Medicalive

Donne e Celiachia, informazione ed educazione: competenze ostetriche

Dott.ssa Greta Alessandra

Ostetrica

Università degli Studi di Catania

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Lo studio scientifico della celiachia e delle sue problematiche ha avuto un notevole sviluppo anche in seguito all’aumentata consapevolezza della popolazione di tale malattia che ha portato contemporaneamente alla conoscenza di nuovi casi e dunque ad una richiesta sempre più crescente di un tentativo di risoluzione delle restrizioni che vive ogni donna celiaca. Studi clinici ed epidemiologici indicano che la malattia celiaca è un fattore di rischio per la fertilità e la gravidanza. Gli esiti avversi in gravidanza, associati alla malattia celiaca, sono aborto spontaneo e ritardo di crescita intrauterino. Inoltre è stata osservata una ridotta durata dell’allattamento. L’educazione e l’informazione costituisce un importante momento di presa in carico della donna gravida da parte dell’ostetrica.
La Malattia Celiaca (MC) spesso si manifesta nel sesso femminile con sintomi “atipici” lievi o a carico di diversi organi e sistemi. Pertanto, la diagnosi precoce è fondamentale per assicurare alle donne celiache un buono stato di salute, infatti una rigorosa dieta senza glutine determina la remissione di tutti i sintomi e i segni legati alla celiachia, quali la sterilità senza altra causa, l’endometriosi, un menarca tardivo o una menopausa precoce, le alterazioni del ciclo e l’amenorrea sono disturbi frequenti nelle donne celiache non diagnosticate. Una celiachia non riconosciuta, inoltre, aumenta il rischio di problemi in gravidanza come aborti ripetuti, ritardo di crescita intrauterino, prematurità, basso peso alla nascita, taglio cesareo. In presenza di queste condizioni è opportuno chiedersi se non si soffra di celiachia e quindi sottoporsi alle indagini cliniche per verificarlo, evitando sia l’autodiagnosi sia di intraprendere una dieta gluten-free senza la certezza della diagnosi.
La malattia celiaca è una enteropatia cronica immuno-mediata correlata all’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. Il glutine è un complesso proteico contenuto nel frumento e in altri cereali (farro, segale, orzo, spelta, kamut, triticale etc.). La gliadina è una delle frazioni proteiche che costituiscono il glutine ed è la responsabile dell’effetto tossico per il celiaco. Nei soggetti geneticamente predisposti, l’introduzione di alimenti contenenti il glutine determina una reazione immunitaria abnorme nella lamina propria della mucosa del duodeno, reversibile con l’eliminazione del glutine dalla dieta e recidivante con la sua reintroduzione [1].
In Italia, le donne che soffrono della malattia celiaca sono il doppio degli uomini, solo 115.000 donne hanno ricevuto la diagnosi mentre 280.000 sono esposte alle complicanze della celiachia perché ancora non sanno di avere la malattia celiaca. Nella donna non adeguatamente trattata le complicanze possono riguardare il sistema riproduttivo, l’ematologia e l’apparato osteo-articolare. Pertanto, la protezione della donna celiaca è importante e passa necessariamente attraverso una diagnosi precoce e attendibile, al fine di instaurare un rigoroso trattamento dietetico che consenta la remissione di tutti i sintomi e i segni legati alla celiachia. La sterilità, l’endometriosi, osteoporosi, lo sviluppo di menarca tardivo e/o di menopausa precoce, l’amenorrea e le alterazioni del ciclo mestruale, ritardo di crescita intrauterino, malformazioni congenite, ipo-agalazia, abortività spontanea sono tutte condizioni frequenti nelle donne celiache non diagnosticate. Si suppone che la celiachia, e in particolare una celiachia non trattata, provochi complicanze in gravidanza tramite anticorpi che interagiscono con il tessuto della placenta in fase di sviluppo.
Studi in vitro hanno mostrato che anticorpi antitransglutaminasi tissutali IaA (tTG-IgA) si legano a cellule del trofoblasto umano e, in tal modo, pregiudicano la funzionalità del trofoblasto in funzione di tempo e dosaggio.
