Autori: Sarah Mangiafico, Salvatore Scandurra, Agnese Bentivegna, Tatiana Salerno, Antonio Popolo Rubbio,Carmelo Grasso, Maria Elena Di Salvo, Davide Capodanno, Corrado Tamburino
Introduzione
L’insufficienza mitralica (IM) è la seconda valvulopatia più frequente, dopo la stenosi aortica, che necessita di trattamento chirurgico nel mondo occidentale. L’intervento chirurgico, sia riparativo che sostitutivo, non può essere eseguito in pazienti considerati ad alto rischio cardiochirurgico i quali dovrebbero essere sottoposti solo a terapia medica, non sempre sufficiente. Le moderne tecniche di riparazione percutanea dell’IM rappresentano una valida alternativa all’intervento cardiochirurgico soprattutto nei pazienti con IM funzionale, di età avanzata (> 70 anni) e con depressa funzione ventricolare. La tecnica di riparazione percutanea più attuata è la correzione con sistema MitraClip (Abbott Vascular, Abbott Park, Illinois, USA) che consiste nell’applicazione di uno o più clip in corrispondenza della valvola mitralica insufficiente, mimando per via transcatetere la tecnica chirurgica edge-to-edge di Alfieri.
L’IM cronica, nel tempo, può determinare come meccanismo di compenso la dilatazione dell’atrio sinistro in maniera tale che la pressione atriale e di conseguenza la pressione del circolo polmonare non aumenti. La dilatazione atriale predispone all’insorgenza della FA, un’aritmia caratterizzata da un’attivazione irregolare e frammentaria degli atri con perdita della sistole atriale. La mancanza della contrazione atriale induce un rallentamento del flusso ematico che ha come complicanza lo sviluppo di trombi e di eventuali emboli sistemici e cerebrali. La prevenzione primaria e secondaria dell’ictus in pazienti con FA si basa sulla terapia anticoagulante e in particolare numerosi trials clinici randomizzati e successive metanalisi hanno dimostrato l’efficacia della terapia con anticoagulanti orali antagonisti della vitamina K (TAO).
La TAO, tuttavia, presenta dei limiti che hanno indotto lo studio e lo sviluppo di nuovi anticoagulanti orali (NAO):
– lento inizio d’azione;
– stretta finestra terapeutica;
– necessità di monitoraggio routinario dell’INR;
– inadeguata scoagulazione con più di un terzo dei pazienti al di fuori del range
terapuetico (TTR); i pazienti in trattamento con warfarin necessitano oltre del
monitoraggio anche dell’aggiustamento continuo della dose;
-scarsa manegevolezza;
– numerose interazioni farmacologiche e alimentari.
I nuovi anticogulanti orali in pazienti con FA
I NAO sono un gruppo di farmaci costituiti da piccole molecole sintetiche che inibiscono in maniera diretta la cascata della coagulazione; sono stati realizzati studi clinici con l’obbiettivo di confrontare il warfarin e i NAO sia in termini di efficacia nella riduzione di eventi tromboembolici e ictus, sia in termini di sicurezza nel ridurre il rischio di complicanze emorragiche. I NAO sono divisi in:
– inibitori del fattore Xa:
- Rivaroxaban (Xarelto): immesso in commercio nel 2008. La dose raccomandata è di 20 mg al giorno per i pazienti con funzionalità renale normale e 15 mg al giorno in soggetti con ridotta funzionalità renale. Un grande studio randomizzato (ROCKET AF) ha mostrato la non inferiorità al warfarin sia in termini di efficacia sia in termini di sicurezza.
- Apixaban (Eliquis): è stato immesso in commercio nel 2011; viene somministrato alla dose di 5 mg due volte al giorno. Lo studio ARISTOTLE, uno studio retrospettivo che ha utilizzato quattro database americani (MarketScan, PharMetrics, Optum e Humana) di pazienti con FA non valvolare, trattati con apixaban o warfarin dal 1 ° gennaio 2013 al 30 settembre 2015, ha mostrato una riduzione del rischio di embolia sistemica e di sanguinamento maggiore nei pazienti trattati con apixaban rispetto al warfarin.
- Edoxaban( Lixiana): Lo studio ENGAGE AF TIMI 48 ha valutato l’efficacia di due dosi di edoxaban (30 mg una volta al giorno e 60 mg una volta al giorno) rispetto al warfarin e ha dimostrato che entrambi i regimi di dose di edoxaban non erano inferiori al trattamento con warfarin in termini di efficacia invece in termini di sicurezza l’edoxaban rispetto al warfarin riduce i sanguinamenti maggiori, ma il sanguinamento gastrointestinale è aumentato significativamente nell’alta dose di edoxaban (60mg).
