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Il disagio sociale e psichico. L’unica certezza è l’incertezza: navigare nella possibilità

Dott. Giulio Godano,

Sociologo, Pedagogista,

Educatore presso Cooperativa Sociale “Quadrifoglio”

Bologna

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Il mondo è per natura ambiguo, difficilmente descrivibile, interpretabile e comprensibile. In questo scritto non si trova mai una posizione rigida ed immobile, incapace di comunicare con le idee e le opinioni delle altre persone. In questo libro cerchiamo di illustrare delle idee, dei metodi e delle tecniche che risultino in sintonia con la realtà, che dialoghino con essa in maniera autentica, senza forzare ma neanche rimanendo passivi. La fusione continua, come abbiamo cercato di spiegare e comprendere, ci indica che la realtà va negoziata continuamente nel tempo. Noi possiamo raggiungere uno stato di stabilità sulla nostra personalità sociale, sulla ricerca scientifica, sulla salute sociale, ecc., ma sappiamo che questa stabilità può essere soltanto limitata, ridotta in un hic et nunc dilatato fino a che non venga scoperto un nuovo fatto scientifico, fino a che non interviene un fatto che modifica una relazione, fino a quando l’imprevisto non metta piede nella stanza. Negli anni conclusivi dell’attività del circolo di Vienna, era stata adottata da O. Neurath una bella metafora: “siamo come marinai che devono ristrutturare la loro nave in mare aperto, mentre infuria la tempesta, e che non sono in grado di ricominciare da capo”.
Lavorare nei contesti di disagio come professionista dell’aiuto fa emergere l’estrema difficoltà a fronteggiare eventi traumatici, vite contraddistinte da fragilità e marginalità quotidiane.
Oggi non si è sicuri di avere la ricetta giusta in quasi nessun campo. L’incertezza caratterizza la nostra esistenza, nonostante tutti i casi calcolabili e calcolati o risolvibili. Vivere nella possibilità è quindi un bagno di umiltà, nel quale la persona si immerge per depurarsi dalle ideologie e dai tentativi di mantenere intatte le convinzioni e le azioni abitudinarie. Il bagno è ovviamente la realtà che ci circonda e che bisogna imparare ad osservare ed a conoscere.
Le forme del disagio sono infinite, attraversano le vite delle persone nella storia ed è quindi la storia di vita della persona che costituisce l’inizio del ragionamento, il punto dal quale partire. Il problema è che nessuno è mai riuscito a conoscere perfettamente la storia di vita di una persona. Non si possono quindi pensare le cose in termini di perfezione totale o di conoscenza totale delle informazioni esistenti. Si possono conoscere alcune informazioni, si può saper osservare bene e scoprire situazioni altrimenti non riconoscibili. Non è fondamentale conoscere tutto ma conoscere in maniera intelligente e con dei limiti. Le persone hanno vissuto l’incubo dei sistemi totalitari, del controllo sociale, delle potenze coloniatrici e dell’imperialismo capitalistico. La strada deve essere diametralmente opposta, recuperando il valore pedagogico della libertà limitata. Il tipo di conoscenza influisce sulle conseguenze politiche e la trasformazione della società del lavoro. Ragionare in termini di libertà assoluta porta a immaginare persone completamente libere e nascoste (es. colletti bianchi, massoni, capitalisti, membri di organizzazioni criminali, politici, ecc.) che governano gli altri generando e compiendo danni alle persone, alla società, alla natura. Possono essere esistiti e possono vivere attualmente molti diversi gradi di questo comportamento umano ma quello che è il denominatore comune è una specifica cultura che si trasmette e tramanda. Per questo possiamo parlare di un problema in questo senso e in questo settore sociale. Trasmette dolore, sopraffazione, dominio, subalternità. Una società di salariati, persone che devono lavorare per sé stessi e la loro vita ma anche per ripagare il capitale.
I grandi capitali gestiti da banche di affari, massonerie, criminalità organizzate multinazionali, paesi, costruiscono il peso del debito con il quale i cittadini sono abituati ad avere sulla schiena. Le persone hanno consumato molti prodotti e anche questo ha costituito debito accumulato. Qui risiede il problema dell’utilizzo e dell’acquisto di beni inutili. Ci hanno fatto vivere al di sopra delle nostre possibilità ma anche al di sotto del nostro possibile sviluppo culturale, cognitivo, sociale. Siamo immersi dalle materie lavorate e costretti a pagare alte tasse universitarie. L’attenzione alla cultura e allo sviluppo sociale scientifico è minore della necessità, per chi detiene il potere, di vendere i propri prodotti. Siano essi le armi, il gioco d’azzardo, l’alcol, la violenza, i prodotti che ti “servono” nella vita quotidiana.

