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Dott. Roberto Urso

Lesioni vascolari: la sindrome compartimentale

Dott. Roberto Urso
Dirigente Medico U.O. di Ortopedia e Traumatologia

Ospedale Maggiore

Bologna

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Le lesioni vascolari gravi sono situazioni cliniche che il più delle volte si presentano concomitanti con lesioni traumatologiche ad alta energia. Le fratture, chiuse o esposte, le lussazioni e i traumi da schiacciamento sono spesso complicati da gravi lesioni dei vasi venosi e arteriosi.
Il continuo aumento di gravi traumi stradali e lavorativi richiede, da parte dei sanitari del Pronto Soccorso, una grande competenza clinica e diagnostica per il trattamento di tali lesioni vascolari.
Queste possono essere provacate anche da altri fattori, quali infezioni o esiti di interventi chirurgici. Ma ci soffermeremo sulla lesione più diffusa, la sindrome compartimentale che, se non trattata, darà origine a necrosi del tessuto muscolare e nervoso, con la retrazione ischemica di Volkmann, se non al peggior exitus di necrosi dei tessuti dell’arto interessato.
Statisticamente gli arti maggiormente colpiti sono quelli inferiori; lesioni al ginocchio, gamba e piede; sedi estremamente a rischio, possono portare alla sindrome compartimentale.
Non si esclude il possibile coinvolgimento degli arti superiori.

Cos’è la sindrome compartimentale?

Fratture, esposte o chiuse, traumi da schiacciamento dell’arto inferiore, lussazioni del ginocchio, contusioni anche meno gravi, forse senza frattura o con piccola lesione ossea, ma con importante spandimento ematico post-trauma, possono determinare la crisi vascolare con deficit di irrorazione. Spandimenti ematici in lesioni della gamba, danno luogo a disturbi di irrorazione. Un ematoma che crea spandimento e compressione può determinare l’origine di una necrosi che attraversa le pareti connettivali delle logge. Questa situazione clinica, a carico del segmento gamba-piede, può avere sia tempi di latenza brevissimi, che tempi subdoli a insorgenza tardiva. Quindi tali traumi, anche se nell’immediato non presentano chiari segni clinici di sindrome compartimentale, necessitano di una osservazione prolungata in ambiente ospedaliero.
Il dolore assolutamente sproporzionato, rispetto al tipo di lesione, è uno dei primi campanelli di allarme. La cute della gamba che si gonfia, assumendo un aspetto trans-lucido, con successiva presenza di flittene, è un altro segno della gravità di tale lesione. Arto freddo, impossibilità a estendere o flettere la tibio-tarsica e le dita del piede, dolore fino al ginocchio, paralisi sensitiva e motoria dei nervi che passano nei distretti interessati.

La massa muscolare principale si trova al lato del polpaccio, ove il gastrocnemio e il soleo occupano una loggia aponeurotica comune, mentre più profondamente il tibiale posteriore e i flessori della dita sono compresi entro una loro loggia che arriva fino alla membrana interossea.
Le ossa della gamba e la membrana interossea tesa fra loro dividono le due logge muscolari posteriori dalle due anteriori; in avanti troviamo, dal lato tibiale, la loggia per il tibiale anteriore e gli estensori lunghi delle dita, la quale è adiacente alla loggia laterale, riservata ai due peronei.

Come capire quando intervenire?

La diagnosi della sindrome compartimentale non è solo clinica, con i suoi fondamentali 4 segni clinici: dolore, tensione, paralisi, assenza di motilità; ma è coadiuvata sempre da apparecchiature che permettono la misurazione e il monitoraggio della pressione intracompartimentale, cioè delle logge muscolari della gamba. Se la pressione intratissutale del compartimento oltrepassa il valore soglia di pressione di perfusione capillare, provocherà una crisi della microcircolazione con successiva ischemia. Questa situazione porterà a una successiva chiusura completa dei vasi, determinando una ipossia del tessuto muscolare, e quindi la morte dei tessuti.
Nell’arto inferiore, livello intratissutale, il normale valore della pressione è prossimo allo 0 mmHg. La differenza pressoria accettabile varia in un range di +10/11 a un – 4/6 mmHg. Nel piede i valori si modificano, portandosi in un range pressorio che è di circa 30.0 mmHg.

Tenuto conto del nostro livello di tolleranza all’ischemia, un valore che oltrepassa la pressione di gamba di30/35 mmHg è da considerarsi ad alto rischio. Oltre tale valore il rischio di danno è quasi inevitabile. Nel piede il fattore di alto rischio si ha con il superamento della soglia di 15/25 mmHg.

“Quando il danno sembra essere di tale natura da far temere la gangrena e la necrosi, non c’è tempo da perdere… Ho già detto che pochissime ore rappresentano l’intervallo che passa tra la salvezza e la distruzione” [PercivallPott, 1779]

L’urgenza

L’attesa può determinare soltanto un aumento del danno. Lo specialista di chirurgia vascolare non sempre è presente nelle strutture Spoke, pertanto in questi casi il traumatologo deve essere in grado di riconoscere la lesione e di eseguire un accurato e preciso intervento di fasciotomia. È necessario compiere u’ampia incisione, sia mediale che laterale, per aprire le logge invase dell’ematoma che comprime, determinando una dilatazione di tutti i tessuti molli e una decompressione dei relativi vasi interessati.

1) Diagnosi precoce
2) Trattamento in urgenza
3) Decompressione vasi distali mediante fasciotomie

La fasciotomia eseguita verrà poi monitorata nei giorni a seguire. La fase di attesa può durare giorni finché i valori pressori non siano rientrati e l’edema si sia risolto, permettendo la sutura di chiusura delle ferite date dalla fasciotomia.

Case report 1

Giovane uomo; trauma della strada; frattura esposta di grado 1° tibia destra. Alla visione dei sanitari di pronto soccorso si mise immediatamente in evidenza un’importante profusione ecchimotica alla gamba con perdita di sensibilità, motilità delle dita dei piedi e della caviglia.
La radiografia mostrava la lesione al 3° medio diafisario di tibia e il misuratore di pressione dava un valore di oltre 85 mmHg, assolutamente incompatibile per la sopravvivenza dei tessuti molli.
Intervento in urgenza di stabilizzazione temporanea con fissatore esterno monoassiale e ampia fasciotomia per decomprimere i tessuti molli. A fine intervento la pervietà arteriosa era ripristinata, con valori pressori nella media e ripresa della motilità.

Case report 2

Trauma diretto alla gamba destra. Elevatissimo dolore, con perdita della motilità e piede ischemico. Clinicamente non vera evidenza di sindrome compartimentale, in assenza di edemi imponenti e flittene. All’Rx e Tac di controllo, il danno osseo non mostrava segni di gravità assoluta, ma la clinica deponeva per il contrario. Il dubbio fu rimosso dopo esame strumentale di misurazione intracompartimentale, che in meno di 1 ora passò da 35 mmHg a 80. Tale segno clinico impose un immediato trattamento in urgenza di fasciotomia. Fu eseguita un’ampia liberazione di tutte le logge con immediato ripristino del circolo periferico e ripresa della motilità review.

La fasciotomia deve essere ampia, a tutta gamba, con incisioni partenti dai malleoli ed estese fino al 4° prossimale della tibia. Solo così si potrà avere la sicurezza di liberare completamente le 2 loggie muscolari anteriori e le 2 loggie posteriori. A volte si deve anche eseguire il drenaggio dell’ematoma attraverso la muscolatura del polpaccio, con lo scopo di ottenere un deflusso dal punto più declive.

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