Inoltre, in donne che soffrono di celiachia, il glutine induce una risposta immunitaria cellulo-mediata dal linfocita T, che a sua volta può contribuire a complicanze in gravidanza. Oltre a ciò, la gliadina può attivare linfociti T nel sangue periferico e provocare così una secrezione elevata di citochine, che a loro volta possono nuocere allo sviluppo del trofoblasto.
Una meta-analisi pubblicata nel febbraio 2016 valutava il rischio dello sviluppo di complicanze ostetriche in donne con la malattia celiaca. Sono stati inclusi tutti gli studi di coorte che hanno segnalato l’incidenza di complicanze ostetriche in donne con la malattia celiaca rispetto alle donne sane (gruppo di controllo). Sono stati esclusi gli studi senza un gruppo di controllo e studi caso-controllo. L’obiettivo era valutare l’incidenza della nascita pretermine, del ritardo di crescita intrauterino, della morte endouterina, della preeclampsia, del feto piccolo per età gestazionale e basso peso alla nascita. Il riesame è stato registrato con PROSPERO (CRD42015017263) prima dell’estrazione dei dati. Tutti gli autori sono stati contattati per ottenere i database originali ed eseguire la meta-analisi di singoli dati dei partecipanti. I risultati sono stati valutati nell’analisi dei dati aggregati e nella meta-analisi di singoli dati del partecipante. Dieci studi di coorte sono stati inclusi (4.844.555 donne) in questa meta-analisi; quattro autori hanno fornito l’intero database per l’analisi dei singoli dati. Analisi aggregata dei dati ha mostrato che, rispetto alle donne nel gruppo di controllo, le donne con la malattia celiaca (entrambi trattati e non trattati) hanno avuto un rischio significativamente più alto dello sviluppo della nascita pretermine (rapporto di probabilità 1,35; intervallo di confidenza di 95%, 1.09-1.66), ritardo di crescita intrauterino (rapporto di probabilità, 2,48; intervallo di confidenza di 95%, 1.32-4,67), morte endouterina (rapporto di probabilità, 4,84; intervallo di confidenza di 95%, 1.08- 21.75), basso peso alla nascita (rapporto di probabilità , 1,63; 95% intervallo di confidenza, 1.06-2,51) e feto piccolo per età gestazionale (rapporto di probabilità, 4,52; intervallo di confidenza 95% 1,02-20.08). Nessuna differenza statisticamente significativa è stata trovata nell’incidenza di preeclampsia (rapporto di probabilità, 2,45; intervallo di confidenza 95% 0.90-6,70). Il rischio di nascita pretermine era ancora significativamente più alto sia nell’analisi dei sottogruppi di donne con celiachia diagnosticata e trattata (rapporto di probabilità, 1.26; 95% intervallo di confidenza, 1.06-1,48) e l’analisi del sottogruppo di donne con una celiachia non diagnosticata e non trattata (rapporto di probabilità, 2,50; intervallo di confidenza di 95%; 1.06-5.87). Le donne con malattia celiaca diagnosticata e trattata hanno avuto un rischio significativamente più basso dello sviluppo di un parto pretermine, confrontato con celiachia non diagnosticata e non trattata (rapporto di probabilità, 0.80; intervallo di confidenza di 95%, 0,64-0.99). La meta-analisi dei dati individuali delle partecipanti ha mostrato che le donne con malattia celiaca hanno avuto un rischio significativamente più elevato di complicanze ostetriche rispetto ai soggetti di controllo (rapporto di probabilità, 1,51; intervallo di confidenza 95% 1.17-1.94).
In sintesi, le donne con malattia celiaca hanno avuto un rischio significativamente più alto dello sviluppo di complicanze ostetriche che comprendeva la nascita pretermine, il ritardo di crescita intrauterino, la mortinatalità, il basso peso alla nascita e il feto piccolo per età gestazionale.
In conclusione questo studio afferma che, poiché il trattamento con dieta priva di glutine conduce a una diminuzione significativa di parto pretermine, i medici dovrebbero avvertire queste donne circa l’importanza di una dieta rigorosa per migliorare i risultati ostetrici. Inoltre afferma che, sono necessari ulteriori studi per determinare se le donne con esiti avversi della gravidanza dovrebbero essere schermate per la malattia celiaca, soprattutto nei paesi dove la prevalenza è elevata [16].

