Adottare corretti ritmi circadiani e un’efficace gestione dello stress psicosociale risultano essere particolarmente importanti per conservare e ripristinare il benessere psicofisico durante questi tempi di pandemia.
Abstract
La gestione della pandemia ha imposto misure restrittive relative la libertà personale, il movimento e la socialità finalizzate al contenimento della diffusione del Covid-19. L’adattamento a questa nuova situazione si traduce in uno stress che, anche alla luce delle recenti conoscenze dei telomeri, deve essere affrontato in maniera integrata adottando uno stile di vita che favorisca i ritmi circadiani e una efficace gestione dello stress psicosociale, così da ridurre il potenziale impatto negativo psicofisico nonché difendere attivamente un benessere generale anche in termini di maggiore efficacia immunitaria così strategica per contrastare il coronavirus.
Abstract
The management of the pandemic has imposed restrictive measures relating to personal freedom, movement and sociality aimed at containing the spread of Covid-19. Adapting to this new situation translates into a stress that, also in the light of the recent telomere knowledge, must be addressed in an integrated way by adopting a lifestyle that promote circadian rhythms and effective management of psychosocial stress both to reduce the potential negative psychophysical impactand to actively defend the well-being general also in terms of greater immune efficacy, so strategic to contrast coronavirus.
Autore
Dott. Massimo Agnoletti – Psicologo, Dottore di ricerca Esperto di Stress, Psicologia Positiva e Epigenetica, Formatore/consulente aziendale, Presidente PLP-Psicologi Liberi Professionisti-Veneto, Direttore del Centro di Benessere Psicologico, Favaro Veneto (VE).
[otw_shortcode_dropcap label=”I” background_color_class=”otw-no-background” size=”large” border_color_class=”otw-no-border-color” label_color=”#008185″][/otw_shortcode_dropcap]l coronavirus ha cambiato e continuerà ancora, in maniera veloce, pervasiva e duratura, i nostri stili di vita. L’attuale pandemia sta transitando dall’iniziale emergenza sanitaria a una prolungata semi-emergenza psicosociale perché si tratta di un complesso fenomeno biopsicosociale che cambia nel tempo (Agnoletti, 2020).
Come già espresso in un precedente scritto (Agnoletti & Zimbardo, 2020), l’attuale emergenza è caratterizzata fondamentalmente dalla combinazione di tre elementi.
Il primo è il fatto che il Covid-19 è un agente biologico non percepibile (senza strumenti tecnologici) che ha una notevole capacità di coinvolgere velocemente milioni di persone globalmente.
Il secondo è la diffusa percezione che il comportamento e le politiche adottate da individui e nazioni influenzano direttamente aspetti relativi la salute individuale di ciascuno – anche in termini di sopravvivenza – oltre a determinarne la qualità di vita.
Infine, diversamente da tutte le altre situazioni emergenziali (terremoti, allagamenti, incendi ecc.) dove la cooperazione sociale fisica è la risorsa fondamentale, il distanziamento sociale fisico e la limitazione del movimento personale rappresentano ad oggi le strategie iniziali scientificamente condivise per gestire il virus.
La recente accresciuta consapevolezza indotta dalla pandemia dell’essere tutti all’interno di uno scenario molto complesso e interconnesso, da una parte implica un senso di fragilità e vulnerabilità nei confronti di qualcosa che individualmente sappiamo di poter controllare solo parzialmente, dall’altra ci obbliga a comprendere la necessità di agire collettivamente per ridurre il rischio di essere contagiati e limitare il notevole impatto socio economico negativo.
La richiesta di cambiamenti individuali, sociali e culturali indotta dalla pandemia richiede uno sforzo adattativo, vissuto soggettivamente da ciascun membro della comunità, che si traduce nella necessità di dover fronteggiare un notevole stress psicofisico finalizzato a ristabilire una forma di equilibrio e routine analoga a quella precedente l’impatto del Covid-19.
Questo significativo sforzo psicofisico adattativo interessa tutta la popolazione ma risulta essere particolarmente impattante per alcune fasce della popolazione tra le quali gli anziani, coloro che sono interessati a problematiche croniche (diabetici, obesi, etc.) e i professionisti coinvolti direttamente nella gestione emergenziale dei pazienti Covid-19 (medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, etc.).
Le problematiche emerse dalla letteratura scientifica fanno supporre che vi sarà un rilevante aumento dei disturbi d’ansia, della depressione, dell’umore, del sonno, della spossatezza, dei disturbi post traumatici da stress in misura variabile dipendente dal tipo di situazione specifica e dalle caratteristiche psicofisiche delle persone coinvolte (Brooks et al., 2020).
Il contesto generale del quadro dei disturbi appena citati può essere, almeno in parte, contrastato attraverso il ripristino dei ritmi circadiani (così fortemente compromessi in genere dallo stato di quarantena) insieme al miglioramento della capacità di gestione dello stress psicosociale.
Risulta fondamentale considerare in maniera integrata questi due macro settori scientifici perché nel caso l’intervento fosse parziale, si correrebbe il rischio di impattare sulla salute e sulla qualità di vita in maniera molto limitata se non addirittura dannosa.