Benessere esistenziale e responsabilità: la trasformazione del disagio in un percorso di progettualità

Sappiamo che l’alfabetizzazione emozionale e l’affettività hanno notevoli relazioni e implicazioni sulla vita psichica della persona. Possiamo prevedere che una persona con delle lacune socio-affettive ed educative possa commettere reati nella sua storia e nel futuro. Una ricerca scientifica condotta da uno dei massimi esperti della neurobiologia della mente criminale – il Professor Kent Kiehl – fa luce sul sistema nervoso della persona psicopatica. Le persone con personalità psicopatica avrebbero una minore attività nei circuiti del sistema limbico. Sede dell’elaborazione delle emozioni, l’amigdala è una parte del cervello costituita da un gruppo di strutture interconnesse facenti parte del sistema limbico. Il sistema limbico è responsabile della gestione e del controllo delle emozioni. Questi tratti sono altamente compromessi nelle persone con personalità psicopatica, ecco perché, deduce il professore, non mostrano segni di rimorso. In un’intervista il professore prosegue affermando che se si allena quella zona che non funziona abbastanza, ecco che riesco a far ripartire anche la funzione ad essa associata.
Dove e come si inserisce la pedagogia e l’intervento pedagogico in questo problema?
Qui si evince ancora una volta la tesi educativa del presente elaborato. Una migliore condizione educativa del contesto familiare e sociale di una persona può avere effetti positivi (relazionalità dell’esistenza) sull’esperienza emotiva, affettiva e relazionale della persona, con ciò riducendo notevolmente la sua propensione al crimine o all’esclusione sociale.
Per chi invece non può avere la fortuna di crescere in un ambiente favorevolmente orientato in senso educativo ed affettivo, la strada che gli si apre può essere quella dell’allenamento “solidale” del sistema limbico, compresa la funzione dell’amigdala. Ma come svolgere questo allenamento?
Mariagrazia Contini sostiene che l’aggressività derivi anche dall’incapacità di leggere le emozioni e riconoscerle, farle proprie attraverso una sensorialità sana ed equilibrata, che comprenda naturalmente l’intersoggettività sensoriale. La famiglia e la scuola sono gli ambiti privilegiati per conoscere e fare esperienza delle emozioni, vivendole in un universo collettivo di significato che porta alla conoscenza di sé e ad una migliore consapevolezza personale.