Sterilità

La sterilità è individuale, dell’uomo o della donna, e si distingue dall’infertilità che può essere individuale o di coppia.
Le cause di sterilità, nella donna, possono essere legate a tutti i meccanismi di regolazione ormonale ipotalamo-ipofisi-gonadi, in particolare a ipogonadismo primario e secondario, malattie ipotalamiche e neuroendocrine, blocchi enzimatici congeniti che coinvolgono la produzione di estrogeni e progesterone.
Le cause possono anche essere anatomiche e riguardanti tutte le vie genitali, oppure immunologiche.
La celiachia è associata a un rischio maggiore di disturbi della fertilità. Secondo alcuni rapporti disponibili in letteratura, la prevalenza della celiachia in donne con disturbi della fertilità in Europa si attesta tra il 4 e l’8%, quindi una percentuale superiore rispetto alla popolazione generale, nella quale la prevalenza di celiachia è stimata intorno all’1%.
Una meta-analisi sulla celiachia in donne con sterilità pubblicato su Gastroenterology a gennaio 2016, conferma su 105 studi, 5 studi sono stati inclusi per calcolare la odds ratio (OR) complessiva.
Quattro altri studi, in cui non erano disponibili dati su controlli, sono stati considerati per calcolare la prevalenza complessiva della malattia celiaca. Le donne con infertilità hanno un rischio >3 di avere la malattia celiaca in confronto alla popolazione di controllo. Il rischio 3.5 con un 95% di intervallo di confidenza che va da 1.3 a 9 e con Pdel 2.3%, con 95% di intervallo di confidenza che va da 1.4 a 3.5. Di 623 donne con infertilità non spiegabile, 20 avevano la malattia celiaca.
La prevalenza di malattia celiaca in donne con infertilità non spiegabile è di 3.2 con un 95% di intervallo di confidenza che va da 2 a 4.9.
In conclusione la malattia celiaca è più prevalente nelle donne con infertilità di qualsiasi causa e non spiegabile che nella popolazione generale[17].

Endometriosi

Si definisce endometriosi, la malattia caratterizzata dalla presenza e dall’accrescimento progressivo di isole di mucosa uterina in sede abnorme, cioè nella parete muscolare dell’utero (endometriosi interna), oppure in altri organi (endometriosi esterna: ovaio, tube, vulva, intestino, pleura, polmone). Le lesioni più caratteristiche sono le cosiddette cisti endometrioidi.
L’endometriosi è anche nota sotto altri nomi: endometrioma, adenomiosi, adenosi benigna e coristoblastoma dell’utero.
L’endometriosi è una delle cause primarie dell’infertilità femminile. Nella sola Gran Bretagna riguarda quasi due milioni di donne.
È interessante anche il fatto che l’endometriosi, in assenza di sintomi classici, venga menzionata come il sintomo primario della celiachia e che, in numerose pazienti, i disturbi gastrointestinali e la sindrome dell’intestino irritabile (SII) spesso si manifestano associati a una endometriosi.
Esistono solo pochi studi che abbiano indagato il potenziale effetto terapeutico di una dieta senza glutine nel trattamento di problemi di salute specifici delle donne, come per esempio l’endometriosi.
Uno studio condotto in Italia nel 2012, che ha coinvolto 207 pazienti con diagnosi conclamata di endometriosi, ha mostrato che in molte pazienti i sintomi dolorosi dovuti all’endometriosi erano diminuiti dopo un anno in assenza di glutine. Il 75% delle pazienti riferiva, dopo un anno di dieta senza glutine, una riduzione statisticamente espressiva dei sintomi dolorosi. Nel 25% delle pazienti, i sintomi non sono migliorati; nessuna paziente, tuttavia, ha lamentato un peggioramento. In considerazione della qualità della vita legata alle condizioni di salute, tutte le pazienti hanno conseguito punteggi piuttosto alti nell’ambito della salute fisica e psichica e della vitalità, e della funzione sociale e dell’attività fisica[18].
Negli ultimi anni, è stato ipotizzato un potenziale legame tra endometriosi e malattia celiaca poiché questi disturbi condividono alcune somiglianze: riguardano specificatamente un ruolo potenziale dello sforzo ossidativo, infiammazione e disfunzioni immunologiche. Uno studio italiano pubblicato nel 2014, dimostra la prevalenza della malattia celiaca tra donne italiane con endometriosi rispetto alla popolazione generale.
Sono state reclutate donne con una diagnosi confermata laparoscopica ed istologica di endometriosi e infermieri di sesso femminile della nostra istituzione, senza una storia conosciuta di endometriosi, sono stati iscritti come controlli. Sono stati effettuati in entrambi i gruppi i dossagi degli anticorpi endomisio e transglutaminasi e il dosaggio totale di IgA del siero.
Un’endoscopia digestiva con una biopsia intestinale è stata eseguita in caso di positività degli anticorpi.
La malattia celiaca è stata diagnosticata in 5 di 223 donne con endometriosi e 2 di 246 controlli (2,2% contro 0,8%; P = 0.265). Pazienti con endometriosi hanno mostrato un tasso in gran parte superiore di sterilità rispetto al gruppo di controllo (27,4% contro il 2,4%; P < 0,001). I nostri risultati confermano che anche nella popolazione italiana un aumento della prevalenza della malattia celiaca tra i pazienti con endometriosi è trovato, anche se questa tendenza non raggiunge la significatività statistica[19].