La recente scienza dei telomeri infatti, ci ha già dimostrato quanto inutile e potenzialmente dannoso sia pensare di migliorare solo uno degli aspetti che colpiscono i ritmi circadiani (attività motoria, alimentazione, qualità del sonno, etc.) senza considerare anche la gestione emotiva e quindi psicologica dello stress (Agnoletti, 2018; Blackburn, 2010).
Il cosiddetto “effetto imbuto” o “collo di bottiglia” della dinamica dei telomeri (Agnoletti, 2019a) ci indica infatti che, a modulare l’attività degli enzimi della telomerasi, i responsabili biologici che riparano i telomeri (le strutture cromosomiche che determinano la nostra longevità e la propensione a sviluppare malattie), sono diversi processi convergenti ma parzialmente indipendenti.
Concentrarsi quindi solo in uno di questi aspetti (motorio, nutrizionale, del sonno, di gestione dello stress psicologico, etc.) non risulta essere una strategia efficace ma anzi potenzialmente pericolosa per i rischi conseguenti la sottostima e alla conseguente limitazione di risorse, energie e tempo investiti nell’area che in quel momento sta impattando più sfavorevolmente sui telomeri.
Un intervento ottimale per migliorare la condizione delle persone che stanno affrontando lo stress da Covid-19 dovrebbe eventualmente partire dall’analisi della situazione delle singole aree che incidono sui telomeri individuando quella, o quelle, maggiormente deficitarie per dare la priorità all’intervento proposto.
Da questa dinamica emerge la profonda e sofisticata trasversalità di competenze che dovrebbe possedere il professionista intenzionato ad agire in maniera integrata sull’assistito.
Tornando ai telomeri, in estrema sintesi gli enzimi della telomerasi ricostruiscono continuamente i frammenti di DNA che compongono i telomeri stessi (che si accorciano a ogni divisione cellulare) aggiungendo sequenze di basi che rallentano nei fatti il processo di invecchiamento cellulare.
Quando la lunghezza dei telomeri arriva a una specifica soglia, si avvia un processo di decadimento strutturale del DNA che predispone nel medio/lungo termine a molte malattie cardiocircolatorie, immunitarie e oncologiche (Andrews & Cornell, 2017; Prinz, 2011).
L’invecchiamento cellulare determinato dalla lunghezza dei telomeri ha quindi una proprietà plastica “esperienza dipendente” nel senso che viene modulata in base alla tipologia di esperienza epigenetica che influenza l’attività della telomerasi e, in ultima analisi, della lunghezza assoluta dei telomeri.
Se i telomeri rappresentano il nostro orologio biologico che scandisce il nostro invecchiamento cellulare, i ritmi circadiani e la capacità di gestione dello stress (oltre naturalmente agli eventuali inquinanti ambientali) determinano la velocità di spostamento delle lancette di questo orologio quindi sarebbe poco sensato, se non proprio controproducente, cercare di migliorare solo uno di questi fattori trascurando gli altri.
I fattori responsabili dell’accelerazione e del rallentamento delle lancette del nostro orologio biologico sono stati ben identificati dalla scienza dei telomeri; si tratta dell’alimentazione, dell’attività motoria, della qualità del sonno, della rete sociale che abbiamo e del nostro benessere psicologico (Epel et al., 2004; Jang & Serra, 2014).
I primi tre fattori influenzano grandemente il funzionamento dei ritmi circadiani mentre la qualità della rete sociale e il benessere psicologico determinano la capacità di gestire lo stress psicosociale.
Tutti questi elementi sia presi singolarmente che in maniera sinergica contribuiscono a modificare l’attività della telomerasi influenzando la lunghezza assoluta dei telomeri e quindi l’aspettativa di vita, la propensione a sviluppare patologie e quindi anche la vulnerabilità immunitaria nei confronti del Covid-19.
Alla luce del moderno paradigma epigenetico i ritmi circadiani sono un sistema di apprendimento previsionale finalizzato a regolare e ottimizzare il funzionamento dell’organismo nella sua globalità psicofisica attraverso un meccanismo genetico continuamente regolato da esperienze epigenetiche.
Nel 2017 tre premi Nobel sono stati assegnati a Jeffrey C. Hall,Michael Rosbash e Michael W. Young per l’individuazione del meccanismo genetico dei ritmi circadiani responsabile dell’andamento oscillatorio, necessario per creare autonomamente un cambiamento ritmico nella modalità di funzionamento cellulare.
Come ormai è noto i ritmi circadiani umani sono anche regolati via epigenetica attraverso stimoli che provengono dall’ambiente esterno (dalla luce e marginalmente anche dalla temperatura) e tramite i comportamenti legati al sonno, all’alimentazione, all’attività motoria e alla gestione dello stress psicosociale.
Tutte queste attività influenzano, in maniera diversa ma convergente, la regolazione circadiana dell’organismo determinandone il corretto funzionamento.
