Medicalive

Piccola (grande) storia dell’ortopedia italiana: le grandi tematiche e gli “eroi” degli albori

 

Dott. Maurilio Bruno
Ortopedico, Gruppo Policlinico di Monza,
Clinica San Gaudenzio, Novara

 

 


L’ortopedia, intesa specialmente come cura delle deformità traumatiche, ha origini antichissime: Ippocrate si occupa delle fratture e delle deformità e di argomenti analoghi trattano anche Celso e Galeno; quest’ultimo introduce i termini di scoliosi, cifosi, lordosi e pseudoartrosi. Le origini della ortopedia moderna possono essere fatte risalire al Rinascimento, insieme a quelle della chirurgia, della quale l’ortopedia rappresentava una branca: tra i primi esponenti vanno perciò ricordati i maggiori chirurghi del Rinascimento, come A. Parè, e tra gli italiani G. Guidi, G. Andrea della Croce, Girolamo Fabrici d’Acquapendente e in seguito A. Scarpa e D. Cotugno. Come la chirurgia, così anche l’ortopedia ha realizzato enormi progressi dopo la seconda metà dell’ottocento con l’introduzione della disinfezione, dell’anestesia e degli antibiotici. Parallelamente il continuo progredire delle discipline mediche permetteva di chiarire l’origine di molte malattie congenite e acquisite a carico dell’apparato locomotore, occupandosi della prevenzione delle deformità oltre che delle cure. Nasceranno varie Scuole di Ortopedia e si distinsero in particolare la scuola Bolognese e quella Milanese, percorrendo una strada comune secondo un asse che vide intrecciarsi i destini di pochi eletti destinati ad entrare nell’olimpo di questa straordinaria specialità medica.

 

Francesco Rizzoli

(Milano1809 – Bologna 1880); professore di clinica chirurgica all’Università di Bologna (1855) e fino al 1877 primario dell’Ospedale Maggiore in quella città. Patriota, fu deputato all’Assemblea delle Romagne (1859). Nel 1879 fu nominato senatore. Lasciò quanto possedeva per la fondazione dell’istituto ortopedico che porta il suo nome. I metodi da lui introdotti nella cura chirurgica di varie malattie hanno avuto grande importanza per l’ulteriore sviluppo della chirurgia pratica. Le sue opere sono raccolte nella Collezione delle memorie chirurgiche ed ostetriche (1869).

 

Alessandro Codivilla

Nacque a Bologna il 21 marzo del 1861 da modesta famiglia. Si laureò in Medicina e Chirurgia nel 1886 sotto la guida del Prof. Pietro Loreta, eminente chirurgo generale. La sua carriera come chirurgo generale lo vide prima a Castel Fiorentino poi ad Imola. Nel 1899 fu invitato dall’avvocato Giuseppe Bacchelli all’epoca presidente dell’amministrazione provinciale di Bologna ad abbandonare la chirurgia generale per dedicarsi all’Ortopedia e diventare direttore dell’Istituto ortopedico Rizzoli. Così intraprese diversi viaggi all’estero per aggiungere al suo bagaglio scientifico e culturale le mancanti nozioni di ortopedia. Si recò in Germania e Francia dove erano stati compiuti numerosi passi in avanti nel campo ortopedico. Strinse amicizia con esperti ortopedici come Volkmann, Koenig, Bardenheuer, Albert, MiKulitz, Nicoladoni e Wolff. Si interessò in particolare alle paralisi provocate dalla poliomielite perfezionando la tecnica del trapianto tendineo, perfezionò la tecnica di Foerster per la paralisi spastica. Si dedicò con passione al trattamento della lussazione congenita dell’anca, del piede torto congenito (ancora oggi si opera secondo la tecnica di Codivilla), del torcicollo congenito, della scoliosi, della tubercolosi osteoarticolare, della pseudoartrosi congenita. Rivoluzionò il trattamento delle fratture ideando la trazione trans scheletrica mediante il “chiodo di Codivilla”. Questa metodica ancora oggi rappresenta il cardine dell’allineamento dei monconi ossei nelle fratture delle ossa lunghe. Morì, purtroppo prematuramente, all’età di 51 anni nella sua Bologna nel 1912. Alessandro Codivilla è considerato il padre della moderna Ortopedia Italiana e non solo.

