La variabilità cardiaca è significativamente dipendente dall’attivazione del nervo vago, uno dei più importanti nervi cranici che fanno parte del sistema nervoso parasimpatico, che stimola la quiete, il rilassamento, il riposo, la digestione e l’immagazzinamento di energia. L’infiammazione è uno specifico meccanismo per fronteggiare un agente stressante biologico che però può essere influenzato anche dagli stati emotivi vissuti dalla persona.
Abstract
La Variabilità Cardiaca è un complesso concetto che include la misurazione dell’attivazione del nervo vago, il principale circuito informazionale neurale tra il nostro cervello e il resto del nostro organismo con molte implicazioni per la funzione immunitaria. La recente letteratura suggerisce che la Variabilità Cardiaca rappresenta una preziosa e affidabile modalità per determinare la nostra soggettiva resilienza vale a dire la nostra capacità psicofisica di gestire lo stress.
Abstract
Heart Variability is a complex concept that includes the measurement of the activation of the vagus nerve, the main informational neural pathway between our brain and the rest of our organism with many implications for our immune function. Recent literature suggests that Heart Variability represents a precious and reliable way to measure our subjective resilience that is our psychophysical ability to manage stress.
Autore
Dott. Massimo Agnoletti – Psicologo, Dottore di ricerca Esperto di Stress, Psicologia Positiva e Epigenetica, Formatore/consulente aziendale, Presidente PLP-Psicologi Liberi Professionisti-Veneto, Direttore del Centro di Benessere Psicologico, Favaro Veneto (VE).
La resilienza è definita come la capacità dell’organismo di gestire lo stress negativo al fine di riportare alla precedente situazione di benessere e/o di equilibrio omeostatico dinamico dell’organismo stesso (Chrousos&Gold, 1992).
Nella spiegazione classica di Stress vi è un agente (stressor) che perturba l’equilibrio dinamico interno dell’organismo. La reazione che tende a compensare questo squilibrio è generalmente di natura psicofisica e si affida a risorse che possono essere, nella specie umana, psicologiche, neurali, endocrine e immunologiche, coinvolgendo quindi sia il piano mentale che biologico e cellulare attraverso dinamiche epigenetiche.
La cosiddetta reazione di Stress, almeno nella sua definizione classica, prevede un’attivazione che coinvolge sempre sia il sistema nervoso centrale che autonomo (nelle sue componenti principali e antagoniste, simpatiche e parasimpatiche), sia l’asse endocrino HPA che prevede la cascata di segnali e reazioni biochimiche. Questi ultimi, partono dall’ipotalamo, passano per l’ipofisi e includono la produzione di messaggeri chimici come il cortisolo da parte delle ghiandole surrenali (glucocorticoidi).
La capacità di far fronte alle reazioni innescate da uno stressor negativo sono di natura neuroendocrina e interessano tutte le implicazioni fisiologiche che l’organismo mette in atto per gestire la situazione in modo adattivo, per ristabilire l’equilibrio preesistente.
Nel caso dello stress acuto, la reazione all’esposizione di un predatore, comporta l’avvio di una successione molto precisa di eventi sia di natura psicologica che di natura neurale ed endocrina, finalizzata a massimizzare le possibilità di sopravvivenza dell’organismo stesso spostando, in una frazione di secondo dove vi è una forte accelerazione del battito cardiaco e una estesa vasocostrizione, la maggior parte di risorse metaboliche (sangue, zuccheri, ecc.) dal tronco verso le braccia e le gambe. Questo avviene per realizzare la cosiddetta reazione di “attacco o fuga” e per poi tornare, in seguito alla risoluzione del “problema”, a una modalità psicofisica dove la priorità delle risorse e delle energie è dedicata, invece, a funzioni biologiche importanti quali la digestione, il sistema immunitario, il sistema riproduttivo e sessuale.
Com’è chiaro anche da questa sintetica descrizione, il sistema cardiocircolatorio e il sistema nervoso, sia centrale che periferico, prevedono degli schemi di attivazione molto coordinati che garantiscono la gestione delle situazioni distressanti (cioè di stress negativo) al fine di preservare la sopravvivenza e la fitness dell’organismo.
In questa visione d’insieme è utile ricordare che il nervo vago è il più esteso ramo parasimpatico del sistema nervoso autonomo e assolve a funzioni fondamentali che vanno oltre quelle già largamente conosciute in passato legate alla coordinazione antagonistica con il sistema simpatico.
La recente letteratura scientifica ha infatti dimostrato il ruolo determinante del nervo vago per la comunicazione immunitaria tra il cervello ed il resto del corpo e per la sua specifica ed esclusiva funzione di connessione tra l’attivazione cerebrale delle aree, che sottendono le emozioni, e il loro impatto anti-infiammatorio immunitario.
Il nervo vago è composto sia da fibre neurali afferenti (circa l’80%) che veicolano le informazioni sia da moltissimi distretti e apparati dell’organismo arrivano al cervello, che da fibre efferenti (il rimanente circa 20%) che portano l’informazione nella direzione opposta (dal cervello al resto dell’organismo), con una funzione esecutiva coerente alle informazioni sensoriali ricevute.
