Rivista del mese


Dott. Roberto Urso

Dirigente Medico U.O.
di Ortopedia e Traumatologia
Ospedale Maggiore, Bologna

 

 


Abstract

In the treatment of rhizoatrosis (rizoartrosi), there is a prosthesis that replaces the trapeziummetacarpal joint and is the closest, in biomechanical planning, to hip prosthesis: a dual-mobility prosthesis for the trapezius-metacarpal joint. Surgical treatment with articulated prosthesis on rhizoarthrosis can be considered the surgery of the 3rd millennium, as it replaces a large series of interventions that have become obsolete and extremely invasive.


L’articolazione trapezio-metacarpale, interessata dal processo degenerativo, è un’articolazione che possiede un elevato grado di mobilità e che consente al pollice di opporsi alle altre dita. Allo stesso tempo, l’articolazione ha una stabilità intrinseca determinata da forti strutture capsulo-legamentose che connettono il trapezio al 1°metacarpo e dai muscoli (in particolare il primo interosseo dorsale, l’opponente e l’abduttore lungo di pollice). Il trattamento conservativo della rizoartrosi si riserva nelle forme lievi e negli stadi iniziali (classificazione Eaton I ed Eaton II della patologia), ma fattori determinanti nella scelta del trattamento, ancor più della stadiazione radiografica di Eaton, sono la gravità della sintomatologia riferita, le esigenze funzionali del paziente e l’indicazione del Chirurgo della Mano. Quando il dolore diviene insopportabile e si verifica una perdita significativa della funzionalità si opta generalmente per trattamenti chirurgici. [1]

In questa sessione si entra nel vivo parlando di questa moderna tipologia chirurgica del 3° millennio: l’uso della protesica nella rizoartrosi. Tutti noi siamo abituati a sentire parlare di protesi di anca, protesi di ginocchio, protesi di caviglia e protesi di gomito, ma quando la discussione verte sulla mano, il concetto di protesica non appare conosciuto ai più.

Nella cura della rizoatrosi esiste una protesi che sostituisce l’articolazione trapezio-metacarpale ed è quanto di più simile ci sia, come progettualità biomeccanica, alla protesi d’anca: una protesi a doppia mobilità per l’articolazione trapezio-metacarpale. Si parla di somiglianza in quanto così come esiste una coppa acetabolare nell’anca esiste una coppa per il trapezio; lo stelo che viene alloggiato nel femore esiste anche, in misura molto piccola, per la diafisi del 1° metacarpo della mano. Per quanto riguarda la tecnologia e la metodica, la protesica sulla rizoartrosi, può essere considerata la chirurgia del 3° millennio, in quanto va a sostituire interventi che sono ormai obsoleti e oltremodo invasivi. La nuova protesica porta ad una restitutio ad integrum della articolazione rovinata, restituendo al paziente una motilità della mano equivalente ad una mano non malata.

L’approccio chirurgico viene indicato in base alla gravità della rizoartrosi, seguendo per questo:
1. la classificazione di Eaton per una precisa diagnosi radiologica
2. l’entità del dolore
3. la limitazione funzionale
4. le prospettive di vita e lavorative del singolo individuo Oltre che la tecnica chirurgica si vuole mostrare come questa chirurgia sia non solo minimamente invasiva, ma al tempo stesso utilissima nel ridare, in tempi estremamente brevi, un rientro alle normali attività lavorative del paziente.

# case 1
Paziente maschio, in attività lavorativa, affetto da una rizoartrosi bilaterale, più grave a destra, (B1) ma molto più sintomatica a sinistra, non riusciva a svolgere le normali attività lavorative causa il continuo dolore alla base del 1° metacarpo. La situazione peggiore, in questi casi, è la perdita della presa che impedisce qualsiasi attività ed è assolutamente invalidante per chi usa le mani, soprattutto nei lavori fini. L’incisione avviene a livello della tabacchiera anatomica; si apre la capsula e si espongono la base del 1° metacarpo e la porzione distale del trapezio. Una volta rilasciata l’articolazione trapezio-metacarpale si esegue una sezione della base del 1° metacarpo di circa 5 mm con la resezione di osteofiti eventualmente presenti e sinovectomia. Successivamente si determina la Posizione esatta del canale midollare e si esegue l’introduzione della fresa. Fatto questo ne consegue il posizionamento dello stelo di prova (stesse dimensioni del numero di raspa metacarpica).

(A1-A2) Il 2° step consiste nel trovare, con l’aiuto del BV, la posizione del centro del trapezio usando un filo di Kirschner o una guida di centraggio. (A3-A4-B2) La preparazione della profondità la si fa usando una fresa conica su filo di Kirschner e, fatto questo, si procede all’inserimento di una maniglia della coppa di prova per convalidare il sito di impianto e l’impianto scelto. La dimensione dell’impugnatura della tazza di prova basata sulla dimensione della fresa sferica. Dopo le varie prove, si sostituisce il tutto con lo stelo e la coppa permanente. In ultimo si esegue montaggio del collo permanente. A fine montaggio si eseguono i vari test di mobilità e stabilità.

rizoartrosi

Nelle immagini B5 e B6 si può vedere come la motilità sia già efficace e non dolente, a soli 5 giorni dall’intervento. La pinza 1°-2° e 1°-3° dito appare già efficace.

# case 2
Rizoartrosi di grado III in giovane donna (C1); impossibilità all’uso normale della mano interessata. Intervento di sostituzione protesica a doppia mobilità; controllo Rx nel post-op. (C2); dopo circa 35-40 giorni la paziente era completamente libera. Nella figura C3 il controllo a 1 mese e nella figura C4 la normale motilità della mano operata.

rizoartrosi

rizoartrosi

 

 

 

 

 

 

 

La rizoartrosi è una patologia estremamente invalidante, nel 20° secolo sono state adottate tante strategie terapeutiche, dalla trapeziectomia, alle trasposizioni tendinee, agli innesti ossei e tanto altro ancora. Interventi che spesso si dimostravano demolitivi e con risultati alla distanza che non davano la soddisfazione che il paziente sperava di trovare con la chirurgia. Questo nuovo e rivoluzionario device sfrutta la tecnologia delle moderne protesi e lo stesso principio del press-fit che si usa nell’ambito della protesica non cementata associando il vantaggio della doppia mobilità che tanto miglioramento aveva portato nella protesica dell’anca, ora ereditato dalla protesi trapezio-metacarpale.


Bibliografia

Kenya Tzuge: Atlas of handsurgery: Fractures and dislocations. chapter 8, MacGraw& Hill Ed. 1988
Pellegrini VD. Pathomechanics of the thumbtrapeziometacarpal joint. HandClin. 2001; 17: 175-84.
Forestier J.: L’ostéoarthritesèchetrapézo-métacarpienne. Presse Médicale. 1937; 45: 315-7.
Beckenbaugh RD, LinnscheidRl.: MP joint of the thumb in Green D. operativeHandSurgery. Churchill Livingston, New York, 1993.
Haugenik, bøyesen P. imagingmodalities in handosteoarthritis and perspectives of conventionalradiography, magnetic reso-nanceimaging, andultrasonography. Arthritisresearch&therapy. 2011; 13(6): 248.
Frank Netter: Rheumaticdiseases – Alfred B. Swanson MD, Genevieve De GrootSwanson MD: vol.8 section III, 1990

Rivista del mese

Autore
Dr. Filippo Parodi
Specialista in Anestesia e Rianimazione, Terapia del dolore FMH, Terapia Antalgica, Ematologia, Pneumologia.
Membro SSIPM con certificazione RME 142 è consulente, presso l’Ospedale Regionale di Lugano, della Terapia del dolore neuromuscolare.

 



Abstract

La conduttanza è l’inverso della resistenza elettrica del corpo umano varia da un individuo all’altro, questa variazione deriva sostanzialmente dallo stato di umidità della pelle stessa dovuto all’azione delle ghiandole sudoripare sottostanti.

Il valore assoluto della resistenza cutanea è un indice dello stato generale di attivazione del sistema nervoso dell’organismo e è indicato come attività tonica. Il valore tonico è maggiore (quindi la conduttanza è minore) se una persona è in uno stato di rilassamento mentre è più basso (conduttanza più alta) quando un individuo è agitato o nervoso in quanto aumenta la sudorazione cutanea.

Le rapide risposte a stimoli emozionali, dolorosi che siano sensoriali o dovute a immaginazione (definiti attività fasica) portano ad aumento della conduttanza.

In numerosi studi di ricerca si comincia a studiare con attenzione la correlazione della conduttanza cutanea con i parametri di stress cronico ma anche come possibile marker del dolore.