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Gaetano Pini e Pietro Panzeri

ortopediaLa scuola ortopedica milanese nasce nel 1874, quando Gaetano Pini fonda l’Associazione per la Scuola dei Rachitici, per la cura dei tanti bambini affetti in quell’epoca da rachitismo. Ben presto si affiancano alla scuola un ambulatorio diretto da Pietro Panzeri e un’officina ortopedica che studia e costruisce apparecchi per permettere ai bambini di muoversi e camminare. Nel 1884 viene costruito un nuovo edificio.

Dopo la morte di Pini (1887), Pietro Panzeri divenne direttore dell’Istituto dei Rachitici, e fu qui che si distinse maggiormente per le sue qualità umane e professionali: si occupava della terapia del rachitismo, della scoliosi, del piede torto, della tubercolosi osteo-articolare, della paralisi infantile, avvalendosi sia delle metodiche chirurgiche (tenotomie, osteotomie, osteoclasie), che di quelle incruente (correzioni manuali, ginnastica, ortesi). Per la fama raggiunta, fu chiamato a dirigere il neonato Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, fondato nel 1896, compito che assolse per circa due anni, mantenendo contemporaneamente la guida dei Rachitici di Milano. Lui stesso volle affidare poi ad Alessandro Codivilla la sua successione al Rizzoli, istituto anch’esso destinato a una grande affermazione.

L’opera, comunque, più meritoria di Panzeri è stata quella di farsi promotore, nel 1891, della Società OrtopedicaItaliana, dando così la prima svolta all’autonomia scientifica dell’ortopedia. La Società fu fondata a Milano, proprio all’Istituto dei Rachitici, e a Milano si tenne il primo congresso nazionale, sotto la sua presidenza. Morì nel 1901.

Riccardo Galeazzi (1866-1952)

ortopediaNel 1903 assunse la direzione del Pio Istituto dei rachitici di Milano. In questa sede venne quindi incaricato dell’insegnamento della clinica ortopedica presso gli Istituti clinici di perfezionamento.

Allo scoppio del primo conflitto mondiale il Galeazzi si arruolò volontario e, col grado di tenente colonnello, prestò la sua opera negli speciali reparti ospedalieri.

Prodigandosi incessantemente per ottenere il recupero alla collettività e al mondo del lavoro del gran numero di combattenti invalidi, mutilati e ciechi, ottenne che l’Istituto dei rachitici di Milano concedesse all’autorità militare la facoltà di utilizzare il Rifugio Fanny FinziOttolenghi come scuola di rieducazione dei mutilati di guerra.

Al termine del conflitto organizzò e presiedette il primo congresso nazionale per l’assistenza agli invalidi di guerra tenutosi a Milano nel dicembre 1918, fu fondatore e membro del Comitato per l’assistenza ai mutilati di guerra e consigliere dell’Opera nazionale per l’assistenza agli invalidi di guerra; chiamato dal ministero della Guerra a far parte della Commissione centrale delle protesi, fu anche membro e presidente del Comitato interalleato per l’assistenza agli invalidi di guerra.

Fu il primo professore ordinario di Ortopedia della neonata Università degli studi di Milano (1923).

Le patologie che misero a dura prova lo sforzo e l’ingegno di questi pionieri rappresentano un bagaglio culturale storico che deve assolutamente far parte della formazione delle moderne generazioni di ortopedici.

La poliomielite acuta anteriore è stata riconosciuta come malattia da Jakob Heine nel 1840, mentre il suo agente eziologico, il poliovirus, è stato identificato nel 1908 da Karl Landsteiner. Si trasmette per via oro-fecale. Fu debellata definitivamente dal vaccino messo a punto da Albert Sabin nel 1955, che tuttavia giunse in Italia solo nel 1963.

