Dott. Fabrizio Fratoni,
Tenente Colonnello dei Carabinieri
Tecniche Investigative Applicate
Scienze criminologiche per l’investigazione e la sicurezza
Alma Mater Studiorum
Università di Bologna
Nel nostro paese la salvaguardia dalle forme di falsificazione nei confronti dei farmaci si basa sulle disposizioni contenute nel D. Lgs. 219/2006 che tende a tutelare “ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie, che può essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, o di stabilire una diagnosi medica”, precisando in particolare che “per sostanza deve essere intesa ogni materia di origine umana, animale, vegetale oppure chimica”. In tali categorie rientrano, quindi, anche i preparati immunologici costituiti da vaccini, tossine, sieri o allergeni, quelli omeopatici ottenuti da sostanze denominate “materiali di partenza” per preparazioni o ceppi omeopatici e infine i radio farmaci, quei composti farmaceutici che includono uno o più isotopi radioattivi, a scopo sanitario. Rimangono purtroppo fuori dalla tutela della normativa quei medicinali preparati in farmacia, in base a una prescrizione medica destinata a un determinato paziente, quelli preparati in base alle indicazione della Farmacopea europea o delle Farmacopee nazionali in vigore negli Stati membri dell’Unione Europea e dei medicinali destinati alle prove di ricerca e di sviluppo.
Tenuto conto che i requisiti fondamentali dei farmaci sono quelli che producono gli effetti desiderati, cioè la sicurezza, l’efficacia e la qualità, il fondamentale compito di vigilare sul rispetto di tali standard è generalmente affidato, in molti Stati, a specifiche agenzie competenti a porre in essere una serie di controlli di produzione, di importazione, di distribuzione e vendita dei medicinali. Bisogna precisare che l’aspetto fondamentale per la tutela del paziente è la “riconoscibilità” del farmaco autentico rispetto ai prodotti immessi illegalmente nella catena distributiva. Tale principio cardine, normativamente riconosciuto, si basa su alcuni elementi essenziali quali il confezionamento, l’etichettatura e il foglio illustrativo indispensabili per verificare immediatamente l’autenticità del farmaco. La normativa disciplina anche le modalità di confezionamento, sia primario che secondario, ovvero sia le caratteristiche del contenitore o qualunque altra forma di confezionamento che si trova a diretto contatto con il medicinale e l’imballaggio esterno o confezionamento secondario, corrispondente all’imballaggio in cui è collocato quello primario. E bene precisare che la particolare attenzione prestata dalla normativa al confezionamento e al successivo riconfezionamento costituisce una necessaria, ma non sufficiente, forma di protezione in quanto appare di regola, comunque, molto difficile per il paziente riconoscere la “genuinità” del medicinale, come ad esempio nei casi in cui il dosaggio riportato sulla confezione non corrisponda a quello effettivamente contenuto nel farmaco.
Peraltro le procedure, attraverso le quali viene concessa l’autorizzazione all’immissione in commercio dei farmaci, si compongono di una serie di articolate attività prodromiche, finalizzate proprio alla commercializzazione, che possono essere di tipo nazionale, comunitario o “semplificato”, infatti l’art. 6 del D. Lgs. 219/2006 sancisce che nessun farmaco può essere immesso in commercio sul territorio nazionale senza aver ottenuto l’autorizzazione dell’A.I.F.A. o un’autorizzazione comunitaria a norma del regolamento n. 726/2004. L’autorizzazione all’immissione in commercio dei farmaci costituisce l’esito finale di una procedura regolamentata e strutturata a livello nazionale, definita “procedura nazionale” e disciplinata dagli artt. 8 e seguenti del citato decreto. Ovvero il medicinale può essere immesso nel nostro paese attraverso una procedura di mutuo riconoscimento o decentrata, gestita dal Gruppo di coordinamento europeo “Coordination Group for MutualRecognition and DecentralisedProcedures-Human”,competente all’esame di ogni questione relativa alla autorizzazione alla immissione in commercio di un medicinale, in due o più Stati membri, in conformità della procedura di mutuo riconoscimento, della procedura decentrata, o attraverso quella centralizzata, introdotta con lo scopo di arrivare a un’unica autorizzazione comunitaria a seguito di una sola valutazione scientifica del dossier da parte dell’European Medicines Agency. Mentre la procedura “semplificata”, come nel caso dell’“importazione parallela”, che avviene in parallelo alla rete di distribuzione ufficiale dei fabbricanti, si basa sui principi comunitari di libero scambio e libera circolazione delle merci. Peraltro il quadro normativo attualmente esistente è destinato a essere applicato esclusivamente alla produzione legale di farmaci ed essendo focalizzato sui processi autorizzativi, le relative violazioni sono qualificate da vere e proprie sanzioni anche di tipo penale.