Il livello sistemico del disagio: i servizi sociali e di comunità

Il contesto sociale e ambientale nel quale la persona nasce, cresce e vive è molto importante per lo sviluppo della sua personalità sociale. Ricordiamo la teoria del campo di Kurt Lewin per la quale il comportamento è funzione della persona e dell’ambiente
C= f (P A)
Lo spazio di vita è il contesto che crea l’andamento comportamentale della persona ma che a sua volta viene creata e mantenuta/rifiutata dalla persona. In questo contesto di analisi emerge il tema del cambiamento, personale e sociale.
Se il comportamento è funzione della persona in relazione con il proprio ambiente, allora è necessario avere un ambiente salubre ed una persona equilibrata per ottenere processi sociali sostenibili. Uso il termine “necessario” per applicare la teoria nel contesto sociale ovvero per confermare la teoria di Lewin. Nella realtà è più difficile applicare tout court una particolare teoria in un contesto, poiché le conseguenze e le relazioni che si creano una volta applicate le teorie ai comportamenti umani sono tali da rendere appunto difficile individuare il nesso di causalità tra le due componenti, la teoria e il comportamento.
La teoria della confermabilità di Carnap è un utile strumento per spiegare cosa intendo. Le idee del filosofo tedesco fanno parte della corrente di pensiero del verificazionismo. Il circolo di Vienna discute le tesi della logica degli enunciati scientifici e dopo lunghe e travagliate discussioni e pubblicazioni durate anni arrivano a dei risultati sorprendenti per l’epoca e utili alla scienza odierna. Il principio Neurath, dal nome del filosofo, che asserisce che se una proposizione è sbagliata bisogna cambiare la proposizione oppure il sistema entro il quale si colloca la proposizione stessa.
Nell’opera “Controllabilità e significato” Carnap diffonde la sua mediazione tra deduttivismo e induttivismo. Le conferme sono le uniche in grado di fornire una minima validazione scientifica dei fenomeni, dei fatti e delle informazioni.
La Legge 8 novembre 2000 n. 328 è la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
L’art. 1 – che delinea i principi generali e le finalità – asserisce che «La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilita’, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficolta’ sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione.
Un organo istituzionale della nostra società svolge un lavoro fondamentale come tentativo per interrompere la carriera deviante del minore e del giovane delinquente e riattivare o far emergere la progettualità dello stesso. Parliamo dell’Istituto penale per i minorenni di Bologna, struttura che si trova all’interno del centro di giustizia minorile. Tra i suoi strumenti troviamo la rieducazione, l’ascolto empatico, la riproposizione di attività scolastiche e di lavoro, la risocializzazione ad un contesto di vita regolato e alla libertà limitata.

L’organizzazione del Centro di Giustizia Minorile

Il Centro di giustizia minorile (CGM) per l’Emilia Romagna è un organo decentrato del Dipartimento Giustizia minorile e di comunità e ha il compito di garantire l’esecuzione dei provvedimenti emessi dal Giudice minorile nei confronti di minori autori di reato; mette altresì in atto una politica di prevenzione del disagio minorile, interagendo con gli Enti locali e la Regione.
Il Centro di Giustizia Minorile si articola in Istituto Penale minorile (IPM), Centro di prima accoglienza (CPA), Comunità ministeriale per l’esecuzione dei provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria, e Ufficio servizi sociali per i minorenni (USSM).