Per esempio, in un articolo apparso su Repubblica si evidenzia come la conduttanza sia collegata allo stato di stress sul lavoro.

Nel libro del Dott. Boschin la conduttanza è utilizzata come marker per individuare risposte a stimoli emozionali.

Il software, attraverso un dispositivo che si collega semplicemente ai sensori, permette di misurare le differenze di conduttanza in momenti diversi e di confrontarli.

Con il software è anche possibile confrontare le variazioni di conduttanza con altri parametri come ECG ed EMG al fine di avere una misura maggiormente precisa dello stato dell’individuo in quel momento o per confrontare periodi differenti,
La conduttanza cutanea in diversi ambiti è utilizzata da professionisti, la misura della conduttanza può essere così utilizzata per avere un maker, per esempio per i seguenti stati:
• Stress
• Emozione in risposta a stimolo
• Paura
• Dolore
• Stanchezza
• Sovrallenamento
• Stress o dolore cronico

Il valore rilevato viene espresso numericamente dopo opportuna e valida acquisizione, con possibilità grafiche del grezzo di monitoraggio dei valori min e MAX e riportato in memoria comparativa, con la possibilità di confronto con altri test e ne traduce l’importanza clinica. Si pensi al paziente che non è in grado o non può comunicare, sottoposto a terapie analgo-disforiche e a procedure di analgesia da hospital (partoanalgesia).

Dallo studio sono emerse le seguenti conclusioni della tesi che hanno dato poi avvio al primo studio per la creazione di una scala  riportata nel lavoro.

“In considerazione della nuova tecnologia che permette una indagine strumentale di parametri considerati solo in laboratorio di fisiologia con strumentazioni inavvicinabili come prezzo e valore, questo monitoraggio in una fase clinica iniziale, in una limitata attività di laboratorio, con necessità di risposte concrete terapeutiche ,soffre della validazione e significatività dei grandi numeri ma ,nonostante questa lacuna in ambiti per ora specialistici, la sua applicazione porta conoscenza e dati soggettivi  ma quantificabili oggettivamente sul singolo paziente, permettendo di individuare i problemi meno amplificati di difficile conoscenza anche a carico del soggetto stesso in trattamento.

L’ applicazione senza monitoraggio, attualmente è eseguita a random con consenso alla prima seduta di consulenza del paziente. Nonostante il limite di mancanza di un vero protocollo (monitoraggio eseguito non da medico, ma da personale sanitario senza conoscere il motivo clinico della patologia del paziente) la rilevazione può portare random dei dati importanti a fini conoscitivi e per le situazioni cliniche.


Foreword

The attempt of the present work is to demonstrate objectively the real subjective effectiveness of information therapies in the treatment of algogenic pathologies.

painTo this end, thanks to the joint collaborative efforts with the company Proereal through the use of the AZ Bioprocess solution, with constant commitment, methods and observations were addressed to build a unit of measurement of pain derived from electrical parameters in humans and animal species.

Thanking all the students and the school director Prof. Militante of the IIS Lagrange of Milan who participated in thisproject.

At the national level, importance is given to the issue of pain: The legislation published in the Official Gazette of the Italian Republic – General Series – n. 149 of 29-06-2000, agreement between the Ministry of Health, the Regions and the autonomous provinces, indicates the guidelines for the construction of the Painless Hospital.

The guidelines are intended to introduce actions in order to monitor the level of pain and find ways to alleviate the suffering caused by the ongoing disease, in particular oncological pathologies.

Recall that according to the World Health Organization (WHO), “health is a state of complete physical, mental and social well-being and not the simple absence of the state of illness or infirmity”.

The International Association for the Study of Pain (IASP) gives a definition of pain: “an unpleasant sensory and emotional experience, associated with actual or potential tissue damage or otherwise described as such. Pain is always a subjective experience. Each individual learns the meaning of that word through experiences related to an injury during the first years of life. Surely it is accompanied by a somatic component, but it also has an unpleasant character and, therefore, an emotional charge”.

Another way to define pain is the following “pain is a sensory perception caused by stimulations of various kinds, able to stimulate specific receptors, called nociceptors”.

Nociceptors are anatomical structures made up of groups of nerve cells (sensory neurons) from which fibers afferent first to the spinal cord and then to the sensory areas of the brain depart. The word “nociception” indicates those mechanisms of transmission of painful stimulations, which always have a peripheral origin deriving precisely from the localization of pain receptors.

Two components linked, connected and interconnected to pain are highlighted, the emotional state and the mechanical biochemical state.

So we asked ourselves the following question: in addition to measuring pain with subjective method through the current scales, is it possible to give indications on pain also with instrumental measures?

On Micropedia you can find some interesting reflections that we report here:

“Although it is always and in any case an expression of pathologies of various kinds, pain is characterized by its physiology, as its manifestation follows a well-defined path both from an anatomical and functional point of view.

It is in fact a phenomenon absolutely compatible with certain conditions that, although very unpleasant or even intolerable, are part of existence.

The term nociception is intended to indicate the set of mechanisms of transmission of painful stimulations from the periphery to the central nervous system, as pain always presents a centripetal direction.

It is on the interaction of the different brain areas that the processing of the nociceptive signal and its consequent awareness depends.

Pain is usually accompanied by more or less intense defense reactions and consciousness contents related to emotional and anxious experiences.

It is always an unpleasant experience deriving from an evident fusion between body (primary seat of algic stimulation) and mind (responsible for perception), so much so that in many cases we talk about psycho-somatic genesis of pain” (“taken from © 2020 Micropedia All Rights Reserved”)

Today the most widespread method for the evaluation of pain is “the visual analog scale (VAS) which uses a segment ten centimeters long, where each interval corresponds to a progressively greater degree of painful perception, always evaluated from zero to ten.

Through this support, the patient must indicate a point of the segment corresponding to his pain, the advantage is related to the high sensitivity and reliability, the disadvantage is related to the impossibility of being used by disabled patients (visual, physical or cognitive disorders) or who are in an advanced stage of the disease.”

Alongside the traditionally used scales, the possibility of proposing in the field of monitoring, the use of an additional method especially in situations of dubious response to therapies against musculoskeletal pain and sensory somato, even in the animal world before and after bioenergetic applications (drugs, manual and instrumental techniques, acupuncture, phytotherapy and Pacth) to test the validity of the numerous devices in the literature and support the  conventional SUBJECTIVE scales, without objective feedback, such as V.A.S . N.R.S. which, although useful in a statistical mass evaluation, are of limited use in the field of evaluation in integrated medicine.

This takes into account the detection of psychophysiological parameters such as skin conductance (1), heart  rate (2), activation of brain waves (3).

The monitoring is conducted through an electronic board that processes algorithms, connected via Bluetooth to a dedicated App available for any operator. Initially, the software was designed for applications on athletes at a high competitive level to improve the state of well-being and their state of performance, objectifying the state of health, the response to training cycles and to improve overall athletic performance.

In this first study,   the responses to a painful stimulus given by the conductance parameter were consideredabove all. Starting  from the work carried out in the thesis  developed at the UNIVERSITY OF EASTERN PIEDMONT, DEPARTMENT OF TRANSLATIONAL MEDICINE entitled OBJECTIVE INFORMATIONAL BIOELECTRIC PROFILES PRELIMINARY DATA, where clinical cases were studied and in consideration of the possibilities of application of monitoring techniques, measurements were carried out in conditions of absolute freedom from NRS 0 algic symptoms in patients homogeneous by age  registry (less than 65 years, over 16 years) with prevalence of the female sex, without therapeutic interference of any kind, which led to support a remarkable uniformity of data in these subjects.

painPractically the two most practical and coincident monitorings that can be performed in any health study and by other colleagues involved, are to be referred to EDA skin conductivity and ECG monitoring as an index of stress and standard deviation, PNN50 the responses detected with EEG were difficult to monitor due to the emotionality of the PZ as a baseline state in clinical practice sessions,  as well as the electromyographic recording presented enormous variations in relation to the type of patient, sedentary or sports and with consequent difficulty of application in muscle sectors (tested the joint tendon dominant forearm).

The cases briefly examined by Dr.Parodi, in the aforementioned thesis,  which can be considered significant, are represented by patients commonly afferent in the Pain Clinic clinic, suffering from acute low back pain in evolution, LOW BACK PAIN subacute on a chronic basis, CPRS 1 chronicized, CPRS2 Subacute post herpetic neuropathy, initial fibromyalgia patient treatment with GAET (4) and application modulatory frequency of Fibonacci.