– inibitori del fattore IIa:
- Dabigatran etexilato (Pradaxa): è in commercio in tutta l’unione europea dal marzo 2008. Lo studio di fase III RELY, ha evidenziato che il dabigatran etexilato a dosaggio sia di 110 che di 150 mg due volte al giorno in pazienti con FA non valvolare ha un’efficacia e una sicurezza non inferiore al warfarin. È attualmente l’unico anticoagulante orale non antagonista della vitamina K con un agente di inversione specifico disponibile.
I NAO, nel trattamento della FA, hanno delle limitazioni, infatti la loro indicazione è la FANV (fibrillazione atriale non valvolare). Nell’aggiornamento 2016 delle linee guida dellaSocietà Europea di Cardiologia (ESC) con il termine “valvolare” si fa riferimento alla FA correlata alla valvulopatia reumatica (principalmente alla stenosi mitralica) o alle protesi valvolari meccaniche (invece in presenta di valvola biologica si parla di FANV). In una recente analisi, è stato riconosciuto che i NAO, quando utilizzati in situazioni di FA con valvulopatie diverse dalla stenosi mitralica e dalle protesi meccaniche, non hanno portato a risultati diversi rispetto ad altri pazienti con FA, ed è stato quindi proposto il termine di “mechanical and rheumatic mitral valvular AF” (MARM-AF) come descrizione accurata di un’entità che attualmente esclude il trattamento con NAO. Mentre nei portatori di protesi meccaniche un trial, il RE-ALIGN, ha mostrato il comportamento di un NAO – il dabigatran – significativamente peggiore rispetto al warfarin, nella FA che accompagna la stenosi mitralica andrebbero effettuati trial ad hoc, in quanto attualmente non esistono.
I NAO nei pazienti sottoposti a MitraClip: studio clinico
Vista l’assenza di studi clinici a riguardo, l’obiettivo del nostro studio è stato, valutare l’efficacia e la sicurezza del trattamento con NAO in pazienti affetti da FA e insufficienza mitralica severa, sottoposti presso l’Istituto di Cardiologia dell’Ospedale Ferrarotto (Università degli studi di catania), a riparazione percutanea mediante sistema MitraClip.
I pazienti con IM ad alto rischio chirurgico, trattati con la tecnica percutanea edge-to- edge (MitraClip), potrebbero sviluppare un gradiente transvalvolare con il potenziale rischio di creare una stenosi mitralica iatrogena. Inoltre le clip utilizzate nella tecnica riparativa percutanea potrebbero formalmente essere considerate come “device meccanico” con il quale il sangue entra in contatto e che potrebbe avere delle potenzialità trombigene.
Inoltre è bene sottolineare che nelle diverse casistiche e registri MitraClip si evince come i sanguinamenti rappresentino uno degli eventi avversi peri/post-procedurali più frequenti, per cui la presenza di FA in trattamento con anticoagulanti orali potrebbe aumentare i rischi emorragici.
Endpoints
Ai fini della nostra analisi abbiamo definito:
un endpoint di efficacia composito che include:
- morte,
– ictus ischemico o TIA
un endpoint di sicurezza riguardante i sanguinamenti secondo le definizioni MVARC e BARC (Bleeding Academic Research Consortium).
Selezione dei pazienti
La popolazione oggetto dello studio è stata selezionata dal registro GRASP (Getting Reduction of Mitral Insufficiency by Percutaneous Clip Implantation Registry). Il registro GRASP è un registro prospettico che include caratteristiche demografiche, cliniche ed ecocardiografiche di pazienti ad elevato rischio chirurgico, sottoposti consecutivamente a riparazione percutanea della valvola mitrale mediante sistema MitraClip in un singolo centro (Ospedale Ferrarotto, Università degli Studi di Catania). Ai fini del nostro studio, tra i soggetti sottoposti a trattamento con MitraClip, sono stati selezionati in maniera retrospettiva pazienti affetti da FA in terapia con gli anticoagulanti orali non antagonisti della vitamin K (NAO).
Materiale e metodo
I pazienti inclusi nello studio sono stati sottoposti a follow up a trenta giorni e a dodici mesi:
– In tutti i pazienti è stato attuato un follow up clinico valutando l’eventuale insorgenza di ictus o emorragie.