Il Codice Penale, infatti, nel libro secondo, titolo VI “Delitti contro l’incolumità pubblica” punisce già tutte quelle condotte che creano una situazione di pericolo o danno tali da interessare un numero indeterminato di persone, riferendosi non soltanto alle persone messe in pericolo, ma anche le cose che possono generarlo, proprio perché il bene-interesse protetto dall’ordinamento è quello dell’incolumità pubblica, intesa non soltanto come tutela della vita umana, ma anche dell’integrità fisica e dello stato di salute delle persone. Una prima fattispecie sanzionatoria è descritta dall’Art. 442 c.p.: il commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate per cui “chiunque, senza essere concorso nei reati preveduti dai tre articoli precedenti, detiene per il commercio, pone in commercio, ovvero distribuisce per il consumo acque, sostanze o cose che sono state avvelenate, corrotte, adulterate o contraffatte, in modo pericoloso alla salute pubblica.”. Appare chiaro come la salute pubblica venga direttamente tutelata da tale fattispecie, che punisce anche il tentativo nel caso in cui il soggetto attivo abbia “acquistato gli alimenti contraffatti o adulterati e sia fondata la prova che intendeva commerciarli o, comunque, distribuirli per il consumo” mentre non viene punito colui che, invece, somministra, per mero errore, sostanze e cose avvelenate, corrotte, adulterate o contraffatte, in modo pericoloso per la salute pubblica, perché manca la condotta tipica consistente nell’attività di avvelenamento, contraffazione o messa in commercio di sostanze alimentari, trattandosi, a ben vedere, di somministrazione avvenuta per mero errore di fatto di una sostanza nociva per la salute, ma non destinata all’alimentazione. Peraltro la giurisprudenza ha affermato che la pericolosità per la salute pubblica non può ravvisarsi “quando si pone in vendita un medicinale contraffatto, qualora questo non arrechi danno alla salute, seppur non la favorisca non reintegrando l’organismo malato, perché il pericolo a cui si riferisce la fattispecie delittuosa è quello che consegue agli effetti della cosa adulterata o contraffatta”. Ma la specifica norma penale che tutela la regolare filiera produttiva e distributiva dei farmaci è quella contenuta dall’art. 443 c.p. dal titolo “Commercio o somministrazione di medicinali guasti” che punisce la condotta di «chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti».
Se l’oggetto giuridico tutelato è d’interesse collettivo all’integrità dei farmaci, tenuto conto della particolare pericolosità insita nella distribuzione di prodotti di tale genere privi dei necessari requisiti di integrità e sicurezza, per il perfezionamento del reato è, invece, necessario che il soggetto abbia agito con la consapevolezza che i medicinali posti in commercio o comunque somministrati siano guasti o imperfetti. L’orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene, infatti, che il medicinale possa essere qualificato guasto o imperfetto in tutte le ipotesi in cui manchi o sia notevolmente diminuita la sua efficacia terapeutica. Tale eventualità può concretizzarsi in vari modi che comprendono sia il verificarsi della scadenza del farmaco, sia la commissione di un errore nella sua produzione, sia il commercio di prodotti erboristici pubblicizzati come adatti alla prevenzione e alla cura di malattie e, quindi, definibili come sostanze medicinali. Peraltro il legislatore non ha inserito nella norma il pericolo per la salute pubblica quale elemento costitutivo del reato, perché ha ritenuto evidente che, comunque, l’immissione in circolazione di medicinali guasti è in grado di provocare potenzialmente nella maggior parte dei casi un pericolo per tutti coloro che ne possono fruire. É evidente che la previsione dell’art. 445 c.p. permette di tutelare la parte finale e più delicata del processo distributivo, vietando la somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica da parte di colui che «esercitando, anche abusivamente, il commercio di sostanze medicinali, le somministra in specie, qualità o quantità non corrispondente alle ordinanze mediche, o diversa da quella dichiarata o pattuita» per tutelare l’interesse della collettività alla sicurezza dei prodotti medicinali e alla sussistenza delle loro proprietà terapeutiche. Sotto il profilo dell’elemento soggettivo tale norma richiede che l’agente abbia la consapevolezza di somministrare le sostanze medicinali in difformità rispetto alle ordinanze mediche o a quanto pattuito, ma non la consapevolezza del probabile danno alla salute che potrebbe derivare dall’assunzione del medicinale. Tenuto conto che l’articolo 445 c.p. prevede una particolare ipotesi di frode in commercio, in relazione alle particolari caratteristiche delle sostanze medicinali che per loro natura sono comunque destinate a produrre effetti terapeutici a seguito della somministrazione. Pertanto il legislatore ha ritenuto certamente pericolosa la somministrazione di tali sostanze in difformità alle prescrizioni mediche o alle richieste del paziente.