Il rachitismo causato dallo scarso apporto di vitamina D, causa la malnutrizione.

La Tubercolosi ossea, complicanza della TBC polmonare che provocava drammatici crolli vertebrali ossifluenti, deformità ossee e paralisi midollari.

La scoliosi, deformità infantile della colonna che richiedeva cure lunghe e continue ed ingegno nella costruzione di apparecchi gessati ed ortesi “artigianali”

La lussazione congenita dell’anca per incompleta formazione di parte dell’articolazione coxo-femorale che creava severe alterazione della deambulazione ed artrosi precoce. Trattata inizialmente con correttori gessati e ortesi e solo successivamente con interventi chirurgici tuttavia difficoltosi e dagli incerti risultati.

Il piede torto congenito, grave deformità del piede incompatibile con una deambulazione funzionale. Fu Codivilla a dettare i principi della correzione chirurgica che ancora oggi conservano validità scientifica.

 

 

 

 

 

Vittorio Putti (1880-1940)

Professore di clinica ortopedica nell’università di Bologna dal 1912, fu dal 1914 direttore dell’Istituto Rizzoli, del quale fondò a Cortina d’Ampezzo una succursale per l’elioterapia della tubercolosi osteoarticolare (Istituto Codivilla-Putti).

Ha legato il suo nome a numerose tecniche originali di chirurgia ortopedica e al perfezionamento di tecniche operatorie già precedentemente proposte. Raccolse una biblioteca specializzata per la storia della medicina, che è entrata a far parte, per donazione, delle raccolte dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna.

Durante tutta la guerra l’Istituto Ortopedico Rizzoli compie ogni sforzo per poter ospitare i feriti e i mutilati che giungono numerosi dal fronte. Tutti gli spazi disponibili, compresi la biblioteca e l’ex refettorio dei monaci, sono trasformati in sale di degenza. Viene anche costruito un nuovo padiglione nello spazio antistante l’ingresso principale, che porta la capienza complessiva dell’ospedale a 500 posti letto. Il professor Vittorio Putti, direttore dell’Istituto, affida al dott. Francesco Delitala l’organizzazione e la conduzione delle Officine Ortopediche, che occupano alcuni locali del sotterraneo e del piano terra. Qui vengono costruiti gli arti artificiali di migliaia di mutilati. Si tratta di manufatti razionali e funzionali, ma anche validi esteticamente, grazie all’opera di Augusto Fusaroli, valente artigiano. Durante il conflitto l’Officina Nazionale di Protesiè il maggior centro di produzione italiano di apparecchi per mutilati e strumenti chirurgici creati in collaborazione con la Scuola di Applicazione per gli Ingegneri. Tra il 1915 e il 1920 produrrà oltre 8500 protesi, 6000 scarpe speciali, 2200 apparecchi ortopedici. Nel 1919 il Rizzoli otterrà dalla Direzione militare di Artiglieria tre capannoni tra la via San Mamolo e la via Panoramica, che permetteranno lo sviluppo delle Officine Ortopediche Rizzoli.

 

Oscar Scaglietti (1906-1993)

ortopediaNato in Costa Rica, iniziò la carriera professionale presso il Rizzoli, dove nel 1936 conseguì la libera docenza in clinica ortopedica dopo essere stato allievo, assistente e poi aiuto di un maestro illustre come Vittorio Putti.

Il coinvolgimento dell’Italia nella seconda guerra mondiale, vide Scaglietti nominato ufficiale responsabile del Centro ortopedico e mutilati per fronteggiare quella che si stava ormai rivelando come una grave emergenza bellica. Il Centro trovò collocazione sulla collina di San Michele in Bosco, a pochi passi dall’Istituto Rizzoli con lo scopo di curare i militari feriti e di fornire assistenza e trattamento fisioterapico e protesico ai reduci dal fronte che avevano subito l’amputazione degli arti per congelamento durante le campagne in Albania e Grecia.

