Medicalive

La cisti ossea aneurismatica di omero

 

Dott. Roberto Urso
Dirigente Medico
U.O. di Ortopedia e Traumatologia
Ospedale Maggiore, Bologna

 


Il chiodo in carbonio: case report.

Abstract: Aneurysmal bone cyst is an expansive lesion that arises below the periosteum. The lesion tends to swell and create large cavities lined with histio-fibroblastic connective tissue and giant cells, filled with blood, but not vascularized. -Surgical treatment of the proximal metaphyseal fracture with the carbon locking nail.


Già in altra sessione si era parlato dell’encondroma nell’ambito delle neoplasie ossee benigne unifocali ad accrescimento autonomo, afinalistico, senza tempistica della sua evoluzione e molto lento rispetto alle forme maligne.

Oggi affrontiamo un argomento, quello della cisti ossea, che si mostra alla visione dell’ortopedico molto più spesso di quanto si possa credere, la cisti ossea.

La cisti ossea appartiene al gruppo delle lesioni pseudotumorali: un gruppo di lesioni ad eziologia quasi sempre sconosciuta e di natura displastica (alterazione cellulare) o iperplastica (aumento). In questo gruppo vengono inserite le cisti ossee, le cisti aneurismatiche e i granulomi eosinofili.

cisti ossea

Il motivo per cui devono essere tenute sotto controllo è dovuto al fatto che, essendo lesioni pseudotumorali, hanno spesso un aspetto clinico, anatomo-patologico e radiologico somigliante alle lesioni cancerose maligne.

Cisti ossea: è una lesione cistica espansiva dell’età infantile che colpisce la metafisi prossimale dell’omero o del femore ed è a contenuto sieroso, ma può diventare ematico nel caso che il segmento si fratturi.

Cisti ossea aneurismatica: si tratta di una lesione di tipo espansivo e insorge al di sotto del periostio. La lesione tende a gonfiarsi, a creare delle grosse cavità rivestite da connettivo istio-fibroblastico e di cellule giganti ripiene di sangue, ma non vascolarizzate.

Granuloma eosinofilo: è una lesione simil-granulomatosa che insorge in età giovanile e può colpire le ossa piatte, brevi e lunghe (cranio, bacino, vertebre), costituita da granulociti eosinofili ed istiociti. L’area di osteolisi si presenta a macchia d’olio e spesso, erodendo la porzione corticale, la radiografia fa sospettare a una neoplasia maligna.

cisti ossea

fig. 2 sede di insorgenza più frequente, la meta-epifisi prossimale dell’omero

 Case report

Paziente maschio, di anni 16. Nessuna patologia di rilievo. Buona salute, attività fisica regolare. Improvvisa frattura spontanea dell’omero destro; esegue radiografia di controllo e, alla visione della frattura della porzione più prossimale della diafisi, il responso appare molto inquietante, facendo passare la lesione di tipo osteolitico come una lesione tumorale di certa rilevanza.

Gestione clinica.

Clinicamente solo dolore, nessun deficit di tipo neurologico (spesso le fratture d’omero possono allarmare per il rischio di un danno a carico del nervo radiale). Al paziente venne data indicazione a trattamento di tipo incruento e fu immobilizzato con un bendaggio di tipo Desault (fig. 1A) da portarsi per 35- 40 giorni.

Giunto alla mia visione il paziente presentava notevole intolleranza a tale tipo di trattamento, ma ancor peggio era il dolore che provavain qualunque posizione stesse e, ancor peggio, durante la notte, in quanto non vi era posizione che non determinasse dolore.

cisti ossea

Si richiese TAC di controllo per visionare la dimensione e struttura della lesione e per fare valutazione sulla ricostruzione in 3D (fig.3C). Nella figura 3 appare ben evidente che la lesione non corrispondeva a quella visibile ai radiogrammi (fig.3A), ma era molto più estesa partendo dal 3° prossimale di omero fino alla porzione più esterna della testa dell’omero (fig.3B).

Le frattura diafisarie e meta-diafisarie di omero devono essere attentamente valutate e possono, molto frequentemente, essere gestite con una chirurgia mini-invasiva e stabilizzate con un chiodo bloccato (fig.1 e fig.2).

Ciò che tale approccio chirurgico ha di veramente positivo è determinato dalla possibilità di iniziare già dal giorno successivo all’intervento, una mobilizzazione precoce dell’arto superiore interessato. Questo permette una più veloce ripresa ai movimenti e di conseguenza una precoce guarigione.

Materiale e metodo

Nella figura 1A si vedono quelle che sono le sedi fratturative più frequenti a livello dell’omero in questi giovani pazienti e la figura 2 mostra l’approccio chirurgico per tale tipo di intervento. Una piccola incisione e, sotto controllo ampliscopico e previa riduzione della frattura, si inserisce un chiodo bloccato.

La scelta classica, nelle fratture non patologiche e traumatiche dell’adulto, cade pressoché sempre su un chiodo bloccato costruito in lega di titanio e con modulo di elasticità pari a quella dell’osso vivente. (fig.1B)

Nel caso specifico di cui stiamo parlando, si scelse un chiodo bloccato in carbonio e tale scelta fu determinata dal fatto che, a differenza del titanio, il carbonio è radiotrasparente e permette di seguire il processo di guarigione meglio che i chiodi classicamente usati.

Trattamento

In anestesia generale e con il paziente in decubito beach-chair, si eseguì piccola incisione di circa 2 centimetri con accesso tran-deltoideo; sotto scopia si inserì il filo guida e con l’apposita raspa si praticò il foro di ingresso. Si fece un prelievo per esame istologico e si inserì il chiodo bloccato in carbonio.

cisti ossea

Nella figura 4A. è visibile il controllo eseguito nell’immediato post-operatorio cisti ossea. Dopo circa 24 ore il paziente fu dimesso a domicilio e con solo il braccio al collo su tutore semplice. La desutura delle ferite avvenne a 2 settimane dall’intervento, ma la rieducazione funzionale assistita fu immediata. Nel primo mese con movimentazione graduale attiva e passiva fino ai gradi estremi e dal secondo mese più intensa e con rinforzo muscolare attivo.

I controlli furono a 1 mese e a 2 mesi e furono eseguiti i relativi radiogrammi che, per merito del chiodo al carbonio, mostrano l’evoluzione del processo di guarigione.

A 2 mesi il paziente eseguì nuovo radiogramma di controllo che mostrava un callo osseo riparativo molto valido (fig.4B) e la mobilizzazione dell’arto era totalmente libera e senza tutore. Un risultato che può essere definito ottimo.


Bibliografia

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Klaus Buckup: “Ortopedia pediatrica”, 1° edizione 1987, Aulo Gaggi editore, Bologna

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