Occorre evidenziare come tra il reato di commercio di sostanze dopanti attraverso canali diversi da farmacie e dispensari autorizzati, punito dall’art. 9 comma settimo, Legge 14 Dicembre 2000 n. 376, e quelli di cui agli articoli 348 c.p. e 445 c.p., esercizio abusivo della professione di farmacista e somministrazione di medicinali in totale difformità dalle indicazioni terapeutiche previste e autorizzate, sussiste un rapporto di specialità, atteso che colui che, senza essere in possesso della prescritta abilitazione professionale, commercia farmaci e sostanze dopanti, esercita abusivamente, attraverso la medesima condotta, la professione di farmacista, e, qualora le sostanze medicinali vengano commerciate in specie, qualità o quantità, non corrispondenti alle ordinazioni mediche, pone in essere il medesimo comportamento citato nell’art. 445 c.p.. Particolare efficacia operativa per tutela della salute è assicurata poi dalle pene accessorie sancite dall’articolo 448 c.p. che prevede alcune pene accessorie, a cominciare dalla pubblicazione della sentenza in caso di condanna per taluno dei delitti preveduti dal capo II del citato titolo VI del c.p., sancendo che “la condanna per taluno dei delitti preveduti dagli articoli 439, 440, 441, 442, importa l’interdizione da cinque a dieci anni dalla professione, arte, industria, commercio o mestiere, nonché l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per lo stesso periodo. La condanna comporta altresì la pubblicazione della sentenza su almeno due quotidiani a diffusione nazionale”.
L’applicazione delle suddette pene accessorie ha, infatti, lo scopo di eliminare alla radice, per un determinato periodo di tempo, la possibilità che gli autori dei gravi illeciti citati, e ancor più i responsabili di quelli disciplinati dal capo II del Titolo VII “della falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione certificazione o riconoscimento”, possano commettere nuovi reati della stessa specie di quelli per cui sono stati condannati. Appare chiaro come tale provvedimenti accessori mirino a rafforzare la finalità e l’oggetto della tutela penale, ovverosia l’interesse generale di garantire la pubblica fede in relazione a marchi e simboli identificativi, a segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento, indicati anche come contrassegni, oltre, è ovvio, alla prioritaria tutela della salute pubblica, pur se la pena accessoria della pubblicazione della sentenza penale di condanna ha natura temporanea, si realizza e si esaurisce con l’avvenuta pubblicazione e per effetto di essa. Oltre a prevedere condotte di carattere doloso il codice penale punisce anche fattispecie di tipo colposo, art. 452 c.p., che ledono sempre il bene della salute pubblica. L’oggetto giuridico della norma è costituito dalla salute pubblica, il legislatore, infatti, ha inteso predisporre la tutela di tale bene fondamentale contro le condotte colpose che determinano un pericolo di un danno alla salute pubblica. Pertanto il reato previsto dalla suddetta norma è commesso anche da chi proceda alla vendita di sostante alimentari pericolose o abbia colposamente omesso i necessari controlli preventivi. Il reato previsto dall’art. 452 deve essere qualificato come reato di pericolo e non di danno, pertanto per la sua sussistenza non è necessario che esse abbiano arrecato un danno effettivo alla salute pubblica, ma è sufficiente che abbiano in sé l’attitudine a recare danno ad essa. Il titolare di farmacia che omette il controllo sull’operato del dipendente incaricato di verificare la scadenza dei farmaci risponde del reato di cui agli artt. 443 e 452 c.p.. Il delitto colposo di cui all’art. 452 c.p. in relazione all’art. 443 c.p. si configura in caso di detenzione di medicinali scaduti, in quanto da un lato sussiste una presunzione assoluta di pericolosità del medicinale scaduto, basata sulla previsione di perdita di efficacia dello stesso, e dell’altro per l’integrazione di tale reato è richiesta la semplice imperfezione del farmaco che sussistente dopo la sua scadenza. La conservazione in farmacia dei medicinali scaduti è assoggettata a regole particolari, in considerazione delle necessarie precauzioni da assumere allo scopo di ottenere che essi siano facilmente distinti dai farmaci che possono, viceversa, essere venduti al pubblico. Tali aspetti normativi non costituiscono un adeguato strumento di contrasto sotto il profilo operativo, dato che malgrado l’interpretazione giurisprudenziale abbia ampliato, in alcuni casi, gli ambiti di operabilità delle norme penali, che è da valutare come molto limitativo, per l’assenza di sanzioni specifiche che vadano a colpire più incisivamente l’attività delle organizzazioni criminali nel settore della falsificazione dei farmaci e che causano gravi danni all’intera