Osteoporosi e menopausa

Nella donna in menopausa, con il venir meno degli stimoli estrogenici, l’osso è più soggetto all’osteoporosi e quindi alle fratture spontanee. Ad ogni modo, tra le giovani donne celiache si può registrare una significativa riduzione della massa ossea molto prima della menopausa indipendentemente dallo status ormonale: infatti, nella celiachia il non corretto assorbimento intestinale di calcio e vitamina D si ripercuote sulla mineralizzazione delle ossa, esponendo tanto donne in età fertile quanto uomini al rischio di fratture spontanee. Nel 2010, il carico della popolazione con osteoporosi espresso in QALY (anni di vita ponderati x coefficiente di qualità della vita) era pari a 1.180.000 QALY persi. Si stima che questa cifra crescerà del 20% entro il 2025. Se confrontata con la popolazione generale, l’incidenza di contenuto minerale osseo ridotto, osteopenia e osteoporosi nella popolazione celiaca è più alta[20]. Uno studio retrospettivo pubblicato a febbraio 2016 ha incluso 41 pazienti celiache, con età media di 46.1 ± 14,8 anni. La prevalenza di osteopenia alla prima visita era 56,1% e quella di osteoporosi 29,2%. La seconda densitometria è stata eseguita mediamente in 5 donne di 28 anni (gamma 1 a 13 anni) e ha rilevato 58,9% osteopenia e osteoporosi 28,2%. La dieta senza glutine ha migliorato la massa ossea, principalmente della colonna vertebrale (confronto del Punteggio di T con p = 0,03 e della massa ossea in g/cm2 con p = 0.02). Ciò non era però sufficiente a ridurre il numero di osteopenia (p = 0,9) e pazienti osteoporotici (p = 0,4). Durante il follow-up periodico il 25% dei pazienti osteoporotici ha sviluppato fratture di basso impatto. In conclusione, la salute dell’osso è notevolmente alterata nei pazienti celiaci, particolarmente in quelli con un ritardo diagnostico. La dieta senza glutine ha prodotto un lieve miglioramento della densità di massa ossea con fratture di basso impatto che si verificano in un terzo dei pazienti[21]. Uno studio recente ha analizzato la relazione fra la densità minerale ossea (BMD) e la guarigione della mucosa duodenale (DMH) nei pazienti celiaci che seguono una dieta senza glutine. Di questi pazienti ne sono stati reclutati 64. Dopo un periodo di dieta senza glutine (GFD) di 6 anni (range 2-33 anni), le pazienti hanno subito la biopsia duodenale di ripetizione. Ventiquattro pazienti (38%) sono risultate normali e 40 (62%) con bassa BMD, 47 (73%) con DMH e 17 lesioni di mucosa duodenale (27%). Tutti i pazienti tranne uno con il BMD normale (23 di 24, 96%) ha mostrato DMH mentre, tra quelli con il BMD basso, 24 (60%) e 16 (40%) non hanno mostrato DMH. In pazienti con diagnosi tardiva di celiachia il recupero BMD non è garantito, nonostante una corretta aderenza alla dieta senza glutine[22].

