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Esiste uno stress cronicopositivo?

Dott. Massimo Agnoletti
Psicologo, Dottore di ricerca,
Esperto di stress, Psicologia Positiva 
ed Epigenetica.
Formatore/Consulente aziendale, 
Presidente PLP-Psicologi Liberi 
Professionisti- Veneto.
Direttore del Centro Benessere Psicologico,
Favaro Veneto (VE).


Abstract

Il concetto classico di Stress prevede l’esistenza di uno Stress Positivo (Eustress) connotato da una dinamica temporale breve ma intensa detta “acuta” relativa l’attivazione neuro-endocrina  finalizzata a garantire la sopravvivenza dell’organismo ed uno Stress Negativo (Distress) caratterizzato da un’attivazione meno intensa ma prolungata nel tempo detta “Cronica” che comporta molteplici problematiche psicofisiche.
In questo contesto teorico focalizzato sulle priorità biologiche dell’organismo, il concetto di Stress non ammette l’esistenza di un Eustress che perdura nel tempo e che promuove la salute psicofisica delle persone: lo Stress Cronico Positivo o Eustress Cronico.
I recenti settori scientifici della Psicologia Positiva e della Longevità sottolineano l’esigenza di estendere il concetto di Stress anche ai contesti cronici positivi cioè dove lo Stress perdura nel tempo in senso vantaggioso per la salute ed il benessere psicofisico.


Il canonico concetto classico di Stress attualmente condiviso all’interno della comunità scientifica prevede che vi sia un’attivazione psico-neuro-endocrino-immunologica finalizzata a ripristinare un equilibrio preesistente nell’organismo.

Questo equilibrio omeostatico può essere perturbato da un cambiamento interno o esterno all’organismo (per esempio la temperatura) o da una minaccia per la sopravvivenza reale (per esempio la presenza di un predatore) o potenziale (per esempio lo spostamento di un ciuffo d’erba vicino al nostro piede mentre stiamo camminando in montagna che potrebbe indicare la presenza di una vipera).

La logica del meccanismo dello Stress è sempre quella di risolvere una situazione potenzialmente pericolosa per l’organismo.

Lo stesso padre del concetto di Stress Hans Selye (1976), ma anche molti autori come Lazarus&Folkman (1987), McEwen (2007), Sapolsky (2006) e Chrousos (2009) hanno nel tempo aggiunto dettagli alla stessa logica esplorando alcuni aspetti psicologici ma soprattutto dettagliandone la natura molecolare.

Chrousos e Agorastos (Agorastos&Chrousos, 2021) sintetizzano il concetto classico di Stress in modo paradigmatico affermando che: “Lo stress è definito da uno stato di minaccia all’equilibrio omeodinamico da un’ampia gamma di sfide o stimoli intrinseci o estrinseci, reali o percepiti, definiti come fattori di stress. Per preservare questo stato omeodinamico ottimale all’interno di un intervallo fisiologico, gli organismi hanno sviluppato un sistema altamente sofisticato, che serve all’autoregolazione e all’adattabilità dell’organismo mediante il re-indirizzamento dell’energia in base alle esigenze presenti.” (Tradotto dall’originale “Stress isdefinedas a state of threatenedhomeodynamic balance by a wide range of intrinsic or extrinsic, real or perceivedchallenges or stimuli, definedasstressors. To preservethisoptimalhomeodynamic state within a physiologicrange, organismshavedeveloped a highly sophisticated system, the stress system, whichserves self-regulation and adaptability of the organism by energyredirectionaccording to the currentneeds.”).

Nella visione tradizionale, il meccanismo adattativo che sottende la particolare attivazione psico-neuro-endocrina ha una finalità, una teleonomia, esclusivamente biologica e per questo motivo le definizioni di Eustress (Stress Positivo) e Distress (Stress Negativo) hanno significato unicamente in funzione del vantaggio in termini di sopravvivenza dell’organismo.

Se la sopravvivenza viene garantita ristabilendo l’equilibrio precedente l’esposizione alla minaccia (di natura batterica, virale o, ad esempio, da parte di un possibile predatore) si parlerà di Stress Positivo, se invece la reazione comporta una diminuzione della fitness biologica (la morte, nel caso estremo) si parlerà di Stress Negativo.

In questa visione esiste uno Stress “acuto”, caratterizzato da una intensa ma breve attivazione del sistema nervoso e del sistema endocrino, e uno “cronico”, se connotato da una attivazione psico-neuro-endocrino-immunologica quantitativamente di minore intensità ma prolungata nel tempo.

Nel primo caso si tratterà di Stress Positivo perché finalizzato ad evitare un pericolo imminente, nel secondo caso di uno Stress Negativo perché non è funzionale all’evitamento di un pericolo effettivo per la sopravvivenza.

Nel concetto tradizionale, o classico, del termine viene assunta implicitamente una visione puramente quantitativa del fenomeno nel senso che esso può essere positivo solo nel contesto “acuto” (attivazione neuroendocrina breve e intenza) e solo all’interno della finalità strettamente biologica legata alla sopravvivenza (Agnoletti, 2020).

In questo contesto teorico non vi è alcun riferimento significativo o funzionale agli altri livelli di complessità che caratterizzano gli aspetti psicologici e socioculturali umani e in questo senso c’è l’esigenza di colmare questa lacuna concettuale anche per le molteplici implicazioni pratiche nella promozione del benessere e la salute psicofisica umana (Agnoletti, 2021; Agnoletti, 2022).