L’8 settembre provocò la fuga di quasi tutto il personale di servizio, che però Scaglietti sostituì rapidamente accogliendo nell’istituto tutti gli sbandati che vi cercavano rifugio e assumendone una parte. Dovette anche trasformarsi in abile negoziatore trattando con i tedeschi per evitare che l’ospedale bolognese passasse sotto il controllo sanitario germanico. Oltre agli sbandati, cercò di aiutare alcuni militari alleati feriti ad evitare la cattura e molti ebrei a sfuggire alle retate. Fiancheggiò la resistenza, permettendo ad esempio ai partigiani di recuperare le armi depositate dai militari ricoverati e fornendo loro viveri e medicamenti. Con l’avanzare delle truppe alleate e i bombardamenti, crebbe il numero di feriti e anche la cappella fu trasformata in una camerata d’ospedale portando il numero totale dei ricoverati a 700. Scaglietti compiva fino a tre turni operatori di seguito, alternando ogni 8 ore il personale di sala, che spesso sveniva per la fatica: la mano chirurgica inimitabile di Scaglietti, soprannominato in seguito dai colleghi statunitensi il Michelangelo dell’ortopedia (compiva in venti minuti alcune operazioni che richiedevano normalmente tre ore), si formò allora. Si dice che abbia compiuto quasi diecimila interventi nel corso della guerra!

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Il 20 novembre 1944 il maresciallo Graziani ordinò il trasferimento dell’ospedale al nord, oltre il Po; Scaglietti vi si oppose andando di sua iniziativa ad incontrare Mussolini che decise di revocare l’ordine. Il Centro ortopedico bolognese, però, ormai non era più un semplice ospedale; in quegli anni di guerra era diventato una sorta di roccaforte indipendente dal punto di vista scientifico e assistenziale, per non dire politico: vi furono accolti, senza alcuna distinzione, militari di ogni nazionalità. Ci fu spazio per fascisti, partigiani e civili comuni.

Così, all’alba del 29 novembre, le brigate nere e le SS tedesche accerchiarono l’ospedale e lo perquisirono da cima a fondo senza trovare nulla: Scaglietti fu arrestato con altri quattro sospetti e trascinato per un lungo interrogatorio al comando delle SS che l’indomani dovettero rilasciarlo. Il nome di Scaglietti venne anche trovato nella lista Jacchia, ma anche in quel caso la sua abilità come chirurgo prevalse su considerazioni di ordine politico.

Il 31 agosto 1947 Scaglietti assunse la direzione dell’Istituto Ortopedico Toscano di Firenze fondando una scuola di ortopedia che raggiunse fama internazionale.

Considerato un luminare e uno dei padri dell’ortopedia italiana, ottenne vasta notorietà negli anni cinquanta e sessanta anche per aver curato diversi calciatori, tra cui Boniperti, Hamrin,  Albertosi, Bertini e Garrincha. La popolarità acquisita fece sì che, fra le altre, si rivolgessero a lui importanti personalità come Pietro Nenni, l’ultimo re dell’Afghanistan Mohammed ZahirShah e Gianni Agnelli, nonché celebri attrici come Monica Vitti, Isabella Rossellini ed Elizabeth Taylor.

 

Mario Campanacci (1932-1999)

ortopediaHa iniziato la sua carriera di ortopedico presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli, specializzandosi in Ortopedia e Traumatologia nel 1960. La prima fase della sua carriera è stata prevalentemente dedicata all’Anatomia Patologica e alla Patologia dell’Apparato Muscolo-Scheletrico, portandolo a studiare e trattare i tumori delle ossa e delle parti molli. Fin dai primi anni si appassiona di patologia dell’apparato muscolo-scheletrico, potendo in tal modo mettere a frutto le sue conoscenze in anatomia patologica, applicandole all’ortopedia.

