Abstract
Oggigiorno è insita nella società la credenza che l’unica via da seguire per un infermiere sia quella di prestare assistenza con i “piedi per terra”. Dopo aver conseguito la laurea triennale molti giovani infermieri hanno un ampio scenario lavorativo percorribile, tuttavia, spesso non si ha consapevolezza di tutte le possibilità a disposizione. Il mare fa proprio parte di queste innumerevoli possibilità, un’esperienza così lontana dal tipico tirocinio “terrestre”. Poco conosciuta è, infatti, la figura dell’infermiere terra-mare presente su navi da crociera, militari e altre tipologie di imbarcazioni conformate a specifiche caratteristiche. Lo scopo di questo articolo è quello di ampliare gli orizzonti lavorativi della professione dell’ infermiere terra-mare e valorizzare uno dei tanti campi in cui l’infermiere si può specializzare.
Today there is the thought in society that the only way for a nurse is to provide care with “down to earth”. Many young people after completing their bachelor’s degree in nursing have many paths that they can choose, but many times they do not know all the possibilities. The sea is part of these countless possibilities, an experience so far from the typical “terrestrial” training. In fact, the figure of the nurse present on cruise ships, military ships and other types of boats is not very well known. The purpose of this article is to raise awareness of every aspect of the nursing profession by broadening work horizons and enhancing one of the many fields in which nurses can specialize.
Introduzione
Il mare, con le sue profondità, i suoi misteri e la sua grandezza ha sempre affascinato ed unito popoli diversi. Già all’inizio del XVIII secolo troviamo svariate testimonianze dove si accertala presenza della figura di un Medico di Bordo, al quale erano affidate le vite dell’equipaggio durante i lunghi viaggi verso le lontane colonie. Con il passare del tempo, si è sempre più valorizzata l’importanza di avere un’equipe sanitaria multidisciplinare, a tal punto da richiedere delle vere e proprie leggi che garantissero l’assistenza sanitaria sulle divere imbarcazioni. (1) Per ovviare al fatto che i medici a bordo erano medici della Marina Militare prestati alla Marina Mercantile, nel 1895 fu fatto un regio decreto(tuttora attivo) in base al quale per iscriversi all’albo dei medici di bordo abilitati è fondamentale sostenere un esame complesso. (2) È necessario, inoltre, che l’abilitazione avvenga con cadenza quinquennale e richieda competenze in ambito medico-chirurgico, ostetrico-ginecologico e pediatrico. (3) Successivamente, a livello territoriale, furono emanati diversi decreti come il DM 13/06/1986, il quale ha istituito l’obbligatorietà di garantire un servizio medico su tutte le navi della flotta che operano nel Mar Mediterraneo, ma non solo, infatti altre leggi e decreti simili a questo hanno permesso di sperimentare una vera e propria rivoluzione circa l’approccio sanitario del paziente in maniera olistica.
Stesso punto di partenza, ma traguardi differenti
Prendendo in esame il percorso per diventare infermiere terra-mare all’interno della Marina Militare, si può certamente affermare che è necessario il superamento di un concorso pubblico per poter intraprendere un nuovo percorso di formazione come ufficiale o sottoufficiale. L’accademia navale di Livorno (secondo accordi con l’Università di Pisa) si occuperebbe del corso per ufficiali, grazie al quale si diventa infermieri di tipo A. La Scuola Marescialli della Marina Militare di Taranto, come accordato con l’Università di Bari, invece è destinata alla formazione dei Sottufficiali (infermieri di tipo B). L’infermiere di tipo A ha il compito di gestire la parte burocratica ed organizzativa dell’ospedale di bordo, mentre gli infermieri di tipo B hanno il compito di erogare tutte le prestazioni assistenziali infermieristiche. Indipendentemente dalla tipologia di accademia a cui si aderirà, però, sarà necessaria l’iscrizione all’ordine delle professioni infermieristiche (OPI), come sancito definitivamente dalla leggen. 3/2018. I livelli, o roles, che un infermiere terra-mare può ricoprire in quest’ambito sono molteplici e altamente specializzati, includono infatti: chirurgia specialistica, medicina iperbarica e subacquea, traumatologia, prevenzione, terapia intensiva, riabilitazione, evacuazione, operazioni di salvataggio subacqueo e non in una situazione di emergenza, ecc… sono richieste, inoltre, competenze circa il combat casualty care,combat nurse e triage militare. (4) (5) Gli infermieri della Marina Militare operano in Italia e all’estero per missioni di pace o di salvaguardia dello Stato in ambito marino e lungo i porti preservando e garantendo lo stato di salute non solo dell’ equipaggio, ma anche delle popolazioni civili (in caso di conflitti o calamità naturali).
