Dr. Matteo Megna
Dr. Nicola Balato
Dr. Massimiliano Scalvenzi
Dr.ssa Maddalena Napolitano
Sezione di Dermatologia, Dipartimento di Medicina clinica e chirurgia, Università di Napoli Federico II
La psoriasi, dermatosi eritemato-desquamativa caratterizzata da un’abnorme proliferazione epidermica, è una malattia infiammatoria cutanea cronica che colpisce circa il 3% della popolazione generale. I dati relativi alla prevalenza e all’incidenza della psoriasi in età pediatrica sono variabili; nonostante ciò la letteratura ha chiaramente mostrato come esse siano notevolmente incrementate negli ultimi decenni.
In particolare, l’incidenza della psoriasi in età pediatrica è aumentata dal 29,6 su 100.000 abitanti / anno, riportata negli anni settanta, al 62,7 su 100.000 abitanti / anno, dati rilevati a fine anni novanta. Inoltre, è noto che approssimativamente il 30-40% degli adulti con psoriasi presenta manifestazioni cliniche prima dei 16 anni di età, e che la psoriasi insorga in 1/3 dei casi prima dei 20 anni di età. Essa rappresenta il 4,1% di tutte le dermatosi diagnosticate nei bambini di età inferiore ai 16 anni e non sembrano esserci differenze significative in relazione al sesso.
Da un punto di vista eziopatogenetico la psoriasi è da considerarsi una malattia multifattoriale che insorge in individui geneticamente predisposti in seguito all’esposizione a fattori ambientali scatenanti. La suscettibilità genetica dell’individuo è determinata dalla presenza e dall’interazione reciproca tra diversi geni polimorfici, che condizionano sia le funzioni infiammatorie e proliferative dell’epidermide sia la risposta immunitaria.
Pur non potendo essere considerata in senso stretto una malattia ereditaria, la psoriasi presenta un’evidente base genetica, documentata sia con studi epidemiologici sia, più recentemente, con studi di biologia molecolare. Nello specifico, se un genitore è affetto da psoriasi, sembra che esista circa il 16% di probabilità che un figlio ne possa essere ugualmente affetto.
Se, invece, entrambi i genitori presentano la malattia, le probabilità salgono a circa il 40%. Inoltre, studi su gemelli indicano inoltre che se uno dei gemelli soffre di psoriasi, l’altro gemello ha un rischio di sviluppare la patologia pari al 20% se dizigoti ed al 73% se monozigoti.
Per quanto riguarda i fattori ambientali, numerosi sono gli elementi in grado di scatenare la psoriasi o di condizionarne le recidive e quindi la storia naturale. Tra essi si possono annoverare traumi (lesioni psoriasiche possono comparire lungo un’escoriazione verificatasi nelle settimane precedenti: segno di Koebner o dell’isomorfismo reattivo), farmaci (antimalarici e la brusca sospensione di terapia steroidea nei bambini, ACE-inibitori e β-bloccanti anche negli adulti), infezioni (streptococciche, da HIV), stress.
Da un punto di vista clinico, nella prima infanzia la più comune manifestazione è la napkin psoriasis, ovvero lesioni psoriasiche localizzate nell’area del pannolino; invece, nei bambini di età superiore ai 2 anni, la forma a placche, seguita dalla variante guttata sono le forme di psoriasi più frequenti. Nonostante la psoriasi a placche risulti la forma più comune sia in età pediatrica che in età adulta, vi sono alcune differenze: nel bambino le lesioni coinvolgono più frequentemente il volto, pieghe (ascellari, inguinali e genito-gluteali) e le aree flessorie; inoltre le lesioni sono più piccole, sottili e meno desquamanti rispetto all’adulto. In età giovanile, il cuoio capelluto è un’altra delle regioni maggiormente interessate, rappresentando il sito d’inizio fino al 40-60% dei casi mentre il coinvolgimento ungueale, invece, è riportato nel 7-40% dei casi, con il pitting che rappresenta l’alterazione più frequentemente riscontrata.
Di particolare importanza nel bambino e nell’adolescente è la psoriasi guttata, dal latino gutta = goccia, che si presenta con lesioni puntiformi e con squame molto piccole, comparendo spesso alcune settimane dopo un’infezione streptococcica del tratto respiratorio superiore. Molto meno frequenti, invece, risultano la forma eritrodermica e quella pustolosa.
