Sempre crescente attenzione solleva la delicatissima questione dell’obbligatorietà della vaccinazione anti COVID-19, prevista e disciplinata dall’art. 4 del Decreto Legge n. 44/2021 per tutte le professioni e gli operatori del comparto sanitario, per la variegata compresenza di valori etici e giuridici.
Autore
Avv. Angelo Russo – Avvocato Cassazionista, Diritto Civile, Diritto Amministrativo, Diritto Sanitario, Catania.
Premesso che la disposizione vede la sua operatività temporalmente limitata sino al 31 dicembre 2021 e, comunque, riferita al solo settore della sanità, essa determina rilevanti conseguenze sul rapporto di lavoro per coloro che volessero rifiutare la vaccinazione.
L’art. 4 comma 6 prevede, specificamente, che l’inosservanza dell’obbligo vaccinale da parte di coloro che “svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche o private, nelle farmacie o parafarmacie e negli studi professionali” determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
Il successivo comma 8 prevede che “il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse […], con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio. Quando l’assegnazione a mansioni diverse non è possibile, per il periodo di sospensione […], non è dovuta la retribuzione, emolumento, comunque denominato”.
L’obbligatorietà dei vaccini e la correlata questione della legittimità dell’art. 4 del D.L. 44/2021 va, pertanto, scrutinata, in relazione all’art. 32 della Costituzione che sancisce:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Evidente è la duplicità della tutela prevista dalla norma costituzionale: da un lato, il diritto del cittadino alla salute e alla libertà di scegliere le cure e, dall’altro, l’interesse pubblico alla salute, che può comportare, naturalmente, l’imposizione di obblighi a carico dei singoli di sottostare a trattamenti disposti, peraltro, solo in forza di legge e nei limiti imposti dal rispetto della persona umana.
La Corte Costituzionale, in più occasioni, ha chiarito i presupposti in presenza dei quali l’obbligo vaccinale è rispettoso dei principi dell’art. 32 della Costituzione.
In particolare:
“Se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale.” (cfr. sentenza n. 307 del 1990);
“Se vi è la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili“;
“Se nell’ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio – ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica – sia prevista comunque la corresponsione di una “equa indennità” in favore del danneggiato.”
In altri termini, la legittimità dell’obbligo vaccinale presuppone e richiede un corretto bilanciamento tra la tutela della salute del singolo e la concorrente tutela della salute collettiva, entrambe costituzionalmente garantite.
La disamina della legislazione degli altri Paesi consente di affermare che, allo stato, nessuna nazione ha previsto l’obbligatorietà del vaccino anti COVID-19.
La Risoluzione n. 2361 del Consiglio d’Europa, peraltro, ha espressamente escluso che gli Stati possano rendere obbligatoria la vaccinazione anti COVID (punto 7.3.1) e ha, inoltre, vietato di usarla per discriminare lavoratori o chiunque decida di non avvalersene (punto 7.3.2).
Dal canto suo l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali italiana ha dichiarato che non è pensabile di poter effettuale un passaporto vaccinale sanitario stante la delicatezza dei dati che vi sarebbe contenuti, la variabilità e temporaneità della certificazione stessa in assenza di presupposti scientifici accertati e certi.
Infine, il recentissimo Rapporto pubblicato il 13.3.2021 dall’I.S.S. e redatto insieme a Ministero, A.I.FA. e I.N.A.I.L. precisa che:
“Una persona vaccinata con una o due dosi deve continuare a osservare tutte le misure di prevenzione quali il distanziamento fisico, l’uso delle mascherine e l’igiene delle mani, poiché, come sopra riportato, non è ancora noto se la vaccinazione sia efficace anche nella prevenzione dell’acquisizione dell’infezione e/o della sua trasmissione ad altre persone. … non è ancora noto se le persone vaccinate possano comunque acquisire l’infezione da SARS-CoV-2 ed eventualmente trasmetterla ad altri soggetti.…
Infine, è verosimile che alcune varianti possano eludere la risposta immunitaria evocata dalla vaccinazione, e, quindi, infettare i soggetti vaccinati.
Segnalazioni preliminari suggeriscono una ridotta attività neutralizzante degli anticorpi di campioni biologici ottenuti da soggetti vaccinati con i vaccini a mRNA nei confronti di alcune VOC, come quella Sudafricana, e un livello di efficacia basso del vaccino di AstraZeneca nel prevenire la malattia di grado lieve o moderato nel contesto epidemico sud-africano. … a persona vaccinata considerata “contatto stretto” deve osservare, purché sempre asintomatica, un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo effettuato in decima giornata.”
Non è, pertanto, revocabile in dubbio che, allo stato attuale, siano carenti i presupposti di certezza scientifica per imporre l’obbligatorietà del vaccino, il quale dovrebbe rispondere al duplice obiettivo di tutela della salute pubblica, impedendo il contagio dei pazienti da parte del personale sanitario vaccinato, e di tutela immunitaria del personale sanitario dal virus, nonché dalla complicanze vaccinali.
La situazione di inevitabile sperimentalità dei vaccini anti COVID-19 non garantisce nessuno di questi due obiettivi: non vi è certezza di non trasmissibilità del virus da parte delle persone vaccinate e non vi è certezza di immunità dal virus.
Al contrario si registrano evidenze – seppur statisticamente poco rilevanti – di complicanze vaccinali talvolta anche fatali.
La conferma dei dubbi e delle incertezze che connotano i vaccini anti COVID-19 è significativamente manifestata dall’art. 3 D.L. 44/2021 che, come noto, introduce un’esimente penale a favore dei sanitari per i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose conseguenti a reazioni fatali in soggetti sottoposti a vaccinazione.
In questa situazione di obiettiva incertezza scientifica e di inevitabile sperimentalità è, pertanto, non solo eticamente doveroso che i vaccini restino una libera scelta del singolo individuo ma è anche giuridicamente dovuto nel rispetto dei massimi principi posti a tutela della persona.
Da un punto di vista prettamente giuridico, e prescindendo da ogni considerazione in materia sanitaria e scientifica, l’incostituzionalità dell’obbligo vaccinale introdotto dall’art. 4 del DL 44/2021 sembra più che fondata.
E’ ipotizzabile, peraltro, che i professionisti e gli operatori sanitari dissenzienti dall’obbligo di vaccinazione non potranno agevolmente tutelare il loro diritto di scelta essendo verosimile che gli Ordini professionali e i datori di lavoro applicheranno, infatti, il citato disposto dell’art. 4 del D.L. 44/2021.
I lavoratori (che si riterranno penalizzati) non potranno percorrere altra strada che il contenzioso giudiziale innanzi al Giudice del lavoro.
Questi, a sua volta, se riterrà non manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità della norma, sospenderà il giudizio di merito in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, che dovrà, a sua volta, accertare il contrasto della più volte citata disposizione con la Costituzione.
In conclusione non può non ribadirsi che l’emergenza COVID-19, ormai perdurante da oltre 18 mesi, sta mettendo a dura prova i delicatissimi rapporti fra la tutela della salute pubblica e i valori fondamentali della libertà umana.
Il pensiero non può non andare, in disparte l’obbligo vaccinale, alle misure di contenimento del contagio che vedono contrapposti, anche in modo serrato, i fautori della libertà “a ogni costo” contro la “dittatura sanitaria” dell’Esecutivo e i fautori della inevitabilità di misure fortemente coercitive quale unico baluardo contro la diffusione del coronavirus.