IPM

L’IPM è l’Istituto penale per i minorenni di Bologna. Agisce in raccordo con il centro di giustizia minorile. Accoglie minori o giovani adulti di sesso maschile sottoposti a provvedimenti di custodia cautelare e/o in espiazione di pena: nell’Istituto sono ospitati non solo minori tra i 14 e i 18 anni ma anche giovani, fino al compimento del 25° anno di età, sottoposti a misura penale per un reato commesso da minorenni.
Secondo la relazione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale per la Regione Emilia Romagna, il personale dell’IPM è composto da polizia penitenziaria ed educatori ministeriali, affiancati da personale sanitario ASL e integrato da altro personale esterno come insegnanti, istruttori/ formatori, animatori volontari.
Per il comparto ministeri sono 8 le persone impegnate sui diversi ruoli:
– Il Direttore
– 4 Educatori (di cui 2 part time ed 1 in congedo parentale ad ore, assente anche per malattia) (incluso sostituto Direttore e Coordinatore Area Tecnica)
– 1 Funzionario addetto alla segreteria (part time)
– 2 Assistenti addetti alla ragioneria (di cui 1 part time).
Per la polizia penitenziaria 31 persone impegnate sui diversi ruoli:
– Il Comandante – Sostituto Commissario
– 2 Vice Ispettori e 1 Sovrintendente
– 27 Agenti-Assistenti (di cui 1 assente per grave malattia da molti mesi)
Per il personale sanitario:
– un medico, presente da lunedì a sabato per tre ore al giorno (dalle ore 9 alle ore 12);
– servizio infermieristico, assicurato sia nelle ore mattutine che pomeridiane per sei ore a rotazione.
Le attività specialistiche presenti nella struttura a orari e cadenza settimanale definita sono Sert, odontoiatria, neuropsichiatria infantile e dell’età evolutiva, psichiatria e due psicologi di cui uno del Sert.
L’IPM di Bologna assicura ai ragazzi ristretti attività educative, formative e di socializzazione, declinandole in fasi calibrate sui tempi della permanenza. Le fasi sono: accoglienza, orientamento, dimissioni. Per ciascuna di esse sono individuati peculiari obiettivi ed attività/ interventi.
Le attività educative, formative e di socializzazione sono molteplici. Dall’assolvimento della scuola dell’obbligo alla scuola alberghiera e ristorazione, arteterapia, pittura, corsi per l’edilizia, la decorazione, le attività sportive, il teatro, corsi sulla legalità, sulla salute e il benessere.

OPA

Il Centro di prima accoglienza (CPA) è una struttura residenziale dell’Amministrazione della Giustizia Minorile che ospita temporaneamente minorenni in stato di arresto, fermo o accompagnamento a seguito di flagranza di reato, sino all’udienza di convalida, assicurando la custodia del minore.

Comunità ministeriale

La Comunità ministeriale di Bologna assicura l’esecuzione dei provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria nei confronti di minori autori di reato; a tale scopo viene predisposto un programma educativo individualizzato, con l’adesione del minore, tenendo conto delle risorse personali e familiari dello stesso nonché delle opportunità offerte dal territorio. In questo modo si avvia il processo detto di responsabilizzazione.

USSM

Alle strutture residenziali del Centro di Giustizia minorile si affiancano gli Uffici di servizio sociale per i minorenni (USSM), che seguono i minori in tutte le fasi del procedimento penale, in particolare nell’attuazione dei provvedimenti giudiziari che non comportano una limitazione totale della libertà.
La maggior parte dei minori autori di reato è in carico agli USSM nell’ambito di misure all’esterno; la detenzione, infatti, assume per i minorenni carattere di residualità, per lasciare spazio a percorsi e risposte alternativi, con sempre maggiore applicazione del collocamento in comunità, non solo quale misura cautelare, ma anche nell’ambito di altri provvedimenti giudiziari, per la capacità di contemperare le esigenze educative con quelle contenitive di controllo.

Dall’ossessione securitaria alla giustizia fai da te

Viviamo in un periodo storico contraddistinto da molte ansie, paure e insicurezze. La società è oggi più fragile e precaria per la mancanza di lavoro, per la persistenza della criminalità, organizzata e non, e dell’atteggiamento deviante e criminale. A causa (o in virtù, per un’ottica ottimistica) della scarsità delle risorse naturali, come già detto in più parti, la società si vede costretta a meta riflettere su stessa e a modificare continuamente i propri ragionamenti, le proprie elaborazioni e le proprie azioni sul territorio. In questo clima di sfiducia e sacrificio emerge un atteggiamento di consapevole profondità e responsabilità che guida la ricerca di innovazioni possibili nel campo della sostenibilità, della giustizia sociale, dell’economia circolare. Emerge altresì un atteggiamento che può arrivare ad una vera e propria ossessione per l’ordine e la sicurezza, intesi come prerequisiti per la sostenibilità e la giustizia sociale.