For the parameter CONDUCTANCE for skin comfort (EDA) it is possible to measure the change in the electrical resistance of the skin, with analysis of the average of the last 250ms values in microsiemens. This parameter provides valuable information on the degree of pain, on the type of the same, somatiform or peripheral, and  allows an effective multiparametric analysis on the type of stress of the subject and on the emotional involvement and reliability of self-assessment.

The Galvanic Response of the Skin (GSR), Electrodermal Activity (EDA) and Skin Conductance (SC), are names to indicate the measurement of changes in the electrical characteristics of the skin.

The conductance is the inverse of the electrical resistance of the human body varies from one individual toanother, qthis variation derives substantially from the state of humidity of the skin itself due to the action of the underlying sweat glands.

The absolute value of skin resistance is an index of the general state of activation of the nervous system of the organism and is referred to as tonic activity. The tonic value is higher (so the conductance is less) if a person is in a state of relaxation while it is lower (higher conductance) when an individual is agitated or nervous as it increases skin sweating.

Rapid responses to emotional stimuli, painful whether sensory or due to imagination (called phasic activity) lead to increased conductance.

In numerous research studies we begin to carefully study the correlation of skin conductance with the parameters of chronic stress but also as a possible marker of pain.

Forexample,  in an article published in Repubblica (link in the final bibliography)it is highlighted how conductance is linked to the state of stress at work. In Dr. Boschin’s book, conductance is used as a marker to identify responses to emotional stimuli.

TheAZ Bioprocess software through a device that simply connects to the sensors allows you to measure the differences in conductance at different times and to compare them.

With the AZ Bioprocess software it is also possible to compare the changes in conductance with other parameters such as ECG and EMG in order to have a more precise measurement of the state of the individual at that time or to compare different periods, Skin conductance in different areas is used by professionals, the conductance measurement can thus be used to have a marker for example for the following states: • Stress• Emotion in response to stimulus• Fear• Pain• Fatigue• Overtraining• Stress or chronic pain

The detected value is expressed numerically after appropriate and valid acquisition, with graphic possibilities of the monitoring raw of the min and MAX values and reported in comparative memory with the possibility of comparison with other tests and translates its clinical importance. Think of the patient who is unable or unable to communicate, undergoing dysphoric analgus therapies and hospital analgesia procedures (partoanalgesia).

From the study emerged the following conclusions of the thesis that then started the first study for the creation of a scale and here we report

“In consideration of the new technology that allows an instrumental investigation of parameters considered only in the laboratory of physiology with unapproachable instruments such as price and value, this monitoring in an initial clinical phase, in a limited laboratory activity, with the need for concrete therapeutic responses, suffers from the validation and significance of large numbers but, despite this gap in areas for now specialized,  its application brings knowledge and subjective but objectively quantifiable data on the individual patient, allowing to identify the less amplified problems of difficult knowledge even at the expense of the subject himself in treatment.

The application without monitoring, is currently performed at random with consent to the first consultation session ofthe paziente. Despite the limitation of lack of a real protocol (monitoring performed not by a doctor, but by health personnel without knowing the clinical reason for the patient’s pathology) the detection can randomly bring important data for cognitive purposes and for clinical situations.

A 40-year-old patient with multiple sclerosis sent for balance disorders and extreme asthenia, at pre-consultation monitoring unexpectedly presented an average EDA of 4.6; in consideration of the data we asked ourselves the question of why the problem was not declared, it was obtained by response to a now chronic, little considered, bilateral lumbar pain probably dueto  the suspension of drugs.

Another Pz during informational therapy for a migraine situation rebellious to drug treatment, during the control doubled EDA from 2.1 to 4.6 because the visiting health care provider had only touched a DIM C4 DX, which would have remained silent and untreated.

painPz of 60 years male, post symptomatology of parainfluenza angina, after performing cervical massages in another location, with ENT control was practiced ear wash accused a very acute pain at the limit of fainting with immediate clinical control totally negative by the ENT specialist. This symptomatology persisting during the positions of increased pressure (Valsava) increased in intensity and was relieved only by the compression of the left ear. The physical examination was decisive for an area of hypoesthesia at the pressure of the left auditory meatus with an area of hypoanalgesia to the face and left periorbital. Routine EDA monitoring showed a figure of 6. 5 average on the bed, with the maneuvers of bending the trunk and cough explosion the data reached the limits of scale. The monitoring for this type of pain certainly neuropathic convinced the wife of the real serious problem of the husband and not of the usual manifestations slatentized by low threshold, because the patient had carried out multi-specialist visits judged negative. In consideration of the pathology, the neuroradiologist was contacted to focus attention on invasive pathologies affecting the acoustic and vestibular nerve with the suspicion of neurinoma, using a dedicated MRI package.

Monitoring, even if in the criticality of data not present in the specific literature, offers important food for thought. It is of valid help in distinguishing the mixture of pain from the nociceptive component from the neuropathic one. In the neuropathic component, the baseline values of EDA are always much higher than threshold 4 compared to nociceptive pain of usually skeletal muscle origin. The chronic component, compared to the acute one, is highlighted by a stress index not very far from the average of normality with considerable “imbalance” in the PN50 and prevalence of orthosympathetic tone. The temporal duration belatedly influences the homeostatic response to pain, as if acute nociceptive pain were subjected to an attempt at control and the subsequent failure allowed, after a subjective temporal variation in considering the problem centrally, the organism to direct resources in other areas against the triggering cause in a defensive way.

It would be interesting to see if retrospective studies could help identify algic behavior and painful thresholds in our ancestors and primitive populations that exist today. Not wanting to deliberately enter into the psychosomatic component of pain (typical in cancer patients) it can be said that a method made executable in the laboratory, albeit with the current criticality of the lack of real randomized protocols, in double blind, with specialists in informational therapy and guidance and help in customizing the real needs of the patient, allows a more effective therapy that can be monitored over time. Using a bioelectric monitoring of pain means approaching a completely complex world of a genetic and neurophysiological nature. Approaching real life, the triggering gestures, sometimes clinically incomprehensible of the subject as they can be dynamically performed in the most varied conditions of pathology, does not correspond to the personal reality that is sometimes unconfessable.

The initial purpose of the work was to combine the numerous scales of pain proposed with an objective tool that, although within the limits of standardization (anecoic chamber, external temperature, environmental situation, posture, emotionality, hormonal profiles,) can represent a valid help for the therapist of disciplines that at the present time are still little validated, as the multidisciplinarity in the algological field follows paths that are difficult to support:  algologist, physiatrist, neurologist, acupuncturist, medical physicist.

The various figures could intervene rightly with truly effective therapies on the subject, decreasing the arrogance of those who with their own knowledge solve all situations in the light of objective data in the sole interest of the Patient, with a single instrumental language.  Monitoring could still have a value in the insurance field of conflicting medicine as it could support or refute clinical situations of compensation or work activity in non-permissive conditions, with detection on the claims of patients.

The purpose of this short pilot study is to intrigue and make known to various professionals a new way of dealing with problems and allow to combine traditional methods with other disciplines always with objective demonstration finally univocal of what the patient says, creating a uniform basic dossier of the experience allowing the various professional figures the most appropriate therapy and avoid momentary psychological effects and economic burdens by bringing back  the Pz to total autonomy or to the best possible well-being.

Bioelectric monitoring, however, allows a professional critical evaluation of devices increasingly present on the market with therapeutic purposes, moreover, a particularity always underestimated, it offers the opportunity to identify any actors that revolve around the subject, modifying therapeutic attentions. In the hope that new bioelectrical monitoring will be codified and implemented in the medical field, by all the actors of the welfare and health professions to help and share the needs of people’s well-being as INDIVIDUALS and not representative of pathological noxes by guidelines, in the algological field validated without objective NUMERICAL data but statistical study.

In the light of the considerations of the work done by dr. Parodi was tested on 120 boys and 20 staff at a high school in Milan. The test was carried out by monitoring people through EDA and ECG for 120 seconds in a state of tranquility with their hands resting on a table, then a stimulus was administered with an aneroid pressure cuff device for a maximum of 30 mmHG more from the first perception of the state of discomfort.

The electrodes were placed for EDA monitoring on the first and third phalanx of the middle finger of the right hand.

The AZ Bioprocess solution supplied  by Proereal was usedto carry out the tests.

AZ Bioprocess is a solution to detect and interpret physiological parameters through the processing of biometric signals from biomedical sensors; it is addressed to doctors, physiotherapists, psychologists, sports operators, performance centers and sportsmen.

painAZ Bioprocess is not a diagnostic solution, it is a solution for the analysis of biometric data that helps professionals and operators to interpret data through accurate surveys and analyzes with a clear extrapolation of the results. Today, technology offers us numerous opportunities to improve our well-being and our state of health and also gives us the possibility to remotely monitor the physiological parameters of the person not only with the aim of treating but also to improve the physical and mental condition for healthy people.