filiera del farmaco. In particolare la disciplina del grave fenomeno si è dimostrata poco adeguata sul piano della previsione delle pene edittali in considerazione del concreto pericolo per il fondamentale bene della salute, ma ha anche il limite di non consentire il ricorso a più efficaci strumenti investigativi portando di fatto a una riduzione dell’incisività delle azioni di contrasto da parte degli organi preposti ai controlli, situazione questa che non motiva adeguatamente gli inquirenti a investire cospicue risorse umane e logistiche o condurre complesse indagini sul settore. In questo ambito la Legge 99 del 23 luglio 2009, con gli articoli 15, 16 e 17, realizzando un rafforzamento delle attività di contrasto alla contraffazione e di tutela del Made in Italy, ha rappresentato una vera e propria svolta nel sistema dei controlli prevedendo innovativi strumenti investigativi e “strategie di aggressione” dei proventi criminali in tale comparto. Alla luce di questa recente normativa l’azione di contrasto al fenomeno della contraffazione può assumere un approccio nettamente differente, a seconda che ci si trovi di fronte a fatti e fenomeni “organizzati” o “non organizzati”, con modalità sistemiche o strutturali. L’introduzione della modifica all’articolo 473 c.p. in materia di contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi, ovvero brevetti, modelli e disegni, sanziona, infatti, coloro che “potendo conoscere l’esistenza di un titolo di proprietà industriale, contraffanno o alterano marchi o segni distintivi nazionali ed esteri di prodotti industriali, ovvero chiunque, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati”.
Tali delitti sono punibili a condizione che il titolare dell’opera oggetto del marchio o del brevetto da tutelare abbia sua volta osservato le norme imposte dalle leggi della nazione ove opera, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale. Ma uno degli aspetti fondamentali della Legge 99/2009 è caratterizzato dall’aggressione dei capitali, delle aziende, dei prodotti e dei profitti realizzati dagli operatori “dell’industria del falso” rafforzando così gli strumenti e le strategie operative di contrasto nei confronti di quelle “imprese criminali” che lucrano enormi guadagni in questo settore. In particolare, sotto il profilo il patrimoniale, ha previsto il potere di completare le indagini di polizia giudiziaria da parte degli organi di contrasto con accertamenti patrimoniali finalizzati a ricostruire il volume d’affari e i profitti dell’attività illecita, individuando, anche attraverso l’accesso all’anagrafe dei rapporti finanziari e lo sviluppo di mirate indagini bancarie, i beni mobili e immobili, il denaro, i titoli e i valori da proporre all’Autorità Giudiziaria per l’effettuazione di sequestri preventivi ai sensi dell’art. 321 c apoteketgenerisk.com.p.p, ai fini della successiva confisca penale obbligatoria. La mancanza di un quadro normativo comune a livello europeo è senza dubbio una delle ragioni della difficoltà palesemente riscontrata nell’attività di contrasto al fenomeno della contraffazione farmaceutica, anche se, negli ultimi anni, le istituzioni europee hanno a più riprese considerato i rischi correlati a questo aspetto criminale. Ciò è testimoniato dai pronunciamenti ufficiali del Parlamento Europeo che, più volte, ha lanciato l’allarme sul rischio di contraffazione dei principi attivi farmaceutici. Stimolati da queste forti indicazioni politiche la Commissione Europae il Consiglio d’Europa hanno realizzato studi e valutazioni sul problema e sullo stato della legislazione in Europa, considerandone le criticità degli aspetti tecnici e normativi, evidenziando carenze e disomogeneità nelle leggi nazionali, così rilevanti da far considerare indispensabile e urgente un intervento legislativo internazionale per dotare di strumenti adeguati alla protezione dei cittadini, rispetto all’immissione fraudolenta di farmaci contraffatti o di scarsa qualità nella rete di distribuzione legale, sempre più spesso oggetto di attacchi da parte della criminalità organizzata. In tale ambito, può rivelarsi decisivo per la tutela della salute l’osservanza comune di quelle misure di sicurezza volte a garantire sia l’identificazione che l’integrità dei farmaci soggetti a prescrizione, nonché l’istituzione di nuovi obblighi e regole di responsabilità per gli attori coinvolti nella distribuzione e nell’importazione di farmaci e materie prime farmaceutiche. Dalla codificazione obbligatoria di alcuni attori della filiera legale (che già precedentemente operavano di fatto, nell’ambito della distribuzione farmaceutica senza un regime appropriato) imponendo loro specifiche norme e particolari procedure di qualità della produzione e d’identificazione dell’origine dei principi attivi farmaceutici.