Menarca tardivo

Si definisce “menarca” l’inizio dell’attività ovarica, che si manifesta nell’adolescente pubere, generalmente fra gli 11 e i 14 anni, con la comparsa della prima mestruazione. Essa può essere influenzata da molteplici fattori: genetici, nutrizionali, climatici … Generalmente si considera un menarca tardivo, detto anche ritardo puberale, la prima mestruazione manifestatasi dopo i quindici anni. È stato studiato che il malassorbimento di nutrienti che si registra nella celiachia può manifestarsi con un ritardo della prima mestruazione, anche in assenza di altra sintomatologia. Uno studio, condotto nel 1999, ha preso in esame 59 coppie madre/figlia; figlia con la celiachia: 49 trattati con una dieta senza glutine [FGD (+)] e 10 con malattia celiaca non trattata [FGD (-)]. A tutte le pazienti sono state chieste informazioni sull’età al menarca. L’età media del menarca era significativamente più alta in FGD (-): le ragazze riferivano 16,16 anni e le madri 15,49 anni, rispetto a pazienti FGD (+). L’età media del menarca in pazienti FGD (+) e madri erano: 12,33 e 13.82 anni rispettivamente nel paese (11 coppie), 13.08 e 13.49 anni rispettivamente in una piccola città (19 coppie), 12,90 e 13.33 anni rispettivamente in città (19 coppie). In conclusione, l’età del menarca in pazienti con malattia celiaca è più alto. Questi risultati sostengono l’ipotesi che l’età al menarca nelle ragazze con la celiachia è regolata dalla dieta priva di glutine e di altri fattori genetici e ambientali[23].

Menopausa precoce

Si definisce “menopausa” la scomparsa definitiva delle mestruazioni, per cessazione della funzione ovarica. È preceduta e seguita da un periodo di durata variabile, caratterizzato da una complessa fenomenologia neurovegetativa, somatica e psichica che viene indicata come climaterio. La menopausa precoce, detta anche insufficienza ovarica precoce (POI), è una condizione causata dall’assenza, dalla non funzionalità o dall’esaurimento precoce della riserva ovarica che conduce alla sterilità, a differenza del graduale processo di atresia follicolare, tipico delle donne fertili, fino al fisiologico raggiungimento della menopausa. Alcuni studi hanno rilevato come le donne celiache non diagnosticate abbiano una vita fertile più breve, verosimilmente a causa del mancato assorbimento intestinale di micronutrienti come zinco e selenio, essenziali per il corretto funzionamento dei meccanismi ormonali che regolano il ciclo ovarico. In particolare, uno studio pubblicato nel 2012 ha come scopo quello di valutare le abitudini e i comportamenti alimentari delle donne nel periodo perimenopausale con celiachia diagnosticata entro gli ultimi 4 anni. Lo studio ha compreso un gruppo di 26 donne, dell’età di 51-54 anni, con malattia celiaca diagnosticata negli ultimi 4 anni e che seguono una dieta senza glutine da 6 mesi fino a 4 anni prima e ha accettato di partecipare a questo studio. Dopo un’adeguata educazione alimentare, i risultati ottenuti sostengono che, dal punto di vista della malattia diagnosticata, le donne avevano corretti modelli nutrizionali. Tuttavia, non in grado di soddisfare le linee guida nutrizionali di base, che si riflettono nell’insoddisfacente assunzione di verdure, frutta, oli e acqua e a un’eccessiva assunzione di proteine di origine animale. Il quadro generale dei comportamenti, compresi quelli nutrizionali, punta ad una forte predominanza della malattia diagnosticata[24].