 

The solution consists of 3 components that offer multiple possibilities for measuring parameters, ensuring the reliability of the data and ease of use.

  • The controller is an electronic device installed in a lightweight and small sleek case that can be placed very easily . The device contains a series of sensors that transform the received signals into electronic data.  The device sends the data via bluetooth to a tablet/pc.
  • The solution involvesthe use of electrodes to be placed in contact with the body for the detection of biometric data. The electrodes  are  supplied together with bands to be easily positioned. For extreme cases it is also possible to use adhesive electrodes.
  • The software installed on a tablet constitutes the intelligence of the system, wirelessly manages the controller and analyzes the data coming from the sensors, providing important parameters to evaluate the psychophysical state of a

pain

The app provides an export that allows,once the tests have been carried out,to process them also with externaltools. In addition to the instrumental evaluation, a subjective evaluation was also requested from the user who was administered the test.

The subjective rating on a scale of 1 to 10 for all the people tested was a nuisance always between 1  and 4. No one ever indicated a value above 4,and  the  average  was  1.72.

The tests were carried out by non-medical personnel and then analyzed by a team of engineers who considered only 55 tests valid.

Conductance has a different base value per person. It is therefore not possible to statistically compare the absolute value. A scale was created with a mathematical algorithm that takes the values of conductance during testing, this scale returns a value in percentage and was called the Lagrange scale.

Of the 55 tests considered valid, a Lagrange scale value of between 5% and 40 % was obtained, which matches and aligns with the values expressed by the SEA.

The results obtained were as follows:

Initial mediated value Lagrange scale value
2.03 5.86
3.66 6.20
2.93 6.61
1.07 7.14
3.07 7.22
7.97 8.13
1.50 8.17
0.99 8.55
0.89 9.60
3.08 9.69
2.02 10.07
1.51 10.43
1.07 11.39
3.30 11.71
4.97 13.40
3.95 13.84
1.20 14.27
1.34 14.60
1.33 15.33
1.07 15.41
0.86 16.42
1.32 17.36
0.95 17.94
0.95 17.95
0.14 18.27
2.92 19.75
4.61 20.69
2.78 21.15
0.80 21.25
3.91 22.29
0.78 24.96
0.74 25.41
1.93 25.46
0.60 25.49
0.87 26.97
3.62 27.80
1.53 28.07
1.23 28.43
1.52 29.84
0.90 30.44
1.61 31.05
1.44 31.89
3.21 34.40
0.76 35.81

The average of the initial rest values was 2.02 and the average of the maximum peaks of 2.32 with an average value on the scale of 18.33.

It is possible to hypothesize that the scale found may constitute a significant marker for the measurement of pain.

Surely it will be necessary to carry out a test with a more precise protocol but it can be expected that the scale obtained can be proposed as a measure of pain.  Dividing Lagrange units by 10, we obtain the reference to the SEA really objective alongside the traditional surveys in use; this would result in a new unit of measurement to be validated at the proposed locations.

With regard  to the reliability of the test, the correlation between two homogeneous samples carried out at a week of difference was verified, with a degree of significance greater than 92%. In addition,  the verification test was carried out with respect to the average of 1.72 and also in this case the tests provided values above 90%. Comparing then the data obtained with the measurements of the sympathetic and parasympatheticsystem, carried out by detecting theinterbattito  in  ms, it was seen that at the stimulus there was activation of the coherent parasympathetic system.

From these elements also emerge implications in different areas, for example, themanagement of pain in sports which is a particularly current topic.

To better understand and manage pain, it is essential to understand what meaning the athlete attributes to it and for this reason a sports psychologist becomes a vital resource for an athlete.

In fact, it allows you to complete athletic, tactical and technical training with mental training, and manages all the psychological factors involved.

In this case, in fact, the psychological intervention favors the verbalization of pain thus stimulating the athlete’s awareness of his body.

The psychologist offers to listen to the problem, addressing it without neglecting the overall experience of the athlete.

It is therefore given full listening to all the concerns of the sportsman such as emotions of anger, fear, sadness and anxiety, welcoming and facing them, not repressing them but learning to manage them and transform them into motivating emotions.

It becomes essential to have tests and measurements in order to understand the situation at its best.

In this case, instrumental tests can be carried out through the measurement of skin conductance and in the psychological field there are abundant studies that go to research what are the personal characteristics that significantly impact on resilience.

In the psychological environment, the resilient person is the opposite of an easily harmed one. Psychological resilience is defined as: the ability to persist in pursuing challenging goals, effectively coping with difficulties and other negative events that will be encountered on the way.

Sport stimulates and empowers resilience in those who practice it for constant training to face their physical and psychological limits.

It may also be possible that you will find it difficult to overcome these limitations. The characteristic of the resilient personality consists of 4 elements:

  • Enduring frustrations: the ability to withstand difficulties and face an insurmountable obstacle, insisting on adapting to the situation.
  • Ingenuity in cognitive restructuring: it is about taking a different look when observing a particular event. For example, an injury is certainly a negative fact, but if you change the point of view you can see the opportunity to spend more time with your family, to have the opportunity to recover from physical efforts and find new stimuli to start again and return even stronger than before.
  • Perception of control: the athletes who enjoy it do not claim to dominate everything that surrounds them, they are aware that in sport unexpected events can often occur. Despite this, they are strongly confident in their abilities. This aspect is visible as natural, at the moment when there are drawbacks.
  • Predisposition to hope: When it seems that nothing can be done anymore, when events appear uncontrollable, the only thing that remains is hope, to have confidence that the situation will not remain forever like this, that something can happen that can allow the subject to redeem himself from a fleeting moment of crisis.

Pain is part of sport as you always have pressure to exceed your comfort limits.

What differentiates a great sportsman from an exceptional one is the limit beyond which pain is measured by the athlete as intolerable.

So what influences sports performance is the subjective perception of pain more than the actual pain.

For this reason, a work on the psychological part of pain can be very valuable, to be able to better manage all the factors that follow.

Doing so motivates the athlete to pursue goals and to train their resilience.

The resilient sportsman is that athlete who manifests the ability, taking advantage of his experience, to improvise when he is faced with an unexpected event, Interprets difficulties in a positive and challenging way, enjoys the strong certainty of being able to influence the situation in which he finds himself, welcomes his limits, finding new motivations to face challenges. Carrying out biofeedback work through the evaluation of conductance allows to better managepain, this through the measurement of pain through conductance.

Notes: the scale was named Lagrange as it was possible to carry out the tests and all the elaborations thanks to the IIS Lagrange school in Milan for the collaboration had by the School Director Prof. Militante, the vicar collaborator Prof. Tridico, Prof. Valpiani, the collaborators Giancarlo Ricci, Luca Antonio, Ivana Cavanna. The students of classes 4 electronics, 3 electronics, 4 sports high school, 4 computer science participated as a school-work alternation project actually working as company collaborators of the Proereal company that guided the work, both for the organization, both for the realization of all the tests, and for the processing of data


Bibiliography

Novak P(2017) Electrochemical skin conductance:a systematic review. Clin Auton Res.doi:https://doi.org/10.1007/s1028 6-017-0467-x .

Micropedia

THESIS: OBJECTIVE INFORMATIONAL BIOELECTRIC PROFILES PRELIMINARY DATA. Speaker PROF Sergio Serrano Candidate DOTT. Filippo Parodi; University of Eastern Piedmont

Article Republic: https://www.repubblica.it/tecnologia/2015/05/28/news/soddisfatto_o_arrabiato_il_sensore_per_valutare_l_efficienza_della_pa-115463006

 

 

Rivista del mese

Autore
Dott. Carmelo Giuffrida
Dottore in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate.
Docente incaricato all’insegnamento di “Attività Fisica Adattata” presso il Master Universitario di I° Livello in “Posturologia Clinica e Scienze dell’Esercizio Fisico” – Università degli Studi di Catania

 


Negli ultimi anni si è indirizzato troppo spesso e senza motivare scientificamente verso l’attività in piscina indicando il nuoto come “toccasana” dei paramorfismi rachidei.

Per quanto riguarda il nuoto, bisogna dire subito che non può essere prescritto in presenza di paramorfismi del rachide e, ancora di più, in presenza di scoliosi. Non si può creare l’illusione di una sua miracolistica efficacia, poiché, al pari di qualsiasi altra attività sportiva, è priva di qualsiasi effetto rieducativo-compensativo.