La letteratura scientifica ha già ampiamente dimostrato quanto l’aspetto psicologico e sociale possa influenzare la longevità dell’organismo modificando l’epigenetica delle nostre cellule (Agnoletti& Formica, 2021, Epel et al., 2004, Kim et al., 2020), così come ha solidamente affermato la necessità di considerare la natura cognitiva relativa cosa pensiamo dello Stress per valutarne gli effetti psicofisici (Keller et al., 2012), quindi continuare a considerare esclusivamente il piano strettamente biologico è una visione pericolosamente miope e riduzionistica.

stressEscludendo nella concettualizzazione del termine gli aspetti psicologici e sociali non è possibile comprendere l’importanza fondamentale di determinare se lo Stress è Negativo o Positivo anche a livello psicologico e questo impedisce di distinguere lo Stress psicologico che promuove la nostra salute ed il nostro benessere da quello che invece li ostacola.

A livello esperienziale psicologico possiamo facilmente identificare uno Stress Positivo quando viviamo esperienze sfidanti ma gratificanti connotate da motivazione intrinseca come le esperienze chiamate eudaimoniche (Ryan e Deci, 2001; Delle Fave, Massimini e Bassi, 2011).

Queste esperienze sono connotate da un aspetto psicologico positivo e gratificante associato anche a cambiamenti epigenetici che promuovono la salute fisiologica-cellulare (Fredrickson et al., 2013; Lewis et al., 2014) ma non possono essere considerate all’interno del paradigma classico dello Stress dove lo Stress è considerato unicamente positivo perché garantisce la sopravvivenza.

Tutte le esperienze eudaimoniche non sono un meccanismo difensivo funzionale a garantire la sopravvivenza dell’organismo ma rappresentano ugualmente uno Stress Positivo che è molto facilmente intuibile dal punto di vista esperienziale.

Si tratta delle esperienze che ci rendono felici e soddisfatti delle nostre vite. Nonostante queste evidenze, lo Stress Positivo fa fatica ad essere compreso all’interno del paradigma classico se non limitato al contesto strettamente biologico in cui vi è un pericolo reale o potenziale per la sopravvivenza. Anche l’importante sforzo concettuale da parte di Lazarus e Folkman (Lazarus&Folkman, 1984) nel cercare di attribuire una valenza anche positiva agli eventi stressanti negativi (concetto di coping) è comunque sempre basato su di un paradigma che prevede lo Stress come un meccanismo con una finalità esclusivamente biologico-difensiva ed in questo senso è più il tentativo di diminuire la dannosità degli eventi stressanti negativi che di una vera e propria definizione relativa lo Stress Positivo.

Solo all’inizio di questo secolo, con la formalizzazione della Psicologia Positiva (Seligman&Csikszentmihalyi, 2000), si è dato avvio ad un paradigma dove la definizione di Stress Positivo può trovare la sua giusta collocazione concettuale ed il suo spazio logico anche al di fuori della sua utilità strettamente biologica. Essendo questo filone della psicologia scientifica interessato agli aspetti che promuovono attivamente la salute e la qualità di vita (l’Ottimismo, il Flow, la Resilienza, etc.) lo Stress non è più unicamente polarizzato concettualmente ai suoi aspetti patologici e di disregolazione psicofisica.

Anche le scienze biomediche della longevità, in particolare la scienza dei telomeri, quella della nutrogenomica e del microbiota, hanno già da alcuni anni sottolineato l’importanza di fattori che contribuiscono ad allungare e migliorare le aspettative di vita rappresentando di fatto la concretizzazione del concetto di Stress Positivo distante dalla visione come meccanismo solo difensivo finalizzato a neutralizzare una minaccia interna o esterna all’organismo.

Quando pensiamo, ad esempio, all’incremento di longevità prodotto da una dieta che segue una specifica restrizione calorica (Fontana, Partridge& Longo, 2010) dobbiamo pensare ad uno stimolo stressante positivo per l’organismo non un intervento che si limita a ridurre lo Stress Negativo.

Similmente, lo studio dei centenari, caratterizzati da una straordinaria autonomia, salute e benessere psicofisico, deve essere considerato un esempio di fattori di Eustress (Stress Positivo) Cronico e non solo come esempio in cui lo Stress Negativo Cronico è presente in misura limitata.

stressIn sintesi vi è l’esigenza di concettualizzare correttamente anche lo Stress Positivo nella sua dimensione temporale cronica (quindi parlare di Stress Cronico Positivo o Eustress Positivo) perché solo in questo modo avremo la possibilità di comprendere l’enorme eterogeneità dei fenomeni che includono, ad esempio, le morti premature (non imputabili a problematiche genetiche) di atleti che si alimentano correttamente così come l’estrema longevità di persone che, pur non essendo perfette dal punto di vista nutrizionale e/o motorio, riescono a mantenere un benessere psicofisico ed un autonomia invidiabile.

Comprendere la necessità di formalizzare, anche dal punto di vista teorico, il giusto ruolo allo Stress Positivo sia nel contesto temporale “acuto” che “cronico”, comporta molteplici conseguenze positive che includono anche una maggiore chiarezza comunicativa (si pensi all’effetto confusivo dei tanti corsi attuali che promettono di “ridurre”, “combattere”, “annullare” lo Stress… quello Negativo, Positivo, entrambi?) anche a livello accademico.

Attualmente è molto diffusa una sorta di bias percettivo (presente anche a livello accademico) a scapito della concettualizzazione dello Stress Positivo per cui parlare di Stress Cronico Positivo appare un ossimoro.

Il famoso psicologo sociale Kurt Lewin scrisse (Lewin 1951, p. 169) che “Non c’è nulla di più pratico che una buona teoria” (tradotto dall’originale “ThereisNothing More PracticalThan A GoodTheory”), in questo senso, riuscire a collocare correttamente il concetto positivo anche nella sua valenza cronica, che perdura cioè nel tempo, permetterà di ottenere una nuova prospettiva anche relativa gli interventi concreti per promuovere la salute ed il benessere umano.


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