«poiché i movimenti degli altri non sono mai del tutto prevedibili e interamente calcolabili, il «navigare» implica sempre un elemento di rischio e di avventura ed è reso più difficoltoso dalla insufficienza di indicazioni attendibili e dalla mancanza di prevedibilità.
La distanza che separa ciò che occorre sapere per navigare e ciò che si sa, o si crede di sapere, circa i movimenti reali e probabili del prossimo, è percepita come l’elemento di «stranezza» negli altri; questa distanza definisce gli altri come stranieri. La vita in città è realizzata da stranieri tra stranieri.».

Bauman ha scritto spesso sul ruolo del turista e noi tentiamo un’analogia tra la sua analisi del turista e il giustiziere, attingendo dalle sagge parole del professore emerito di sociologia dell’Università di Leeds.
«Nel mondo del turista, lo strano è mite, addomesticato e non spaventa; gli shock fanno parte del pacchetto insieme alla sicurezza. Questo fa sì che il mondo sembri infinitamente gentile, obbediente ai desideri e ai capricci del turista, pronto a favorire; ma anche un mondo fai-da-te, piacevolmente flessibile, impastato con i desideri del turista, fatto e rifatto con in mente un solo scopo: eccitare, compiacere e divertire. (…) Il mondo del turista è interamente ed esclusivamente strutturato in base a criteri estetici. (…)
Ciò che il turista compra è precisamente il diritto di non essere disturbato, la libertà da ogni disposizione spaziale che non sia estetica.»

Questa analogia è possibile e ha senso se pensiamo all’universo de responsabilizzato del giustiziere, nel quale i suoi desideri sono, similmente al turista, quelli di non essere disturbato in quello che può essere descritto come un mondo a misura di immaginazione, anche estetica.
Possono esistere tanti tipi di giustiziere, dal membro dell’organizzazione criminale al più solitario degli anarchici, dal deluso per le ingiustizie al bullo di strada e di scuola.
Dovremmo descrivere alcune tipologie di comportamenti, per comprendere la natura dell’ossessione securitaria o relativa alla sicurezza:
– ossessionati dal bisogno di giustizia con imbarbarimento della relazione e conseguente giustizia fatta da sé.
– ossessionati dalla verità e dalla lotta per affermarla
– ossessionati dalla ricerca di giustizia
– ossessionati dal controllo su di sé e gli altri
– ossessionati dalla chiusura culturale, dalla segregazione, dall’odio razziale
– ossessionati dalla patria
La giustizia fai da te ha luogo nelle pieghe dell’incomprensione e dell’ambiguità. Come fatto sociale rappresenta un distacco dalla società di appartenenza, un modo per essere al di fuori del contesto affettivo ed emotivo, al di fuori della civiltà. La giustizia fai da te nasce per diversi motivi, i quali potrebbero essere tanto diversi quanto numerosi sono gli autori e i motivi che contraddistinguono. Provando ad individuare alcune ragioni di questo complesso comportamento, possiamo dire che questo sentimento nasce dalla convinzione che il sistema sociale e giudiziario nel suo complesso sia carente nell’azione di contrasto al fenomeno criminale e nella funzione regolativa della giustizia sociale.
L’unica forma sensata di comportamento nella giustizia fai da te è rappresentata da una profonda collaborazione della persona con il contesto in cui vive e in cui si trova ad agire. Nello specifico la relazione collaborativa con le forze dell’ordine e con i pubblici ufficiali in veste di politici eletti nelle istituzioni può essere un argomento da approfondire per immaginare, disegnare e costruire altri tasselli utili alla sostenibilità sociale. Partiremo da una revisione del controllo sociale.
Ai fini di una riflessione sugli aspetti della costruzione sociale dell’identità apro una parentesi anche sull’incontro con l’altro (generalizzato), dalla prospettiva particolare di un bambino speciale: il Piccolo Principe. «Gli incontri con gli abitanti degli altri asteroidi lo turbano per la loro capacità di pensare cose imprevedibili, per la loro poca immaginazione, per le loro debolezze. Ma gli sono necessari. Permettono di conoscersi meglio. E’ specchiandosi negli altri che il Piccolo Principe arricchisce la propria singolarità. Una singolarità che si sostanzia delle molteplici singolarità». Così scrive Gemma C, interpretandoci l’opera del Piccolo Principe da un particolare punto di vista, quello del tempo e delle relazioni, in un volume collettaneo utile per l’analisi dell’immaginario infantile. «E così il Piccolo Principe non si tiene stretto e avvinghiato alla sua unilateralità, egli vive come se avesse tanti specchi (altri/altro) nei quali mirarsi.
Egli sa che se uno di quegli specchi venisse a mancare si sentirebbe impoverito e privo del dono dell’altro, cadrebbe nell’isolamento e nella sua specificità. Lo specchio come metafora della dialettica del noi: come ci vediamo noi, come siamo visti dagli altri»
Già Lacan J. [1974] fu attento a osservare un nostro rituale necessario, lo specchiarsi negli altri, utile per arricchire noi stessi, per formare e sviluppare l’Io. Anche Smith A. analizzò lo specchiarsi negli altri e ancora Tarde G. [1890], con gli studi sull’imitazione e le sue leggi. Tarde descrive e arricchisce questa funzione umana scoprendo anche gli usi devianti e criminologici – asserendo che l’intera società si fonda su un processo imitativo e ripetitivo. Alla ripetizione imitativa dobbiamo associare il senso, tassello psico sociale fondamentale per la costruzione di legami autentici. E’ per allenarci a scegliere persone positive e sane che ci accompagnino nella crescita che noi imitiamo e usiamo gli altri come specchio. Il bambino è sempre attento a capire e a comprendere che cosa sta facendo, che cosa gli viene chiesto di fare. I suoi insegnanti sono uno specchio morale, così il bambino apprende come fare e come rendersi conto se quello che gli viene chiesto ha un senso o un valore. Citando E. Mounier [1964], gli altri non limitano la persona (il proprio essere), anzi «le permettono di essere e di svilupparsi; essa esiste se non in quanto diretta verso gli altri, non si conosce che attraverso gli altri, si ritrova soltanto negli altri»

