere adottata in tutti i pazienti cateterizzati.
La disconnessione del catetere dal tubo di drenaggio si associa ad un aumento del rischio di batteriuria. Platt ha dimostrato una diminuzione del rischio di infezione quando venivano utilizzati cateteri preconnessi al tubo di drenaggio. I benefici ottenuti con questo sistema sono dovuti alla impossibilità di disconnettere impropriamente il catetere. Il costo ne limita, però, la possibilità di diffusione e, quando vengano scrupolosamente adottate metodiche asettiche nella gestione del sistema di drenaggio, il loro utilizzo diviene inutile.
Le mani si possono contaminare con urine infette e possono rappresentare il principale veicolo di trasmissione delle infezioni. Le mani devono essere accuratamente lavate ed asciugate prima di manipolare i sistemi di drenaggio urinario e dopo essere stati a contatto con urine o attrezzature contarminate con urine.
Data l’elevata frequenza di contaminazione della sacca di drenaggio, è stata suggerita l’aggiunta di disinfettante alla sacca per impedire la moltiplicazione dei microrganismi e la loro successiva risalita in vescica. Tutti gli studi effettuati in merito non hanno evidenziato alcun beneficio dalla adozione di tale misura. Data l’inefficacia di tale misura, i costi associati ed il rischio di insorgenza di ceppi resistenti, la disinfezione periodica della sacca di drenaggio non è raccomandata.
Le infezioni ospedaliere.
Sono un problema sempre presente e molto importante per i costi sanitari e sociali e, soprattutto, umani.
È stato stimato che fra il 5% e il 7% dei pazienti ricoverati in ospedale o in strutture di ricovero per anziani, ogni anno, contragga un’infezione ospedaliera.
E fra queste, le infezioni delle vie urinarie (IVU) sono le più frequenti e rappresentano il 35-40% delle infezioni ospedaliere.
In Italia, su 9.500.000 ricoveri, si sono registrate 475.000 infezioni, pari al 5% del totale.
Di queste il 40%, e cioè 190.000, acquisiscono una IVU e la cui complicanza più grave è la batteriemia che è presente nel 5%, ossia in 9.500, con una mortalità che rappresenta il 30 % di queste, pari a 2.850 persone.
La maggior parte delle IVU ospedaliere si associa a procedure invasive sull’apparato urinario:
- 75-80% è associato all’uso di catetere vescicale;
- 5-10% ad altre manipolazioni del tratto urinario, ad esempio la
L’elevata frequenza di IVU è attribuibile sia all’enorme diffusione del catetere vescicale in pazienti ricoverati che alla facilità alla contaminazione dello stesso catetere.
I motivi sono:
- l’area perineale dove viene inserito il catetere è normalmente colonizzata;
- l’urina rappresenta un ottimo terreno di coltura;
- la frequente manipolazione della sacca di drenaggio per consentirne lo svuotamento.
Sono, inoltre, importanti nella genesi delle infezioni delle vie urinarie alcuni fattori legati all’ospite:
- il sesso femminile;
- la presenza di patologie debilitanti;
- la gravidanza;
- la colonizzazione periuretrale;
- l’età anziana;
- frequente ricorso al cateterismo urinario o fattori assistenziali.
I fattori legati all’assistenza, modificabili, che aumentano il rischio di ingresso di microrganismi in vescica sono:
- indicazioni al cateterismo;
- tipo di drenaggio utilizzato;
- durata del cateterismo;
- scorretta gestione del catetere;
- colonizzazione della sacca.
Prevenzione del cateterismo.
Razionalizzazione delle manovre sull’apparato urinario.
La riduzione del cateterismo, limitato alle indicazioni appropriate è la risposta più efficace alla riduzione del rischio. Non devono essere effettuati cateterismi per scopi inappropriati, quali la raccolta di campioni d’urina o nella chirurgia minore. Si possono e si devono cercare soluzioni alternative, se possibile.
Presidi alternativi.
Gli infermieri sono gli operatori sanitari primariamente responsabili della gestione e dell’assistenza delle persone incontinenti, sia istituzionalizzate che in comunità.
Storicamente le strategie infermieristiche erano centrate sul mantenimento della persona asciutta e pulita. Questo concetto rimane un obiettivo primario da raggiungere; tuttavia, mentre nel passato molto si è fatto nell’arginare le infezioni urinarie, oggi ancor più si deve fare per favorire la continenza.
– Urocondom.
È una guaina di gomma con tubo di deflusso che viene posta a coprire il pene. Una fascia di tessuto elastico è posta all’estremità del condom per tenerlo in sede.