La psoriasi dell’adulto è ormai considerata una patologia sistemica con possibile coinvolgimento extracutaneo. Tale concetto è valido anche per il bambino e l’adolescente. Emblematico in tal senso è lo sviluppo dell’artrite psoriasica (PsA), una spondiloartrite infiammatoria cronica che può verificarsi in associazione alla psoriasi, generalmente caratterizzata dalla negatività del fattore reumatoide. Si stima che la prevalenza dell’artrite psoriasica tra i pazienti psoriasici vari tra il 6 ed il 42% con un picco di incidenza tra i 30 ed i 50 anni di età. La PsA è clinicamente caratterizzata dalla presenza di edema, dolore e rigidità di articolazioni, legamenti e tendini (entesite e dattilite). L’entesite si manifesta più frequentemente a livello di fascia plantare, tendine di Achille, articolazioni interfalangee. La coesistenza nello stesso dito di sinovite ed entesite dei tendini e dei legamenti prende il nome di dattilite (o “dito a salsicciotto”) ed è osservabile nel 30% dei pazienti affetti da PsA.L’artrite è caratterizzata da periodi di esacerbazione e di remissione, tuttavia l’infiammazione persiste in assenza di trattamento. La comparsa dell’artrite può essere precedente (15% dei casi), simultanea (10% dei casi) o, più comunemente, successiva (75% dei casi) all’insorgenza delle manifestazioni cutanee della psoriasi. La PsA che compare nei bambini e negli adolescenti si differenzia dalle altre forme di artrite idiopatica giovanile, per diversi aspetti: il fattore reumatoide è negativo, gli ANA (anticorpi antinucleo) possono essere positivi, la forma è generalmente asimmetrica pauciarticolare con presenza di storia familiare di PsA.
Il management terapeutico della psoriasi pediatrica è spesso complicato in virtù della mancanza di linee guida ufficiali, di studi a supporto dell’utilizzo di farmaci comunemente adoperati per il trattamento della psoriasi nell’adulto, ma anche per la scarsa compliance alla terapia prescritta da parte del piccolo paziente, ma anche nell’atteggiamento poco collaborativo dei genitori.
Quando si cura un bambino con la psoriasi, è necessario prima di tutto educare sia lui che i suoi genitori sulla natura della patologia. Bisogna esplicitare che la psoriasi è una malattia cronica, senza possibilità di guarigione permanente e che lo scopo del trattamento è di tenere la patologia sotto controllo, prolungando il più possibile il periodo di remissione. Il trattamento così comprende, in prima istanza, le informazione date ai familiari sulla natura della dermatosi e sugli eventuali effetti avversi dei farmaci impiegati. Le opzioni farmacologiche sono influenzate sia dalla gravità delle manifestazioni cutanee sia dal possibile coinvolgimento articolare. Terapie topiche, come corticosteroidi, cheratolitici e derivati della vitamina D, sono di scelta nelle fasi iniziali; invece, le terapie sistemiche si preferiscono in caso di coinvolgimento più diffuso con o senza interessamento artro-scheletrico . Tuttavia bisogna specificare che non esiste un approccio terapeutico standard e risulta necessaria una personalizzazione del trattamento, anche perché la gran parte dei farmaci sistemici a disposizione per la psoriasi pediatrica è utilizzato in maniera off-label. Questo è il caso del metotressato, il cui uso in età pediatrica è mutuato e supportato dal suo impiego in pazienti pediatrici con artrite idiopatica giovanile o neoplasie, acitretina, il cui utilizzo è mutuato e supportato dal suo impiego in pazienti pediatrici con ittiosi e altri disturbi della cheratinizzazione, e della ciclosporina, il cui utilizzo è mutuato e supportato dal suo impiego in pazienti pediatrici con trapianto di rene. Diverso il caso della fototerapia nb-UVB, una modalità di trattamento efficace e, oggi, preferito rispetto alla tradizionale fototerapia con UVB a banda larga, che però presenta problemi di tipo logistico-organizzativi per il suo utilizzo in età pediatrica. L’unico farmaco sistemico ad oggi approvato per il trattamento della psoriasi in età pediatrica, in particolare a partire dai 6 anni di età, è un farmaco biologico, l’etanercept che è una proteina di fusione che agisce bloccando una citochina come il TNF-alpha che svolge un ruolo chiave nella patogenesi della psoriasi. A breve altri farmaci biologici come l’adalimumab, un altro anti-TNF-alpha, e l’ustekinumab, un anticorpo monoclonale contro la subunità 40 dell’interleuchina 12 e 23, saranno approvati e rimborsabili per il trattamento della psoriasi pediatrica.
In ogni caso, la scelta tra terapie topiche e sistemiche dipende dall’estensione, dalla gravità e dalle condizioni generali del paziente. Benefici e rischi delle terapie sistemiche devono essere attentamente valutati per ciascun paziente.
In conclusione, la psoriasi pediatrica rappresenta un argomento di grande attualità in virtù dell’aumento della sua frequenza, possibilità di associazione a comorbidità, nonché mancanza di linee guida ufficiali che ne possano regolamentare il suo trattamento, che ad oggi, presenta spesso difficoltà non facilmente risolvibili anche da parte di clinici esperti.