Avv. Angelo Russo,
Avvocato Cassazionista, Diritto Civile, Diritto Amministrativo, Diritto Sanitario – Catania
La delicatissima materia della responsabilità medica per inadempimento contrattuale torna ad esser affrontata dalla terza sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 243 del 10.1.2017.
L’importanza della decisione risiede nell’analisi, da parte del Supremo Consesso, della rilevanza causale dell’operato del medico di fiducia sulla determinazione della paziente – gestante nelle sue scelte successive.
La vicenda processuale trae origine dalla domanda con la quale la donna (unitamente al marito ed ai figli) citava in giudizio il ginecologo di fiducia lamentando di avere subìto dei danni a seguito della nascita di un figlio affetto dalla sindrome di down.
Nello specifico la donna contestava che il medico, durante il periodo gestazionale, le aveva fornito ampie rassicurazioni sulle condizioni generali di salute del feto.
Facendo leva sulle informazioni fornitele dal proprio medico e confidando, quindi, nel corretto operato del ginecologo, la donna, dopo circa due mesi, decideva di non sottoporsi all’esame diagnostico dell’amniocentesi pur consigliatole dai medici dell’ospedale.
Lamentava, quindi, la violazione dell’obbligo informativo da parte del medico che, laddove fosse stato rispettato, le avrebbe permesso di decidere di interrompere la gravidanza.
Sia il Tribunale che la Corte di Appello rigettavano la domanda, non ascrivendo alla condotta del medico profili di responsabilità.
La decisione dei Giudici di merito.
Secondo il Tribunale e la Corte di Appello il rifiuto della paziente di sottoporsi ad amniocentesi (a ciò determinatasi dalle rassicurazioni del medico sul buono stato di salute del nascituro) sarebbe stato sufficiente per eliminare il nesso causale con l’operato del ginecologo.
Da tale dato i Giudici di merito facevano discendere il rilievo che il rifiuto della paziente di sottoporsi all’amniocentesi (prescritta dall’ospedale) avrebbe, da solo, determinato il danno legato alla nascita del figlio affetto dalla sindrome di down.
La decisione della Corte di Cassazione.
La Suprema Corte, investita del ricorso da parte dei soccombenti nei due gradi di merito, per la parte che interessa il presente contributo, si occupa della questione della rilevanza del rifiuto della gestante di sottoporsi all’amniocentesi, espressamente consigliata dalla struttura sanitaria in epoca successiva alla diagnosi formulata dal ginecologo di fiducia.
I Giudici di legittimità, ribaltando le precedenti sentenze di merito, disattendono le deduzioni logico giuridiche seguite dalla Corte di Appello.
Invero, se per la Corte di merito il rifiuto della donna di sottoporsi ad amniocentesi, successivo alle rassicurazioni fornite dal sanitario, avrebbe avuto efficacia causale esclusiva nella determinazione della nascita “a sorpresa” di un bimbo affetto da sindrome di down, con conseguente danno salute della donna, per la Corte di legittimità, invece, la condotta del medico di fiducia ed il legittimo affidamento che la paziente riponeva nella sua diagnosi, avevano condizionato la scelta di non sottoporsi ad amniocentesi, pur consigliata dalla struttura ospedaliera.
La Suprema Corte, in sostanza, rileva che l’attribuire alla scelta della paziente un’efficacia causale esclusiva nel verificarsi del danno comportava il correlato accertamento che la sua scelta non dipendesse anche dalla diagnosi fatta dal ginecologo che la assisteva durante il periodo gestazionale.
Il percorso logico argomentativo seguito dalla Cassazione nega, quindi, efficacia esclusiva sopravvenuta alla decisione della donna di non sottoporsi ad amniocentesi, laddove la perdita della possibilità di conoscere lo stato di salute del nascituro si fosse già verificata all’epoca del rifiuto così come al citato rifiuto non poteva attribuirsi il significato di rinuncia tacita a lamentare la perdita di chance, dovendo (più correttamente) essere inteso quale perdita della possibilità, anche a causa dell’apporto causale fornito dalla condotta del ginecologo di fiducia, di conoscere lo stato di salute del feto.
La Corte di Cassazione, in conclusione, nel riformare la sentenza di merito, ha rinviato ad altra sezione della Corte di appello che sarà chiamata a decidere, secondo le regole del nesso eziologico, se in concreto il rifiuto della donna non fosse stato influenzato dall’operato del proprio ginecologo e, in ipotesi di esito positivo del predetto accertamento, se la perdita della chance di conoscere lo stato di salute del feto, sin dal momento in cui ciò era possibile diagnosticare, deve essere considerata una parte integrante del danno ascrivibile all’inadempimento contrattuale del medico.