– In tutti i pazienti è stato attuato un follow up con ecocardiogramma transtoracico andando a valutare l’eventuale insorgenza di stenosi mitralica iatrogena tramite misurazione di:
- Area di flusso della valvola mitrale: misurata sfruttando il tempo di dimezzamento del gradiente (PHT) che esprime il tempo necessario perché il gradiente pressorio massimo si riduca della metà del suo valore iniziale protodiastolico.
- Gradiente medio transvalvolare: misurando con il doppler continuo l’integrale della velocità di flusso transvalvolare.
– In un sottogruppo di pazienti è stato inoltre eseguito il follow-up con ETE, previo consenso informato, per evidenziare la presenza di eventuali trombi o ecocontrasto spontaneo in auricola sinistra e AS.
I dati riguardanti il follow-up clinico-strumentale di ogni singolo paziente sono stati riportati in appositi database.
Risultati
A partire dal 2012 fino ad ottobre 2017, 32 pazienti, su 191con FA e sottoposti a MitraClip, sono stati trattati con NAO e in particolare:
– 1 paziente è trattato con edoxaban,
– 9 pazienti sono trattati con rivaroxaban,
– 15 pazienti sono trattati con dabigatran,
– 8 pazienti sono trattati con apixaban.
a) Outcome in acuto peri-procedurale
L’endpoint di completa efficacia e sicurezza peri-/post-procedurale è rappresentato in tabella 1.
È bene sottolineare che:
– dei 32 pazienti sottoposti a MitraClip un paziente è morto per shock settico nell’unità di terapia intensiva coronarica (UTIC) invece un paziente è deceduto in Terapia Intensiva a seguito di perforazione dell’auricola sinistra verificatasi durante la procedura la quale è stata successivamente sottoposta a toilette chirurgica e chiusura della breccia in auricola per via cardiochirurgica.
– la riduzione in acuto dell’IM è stata raggiunta nel 100% dei pazienti, con una IM residua di grado lieve o moderato.
– in base ai criteri MVARC è stato riscontrato un solo caso di emorragia invece secondo i criteri BARC nessun caso.
– si è verificato un solo caso di stroke ischemico.
b) Outcome a 30 giorni
Il successo e le complicanze a 30 giorni sono riportate in Tabella 2.
Il follow-up a trenta giorni, è stato eseguito in 30 pazienti (93,75%) a seguito della morte post-procedurale di due pazienti. In accordo alle definizioni MVARC, è stato valutato:
– Il successo del dispositivo: è stato ottenuto in 27 pazienti su 30 (90%); in particolare, per quanto riguarda la sicurezza e la prestazione della clip abbiamo valutato il grado di IM. Le variazioni in termini di IM sono risultate ben mantenute rispetto al grado di IM post procedurale infatti solo due pazienti hanno un’IM > di 2.
– il successo procedurale è stato ottenuto in 22 pazienti su 30 (73,3%) ; in particolare per quanto riguarda le complicanze non si sono registrati nè morti, nè casi di ictus ischemico, né casi di insufficienza renale acuta ma soprattutto nessun caso di emorragie. Particolare attenzione è stata rivolta alla funzionalità renale, considerato che i NAO sono in misura variabile escreti per via renale e che nel nostro gruppo di studio la maggior parte dei pazienti erano in trattamento con dabigatran, che segue appunto una via di escrezione per gran parte renale. Si sono invece verificati 2 casi (6,6%) di scompenso cardiaco.
c) Outcome a 12 mesi
Nei 12 mesi successivi all’impianto percutaneo di MitraClip sono deceduti due pazienti: uno per scompenso cardiaco e l’altro per IRA. Entrambi i pazienti erano in trattamento con dabigatran.
Ad un anno l’outcome è stato valutato come endpoint composito di morte-stroke- sanguinamento secondo curve di Kaplan Meier (Figura 1). La curva di Kaplan Meier mostra che il 79% dei pazienti (escludendo i due pazienti morti dopo la procedura e i due pazienti morti durante il follow up a 12 mesi) è libero dall’endpoint composito quindi, si può affermare che i NAO, nei pazienti trattati con MitraClip, non hanno avuto un impatto negativo sull’outcome ma anzi hanno protetto i pazienti dallo stroke senza aumentare il rischio di sanguinamenti.
d) Valutazione ecocardiografica tranesofagea
Nel corso del follow up 10 pazienti trattati con NAO sono stati sottoposti, oltre che a ecocardiogramma transtoracico, a ETE. La finalità di tale valutazione è stata quella di escludere la presenza di eventuali trombi o di ecocontrasto spontaneo in auricola sinistra e in AS al fine di definire la sicurezza dei NAO.
