Dott. Roberto Urso
Dirigente Medico U.O. di Ortopedia e Traumatologia
Ospedale Maggiore
Bologna
Abstract
The displaced, comminuted wrist fractures, treated inadequately,always leave a residual joint stiffness and one anatomic deformity aesthetically and functionally negative. A good compliance presented by the patient, an effective and stimulating physiotherapy performed in the immediate removal of the plaster cast or healing in the post-surgery, will make the absolute difference between what is usually a defined result poor and an acceptable result, often good.
The medical priority remains recovery with a restoration of the injured functio, such as to allow a fast, as far as possible, improvement of the social and relational quality of life for these elderly patients.
Introduzione
L’osso, spesso ritenuto mera struttura scheletrica – benché dopo una lesione viene operato e ricostruito al pari di una qualsiasi struttura inanimata – ha, in realtà un’attività vitale continua: si rigenera giorno dopo giorno, cresce e si rimodella al pari degli altri tessuti corporei.
Gli specialisti che si occupano del trattamento delle fratture devono essere, prima di tutto, attenti clinici ed esperti fisiologi, ricordando che l’intervento chirurgico ha come unica indicazione quella di aiutare la naturale guarigione.
Va ricordato che il processo riparativo delle fratture è un procedimento obbligatorio. Tale sviluppo si attua sempre, indipendentemente dal tipo di trattamento applicato, sia esso medico o chirurgico, in quanto trattasi di puro meccanismo fisiologico sviluppatosi nel corso della stessa evoluzione dell’uomo. Un processo naturale di guarigione che porterà, se non trattato adeguatamente, a esiti invalidanti permanenti.
Il mal-allineamento, l’accorciamento, la scomposizione residua, porteranno all’inevitabile “vizio di consolidazione” della frattura, argomentazione qui trattata.
Tra le fratture osteo-articolari vanno distinte quelle delle ossa lunghe e quelle dell’osso spongiotico, ed è bene ricordare che il processo riparativo differisce totalmente l’uno dall’altra; nell’osso spongiotico, la riabitazione vascolare è tale che, nell’ambito di un perfetto riallineamento della frattura, spesso non è necessario una eccessiva produzione di ponte osseo per arrivare a guarigione completa; d’altra parte l’osso lungo (l’osso corticale) necessita di una evoluzione più lenta per il formarsi di un vero ponte osseo fra i due capi di frattura, quindi fase di “unione a ponte” e successiva consolidazione con rimodellamento progressivo.
Gli inglesi definirono per primi la differenziazione nelle guarigioni viziate e cioè la “non union” o pseudoartosi e la “delayed union” o ritardo di consolidazione. Termini assolutamente corretti, ma che comprendono entrambi l’argomento attuale della discussione, il “difetto di consolidazione”.
Cause
Le cause che possono determinare una consolidazione viziata della frattura sono svariate, l’ingessatura mal eseguita, la distasi dei frammenti, il trattamento incruento senza una precisa riduzione della frattura o anche la stessa osteosintesi chirurgica mal eseguita. Infatti, i monconi di frattura sintetizzati senza una valida riduzione e affrontamento determineranno una “delayed union”. Altresì anche una devascolarizzazione dell’osso o dei tessuti molli circostanti rappresentano un’ulteriore spinta al processo di mal-consolidazione, peggio ancora se in posizione viziata.
La consolidazione viziata è anche una delle cause principali di dolore residuo nel post-trattamento con aggravamento dello stato artrosico – soprattutto nei pazienti non più giovani – della riduzione della funzionalità articolare in flesso-estensione e prono-supinazione con successivo peggioramento della qualità della vita. Una corretta e completa motilità articolare di mano e polso rappresentano, in ogni fascia di età, l’unica strada per il mantenimento di una valida autonomia e autosufficienza.
Nelle fratture complesse di polso la fisioterapia “gioca” un ruolo determinante, specialmente in considerazione della corretta tempistica nel protocollo riabilitativo post-gesso e post-chirurgico. Il programma, mirato a ogni singolo paziente, valutando l’età, la compliance e l’ipotesi di risultato; si passerà dagli esercizi di forza progressiva per il recupero dell’arco di movimento e della forza stessa, al recupero della pinza e della presa di forza, senza perdere di vista l’integrazione della fisiokinesiterapia con la terapia farmacologica a base di difosfonati e a cicli di campi elettro-magnetici pulsati nei casi in cui si associ la sindromealgodistrofica post-trauma.