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Charles Horton Cooley e il looking-glass self

Il controllo sociale comincia a diventare oggetto di dibattito pubblico quando ci si rende conto che vivere un po’ più connessi può aiutarci. Libertà ed autonomia sono i valori guida fondamentali nel nostro percorso di azione.
Riflettere sulle azioni, sulle percezioni sociali degli altri e sugli effetti delle azioni sulle altre persone sono alcuni tra gli ambiti di riflessione del sociologo Cooley. Secondo Cooley le persone si fanno un’idea di loro stesse attraverso la percezione e la comunicazione con gli altri, come se si stessero guardando allo specchio. Pensiero comune ai teorici dell’interazionismo simbolico, le persone sono come degli specchi che riflettono le abitudini e le attitudini culturali, le emozioni e le aspettative personali, ecc.
La società ha quindi un enorme potere, quello di veicolare esempi, informazioni e sensazioni attraverso un reticolo invisibile ma diffuso e significativo. In questo modo la società si fonda e costruisce, generando una miriade di culture e di comportamenti.
Tale potere socializzante può assumere tuttavia le forme subdole dell’oppressione. Pensiamo per es. al consumo di sostanze stupefacenti, che ha nei gruppi amicali una base di accettazione. Come scrive infatti Costantino Cipolla a proposito della cannabis: «l’irriflessività, la coazione a ripetere per consuetudine, la mancanza di un perché sono non di rado i connotati di una fruizione che è più nelle cose, nel contesto storico-geografico che non nella coscienza».
Oltre questa possibilità negativa o rischiosa, la relazione sociale si connota anche come strumento di aiuto per le persone, in particolare per quelle fragili e che si trovano in condizioni di eventuale vittimizzazione. E’ in questo contesto che il controllo sociale assume forte rilevanza.
Aiutare una persona in difficoltà, chiamare le forze dell’ordine per sventare una violenza sessuale o un altro delitto, interrompere l’azione irrispettosa di un collega, avvertire il servizio di raccolta dei rifiuti della presenza di materiale tossico o semplicemente in eccesso sulla strada, ecc.
Sono alcuni esempi di come il controllo sociale può esplicarsi, nelle pieghe relazionali profonde, come forma di aiuto.
“Se lo merita! Deve rimane in carcere”. Queste sono alcune delle frasi che vengono pronunciate dalle vittime che hanno subito reati anche gravi o da chi è parente di una qualche vittima o da chi ascolta l’informazione di un delitto. Quello che molti chiedono è che il carnefice sia condannato a passare il resto della sua vita in carcere. Secondo questa visione chi ha fatto del male deve stare male per un periodo molto lungo.
Questa situazione ci dà conto di uno dei principali problemi che attanagliano l’umanità. La scarsa comprensione nei confronti degli altri, lo spiccato individualismo e la difficoltà ad empatizzare profondamente con l’altro sono segnali dell’enorme difficoltà della società a contenere, comprendere e integrare le persone.