Amenorrea

L’amenorrea è l’assenza temporanea o permanente dei flussi mestruali.
Con riferimento al momento di comparsa dell’amenorrea si distinguono forme primarie, caratterizzate dall’assenza di mestruazioni in donne che hanno superato l’età puberale, ma nelle quali i flussi non sono mai comparsi; e altre secondarie, in cui si manifesta amenorrea in donne già mestruate.
È stato studiato come il malassorbimento può causare l’interruzione temporanea del ciclo mestruale.
Uno studio pubblicato nel 2011 ha incluso 132 donne di età media di 38,5 anni con malattia celiaca e ha osservato nel periodo che va dal 2000 al 2010. Il gruppo di confronto era composto da 105 donne di età media 38,7 anni con disturbi prevalentemente funzionali intestinali (sindrome dell’intestino irritabile, costipazione funzionale). Sono state raccolte informazioni riguardo ai dati anamnestici, agli esami di laboratorio e a segni fisico-ostetrici di sindrome da malassorbimento (MS), è stato condotto lo studio di anticorpi di classe A di immunoglobulina (IG) di alfa-gliadina (AGA) e la transglutaminasi tissutale (tTG).
L’età media dell’inizio delle mestruazioni era 14,3 anni, e nel gruppo di controllo 13,0 anni (p > 0,05), la metà dei pazienti con celiachia (43,9%) riferiva la prima mestruazione dall’età di 15 anni in su, mentre il 7,6% delle donne dai 17 anni.
Nel gruppo di confronto l’inizio delle mestruazioni avveniva dopo i 15 anni solo al 13,3% delle donne. Il 61,3% dei pazienti con malattia celiaca presentava un ciclo mestruale irregolare, mentre nel gruppo di confronto tali violazioni sono state notate nel 13,3% (p < 0,001). Sono stati osservati, inoltre, periodi prolungati di amenorrea in donne con malattia celiaca recentemente diagnosticata 3 volte più probabilità rispetto al gruppo di confronto: 43,9% e 11,4% rispettivamente (p < 0,01). Le donne con amenorrea avevano quasi 3 volte più probabilità di aborto spontaneo: al 46,9% e 14,3% rispettivamente (p < 33 0,01). La frequenza di nascita di bambini morti era circa lo stesso: 2,3% e 1,9% rispettivamente (p > 0.05).
Nel 43% delle donne dopo 6-8 mesi di rigorosa aderenza a una dieta priva di glutine (GFD) era scomparsa l’amenorrea e si verificavano mestruazioni regolari.
Tre donne in età fertile, che seguivano una rigorosa GFD, ha avuto una storia di aborti spontanei ripetuti durante l’anno ed è riuscita a rimanere incinta e partorire un bambino sano a termine.
In conclusione, i disturbi riproduttivi nelle donne con malattia celiaca sono significativamente più probabili rispetto alle donne con malattie intestinali funzionali. Uno dei motivi di disordini riproduttivi in pazienti con celiachia può essere il malassorbimento delle sostanze nutritive necessarie nel piccolo intestino.
La presenza di disordini riproduttivi dovrebbe essere considerata come un fattore di rischio per la malattia celiaca, pertanto chi ne soffre dovrebbe essere sottoposto a screening [25]. Uno studio condotto nel 2007 riporta un caso in cui una donna di 20 anni si presenta con amenorrea primaria e un disturbo dello sviluppo dei caratteri sessuali secondari. Ha riportato, inoltre, una perdita di peso significativa nonostante la normale assunzione di dieta senza glutine.
Effettuati gli esami di laboratorio, ha riscontrato un’anemia ipocromica microcitica e dei livelli bassi dell’ormone follicolo stimolante e ormone luteinizzante, mentre l’ormone stimolante la tiroide e i livelli della prolactina erano normali.
La sua biopsia ha mostrato l’atrofia dei villi coriali, e anticorpi endomisio positivi, indicativi della malattia celiaca.
La condizione della paziente è migliorata ed è stato raggiunto il menarca dopo 6 mesi di una dieta senza glutine.
In conclusione, la malattia celiaca dovrebbe essere considerata in pazienti che presentano malnutrizione e amenorrea
primaria[26].

Ritardo di crescita intrauterino (IUGR)