Abstract

“Acqua” e “Attività Fisica” sono accomunate da una alleanza non indifferente che, spesso, riveste il ruolo della complicità per tentare di risolvere importanti problematiche connesse all’apparato locomotore come la scoliosi, l’ipercifosi e l’iperlordosi.

I gesti motori assumono aspetto formativo se sfruttati intelligentemente e possono essere un ottimo ausilio per il potenziamento armonico dei vari complessi mio-fasciali e, in particolar modo, per la catena cinetica muscolare posteriore che interessa anche la colonna vertebrale.

Vecchi Medici non più aggiornati e la profanità dell’utenza che è costretta a un vissuto di educazione posturale, attribuiscono doti rieducative funzionali alle attività motorie in acqua.

Il mezzo acquatico non deve essere inteso come uno strumento terapeutico o un metodo di trattamento rieducativo ma, semplicemente, come un mezzo dotato di specifiche caratteristiche all’interno del quale possono essere allestite metodiche allenanti e come un “attrezzo” per la somministrazione di esercizi rieducativi.

Il passaggio dalla terraferma all’acqua è il passaggio dal dominio del peso al dominio della forma!

Una sintetica analisi delle evidenze chinesiologiche e biomeccan­iche, contraddice ogni possibile valenza dell’attività natatoria a favore di un momento rieducativo nei difetti morfologico-posturali con il particolare ambito di trattamento della scoliosi idiopatica evolutiva giovanile.

Il corpo umano immerso in un fluido come l’acqua,per effetto della postura orizzontale rispetto al mezzo (attrezzo acqua), mancando i punti di vincolo, subendo una ridotta forza gravitazionale e scarse stimolazioni propriocettive, non può ottenere una modificazione degli schemi posturali.

 

Abstract

“Water”and “Physical Activity” are united by a not indifferent alliance that often plays the role of complicity in trying to solve important problems related to the locomotor system.

Motor gestures take on a formative aspect ifused intelligently and can be an excellent aid for the harmoniou sstrengthening of the various myofascial complexes and, in particular, for the posterior muscular kinetic chain which also affects the vertebral column.

Old Doctors who are no longer up to date and the profanity of users who are forced to experience postural education, attribute functional re-educational skills to motor activities in the water.

The aquatic medium must not be understood as a therapeutic tool or a re-educational treatment method but, simply, as a means with specific characteristics within which training methods can be set up and as a “tool” for administering re-educational exercises .

The transition from land to water is the transition from the domination of weight to the domination of form!

A brief analysis of the kinesiological and biomechanical evidence contradicts any possible value of swimming in favor of a re-educational moment in morphological-postural defects with the particular area of ​​treatment of juvenile development alidiopathicscoliosis.

The human body immersed in a fluid such as water, due to the horizontal posture with respect to the medium (water tool), lacking the attachment points, undergoing a reduced gravitational force and poor proprioceptive stimulations, cannot obtain a modification of postural patterns.


Il concetto di benessere fisico trova nell’elemento “Acqua” e nell’“Attività Fisica” una alleanza non indifferente che, spesso, riveste il ruolo della complicità per tentare di risolvere importanti problematiche connesse all’apparato locomotore come la scoliosi.

Infatti, sin da epoche remote, dalla civiltà egizia a quella ellenica e romana, l’uso dell’acqua per la ricerca del benessere a finalità rieducativa costituisce uno dei procedimenti più antichi di cui ha disposto l’essere umano.

Non di meno, nell’ambito della rieducazione posturale, è uso ricorrente, purtroppo ancora abitualmente, attribuire doti rieducative alle attività sportive e, in particolar modo, al nuoto per la risoluzione di una scoliosi.

Il più delle volte tali qualità risultano assolutamente improprie e prive di evidenze e giustificazioni scientifiche.

Scoliosi, ipercifosi dorsale e iperlordosi lombare possono riceverne benefici?

La pratica degli sport impone all’apparato locomotore delle traslocazioni spaziali di particolare impegno bio-meccanico. Se i gesti motori vengono sfruttati intelligentemente, possono essere un ottimo ausilio per il potenziamento armonico dei vari complessi mio-fasciali e, inparticolar modo, proprio per la catena cinetica muscolare posteriore che interessa anche la colonna vertebrale.

Pertanto, l’attività motoria assume aspetto formativo.

Ma occorre fornire una esatta impostazione delle funzioni profilattiche ai fini di una prevenzione dei paramorfismi e di ogni sub-normalità psicomotoria, con attenzioni rivolte a posture e a dinamismi fondamentali.

 È utile chiarire il ruolo delle attività acquatiche e natatorie: queste ricoprono un ruolo di dubbia validità; purtroppo si continua a prescrivere il nuoto che è oggetto di attenzioni ingiustificate e controproducenti nel processo di normalizzazione delle alterazioni morfologico-posturali e nella rieducazione della scoliosi.

Ancora oggi sopravvivono stereotipi culturali privi di fondamento scientifico e che non giustificano il beneficio del nuoto.

L’effetto miorilassante e decontratturante dell’esercizio in acqua viene parecchio utilizzato nel management del dolore, soprattutto in presenza di algia vertebrale (back pain) e nella traumatologia sportiva, quale momento di riatletizzazione. In ambito neurologico viene prescritto come ultima risorsa nell’intento di sfruttare il mezzo acquatico come “facilitazione” motoria rispetto al movimento svolto sulla terraferma.

Tanti “si dice” inducono vecchi Medici non più aggiornati e la profanità dell’utenza che è costretta a un vissuto di educazione posturale, ad attribuire doti rieducative funzionali alle attività motorie in acqua.

Spesso lo sport viene scelto come momento compensativo di alterazioni morfologico-posturali o di gravi curve scoliotiche paramorfiche. In particolare, in modo improprio e assolutamente ingiustificato, la scelta viene indirizzata verso il nuoto come fosse una panacea.

Gli sport acquatici e natatori (di qualsiasi tipo o tecnica e comunque denominate) non sono “TERAPIA” utilizzabile per “curare” la scoliosi o qualsiasi altro paramorfismo della colonna vertebrale!

Sono, invece, un valido supporto poiché offrono esercizi di grande variabilità e dinamicità che aiutano gli schemi motori e corporei a compiere azioni compensative; servono di ausilio e da rinforzo agli esercizi che devono essere somministrati in ambiente altamente specializzato nella ginnastica correttiva e compensativa.

Le tecniche di espletamento di esercizio fisico clinico in acqua sono fortemente connesse alle conoscenze delle proprietà fisiche del mezzo (acqua) e del corpo immerso in questo fluido, indipendentemente dalle sue proprietà organolettiche e, in particolare, in relazione al concetto di materia.

L’acqua, o meglio il mezzo acquatico, non deve essere inteso come uno strumento terapeutico o un metodo di trattamento rieducativo ma, semplicemente, come un mezzo dotato di specifiche caratteristiche all’interno del quale possono essere allestite metodiche allenanti e come un “attrezzo” per la somministrazione di esercizi rieducativi. Quello che conta è la tipologia di esercizio somministrato e non le conoscenze dell’idrologia che, sicuramente, non possono produrre un “metodo acquatico” contenente obiettivi e strategie rieducative e funzionali.

L’essere umano è un animale terrestre “progettato” per vivere ed espletare tutte le sue funzioni sulla terraferma ma capace di adattarsi all’ambiente acquatico.

Le premesse epistemiologiche di un qualsiasi “somministratore” di esercizi devono, innanzitutto, fare sorgere il concetto di “cosa si può apprendere” in acqua e “come si apprende un gesto motorio” in acqua declinando le convinzioni, le esperienze e i metodi che non trovano fondamento scientifico a favore dello specifico compito di seguire le regole che governano l’ambiente acquatico.

Tra gli stereotipi culturali che derivano dalla tradizione dell’idrologia e della fisio-climatologia sorge immediata la problematica legata alla temperatura e alla resistenza dell’acqua.

Da non trascurare, poi, ci sono gli effetti “contesto-dipendenti” dell’acqua, come l’effetto anti-spastico, che assumono un ruolo di inutile magia sospingendo il lavoro in acqua come disciplina irregolare, i cui risultati portano all’impossibilità di corrette opinioni se non quelle di aver seguito una moda o un luogo comune.

Spasticità, stiffness non-neurale, co-contrazione fisiologica degli antagonisti, reclutamento muscolare e alterazione delle sequenze di attivazione muscolare rispetto alle condizioni del movimento sulla terraferma, … sono tutti elementi utili e non trascurabili per definire i termini di un esercizio da proporre che vanno molto al di là della semplice sterile diagnostica che descrive la patologia.