Per perfezionare la sua formazione in questa patologia rara e ancora poco conosciuta, ha frequentato il Veteran Administration Hospital di San Francisco presso il dr. Lichtenstein, l’Hospital for Joint Disease di New York presso il Dr. Milgram. Nel 1963 ha assunto la responsabilità e la direzione dell’Unità di Oncologia Muscoloscheletrica del Rizzoli. Ha subito capito quanto fosse importante per la diagnosi delle lesioni muscoloscheletriche la revisione della documentazione radiografica assieme ai preparati istologici, ed ha sottolineato l’importanza di un’archiviazione scrupolosa della documentazione clinica e radiografica dei pazienti. Ha quindi eseguito la revisione di migliaia di casi di tumori muscoloscheletrici trattati fin dai primi anni del 1900 presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli, maturando una profonda conoscenza ed una particolare esperienza diagnostica e clinica. Negli anni successivi ha intuito l’importanza di un approccio multidisciplinare ai sarcomi, divenendo il pioniere del trattamento combinato e della chirurgia conservativa dei sarcomi primitivi dell’osso. Ha fortemente voluto la fondazione dell’EuropeanMusculo-SkeletalOncology Society (EMSOS), nata nel 1987 e della quale fu il primo Presidente (1987-1990). L’amicizia con Bill Enneking gli è stata particolarmente cara, portando alla creazione del Course on Muscolo-SkeletalPathology, tenuto da entrambi ogni anno presso il Rizzoli di Bologna dal 1989. Non vi è testo di Anatomia Patologica dei tumori dell’apparato muscolo scheletrico ove il suo nome non sia citato. È considerato uno dei padri della “Oncologia Ortopedica” mondiale.

 

Ezio Morelli (1923-2009)

Fonda negli anni ‘60 il primo reparto di Chirurgia Plastica e della Mano nell’ospedale di Legnano che diventa la più importante Scuola di Microchirurgia ricostruttiva italiana, famosa in tutto il mondo, tanto da attrarre schiere di giovani chirurghi dal Sudamerica e dal resto dell’Europa.

Nel 1961 effettua il primo trapianto di nervo periferico in Italia dopo Hanno Millesi a Vienna, introducendo così del microscopio operatore ovvero delle tecniche di Microchirurgia ricostruttiva. Ciò consentirà di poter effettuare i reimpianti di arti amputati e la chirurgia ricostruttiva dei nervi periferici e del plesso brachiale. È stato il padre della chirurgia delle malformazioni congenite degli arti. La sua classificazione delle malformazioni congenite pubblicata nel 1962 è ancora oggi accettata a livello mondiale. Si conta che abbia eseguito oltre cinquantamila interventi chirurgici di questa disciplina.

Musicista e grande appassionato di musica e di Letteratura antica trovò il tempo di essere lettore di Letteratura latina all’università di Salamanca e di interessarsi attivamente di storia della Medicina greca e latina. È considerato il pioniere della chirurgia ricostruttiva italiana, anello di congiunzione tra chirurgia ortopedica e chirurgia plastica, Maestro amatissimo dai suoi numerosissimi Allievi in tutto il mondo.

 

Domenico Galluccio (1917-2010)

ortopediaLaureato e specializzato in Ortopedia al Rizzoli rientra in Puglia alla fine degli anni ‘40 divenendo il primo specialista del Salento. Crea i primi reparti di Ortopedia prima a Galatina, poi a Scorrano e la storica clinica Villa Bianca a Lecce.

In un epoca in cui il trattamento delle fratture è legata al concetto della osteosintesi rigida con placche e viti, propone il concetto della «osteosintesi elastica» mediante l’uso di chiodi flessibili noti poi come «chiodi di Galluccio», che prenderanno piede anche al di fuori dei confini nazionali. Schivo di carattere ma brillante e «curioso», sarà in attività fino ad oltre 90 anni definendosi sempre un “ortopedico di campagna”.

 

BIBLIOGRAFIA

Ezio Morelli, Omero medico?,Riv. Chir. Mano – Vol. 42 (3) 2005

Nunzio Spina Alessandro Codivilla, Negli aperti cieli dell’Ortopedia,
Editore Quasar S.p.A

Enciclopedia Treccani, Ortopedia

Giorgio Cosmacini, Storia della Medicina e della Sanità in Italia,
2016 Biblioteca Storica Laterza, Edizioni Laterza

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