Utilizzo di armi e volontà di potenza e dominio

Usano le catastrofi per giustificare i loro massacri. Se è la persona ad influenzare l’ambiente allora i signori della politica economica potrebbero scatenare una guerra con tutte le armi possibili ed immaginabili. Specularmente, se è l’ambiente ad influenzare la persona, un terremoto potrebbe distruggere la città o una guerra può uccidere vite innocenti. Questi esempi sono realmente possibili ed hanno molti interessi in comune. Sono persone che imitano la forza distruttiva della natura e degli animali. L’inciviltà condizionata da atavismo produce un’emulazione dei bassi istinti e delle emozioni competitive e violente. Spieghiamo su queste basi l’aderenza di persone apparentemente lontane da tali comportamenti alle logiche del dominio e della potenza. Anche l’essere costretti può produrre l’adesione di una serie di comportamenti, ma non è scontato che diventeranno parte integrante della personalità. Quando una persona invece sceglie, anche se sulla base di logiche non completamente controllabili e consapevoli, possiamo sondare e comprendere le diverse motivazioni. Secondo il mio parere queste motivazioni hanno origine nell’emulazione di istinti e comportamenti atavici, violenti ed aggressivi portati avanti dalle culture di dominio e potenza che afferiscono ai grandi gruppi capitalistici, alle massonerie e alle criminalità organizzate.

La ricerca di sovranità e libertà limitata

La giustizia secondo le persone oneste. Dove bisognerebbe invece tendere, depurati tutti i discorsi da quei disaccordi relazionali che abbiamo descritto, ad un relazionarsi più autentico e non dannoso (non reiterando almeno il primo atto criminale) verso gli altri. Trovare equilibri tra la necessaria autonomia della persona, il conseguente individualismo di fondo dell’essere sociale, e la relazione sociale da vivere come scambio e opportunità continui. Non si può volere di più: si può avere con sicurezza un tenore di vita soddisfacente, costruito con il lavoro, l’impegno, lo studio e la responsabilità. Con un aiuto da parte dello Stato soprattutto nei momenti e nelle condizioni di difficoltà. Di più secondo me è troppo. Questa è la mia personale opinione. Impegniamoci a raggiungere la sostenibilità ambientale e sociale e la giustizia sociale. Si vedranno i risultati e verranno ripagati i nostri sforzi perché se più persone contribuiscono alla vita culturale, politica ed economica dello Stato, la società tornerà o si costituirà come davvero di tutti, dando diritti e doveri e ridistribuendo meglio le risorse economiche. In questo modo sempre più persone smetteranno di opporsi alla società in cui vivono e cercheranno di viverci criticandola ed accettandola costruttivamente.

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