Indispensabile momento di valutazione davanti a un soggetto con paramorfismi diventa la consapevolezza di termini come l’impairment, la patologia, l’handicap, la disability, lo stato di cronicità, lo stato di stabilità e lo stato di acuzia patologica.

È fuori da ogni dubbio il fatto che, la pratica di un qualsiasi sport induce a un grande sviluppo della fitness e, quindi, delle qualità fisiche di base (forza muscolare, velocità, resistenza, mobilità articolare, coordinazione oculo-manuale e oculo-podalica, agilità e destrezza, precisione motoria, equilibrio statico, dinamico e in volo, …). Inoltre, stimola lo sviluppo delle grandi funzioni organiche [capacità cardio-circolatorie e respiratorie nel fornire ossigeno alle cellule durante l’attività fisica prolungata: il gold standard di misurazione per tale parametro è il massimo consumo di O2 (VO2max)].

L’organismo umano risponde a un programma di allenamento con adattamenti morfo-funzionali di vari apparati (respiratorio, cardiocircolatorio, locomotore, digerente, nervoso, endocrino, immunitario) che gli permettono di affrontare uno stress fisico con minor fatica e maggiore efficacia (SINDROME GENERALE DI ADATTAMENTO DI SELYE):

↑ massima gittata cardiaca e volume elettivo (Blomqvist et al 1983);

↓ frequenza cardiaca per un dato VO2 (Åstrand et al 1986);

↓ pressione arteriosa (Seals et al 1984);

↓ doppio prodotto (Blomqvist et al 1983): FC x PA sistolica, come indice del consumo miocardico di ossigeno);

↑ efficienza del muscolo cardiaco (Kitamura et al 1972);

↑ vascolarizzazione miocardica (Hammond 1985);

↓ incidenza di mortalità e morbilità cardiaca (Paffembarger 1986);

↑ densità capillare nei muscoli scheletrici (Henriksson 1977);

↑ attività degli “enzimi aerobici” nel muscolo scheletrico (Saltin 1983);

↓ produzione di acido lattico per un determinato carico di lavoro (Saltin 1983).

Praticare una qualsiasi attività fisica, arrampicarsi, spingere, tirare, rotolarsi, afferrare, lanciare, camminare, correre, saltare, …, cadere, affrontare l’avversario, nuotare, … sono incognite di schemi motori che richiedono rapide ed efficienti soluzioni psico-motorie ed engrammi raffinati: l’arte dell’allenamento si basa sulla Scienza… e se la Scienza entra in palestra impone una valutazione per conferire un senso che si chiama traguardo, vittoria (al di là di ogni medaglia)!

“L’arte dell’allenamento” impone la conoscenza di regole fisiologiche e di processi bio-chimici ben precisi.

Se a questo affianchiamo il delicato argomento dei paramorfismi rachidei, occorre fare considerazioni di natura Chinesiologica, Biomeccanica, Pedagogica, Psicologica, …

La flessibilità di una curva scoliotica è determinata dalla somma di parametri morfologici che hanno valori differenti tra loro[1]:

 

  • Indice di riducibilità (è un valore correlato al grado di deformazione delle strutture osteo-legamentose e alla estensibilità tissutale della concavità; tale misura della componente elastica della deformità strutturale si ottiene dalla differenza di misura in gradi Cobb rilevati tra una radiografia in decubito supino e una radiografia effettuata in correzione, sempre in decubito supino);

 

  • Cedimento posturale (è un valore ottenibile dalla differenza fra una radiografia in ortostatismo e una radiografia in decubito supino; tale rilievo fornisce un valore prezioso nei confronti del difettodel tono posturale e relativamente all’estensibilità tissutale della concavità. Esprime un danno funzionale neuro-muscolare che si somma alla deformazione strutturale).

 

Il “criticalload” o soglia critica di carico[2] identifica il valore massimo al di là della quale una colonna vertebrale sottoposta ad un peso, inevitabilmente, va incontro al cedimento strutturale. Nel caso di una curva scoliotica corrisponde all’ingravescenza della curva.

Un miglioramento della curva scoliotica in carico per effetto di una riduzione del cedimento posturale costituisce il “freno” della progressività di una scoliosi in quanto la riduzione del valore angolare definisce l’aumento della soglia critica del carico.

Una asimmetria rachidea su due piani (in particolare, quando la riduzione di una curva sagittale si associa a una deviazione laterale sul piano frontale) potrebbe rappresentare l’innesco di innesco di una condizione di scarsa stabilità ed essere fattore facilitativo di un cedimento sul terzo piano dello spazio, poiché si produrrebbe una instabilità meccanica di tipo rotazionale che, in corrispondenza alla rapida crescita puberale va a definire il meccanismo evolutivo della curva scoliotica[3].

Quindi, diventano rischiose le colonne che mostrano la riduzione cifotica con atteggiamento scoliotico in cui, il dorso piatto assume tono prognostico di possibile peggioramento scoliotico.

L’armonica morfologia della colonna vertebrale deve essere biomeccanicamente correlata alla ginnastica compensativa, la quale, deve proporre esercizi finalizzati per combattere le deviazioni laterali vertebrali con la loro prognosi sfavorevole e tutti i possibili fattori di rischio specifico.

Il corpo umano è un vero e proprio “Laboratorio alchemico” in cui si possono trovare tutti gli elementi utili per trasformare l’energia chimica (che ingeriamo attraverso i cibi!) in energia meccanica (le risposte motorie fornite in ogni istante della propria vita!);

… e tutto deve essere reso economico (il massimo rendimento con il minor dispendio energetico!).

Discutere di “scoliosi” comporta l’analisi di diverse sfaccettature dell’operatività pratica, dell’esercizio fisico in corsetto, delle tecniche di somministrazione dell’attività motoria in propriocettività, delle variabili ambientali durante l’apprendimento motorio, delle skills di supporto, dei tracking applicativi, degli effetti tampone, … dell’uso delle camere di espansione se è presente l’adozione di un corsetto e su come sfruttare il corsetto quale attrezzo ginnico per ottenere un miglioramento degli schemi motori e della motricità.

Ancor di più, occorre tenere presente le fonti di errore valutativi nelle misurazioni del soggetto esaminato, nelle componenti posturali, negli aggiustamenti microcinetici e dei riflessi che, moment by moment, si innescano per il recupero dell’equilibrio ortostatico, nel posizionamento posturale e nel riaggiustamento segmentale utilizzati per recuperare e mantenere la statica eretta della posizione ortostastica indifferente.

Bisogna collegare l’aspetto meccanico dei trattamenti dello scoliotico all’aspetto pedagogico (l’apprendimento gioca un ruolo determinante!).

Il movimento finalizzato (educativo, preventivo, adattato, per normodotati o per disabili, ecc…) non è basato solo su meccanismi muscolo-articolari, ma è una “attività motoria” che produce l’apprendimento. Di conseguenza, ne deriva il perfezionamento del movimento attraverso l’attività percettiva, la scoperta e l’organizzazione degli stimoli mediante una attività di pensiero che razionalizza il movimento.

Un’analisi filogenetica e ontogenetica, comporterebbe il coinvolgimento di esposizioni non trascurabili che dovrebbero toccare argomentazioni di natura endocrinologica, genetica, biomeccanica, chinesiologica, posturale, …

La ginnastica non agisce solo sul corpo: il muscolo funziona se il sistema nervoso trasmette ciò che la psiche ha “programmato” in forza di un’esigenza, determinando una continuità fra attività psichica e attività fisica attraverso l’attività motoria.

L’ “acquisizione delle azioni” contraddistingue l’attività cosciente e trasforma la ginnastica in “compito”.

L’erogazione del “movimento funzionale”, non si limita al risultato osservabile esteriormente ma si estende al processo che produce il risultato.

Qualsiasi gesto motorio impone l’armonia della simmetricità gestuale e, di conseguenza, non ci sono le necessità compensative derivanti dal gesto atletico che si ritrova negli sport asimmetrici come il tennis, lo squash, il golf, la scherma, il badminton, …

 Non si deve “insegnare meccanicamente un movimento” ma si deve insegnarlo nel contesto del contenuto dell’azione, in un processo di collegamenti fra sintesi afferenti e convergenze efferenti.

Le disarmonie motorie stato-cinetiche e correttive, si inquadrano nelle “disabilità riferite all’assetto corporeo” citate dall’Organizzazione Mondiale Sanità e inquadrate nelle “disabilità di destrezza o disabilità locomotorie”; richiamano i principi metodologici ai quali si ispira il moderno insegnamento delle Scienze Motorie nei paradismorfismi.