Una ulteriore modifica delle norme del settore farmaceutico è stata operata dalla direttiva europea UE 2011/62 che inserisce nella definizione di prodotti falsificati quei prodotti in cui anche uno degli elementi relativi all’imballaggio, all’etichetta, alla composizione, al paese d’origine e di distribuzione, risulta indicato falsamente. La nuova disciplina afferma, infatti, che i farmaci caratterizzati da difetti di qualità non intenzionali non possono essere considerati prodotti contraffatti e inserisce nella definizione di attori e operatori anche altri soggetti trai quali i broker, che operano in attività di vendita /acquisto di medicinali e le agenzie, che debbono essere distinte dai grossisti distributori in quanto la loro attività (che consiste nel negoziare in modo indipendente o per conto di altra persona fisica o giuridica) non implica la manipolazione fisica o il possesso delle merci. Questa Direttiva UE realizza, inoltre, un deciso rafforzamento dei controlli sugli “active pharmaceutica lingredients”, in conformità ai principi e alle linee guida di buona fabbricazione, in particolare nel controllo delle merci in transito attraverso la dogana, affermando che gli Stati membri debbono adottare le misure necessarie per evitare che i medicinali che vengono introdotti nell’Unione Europea, ma non sono destinati a essere immessi sul mercato dell’Unione, entrino in circolazione se vi sono sufficienti elementi per sospettarne la falsità. Una disciplina normativain materia di produzione e distribuzione dei farmaci che permette di aumentare la sicurezza del mercato europeo rendendo più stretti i controlli, anche con l’imposizione di obblighi di denuncia e adeguate norme di contrasto contro coloro che producono, importano, distribuiscono e commercializzano farmaci contraffatti.
In particolare l’intervento europeo, che si sviluppa dopo un’appropriata azione di sensibilizzazione per meglio tutelare tutti i passaggi di produzione e distribuzione di medicinali e ingredienti farmaceutici attivi contraffatti, impone un più incisivo rispetto delle normative relative a prodotti medicinali, dispositivi medici e trial clinici coniando l’espressione di crimine farmaceutico che copre tutte le diverse azioni di contraffazione, diversione fraudolenta di prodotti sanitari, compresa l’adulterazione, la manomissione, il traffico, la produzione illegale, la distribuzione e le indicazioni false riguardo i prodotti e le ricerche cliniche. Aspetti questi che sono stati recepiti anche dal testo della Convenzione “Medi Crime”, che dopo 3 anni di negoziati è stata aperta alla firma dall’ottobre 2011, ai 47 Stati Membri del Consiglio d’Europa, la quale introdurrà all’interno dei paesi aderenti dellespecifiche sanzioni penali contro la contraffazione dei medicinali, oltre a proporre meccanismi di cooperazione e di scambio di informazioni tra le istituzioni nazionali. In tale convenzione come modello per gli scambi di dati tra amministrazioni a livello nazionale e internazionale è stato proposto il sistema dei punti di contatto unici denominati internazionalmente “Single Points of Contact, (SPOC)”, organismo sviluppato dai comitati farmaceutici del Consiglio d’Europa e dal forum permanente delle forze di polizia che contrastano i crimini farmaceutici “Permanent Forum on International Pharmaceutical Crime”, ove il singolo SPOC nazionale può utilizzare un modulo di RapidAlert per comunicare un caso sospetto di crimine farmaceutico agli SPOC degli altri Stati. Detta procedura di scambio di informazioni si sostanzia in un rapido processo di comunicazione di dati relativi anche solo a un caso, ovvero a una segnalazione inerente medicinali contraffatti a un network internazionale costituito dall’insieme degli SPOC. Informazioni molto utili per gli organismi di tutela nazionali e internazionali, proprio, perché, consentono tempestivamente di comunicare le specifiche modalità attraverso le quali i prodotti contraffatti hanno raggiunto i canali di distribuzione legali. Dati ed elementi informativi che saranno in grado di rivelarsi aspetti essenziali per il potenziamento dell’azione di contrasto e delle tecniche investigative per i reati nel settore farmaceutico, solo se uniti all’approfondita conoscenza dei prodotti farmaceutici, della legislazione di tutela e dei diritti di proprietà intellettuale in vigore in tutti gli altri Stati.