Dott. Roberto Urso
Dirigente Medico U.O. di Ortopedia e Traumatologia, Ospedale Maggiore, Bologna
La sintesi con fissatore esterno nasce prevalentemente come metodica di salvataggio dell’arto interessato nei politraumatizzati gravi, che necessitano di un’immediata stabilizzazione dei segmenti colpiti nel caso di fratture gravemente esposte. La fissazione esterna ha avuto numerosi evoluzioni dalla geniale idea del sovietico Gavriil Abramovič Ilizarov (1921–1992) degli anni ‘50 (fig.1), ai più moderni fissatori esterni monoassiali e temporanei. L’apparato di Ilizarov è un apparato chirurgico di distrazione osteogenetica che può essere utilizzato per allungare o modificare la forma delle ossa degli arti superiori e inferiori. La procedura può essere inoltre utilizzata per trattare fratture ossee di diversi tipi nei casi in cui non siano applicabili le tecniche convenzionali. Oggi il fissatore circolare di Ilizarov ha subito notevoli modifiche e miglioramenti, tant’è che molte case produttrici hanno messo a punto i loro fissatori circolari che, sfruttando l’idea di Ilizarov, vengono prodotti con materiali sempre più moderni (fig.4).
Una delle sue applicazioni riguarda le pseudoartrosi (o le non-unioni) di ossa. La fissazione esterna temporanea viene prevalentemente usata nelle fratture esposte di femore e tibia (fig.2,3,5,6) in attesa che i tessuti molli lesionati e la porzione ossea, che ha subìto l’esposizione, non diano origine a infezioni o necrosi dei tessuti; oppure, in occasione di una veloce stabilizzazione in caso di lesioni interne da trattare con urgenza e che fanno passare la frattura ossea in seconda istanza (fig.5,6).
La fissazione esterna temporanea ibrida, invece, è da tempo usata nelle fratture complesse del pilone tibiale che, come descritto da molti autori, riserva un numero limitato di complicanze a breve e medio termine, rispetto a una sintesi definitiva immediata che potrebbe determinare infezioni, pseudoartrosi e osteomieliti (fig.3).
La fissazione esterna ibrida temporanea può comunque essere associata a una sintesi definitiva, nel caso di lesioni anche esposte, ma con un relativo inquinamento dei tessuti.
Un buon debridement chirurgico delle lesioni dei tessuti molli, un ampio e prolungato lavaggio della ferita e, anche se da molti non più completamente riconosciuto, l’utilizzo del lavaggio pulsato intra-operatorio (fig.7-8).
In molti casi la fissazione esterna “temporanea” del pilone tibiale e delle fratture della diafisi tibiale è utilizzata in quelle condizioni cutanee estremamente difficili che spesso si hanno nel paziente anziano, indipendentemente se la frattura è stata esposta. Spesso le condizioni cutanee solo tali che un’incisione chirurgica, porterebbe a una impossibilità di chiusura e relativa ulteriore sofferenza con rischio di necrosi della pelle.
In questo capitolo vogliamo parlare di una ibridazione alternativa in frattura della tibia, cioè l’uso del fissatore esterno in una lesione della tibia prossimale invece che distale, come più comunemente accade.
Case report:
Giovane uomo, anni 44, incidente stradale. Trauma violento al 3° superiore di tibia con frattura della porzione meta-diafisaria prossimale e frammentazione composta del plateau tibiale della gamba destra (fig.10,11).
La tipologia di frattura faceva intravedere come idonea indicazione chirurgica una osteosintesi a cielo aperto con doppia placca, ma le condizioni cutanee si dimostrarono subito critiche, con importante tumefazione e segni sofferenza tegumentaria (fig.9). Velocemente si sviluppò un’importante flittena con conseguente sofferenza cutanea sottostante che impediva qualunque accesso chirurgico alla sede interessata.
Logicamente era impossibile incidere la cute per eseguire l’operazione, il rischio di infezione secondaria e successivo fallimento dell’impianto sarebbero state le conseguenze peggiori.
L’aiuto derivò dalla fissazione esterna, ma un fissatore temporaneo non era posizionabile, causa la frammentazione, anche se composta, del plateau. Si decise di inserire 3 fili con olivetta e un cerchio da fissatore circolare nella porzione prossimale della tibia (fig.12)
Successivamente con la creazione di una ibridazione con un fissatore temporaneo e posizionando due pins a livello tibiale, si riuscì a dare una tenace fissazione alla frattura (fig.13,14). Il sistema barra-fiches e barra-circolare si dimostrò assolutamente efficace, tant’è che tale soluzione, da temporanea che doveva essere, si decise di renderla definitiva (fig.15).
Conclusioni:
La fissazione esterna, di salvataggio dell’arto, temporanea o definitiva, di tipo circolare, ibrido o mono-assiale è una metodica largamente usata ed efficace, ma spesso è capitato che la stessa tecnica sia presa quasi come una chirurgia minore rispetto alla chirurgia classica a cui siamo abituati nel modo ortopedico.
In realtà, tale tecnica impone un’importante curva di apprendimento, una efficace preparazione chirurgica e una inventiva brillante dell’operatore. In mani esperte, un fissatore esterno, che ai più rimane sempre come una condizione di temporaneità, si può trasformare in una efficace alternativa soluzione chirurgica di tipo definitivo.
Bibliografia
“Le fratture del pilone tibiale”, Bartolozzi P., Lavini F.; Corsi di perfezionamento in ortopedia e traumatologia; Springer-Verlag, 2002
“Il trattamento mediante sintesi esterna”, Manca M, Lavini F; Le fratture del pilone tibiale, 85-102, 2002, Springer-Verlag
“Il trattamento con fissatori esterni nelle fratture articolari del ginocchio e tibio-tarsica”, Lavini F., Renzi Brivio L., Leso p.; Atti Sertot 29(2):249-252
“Unilateralexternalfixation for severe pilonfractures”; BonarSK.,Marsh JL., FootAnkle 7:489-496
“Hybridexternalfixation in the treatment of tibial plafond fractures”; Barberei R., Schenk R., Koval K., et alii, Clin. Orthop. 332: 16-22, 1996