Ogni gesto motorio deve essere opportunamente corticalizzato e telencefalizzato!

Va da sé che le attività fisiche comportano una ottima condizione per l’apprendimento e lo sviluppo delle condotte psico-motorie, dati i continui e obbligati condizionamenti spazio-temporali, le prospettive percettive e senso-motorie, la lateralizzazione e l’acquisizione di ambi-destria tecnica, la capacità di lanciare, di tirare, di spingere, la capacità di traslocare naturalmente secondo lo strisciare, saltare, rotolare, cadere in tutte le direzioni spaziali, … una infinità di engrammi sensoriali si coordinano con le tecniche esecutive e con la tattica di gioco.

 

Attenzione: il bambino/ragazzo scoliotico non è un piccolo adulto!
Massa muscolare = Potenza espressa
Differenze biochimiche: L’attività di 6-Fosfofruttochinasi (PFK – enzima rate-limiting della glicolisi appartenente alla classe delle transferasi) è ~1/3 nel bambino (fino alla pubertà)
→ maggiore efficienza dei meccanismi ossidativi rispetto a quelli glicolitici
→ quindi minor accumulo di metaboliti
→ rispetto all’adulto livello inferiore di fatica percepita;
Differenze muscolari: Ridotta abilità nell’attivazione delle fibre di tipo II;
Differenze energetiche: Più rapida risintesi di Fosfocreatina (PCr);
Tampone muscolare: Migliore regolazione dell’equilibrio acido-base;
Grandi Funzioni Organiche: Più rapido ripristino dei valori di riposo nei parametri cardiorespiratori;
Fattori endocrinologici Fattori neuro-endocrini limitano lo sviluppo precoce della massima forza isometrica.

 

E, poi, occorre la consapevolezza della misurazione scientifica!

Dal dominio del peso al dominio della forma!

Nell’ambito dell’apprendimento motorio in acqua, è di primaria importanza la caratteristica dell’acqua: ciò consente di affermare che il passaggio dalla terraferma all’acqua è il passaggio dal dominio del peso al dominio della forma! 

Principio di Pascal

Se si esercita su una parte del liquido una pressione, questa si trasmette con pari intensità in ogni parte del liquido ed in ogni direzione.

 Per il Principio di Bouguer:

Un corpo immerso in acqua è soggetto a:

 

  • Gravità: dal baricentro verso il basso;
  • Galleggiamento: dal centro del volume d’acqua spostato verso l’alto.
  • Metacentro:
  • Equilibrio;

Questo è un concetto fondato sulla fluidodinamica: il punto di intersezione tra la verticale passante per il centro di gravità quando il corpo è in equilibrio e la verticale attuale che passa per il centro di galleggiamento detto metacentro[4], è espressione delle variazioni volumetriche (forma) della parte immersa del corpo considerato (centro di galleggiamento) piuttosto che delle variazioni ponderali del corpo in regime di gravità (baricentro).

Sul versante percettivo, la forma, in acqua subisce una specifica rivoluzione per cui le afferenze propriocettive diminuiscono fino a sparire; di contro, si esaltano le afferenze esterocettrici: si ottiene un passaggio da uno schema corporeo legato all’aspetto ponderale dei suoi segmenti somatici a uno schema corporeo legato agli aspetti volumetrici definiti dai recettori cutanei.

In acqua, i muscoli vengono usati in modo completamente differente rispetto a quanto avviene nella terraferma in cui generano un vettore costantemente contrario a quello che rappresenta il verso del movimento ma orientano i segmenti corporei nella direzione e verso del movimento stesso; dato che è la variazione di forma che genera il movimento (rotazione) e non la trazione muscolare in senso diretto ne deriva che, in acqua, il movimento è dilazionato rispetto alle contrazioni muscolari (deboli) necessarie a generarlo, contrariamente a quanto avviene sulla terraferma dove contrazione e movimento sono necessariamente contestuali.

Massa, peso, densità, densità relativa dell’acqua, affiancano i concetti di galleggiabilità, di pressione idrostatica, di tensione superficiale, di rifrazione, di viscosità, di movimento, di coesione molecolare del liquido, di flusso, di calore e di temperatura dell’acqua.

Il concetto logico di forma, contrapposto a quello di peso, consente di costruire esercizi rieducativi globali e analitici i cui strumenti possono rientrare in 4 categorie:

  • il metacentro;
  • l’inerzia;
  • la turbolenza;
  • i vincoli.

scoliosiIl principio di Archimede esprime che un corpo in libera immersione riceve una spinta verso la superficie pari al volume d’acqua spostato.

La pressione è una forza di superficie; la controspinta idrostatica è una forza è diretta verso il centro geometrico della parte immersa, ma impatta sulla superficie del corpo.

Ciò è in grado di imprimere delle rotazioni in diretta relazione con la densità e con la forma del corpo.

Le forze agenti su un corpo, sia esso immerso in acqua o meno, sono:

  • la forza di gravità, che si applica al centro di massa o baricentro (cade circa davanti alla S2 – seconda vertebra sacrale),
  • la spinta di galleggiamento (forza opposta che controbilancia la forza di gravità) che si applica al centro geometrico della parte immersa – legati al concetto di volumetria e forma.

Il baricentro è lievemente dislocabile ma solo per ampie modificazioni della configurazione posturale.

Il centro di galleggiamento, invece, cambia repentinamente e ampiamente insieme al rapido cambiamento della geometria della parte immersa del corpo.

 Un corpo a densità omogenea di densità 1 (uguale all’acqua), come un bidone riempito con acqua, assume una posizione indifferente per cui permane dove viene collocato;

un corpo di densità eterogenea con una densità media uguale a 1, ma con una parte a peso specifico minore e una a peso specifico maggiore, tende ad affondare.

In acqua, il peso apparente (carico) imposto dal peso corporeo sulle articolazioni portanti è tanto più ridotto quanto maggiormente il corpo viene immerso: maggiore è l’immersione, tanto di più è il volume di liquido spostato e, di conseguenza, la spinta di Archimede esprime che, in acqua, la gravità terrestre è presente ed esercita un ruolo importante.

Ogni movimento proposto in acqua è soggetto ad una ricerca di posizioni immergenti, di atto motorio vero e proprio che si coniuga a posizioni riequilibranti che sfociano in atteggiamenti finali di riposizionamento che predispongono a movimenti successivi.

Ogni parte del corpo lasciata fuori dell’acqua è soggetta alla forza di gravità e non alla spinta di Archimede: questa differenza incide in maniera decisiva sulle strutture organizzative del movimento compiuto.

 

Colonna vertebrale e fluidodinamica acquatica 

Un corpo che fluttua in acqua è galleggiante; se è in stato di riposo è in condizione di equilibrio.

La condizione di equilibrio sussiste se le forze opposte che agiscono sulle superfici del corpo sono uguali in grandezza e direzione opposta.

Il corpo che subisce forze opposte ma non uguali, si sposta nella direzione in cui agisce la forza più grande.

Se le forze a cui è sottoposto il corpo sono di uguale grandezza ma non diametralmente opposte, tenderà a ruotare.

Un corpo si muove sotto l’azione di una forza meccanica, per cui, se questa forza non è bilanciata, si innesca un movimento rotazionale (coppia di forze).

I diversi distretti corporei, immersi nel mezzo liquido acqua, subiscono uno stato differenziato di galleggiamento (forza di galleggiamento) a cui corrisponde un affondamento degli arti inferiori e una tendenza al galleggiamento del tronco per gli effetti della “legge di Archimede” (un corpo immerso interamente o parzialmente in un fluido, riceve una spinta verso l’alto pari al peso del fluido spostato) e per effetto della coppia di forze derivante dalla componente di for­za di gravità e della spinta idrodinamica di galleggiamento a cui consegue l’innesco di un processo di rotazione permanente del corpo fino a quando non si stabilisce uno stato di equilibrio.

Un corpo, interamente o parzialmente immerso in un fluido in quiete subisce delle pressioni su ogni parte della sua superficie che viene a contatto col fluido la cui risultante di tutte le forze di pressione è una forza diretta verso l’alto detta “Spinta”.

Il soggetto che deve muoversi in acqua trova una considerevole “Resistenza” che si oppone al suo spostamento determinata dal volume dell’acqua spostata, dalla rapidità dello spostamento, dalla sua forma, e innesca una forza interna (derivante dalle contrazioni muscolari) capace di contrastare le forze esterne (forze di spinta di galleggiamento, attriti dell’acqua, resistenze del corpo immerso).