Si parla di ritardo di crescita fetale quando la stima del peso fetale si colloca al di sotto del 10° percentile per quell’età gestazionale. In questo caso, spesso, il feto è denominato con la sigla IUGR (IntraUterine Growth Restriction).
É stato studiato come, la malattia celiaca (MC) comporta maggior incidenza di casi di IUGR.
Il malassorbimento di ferro, di cui soffrono le celiache non trattate, è causa di una severa anemia in gravidanza, quando le richieste di ferro raddoppiano.
L’anemia, è dimostrato, che può essere causa del ritardo nella crescita del feto.
Inoltre, le donne con celiachia non trattata partoriscono bambini più leggeri di circa 100 grammi e più spesso prematuri.
Uno studio del 2014 ha preso in esame 81 neonati che sono stati ospedalizzati per prematurità o ritardo di crescita intrauterino e i genitori del prematuro e/o piccoli per l’età gestazionale e neonati con gli antigeni specifici di malattia celiaca.
Le differenze non erano statisticamente significative nei livelli di transglutaminasi del tessuto dei padri tra prematuri, piccoli per età gestazionale e neonati a termine (p > 0,05), ma statisticamente significativa nelle madri (p < 0,05). In conclusione la malattia celiaca silente può verificarsi nei genitori, soprattutto nelle madri dei pretermine e piccoli per età gestazionale, anche in assenza di indicazioni cliniche apparenti[27].

Malformazioni congenite

Termine che identifica difetti della morfogenesi da cui derivano alterazioni macroscopiche della struttura di un organo, di parte di esso o di una più estesa parte del corpo. Le malformazioni sono il risultato di un’alterazione che si verifica nello sviluppo embriofetale, in periodi ben definiti (tanto più tardi interviene il difetto, tanto più semplice sarà la malformazione e, viceversa, un difetto che si instauri precocemente darà luogo a una sequenza malformativa a catena). A tal proposito è importante sapere che, nel corso di una gravidanza, l’apporto di sostanze nutritive è particolarmente cruciale per la buona salute del feto. Infatti la donna celiaca non trattata va incontro a malassorbimento intestinale che riguarda anche l’acido folico, una vitamina il cui apporto è fondamentale per prevenire lo sviluppo di difetti del sistema nervoso nel nascituro, come la spina bifida.
Uno studio pubblicato nel 2011 presenta il caso di una donna con la malattia celiaca non diagnosticata che ha dato alla luce un feto nato morto dopo 34 settimane di gestazione. Il feto ha presentato gravi alterazioni morfologiche a causa di carenza di vitamina D e calcio che erano compatibili con il rachitismo. Nella letteratura medica il rachitismo congenito è raramente secondario alla malattia celiaca materna a causa di malassorbimento[28].

Ipogalattia

Si definisce ipogalattia, la scarsa secrezione di latte dalla mammella della nutrice, che dipende da una scarsa produzione di prolattina o da un difetto di trasmissione del riflesso di suzione a livello diencefalo-ipofisario.
Può essere primitiva, quindi costituzionale; o secondaria e perciò dovuta a ipoalimentazione o altre malattie.
Ed inoltre, costituisce una delle indicazioni per l’allattamento misto. É stata riscontrata, nei bambini nati da madri celiache, una minore attitudine all’allattamento.