Inoltre, durante la valutazione con ETE abbiamo calcolato per ciascuno dei 10 pazienti Area valvolare e Gradiente Medio transmitralico così da poter quantificare stenosi mitralica iatrogena.
Nessun ETE ha mostrato ecocontrasto spontaneo in auricola e in AS dimostrando la sicurezza dei NAO nonostante la presenza dei dispositivi metallici.
L’Area di flusso e il Gradiente Medio transmitralico, calcolati come media dei valori dei singoli pazienti, sono risultati , rispettivamente, di 2,6 ±0,6 cmq e di 4,2 ±1,7 mmHg. (Tabella 3) Difatti, anche se la clip comporta l’aumento del gradiente transmitralico, tale variazione non ha portato alla creazione di stenosi mitralica iatrogena; pertanto l’aumento del gradiente è da giudicare clinicamente non significativo né preoccupante.
Limiti dello studio
Diversi limiti andrebbero considerati nell’interpretazione dei risultati di questo studio.Innanzitutto non si tratta di un trial randomizzato ma di un’analisi retrospettiva, quindi diversi fattori confondenti potrebbero aver influenzato i risultati stessi; nonostante questo, l’inclusione di pazienti consecutivi con caratteristiche cliniche tra loro bilanciate potrebbe aver minimizzato il potenziale bias di selezione. Per la stessa ragione, ci siamo soffermati principalmente su un’analisi di sicurezza del NAO, dal momento che un’analisi di efficacia richiederebbe una randomizzazione e una coorte più ampia di pazienti.
In secondo luogo, è stato considerato un campione relativamente piccolo con un periodo limitato di follow-up; in particolare, per l’invasività della metodica, poco meno di 1/3 dei pazienti si sono sottoposti a ETE.
È bene poi considerare che le procedure qui descritte sono state eseguite in un centro che compie un numero molto ampio d’impianti MitraClip ogni anno, per cui, i risultati ottenuti non possono essere universalmente generalizzati e sono, quindi, in parte legati all’esperienza degli operatori e alla curva di apprendimento.
In ultimo, i dati ecocardiografici non sono stati revisionati da un laboratorio indipendente, dal momento che sono stati ottenuti attraverso dei controlli eseguiti in ambiente clinico, riflettenti la pratica clinica del “real world”. Ad ogni modo, le analisi di questi dati sono state condotte da medici esperti e attenti, utilizzando metodi validati e con consenso di opinioni.
Conclusioni
Dall’analisi dei dati raccolti il gradiente medio dimostra l’assenza significativa di stenosi iatrogena post impianto di MitraClip (controindicazione al trattamento NAO), ma soprattutto non sono stati rilevati, nei pazienti trattati con NAO, né un elevato rischio di eventi tromboembolici, intra e postprocedurali, né un elevato rischio di eventi emorragici e di mortalità totale, a livello peri-procedurale e ai follow-up.
Tuttavia, essendo i pazienti trattati per lo più anziani, è necessario un attento monitoraggio della funzionalità renale ed epatica, dal momento che una compromissione di queste funzionalità determinerebbe un’alterazione delle vie di escrezione dei NAO.
Quindi, gli anticoagulanti non antagonisti della vitamina K rappresentano un’alternativa alla terapia con antagonisti della vitamina K in pazienti affetti da FA e IM severa sottoposti a riparazione della valvola mitrale mediante sistema MitraClip, grazie a una più semplice gestione e a una migliore compliance del paziente. D’altronde il NAO è più facilmente gestibile in sede preprocedurale, perché occorre sospendere il NAO circa 24 ore prima della procedura, senza necessità di embricazione con eparina a basso peso molecolare ed è possibile riprendere il farmaco circa 24 ore dopo la stessa, se non sono sopraggiunte particolari complicanze che ne richiedano una sospensione più prolungata. Al contrario, nella nostra esperienza, i pazienti che assumono antagonisti orali della vitamina K, devono sospendere tale terapia almeno 4-5 giorni prima della procedura, embricando con eparina a basso peso molecolare, al fine di mantenere un INR <1.5. Dopo la procedura, il paziente continuerà l’eparina a basso peso molecolare assieme al TAO fino al raggiungimento dell’INR target.
In conclusione possiamo affermare di aver dato il via a una nuova era della terapia anticoagulante orale con l’introduzione di molecole che sembrano capaci di superare i limiti storici della terapia anticoagulante con antagonisti della vitamina K, e che potrebbero implementare significativamente la quota di pazienti trattati.