Formazione infermieristica su navi da crociera
Il processo di selezione sulle navi da crociera è ben diverso da quello previsto per un infermiere terra-mare della marina militare, infatti il candidato interessato non dovrà far altro che inviare il proprio curriculum ad un’azienda che selezionerà, per ulteriori prove, gli aspiranti infermieri di bordo. Tra i diversi step vi sono sicuramente: un test di lingua inglese, diversi colloqui, un corso specifico per marittimi (ad esempio i corsi basic training IMO STCW’95 che comprende un corso PSSR – Personal Safety and Social Responsibilities, un corso di Sopravvivenza e salvataggio, un corso Antincendio Base/Avanzato e un corso di Primo Soccorso Elementare) con un esame finale ed iscrizione alla Guardia costiera. (6) L’organizzazione dell’assistenza sanitaria nella nave è affidata ad un medical team, questo è costituito da diversi professionisti sanitari in base alle dimensioni della nave, al numero di passeggeri e membri dell’equipaggio. (7) Indicativamente ci sono da uno a tre medici (dei quali uno deve avere la qualifica di direttore sanitario, mentre gli altri sono medici in subordine/ “primi medici”). Ci sono poi da tre a cinque infermieri a disposizione (di cui uno deve essere un nurse A, mentre gli altri possono appartenere alla categoria B). (8) L’ospedale presente su queste navi, non può ovviamente competere con uno territoriale. Esso è infatti composto da circa 10 posti letto, una sala visite, una terapia intensiva, una sala radiografica e una farmacia. Diverse testimonianze, come quella di Cristian Fermani, mettono in evidenza la dicotomia che intercorre tra l’infermiere canonico (sulla terra) e quello marittimo.
In primis si mette in evidenza la differenza circa la reperibilità, la quale (a bordo) è richiesta nella maggior parte dei casi 7 giorni su 7: la mattina dalle 8,00 alle 11,00; il pomeriggio dalle 16 alle 20:00, salvo la presenza di ospiti ricoverati dove è sempre assicurata la presenza di un medico e di un infermiere (a giorni alterni si è reperibili 24h su 24). (9) (10) (11) Un altro aspetto che differisce tra l’ospedale terrestre e marino è l’incidenza di diversi fattori come Multiculturalità e gestione di situazioni d’emergenza. Fortunatamente grazie alla globalizzazione è aumentata la probabilità di venire a contatto con diverse culture, lingue e tradizioni che hanno permesso un crescente bisogno di scoprire e comunicare con l’altro. (12) L’afflusso di migranti nel nostro paese ha conseguenzialmente aumentato la possibilità di incontrare negli ospedali pazienti provenienti da diverse aree del mondo, ma non è aumentata proporzionalmente la consapevolezza che hanno gli italiani della lingua inglese(usata canonicamente per comunicare in tutto il globo terrestre).
Come si evince da diversi grafici stilati negli anni, solo una piccola parte della popolazione italiana sa parlare realmente inglese: Pur essendo cresciuti i livelli di conoscenza dell’inglese in Italia, grazie al sistema scolastico, rispetto agli altri paesi Europei il nostro Paese non eccelle. L’Italia, infatti, è al 26° posto su 35 Paesi europei per conoscenza dell’inglese. In Italia si hanno maggiori difficoltà nel saper utilizzare la lingua inglese, principalmente per due ragioni: la prima riguarda il fatto che gli studi linguistici iniziano molto più tardi rispetto agli altri Paesi e la seconda è che gli insegnanti non sono madrelingua. Secondo i dati del 2021 il 43,5% degli studenti diplomati ha almeno un livello B2 (cioè un livello di conoscenza medio),ma solo il 19, 7%, invece, ha una conoscenza dell’inglese di livello A1 o A2 (alta). (13) Per un infermiere terra-mare di bordo, però,sarebbe inammissibile non conoscere in modo egregio la lingua inglese proprio perché è inevitabile l’incontro con ospiti di diverse nazionalità(al contrario di episodi sporadici negli ospedali territoriali).
Questa relazione tra infermiere terra-mare e le varie contaminazioni etniche, è già insita all’interno del retaggio storico-culturale dell’infermieristica, infatti Madeleine Leininger (14) fonda la sua teoria sul nursing transculturale per rispondere al bisogno di personalizzare l’assistenza in relazione alle diversità tra i popoli. Non bisogna dimenticare, quindi, le radici che hanno permesso la nascita e la crescita della professione infermieristica in modo tale che nel proprio piccolo e nella propria autonomia, ogni professionista (che sia su un’imbarcazione o in una struttura ancorata al terreno) possa contribuire allo sviluppo e all’affermazione di essa. Il secondo aspetto che diverge tra l’infermiere terra-mare di bordo e quello “canonico” consiste nel diverso modo di fronteggiare le situazioni di emergenza. In mare, il medical team ha il compito di stabilizzare e far evacuare (quando possibile) il paziente. (15) Nelle crociere classiche, si approda ad un porto ogni 24 ore, occasione in cui il paziente può essere trasferito in un ospedale sulla terraferma.