Abortività spontanea

Si definisce aborto l’espulsione o estrazione dall’organismo materno di un embrione o di un feto che pesi 500 grammi o meno, non maturo e non vitale, con lunghezza cefalopodice di 25 cm. Le sue cause si distinguono in materne, fetali e da incompatibilità materno-fetale (condizione fisiopatologica che è alla base della malattia emolitica del neonato).
Quelle materne comprendono molte malattie (il tifo, il colera, la scarlattina, lo scompenso cardiocircolatorio, le nefropatie, le metriti, alcune malattie endocrine, gli stati di malnutrizione, le malformazioni congenite dell’apparato genitale). Le cause fetali consistono nelle malattie degli annessi e nelle alterazioni ovulari.
Tutti questi fattori realizzano il momento essenziale dell’aborto: il distacco dell’uovo dalle pareti uterine, cui seguono le successive fasi (contrazioni uterine, dilatazione del collo ecc.), che conducono all’espulsione del prodotto del concepimento. Clinicamente si distinguono la minaccia d’aborto, l’aborto in atto e l’aborto incompleto. La minaccia d’aborto comporta emorragia, lievi dolori, scarsa dilatazione del collo e integrità dell’uovo. L’aborto in atto è caratterizzato da grave emorragia, dolori intensi, dilatazione dell’orifizio uterino ed espulsione dell’uovo o di parti di esso, e quindi in questo ultimo caso parliamo di aborto incompleto.
La diagnosi presuppone quella di gravidanza e si completa con i sintomi materni ma, soprattutto, con l’esame del materiale espulso. È stato dimostrato che gli anticorpi anti-transglutaminasi che si producono nella donna celiaca che consuma glutine attaccano la superficie di alcune cellule della placenta, attivando così una risposta immunitaria tra la mamma e il feto. La letteratura scientifica ha evidenziato che le donne celiache, se non seguono una dieta, rigorosamente priva di glutine, vanno incontro a un rischio da 3 a 9 volte maggiore di aborto spontaneo nelle prime settimane di gravidanza.
Uno studio pubblicato nel dicembre 2008, mette in relazione la bassa concentrazione di linfocitosi B monoclonale (MBL) con un’inspiegata abortività spontanea (SA). Questa relazione è stata associata a pazienti con la malattia celiaca (CD). In questo studio, i livelli nel plasma di MBL sono stati determinati in pazienti con CD e sindrome dell’intestino irritabile (IBS) al fine di indagare se è presente un’associazione di livelli MBL e l’avvenimento di SA in questi pazienti. Le concentrazioni di MBL sono state determinate in 46 pazienti con CD (28 senza e 18 con relazione di SA) e 38 pazienti con IBS (25 senza e 13 con relazione di SA).
Una maggiore frequenza di SA è stata osservata in donne con CD rispetto ai pazienti con IBS (23,2 vs 13,9%; P = 0,046).
Nessuna differenza significativa è stata osservata nelle concentrazioni di MBL tra pazienti con CD, IBS e controlli sani, né tra i pazienti con o senza SA. Questi risultati indicano che i livelli sierici di MBL e l’avvenimento di SA in donne con CD e IBS non sono causalmente correlate[29]. Uno studio caso-controllo è stato condotto dal 1995 al 2006. È stato osservato un gruppo di 13 donne (età media 32 anni, fascia 22-38 anni) affette da malattia celiaca con aborti ricorrenti. Tutte le diverse cause di aborto spontaneo (cause ginecologhe, endocrine, ematologiche, ecc.) sono state escluse.
Tutti i pazienti hanno iniziato una dieta senza glutine e sono stati rivalutati durante un periodo di follow-up a lungo termine per valutare il risultato della gravidanza. I risultati hanno riportato, che 6 delle 13 donne hanno intrapreso una gravidanza (46.15%): un paziente (7.69%) un anno dopo la dieta senza glutine, 3 pazienti (23,07%) 2 anni, un paziente (7.69%) dopo 3 anni e, infine, un paziente (7.69%) dopo 4 anni di dieta “gluten-free”. Inoltre, due pazienti (16,66%) hanno avuto gravidanze multiple (uno aveva avuto due parti e un altro aveva subito tre nascite entro un periodo di follow-up di 7 anni sotto dieta senza glutine).
In conclusione, la dieta senza glutine sembra favorire un positivo risultato della gravidanza nella maggior parte delle pazienti celiache con aborto ricorrente[30].

Conclusioni

L’ostetrica, come definita dal D.M. n.740/94, “è l’operatore sanitario che assiste e consiglia la donna nel periodo della gravidanza, durante il parto e nel puerperio”. “Si impegna a promuovere la salute globale e riproduttiva della persona fornendo un’informazione ed educazione corretta, appropriata e personalizzata rispetto agli stili di vita” (Codice Deontologico dell’Ostetrica).
La malattia “celiaca” è un plausibile fattore di rischio per la malnutrizione congenita, giacché induce malassorbimento e specifiche carenze di nutrienti come minerali e vitamine.
Allora, cosa possono fare le ostetriche?
Hanno da lavorare informando ed educando le donne tramite percorsi formativi da inserire all’interno delle scuole di istruzione secondaria e anche all’interno dei corsi di preparazione/accompagnamento al parto-nascita. L’obiettivo che ci si propone è quello di far capire alle donne, sia con malattia celiaca diagnosticata, sia le intolleranti al glutine, di quanto sia importante assicurarsi una dieta completa senza che sia priva di quegli elementi indispensabili alla crescita del feto e al proseguimento della stessa gravidanza. Gli sforzi devono essere rivolti a una buona informazione intesa anche come risparmio della spesa sanitaria.
L’ostetrica deve suggerire anche tra gli esami di screening anche quello per la malattia celiaca soprattutto in epoca pre-concezionale nei casi di poliabortività e di infertilità sine causa.

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