Il sistema nel suo complesso monitora continuamente la presenza di infiammazioni presenti nell’organismo “rispondendo” ad un eventuale specifica infiammazione locale con la produzione aspecifica di acetilcolina, allo scopo di sopprimere la produzione di citochine TNF (Tracey, 2002).
Quanto appena descritto è chiamato “circuito colinergico anti-infiammatorio” (CAP, cholinergic anti-inflammatorypathway) perché questo meccanismo neuro-endocrinopermette ha il compito di monitorare l’intero organismo, orchestrando il sistema immunitario in base agli stressors che affrontiamo.
Risulta evidente quindi la sua funzione strategica sia per la nostra salute sia per la nostra qualità di vita e benessere psicofisico.
Questo meccanismo gestisce il sistema immunitario e la sua funzione infiammatoria in modo estremamente diffuso e capillare in tutto l’organismo contrastando eventuali esposizioni potenzialmente pericolose di antigeni presenti nel corpo come anche situazioni di carattere più generale.
Il cervello controlla, modula e orchestra l’attivazione del sistema immunitario che sappiamo svolgere il proprio ruolo interagendo continuamente con la massa del microbiota composta di batteri, funghi e virus che colonizzano il tratto digestivo del nostro organismo.
Come sappiamo da ricerche piuttosto recenti che citeremo di seguito, alcune aree del cervello che si attivano quando viviamo esperienze connotate emotivamente, modulano il funzionamento del nervo vago determinando un cambiamento della capacità immunitaria antiinfiammatoria così importante per il nostro benessere psicofisico e la nostra salute generale perché fanno parte dell’architettura di quel fattore complesso che definiamo resilienza.
La variabilità cardiaca, chiamata anche con l’acronimo HRV (Heart Rate Variability) è un’analisi complessa degli effetti sul sistema cardiocircolatorio, del sistema nervoso e molte altre funzioni compreso l‘asse microbiota-intestino-cervello (Thayer et al., 2012; Bonaz et al. 2018).
Uno degli indici della variabilità cardiaca è lo stato di attivazione neurale del nervo vago che misura quindi la sua efficacia nel contrastare sia lo stress ossidativo che le infiammazioni che l’attività antagonista e complementare con il sistema nervoso autonomo simpatico.
Negli ultimi due decenni sappiamo che l’attività del nervo vago interagisce con la corteccia frontale e l’amigdala, aree strategicamente fondamentali per la regolazione delle emozioni (Urry et al., 2006), con l’asse neuro-endocrino dello stress (Thayer et al., 2012) e con molti comportamenti che comprendono le abitudini e gli stili di vita che adottiamo (Gidron, et al., 2018).
Un alto grado di attivazione del nervo vago predice una migliore condizione cardiovascolare e polmonare oltre a essere correlata a minori fattori di rischio comportamentale e oncologico legate allo stress ossidativo, infiammatorio, iperattività del sistema nervoso autonomo simpatico (Gidron, et al., 2018). Una bassa attivazione neurale del nervo vago è associata a un meno efficace recupero in seguito a problematiche cardiovascolari, endocrine ed immunitarie (Weber et al., 2010).
Ancora più recentemente la letteratura scientifica mostra evidenze sulla connessione positiva tra esperienze connotate da emozioni positive ed il funzionamento del nervo vago analizzato dallaHRV con tutti i vantaggi derivanti in termini del nostro benessere psicologico e la nostra salute (Agnoletti&Formica, in press; Agnoletti; 2019; Agnoletti, 2018; Agnoletti, 2017; Appelhans&Luecken, 2006; Fredrickson, &Levenson, 1998; Kok&Fredrickson, 2010; Thayer&Brosschot, 2005).
Una ridotta variabilità cardiaca è associata a una moltitudine di fattori di rischio di mortalità e di problematiche cardiovascolari (Thayer and Lane, 2007; Thayer et al., 2010a,b) in cui è strategicamente importante comprendere la funzione inibitoria dei circuiti neurali che collegano neuralmente la corteccia prefrontale con il nervo vago (Thayer et al., 2012).
Il funzionamento della corteccia prefrontale è infatti fondamentale per la gestione dello stress psicosociale perché assolve il suo esclusivo ruolo nella regolazione emotiva con le conseguenti implicazioni per lo stato di attivazione del nervo vago.
A proposito della regolazione emotiva, è stata dimostrato che la misurazione della variabilità cardiaca del tono vagale è connessa alle emozioni positive (allegria e calma) e al grado di soddisfazione di vita e quindi, indirettamente, alla resilienza e alla capacità di gestione dello stress psicofisico che possediamo (Carnevali et al., 2018; Dong et al., 2018; Geisler et al., 2010; Perna et al., 2020).
In sintesi, la nostra capacità di resilienza determina la possibilità di gestire efficacemente lo stress negativo vissuto, affrontando le piccole e grandi sfide che la vita ci pone.
La resilienza è un fattore molto complesso che include gli aspetti bio-psico-sociali della nostra esistenza e proprio per questa sua intrinseca complessità può essere potenzialmente modificata (incrementandola o deprimendola) in base alla tipologia di esperienze (biologiche, psicologiche e sociali) che viviamo quotidianamente.
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