Si valuteranno casi di pazienti, di varie fasce di età, che hanno avuto un trattamento cruento o incruento di alcune tipologie di fratture di polso, gli immediati risultati ottenuti con tale tipo di trattamento, le limitazioni funzionali residue e il buono o scarso recupero nel periodo post-riabilitativo.
Case report 1
Donna di anni 73, caduta accidentale in casa. Riportava la frattura articolare, comminuta e scomposta dell’epifisi distale del radio sinistro, con distacco della stiloide ulnare. (Tab.1 fig. A)
Eseguito trattamento incruento con apparecchio gessato e riduzione assolutamente insufficiente. (fig. B) Successivo trattamento chirurgico di osteosintesi con placca. Nonostante l’approccio chirurgico permane diastasi della stiloide radiale. (fig. C) Immobilizzazione del tutore a 30 giorni, controllo rx-grafico che mostra una permanente diastasi della stiloide radiale con spostamento ad-latus. Il controllo a distanza evidenzia un “delayed-union” della frattura mantenuta ugualmente in un asse non corretto dal mezzo di sintesi. (fig. D)
Paziente con rigidità funzionale che, indipendentemente dal risultato, viene inviata immediatamente dal FT per iniziare una precoce rieducazione. I risultati, come evidenziato, mostrano un’anticipata ripresa della flessione e un parziale recupero della estensione con esercizi specifici. (Tab.2 fig. E,F,G)
Case report 2
Donna di anni 88, caduta accidentale fuori casa. Frattura di Colles polso dx: riduzione inadeguata, controllo post-gesso che mostra una consolidazione viziata in estensione associata a un’importante sindrome algodistrofica.
Precoce ciclo riabilitativo che ha portato a un risultato definibile buono in considerazione agli esiti e all’età della paziente. (tab.3)
Case report 3
Donna di 80 anni; frattura modicamente scomposta polso destro dopo caduta accidentale (Tab.4 fig. 1); gomitiera gessata senza corretta riduzione (fig. 2); guarigione estremamente viziata a fine cura (fig. 3), con epifisi distale del radio totalmente medializzata e rigidità funzionale completa.
Controllo dopo 10 sedute di rieducazione funzionale assistita: l’estensione rimane limitata, ma la flessione appare già in una buona fase di recupero. (fig. 4)
Case report 5
Donna di anni 80, caduta causa crisi sincopale con associato trauma al polso destro. Trasportata in pronto soccorso in codice rosso causa la criticità della clinica generale. Fra i vari esami furono eseguiti anche i radiogrammi del polso che mostrarono una frattura scomposta dello stesso. (Tab. 5 fig. 1)
La paziente, vista la situazione di gravità, non poté essere trattata con manovre di riduzione manuale sulla frattura di polso; fu steccata e ricoverata in Rianimazione.
Le condizioni generali si stabilizzarono dopo un lungo periodo di degenza. Fu eseguito un controllo rx-grafico del polso e si constatò il risanamento della frattura. Chiaramente la guarigione era vistosamente viziata sia radiograficamente che clinicamente con associata una evidente rigidità funzionale, data dalla “delayed union”, rigidità legata al “non uso” e all’età anagrafica della paziente. (fig.2)
Quest’ultimo caso è particolarmente dirimente sull’efficacia dei trattamenti fisiokinesiterapici impegati su persone non più giovani, perché dimostra come la terapia applicata con giudizio ed esperienza, associata anche a un desiderio di guarigione e determinazione del paziente, possa portare a risultati che molti avrebbero definito inaspettati. (fig. 3)
Conclusioni
Le fratture articolari scomposte, comminute di polso, trattate in modo inadeguato, lasciano sempre una residua rigidità articolare e una deformità anatomica esteticamente e funzionalmente negativa. Una buona compliance presentata dal paziente, una fisioterapia efficace e stimolante eseguita nell’immediata rimozione dell’apparecchio gessato o a guarigione nel post-operatorio, faranno l’assoluta differenza fra quello che è un risultato di solito definito scadente e un risultato accettabile, se non buono.
La priorità medica rimane sempre il recupero con un ripristino della functio lesa, tale da permettere un repentino, per quanto possibile, miglioramento della qualità di vita sociale e relazionale per questi pazienti che, nella stragrande maggioranza dei casi sono anziani.