Se non è previsto l’approdo, il medico può imporre al comandante di cambiare rotta o organizzare un’evacuazione di emergenza del paziente con un elicottero. Quando la nave affronta una traversata oceanica, in cui per molti giorni non è prevista alcuna sosta, allora il team dovrà sopperire all’emergenza in autonomia. La situazione di emergenza/urgenza in un comune reparto ospedaliero, però, è ben diversa da quella appena trattata in ambito marittimo. Esistono, infatti, numerose linee guida e reti di comunicazione ben organizzate che permettono facilmente l’arrivo degli specialisti (facenti parte del MET) che coordinati al personale di reparto cercano di risolvere la situazione. Il MET (medical emergency team) è costituito solitamente da: 1 medico rianimatore e 1-2 infermieri (appartenenti all’ U.O di anestesia e terapia intensiva) che offrono un’assistenza medico-infermieristica efficace a tutti coloro che hanno una variazione dello stato fisiologico che rispecchia diverse caratteristiche:
In una situazione d’emergenza ospedaliera, ogni professionista sanitario ha un compito ben preciso:
-1. Primo operatore (infermiere o medico): colui che trova il paziente in una situazione critica di emergenza. Deve chiamare il collega a gran voce e deve avvisarlo della situazione d’emergenza; intanto inizia manovra di BLS senza mai abbandonare il paziente.
-2. Secondo operatore (infermiere o medico): una volta venuto a conoscenza della precarietà della vita del paziente, allerta il medico di reparto (se non presente) e si occupa di chiamare il MET attraverso l’apposito numero interno fornendo tutte le informazioni necessarie (se si tratta di urgenza/emergenza; distretto ospedaliero, ecc). Si occuperà inoltre di portare il carrello delle emergenze vicino al luogo in cui si sta verificando l’evento (aiuta il primo operatore durante il BLS) e di gestire le comunicazioni telefoniche, discriminando le chiamate ricevute con valenza secondaria da quelle riguardanti l’emergenza in atto.
-3. Terzo operatore: collabora con il medico anestesista rianimatore e si occupa della reperibilità di materiale necessario e farmaci.
Non è tutto oro quel che luccica: infermieri e migranti in mare
Si deve sempre tenere a mente che la professione infermieristica non è solo il “sapere” e il “saper fare”, ma anche e soprattutto il “saper essere”. Un infermiere terra-mare senza empatia, rispetto e capacità di ascolto nei confronti del paziente non potrà mai capire la profondità che si cela dietro questa professione. Rispetto a quanto appena affermato, tra gli interventi proattivi che un infermiere terra-mare può mettere in pratica, per contribuire costruttivamente ai fenomeni migratori marittimi in Italia, vi sono missioni di soccorso in mare. L’aumento d’incidenza dei fenomeni migratori è causato principalmente dalla volontà delle persone di fuggire da guerre, violenze o povertà. Molti di questi uomini, donne e bambini hanno bisogno di cure mediche, sostegno psicologico e protezione e la professione infermieristica, agendo in modo compatto con le altre figure professionali, può contribuire in maniera incisiva su un gestione ottimale del fenomeno. Negli ultimi anni, soprattutto nel Mar Mediterraneo, sono aumentati gli immigrati in Italia provenienti dal nord Africa (e non solo). Tutto ciò è documentato, infatti, da numerosi grafici, dove si è evidenziato questo aumento esponenziale: (17)
Tra le varie associazioni che si occupano del soccorso in mare, vi è MSF(medici senza frontiere) che è un’organizzazione internazionale non governativa la quale è detentrice di numerosi premi prestigiosi (Premio Nobel per la pace, Premio Indira Gandhi per la pace, Premio Lasker per il servizio pubblico). Per mettere in evidenza l’importanza e la difficoltà di questo lavoro, basta leggere i requisiti che ne richiedono l’accesso:
Requisiti indispensabili
– Laurea in infermieristica
– Almeno due anni di esperienza lavorativa recente nel settore
– Conoscenza di inglese e francese – B2
– Disponibilità per 9-12 mesi
– Corso di medicina tropicale riconosciuto dal circuito TropEd oppure significativa esperienza di lavoro in Paesi a risorse limitate.