Sia il “quanto” che il “quando” siamo esposti alla luce, la qualità, la quantità e il quando ci alimentiamo, la specifica attività motoria che pratichiamo e quando la eseguiamo oltre al tipo di gestione emotiva dello stress che percepiamo, condizionano la nostra qualità di vita e la predisposizione a generare disturbi o patologie nel tempo piuttosto che vivere con un equilibrato e solido benessere psicofisico.
Sappiamo infatti che la luce percepita durante il giorno attiva, attraverso la stimolazione di neuroni specifici, un gruppo di circa 20000 neuroni che si trovano nel nucleo soprachiasmatico del nostro cervello (chiamato anche “master clock”, “orologio principale”, perché coordina e regola i numerosi meccanismi ritmici che si trovano in tutto l’organismo) determinando, sia per via neurale che endocrina, il funzionamento di molti altri sistemi biologici del nostro corpo (Mohawk, Green, & Takahashi, 2012; National Institute of General Medical Sciences, 2020).
Andare a dormire oltre mezzanotte finendo di cenare mezz’ora prima genera, per esempio, una disorganizzazione dei ritmi circadiani perché l’attività alimentare e la qualità del sonno risultano compromesse poiché non sono coordinate con ciò che viene in modo informazionale stabilito dal master clock per ottimizzare l’attività predittiva generale (Acosta-Galvan et al., 2011; Antle & Silver, 2005; Patel et al., 2012).
Se, sempre a titolo d’esempio, questa condizione diventa abitudinaria per uno scorretto stile di vita adottato e magari viene peggiorata dalla scarsa qualità nutrizionale assunta (per esempio con l’introduzione di una alta e frequente quantità di carboidrati serali) e/o siamo stressati negativamente producendo anche inconsapevolmente una serie di rimugini notturni, si assiste a un ulteriore peggioramento della situazione psicofisica, soprattutto se il nostro organismo presenta infiammazioni.
Le attività precedentemente citate come elementi chiave che incidono sul funzionamento dei telomeri, hanno conseguenze negative anche a livello fisiologico sia sul sistema endocrino che nervoso centrale e periferico, modificando il complesso sistema dello stress che possediamo.
Se da una parte i ritmi circadiani sono fortemente condizionati dall’esposizione alla luce, dall’alimentazione, dalla qualità del sonno e dell’attività motoria, anche il benessere psicologico, ad esempio, può determinare un cambiamento della qualità del sonno (inducendo una produzione di cortisolo che contrasta funzionalmente la produzione di melatonina che promuove invece il sonno) o abbassando la motivazione a praticare l’attività motoria per una scarsa attivazione dopaminergica o alternando la qualità nutrizionale alimentazione per l’eccessivo comfort food ingerito al fine di compensare il di stress percepito.
Oltre ad avere quindi un corretto ritmo circadiano agendo sul “cosa” e sul “quando” attuare fattori noti come il praticare attività motoria, mangiare in maniera sana, adottare una valida igiene del sonno, dobbiamo agire anche nella direzione di limitare i danni da stress negativo prodotto per la recente limitazione di libertà personale (anche e soprattutto motoria e sociale) imposta dalla pandemia e per promuovere un vero e proprio stato di benessere psicofisico protettivo ed efficace nei confronti dello stress futuro.
In questo senso esistono già comprovate strategie utili ed efficaci per arginare i danni da stress negativo (pensiamo all’attività meditativa o alle semplici respirazioni diaframmatiche) così come esiste la tipologia di esperienze emotivamente positive (tra le quali spiccano quelle chiamate “ottimali” o di “flow” uno stress positivo e salubre per il nostro organismo) che generano benessere psicofisico rinforzando anche il sistema immunitario (Agnoletti, 2019b).
Per concludere possiamo dire che questo periodo di parziale isolamento sociale ha indotto una disregolazione generale dei nostri ritmi circadiani sia per la limitata attività motoria indotta, sia per lo stress psicosociale percepito in generale dalle persone che, per una scarsa qualità del sonno prodotta dai cambiamenti di abitudini di vita imposte dalla quarantena che per le molteplici preoccupazioni e incertezze psicosociali ed economiche ormai caratterizzanti il presente e il futuro periodo.
Dalla letteratura psico-neuro-endocrino-immunologica presente risulta quindi sensato adottare pratiche che ristabiliscano un minimo di correttezza dei ritmi circadiani agendo a livello di attività motoria, nutrizionale, qualità del sonno oltre il coltivare una certa qualità nelle relazioni sociali che percepiamo oltre a praticare tecniche di gestione dello stress destinate da un lato a mitigare i danni da di stress finora subiti e dall’altro a potenziare la nostra capacità di resilienza nei confronti di stress futuri.
Bibliografia
Acosta-Galvan, G., Yi, C. X., van der Vliet, J., Jhamandas, J. H., Panula, P., Angeles-Castellanos, M., et al. (2011). Interaction between hypothalamic dorsomedial nucleus and the suprachiasmatic nucleus determines intensity of food anticipatory behavior. Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A. 108, 5813–5818. doi: 10.1073/pnas.1015551108
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