La parte terminale del tubo di deflusso viene connessa ad una sacca di drenaggio che viene attaccata al letto o alla gamba del paziente.
– Cateterismo intermittente.
Metodica di svuotamento vescicale plurigiornaliera che permette di raggiungere di norma la continenza vescicale con un regolare svuotamento della vescica senza residui di urine.
Si parla, invece, di autocateterismo intermittente quando lo svuotamento vescicale viene eseguito in modo autonomo dal paziente.
Può essere eseguito sia con tecnica sterile che con tecnica pulita.
La tecnica pulita era stata descritta la prima volta, nel 1844, da Stromeyer, tuttavia è stata, poi, introdotta negli anni ’70 con ottimi risultati sia nel bambino che nell’adulto affetti da disturbi di svuotamento vescicale. La metodica consente ad una vescica, temporaneamente o definitivamente inabile, di svolgere le proprie funzioni attraverso uno svuotamento completo, periodico e programmato. L’assenza di sterilità non deve preoccupare: il continuo sondaggio elimina i batteri con una frequenza più elevata di quanto essi si riproducano.
Infatti la procedura elimina la stasi, riduce in maniera considerevole i rischi d’infezione, incide favorevolmente sull’evoluzione dell’ apparato urinario superiore ed in molti casi consente di raggiungere una continenza urinaria socialmente accettabile. A tal proposito esiste uno studio della Masku National Rehabilitation Center, condotto in Finlandia, nel 1992: 70 pazienti istruiti all’autocateterismo hanno riportato cospicui miglioramenti sia sulla dinamica vescicale che nella qualità della vita.
È importante che l’infermiere istruisca il paziente o il caregiver su come affrontare eventuali problemi derivanti dalla procedura pulita del cateterismo vescicale domiciliare:
- se non si riesce ad inserire il catetere, non insistere nel provare;
- se non si riesce a togliere il catetere dopo lo svuotamento, aspettare qualche minuto eseguendo alcuni colpi di tosse per favorire il rilassamento dello sfintere;
- alcune tracce di sangue nelle urine o sul catetere non devono preoccupare. Se il problema persiste o peggiora, consultare il medico;
- se l’urina diventa maleodorante, torbida o se compare febbre, probabilmente c’è un’infezione in atto;
- non eseguire il cateterismo prima del tempo stabilito. Esso deve essere praticato sulla guida dello stimolo o ad orari fissi, per evitare sovradistensioni della vescica;
- mantenere una corretta idratazione;
- sottoporsi periodicamente ai controlli medici;
- eseguire mensilmente un controllo dell’esame delle urine ed un’urinocoltura.
Altre complicazioni come false strade, stenosi, lesioni uretrali sono piuttosto rare.
Conclusione
Riduzione dell’uso di catetere vescicale.
Un recente studio condotto in 60 ospedali italiani nell’ambito del Progetto IVU promosso dal Comitato Nazionale per la valutazione della qualità dei servizi sanitari ha evidenziato che, su 13.402 pazienti studiati, il 18% era sottoposto a cateterismo vescicale in un dato giorno. Le motivazioni più comuni sono la gestione del paziente chirurgico nella immediata fase postoperatoria e l’assistenza al paziente debilitato, incontinente.
La misura più efficace per ridurre l’incidenza di infezioni urinarie è quella di evitare i cateterismi inutili e tutte le giornate di esposizione non necessarie. Il cateterismo dovrebbe essere eseguito solo in presenza di condizioni cliniche per le quali esistano chiare indicazioni e dovrebbe essere rimosso non appena tali condizioni non siano più soddisfatte.
Il cateterismo a intermittenza rappresenta una pratica standard per il trattamento dei pazienti con lesioni spinali e per i pazienti adulti e pediatrici con vescica neurogena.
Per evitare il passaggio del catetere attraverso un’area colonizzata da batteri come quella uretrale, è stato proposto l’utilizzo di cateteri sovrapubici. Non esistono, però, a tutt’oggi trial clinici che dimostrino la superiorità dei cateteri sovrapubici rispetto a quelli uretrali, anche se alcuni studi di dimensioni limitate suggeriscono l’esistenza di un beneficio.
Nei pazienti maschi incontinenti, un’ alternativa al catetere uretrale è rappresentata dall’urocondom. Tale sistema consente di eliminare i problemi associati alla presenza di un tubo nel tratto urinario, ma il suo utilizzo è limitato dalla possibile insorgenza di lesioni cutanee, macerazioni ed ulcere del pene, dovute all’ambiente umido ed alla pressione esercitata dal condom.
Inoltre, le urine all’interno del condom possono contenere una carica elevata di microrganismi, con risalita di germi in vescica.
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