Requisiti preferenziali
– Esperienza in pediatria o neonatologia
– Esperienza di TBC e HIV/AIDS
– Esperienza in terapia intensiva e pronto soccorso
– Esperienza di supervisione e insegnamento
Solitamente, dopo aver messo al sicuro i migranti dalle precarie imbarcazioni con le quali viaggiano, coloro che richiedono cure specifiche vengono accompagnati presso l’ambulatorio che si trova sulle navi utilizzate da MSF per il soccorso. Le condizioni cliniche che usualmente accomunano la maggior parte dei migranti sono: ustioni(solari o causate dal carburante del motore), disidratazione, ferite lacero-contuse (causate da soprusi subiti nel territorio natio o da risse insorte sulle imbarcazioni stesse ), infezioni, stati di gravidanza a rischio…tutte le condizioni cliniche che richiedono un intervento superiore, non potendo essere trattate nell’ambulatorio di bordo, vengono risolte in un ospedale territoriale mediante trasporto in elicottero o motoscafo. Grazie ai coraggiosi interventi dei numerosi volontari, si è potuto riscontrare un calo ponderale Nonostante il confortante risultato, a queste associazioni servono nuovi professionisti (oltre che ingenti fondi) pronti a fronteggiare il fenomeno in prima linea…quindi per ogni lettore che vorrebbe sperimentare questa nuova e difficile esperienza può facilmente seguire le linee guida presenti sulle varie piattaforme online.
Nuovo pericolo sulla rotta: Covid-19
Ormai, questo rinomato virus, è entrato a far parte delle nostre vite e si spera che possa rimanere solo un lontano ricordo. Dopo quasi 3 anni dalla scoperta del primo caso, numerose persone hanno perso la vita a causa di questa immeritata piaga… ma dal 31/03/2022, grazie all’impegno dei cittadini più ligi, delle Autorità e dei numerosi professionisti in campo, si conclude formalmente lo Stato di emergenza (come annunciato nella conferenza stampa dei ministri Draghi e Speranza). Non bisogna, però, dimenticare tutte le difficoltà riscontrate nell’iniziale gestione del virus, il quale non ha risparmiato nemmeno passeggeri e personale di bordo. In un primo momento, a causa della mancanza di conoscenze e di mezzi appropriati, i pazienti venivano ventilati attraverso presidi aperti che incrementavano in maniera esponenziale il rischio di contagio attraverso l’aero-solizzazione dei droplets emessi dal paziente.
Senza contare che, l’assenza di apposite camere provviste di pressione negativa per garantire l’isolamento dell’infetto, ha portato ad una diffusione a macchia d’olio del virus all’interno delle imbarcazioni. Pur avendo diviso per zone (gialle e rosse), i pazienti con conclamata infezioni da quelli di dubbia o negativa positività, la carenza di disponibilità di DPI e test di screening ha portato alla morte di numerosi individui. Alcuni canali testimoniano, inoltre, le bizzarre idee proposte durante questi anni di pandemia. Tra queste proposte, vi era quella di utilizzare le navi per la quarantena di coloro che risultano positivi al tampone, oppure per i casi confermati di Covid-19. Quanto appena affermato, sarebbe stato proposto proprio per alleggerire le terapie intensive e reparti di malattie infettive (e non) che hanno rischiato innumerevoli volte il collasso(18).
Bibliografia
1. J. Costello, “Interview with a cruise ship nurse. Interview by Diane Wrobleski”, J. Emerg Nurs. 1996 Dec
2. Eilif Dahl, Suzanne Stannard. “Ship’s doctor qualifications: a response to the German recommendations”, Int Marit Health. 2015
3. N. Nikolić, T. Mavric, B. Troselj-Vukić, N. Radin. “Ship’s medicine chest on Yugoslav ship”. Bull Inst Marit Trop Med Gdynia. 1990
4. Tarquinio F. “Focus sull’infermieristica militare e progetti per il futuro”. Nurse24.it. 10-2021
5. Gentile A. “Il duplice uso sistemico dell’Infermieristica militare nella gestione del trauma maggiore nell’emergenza extraospedaliera”. L’Infermiere terra-mare. 2019
6. Eilif D. “Cruise ship’s doctors – company employees or independent contractors?” Int. Marit Health. 2016
7. Giuseppe P. “Storie di infermieri. Lavorare sulle navi da crociera”. Nursetime.org. 2015
8. Adoriano S. “Infermieri sulle Navi da Crociera: cosa fanno e come vengono reclutati?”. asscarenews.it. 2019
9. Faggiano I. “Navi da crociera, quali sono le professioni sanitarie a bordo? L’intervista al medico di bordo Mauro Salducci”. sanitàinformazione.it. 2018
10. Ottomann C. “Ship’s doctors qualifications required for cruise ships: Recruiter’s comments on the German-Norwegian debate”. Int Marit Health. 2015
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13. Guessoum S.B., Rezzoug D., Touhami F., Bennabi-Bensekhar M., Taieb O., Baubet T., Moro M.R. “Transcultural and familial factors in bilingualism and language transmission: A qualitative study of maternal representations of French-Maghrebi Arabic bilingual children”. Transcult Psychiatry. 2021
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18. Marinaro G. “La nave da crociera pronta a diventare un “ospedale” da mare a Palermo”. Agi.it. 2020