 

Principio di Bernoulli

Se in acqua si crea una turbolenza, l’energia di pressione può spostare il corpo.

La spinta dinamica varia in rapporto all’angolo di attacco col mezzo fluido e alla forma delle linee di flusso che i filetti fluidi sono costretti a seguire per il principio di Bernoulli (forze di pressione). 

scoliosiNel nuoto si utilizzano leve di terzo genere (inter-potente) per ottenere la propulsione.

Questo tipo di leva è favorevole per produrre un gesto motorio ma è sfavorevole all’applicazione della forza: la potenza viene sviluppata dai muscoli, la resistenza maggiore si incontra a causa della velocità dalle parti estreme che, nel corpo umano, sono le mani (la parte anatomica più lontano dal fulcro o centro di movimento rappresentato dalla spalla).

Il braccio causa le reazioni opposte tendenti ad innalzare o affondare il corpo.

La colonna vertebrale risponde a 2 requisiti meccanici in contraddizione e per effetto della sua struttura a sartie definita dal cingolo scapolo-omerale, dal bacino e dalle strutture mio legamentose, che ne mantengono l’equilibrio mio-tensivo:

  •  Elasticità;
  •  Rigidità.

 Il nuoto è definibile come un atto motorio ciclico in cui la coordinazione assume un aspetto fondamentale.

La ricerca della maggior velocità possibile per raggiungere la migliore performance riguarda l’atleta ma non ha alcun senso se l’obiettivo del gesto motorio riguarda il “recupero funzionale” di una scoliosi!

Nel nuoto si riscontrano 4 stili fondamentali:

  • il delfino,
  • il dorso,
  • la rana,
  • lo stile libero (crawl o delfino free-style).

 

In tutti gli stili è possibile distinguere due fasi principali:

  • Una fase propulsiva in cui si osserva una spinta in avanzamento del corpo del soggetto;
  • Una fase di recupero in cui si osserva un richiamo degli arti superiori prima della successiva fase propulsiva.

 

scoliosiOccorre fare risaltare che il mezzo acquatico “non attenua” il gesto motorio senza alterare la struttura somatica: le sequenze di attivazione mio-fasciale e la tipologia di contrazione muscolare dei distretti coinvolti sono differenti rispetto alla terraferma sebbene i movimenti risultanti possono sembrare molto simili.

Un movimento in acqua produce una contrazione iso-cinetica, cioè ilmuscolo sviluppa la massima tensione per tutto l’arco di movimento accorciandosi a velocità costante, mentre lo stesso movimento al suolo produce contrazione iso-tonica, concentrica o eccentrica.

Se il mezzo da cui deriva il movimento è elastico la contrazione è di tipo auxo-tonica[5].

In acqua il movimento avviene a velocità angolare pressoché costante contro una resistenza accomodante che si mantiene per l’intera escursione articolare.

La resistenza opposta dall’acqua è direttamente proporzionale alla forza impressa al movimento, per cui ne deriva:

  • lavoro massimale in tutti i gradi del ROM lungo l’arco di movimento:
  • Attivazione risposte neuro-muscolari;
  • Miglioramento del sincronismo di contrazione dell’unità motoria;
  • Facilitazione della contrazione muscolare massimale in ogni punto del ROM.

Ora, sebbene il “Nuoto” viene svolto generalmente con entusiasmo per il suo aspetto ludico, aumenta l’attività cardio-respiratoria costituendo un valido mezzo contributivo allo sviluppo delle grandi funzioni organiche e, per la sua pratica, non si deve lottare contro le forze gravitazionali permettendo uno scarico meccanico della colonna vertebrale, si deve dissentire la pratica di tale attività motoria quando si intende contrastare l’evoluzione di una scoliosi con questo mezzoe, più in generale, quale attività atta a rieducare un soggetto con paramorfismi.

L’indubbio valore del ruolo delle attività acquatiche e natatorie per gli effetti esercitati sulle grandi funzioni organiche – cardio-circolatorie e respiratorie – continua a essere oggetto di attenzioni ingiustificate e, non raramente, controproducenti nel processo di normalizzazione delle alterazioni morfologico-posturali e nella pratica delle scoliosi.

Ma nasce spontanea la domanda:

“Come fa un animale di terra (essere umano) a controllare tutta una serie di componenti mio-fasciali e propriocettivi sui tre piani dello spazio, in un ambiente acquatico (che non è il suo ambiente naturale!) e bilanciare i conti anche con le spinte fluido-dinamiche e con i filetti fluidi del liquido acqua che viaggiano in senso contrario al proprio corpo durante la spinta propulsiva?

Una sintetica analisi delle evidenze chinesiologiche e biomeccan­iche, contraddice ogni possibile valenza dell’attività natatoria a favore di un momento rieducativo nei difetti morfologico-posturali con il particolare ambito di trattamento della scoliosi idiopatica evolutiva giovanile.

Ogni piccolo squi­librio posturale è indistintamente correlato alla “fatica posturale” della posizione eretta e del mantenimento-controllo dell’equilibrio del corpo (movimento micro-cinetico da fermo) coinvolto nel controbilanciare la forza gravitazionale in relazione alle attività statiche e dinamiche quotidiane.

L’intento di agire in senso preventivo o compensativo sulla struttura dell’apparato locomotore attraverso l’utilizzo di un ambiente a basso impatto gravitazionale come quello acquatico, non trova giustificazione valide.

In particolare, lo stile “Dorso”, per ovvii e noti principi di idrodinamica (Principio di Archimede), accentuerebbe l’iper-lordosi lombare. Infatti, il bacino precipiterebbe in forte antero-versione per garantire tanto la galleggiabilità somatica quanto la spinta propulsiva; a questo, contribuirebbe la posizione di iper-estensione che attiverebbe una azione biomeccanica agente sui muscoli psoas-iliaci che, aiutati dal pessimo tono mio-fasciale della parete addominale, incrementerebbe parecchio la nutazione dell’assetto del bacino in avanti e, di conseguenza, l’aumento dell’iper-lordosi lombare.

Altro fattore rilevante è l’allontanamento delle braccia dal corpo (tanto nel crawl quanto nel dorso) che aumentano lo spostamento in senso lordotico. Il movimento di abduzione del braccio raggiunge i 150°. L’arto raggiunge i 180° per l’intervento del rachide dorso-lombare e ciò produce l’inevitabile iper-lordosi lombare oltre a innescare un movimento di torsione delle curve scoliotiche che, già di per sé, subiscono un momento torcente rotazionale sul proprio asse meccanico.

La tipologia di attività che si è costretti ad utilizzare durante il nuoto (a prescindere della tecnica o dell’attività svolta in vasca), induce il soggetto ad un uso di respirazione lontana dalla respirazione correttiva ed è molto dissimile dalla già brevettata e ormai nota respirazione che, con l’acronimo inglese RAB – right angle breathing – corrisponde alla respirazione rotazionale o respirazione di rotazione angolare (Metodo di Catherine Schroth).

I muscoli del lato convesso della colonna devono essere tonificati mentre, quelli sul lato concavo, devono essere sottoposti ad uno stretching guidato (cosa relativamente facile se si eseguono le tecniche di aggiustamento posturale utilizzando il lato da potenziare a fronte del lato da allungare).

L’apprendimento della corretta respirazione rotatoria consente di fare inspirare il soggetto con una inalazione profonda seguita da una fase di “esalazione” espiratoria che stabilizza l’intera regione dorso-lombare ripristinando un allineamento tridimensionale stabile che aiuta il soggetto a percepire la corretta postura vertebrale e comprendere come mantenerla per risolvere una scoliosi.

Tutto ciò che è realizzabile a secco, sulla terraferma e in ambiente consono, in ambiente acquatico diventa impossibile da rispettare, eseguire e mantenere!

A prescindere dallo Stile di nuoto … e in presenza di scoliosi!

scoliosiA prescindere della tipologia dello stile utilizzato nel nuoto, il corpo umano immerso in acqua, per assicurare un avan­zamento in linea retta, occorre che inneschi movimenti cicloidali determinati da una componente di atti motori rotazionali e circolari.

Per effetto del terzo assioma di Newton, (per ogni forza che un corpo A esercita su di un altro corpo B, ne esiste istantaneamente un’altra uguale in modulo e direzione, ma opposta in verso, causata dal corpo B che agisce sul corpo A).

Pertanto, si crea una reazione che sposta l’allineamento del corpo, immerso nel mezzo fluido, in direzione op­posta rispetto alla spinta secondo i termini matematici

L’applicazione del principio applicato al nuoto esprime che, nella situazione, si imprime forza all’acqua verso il basso e indietro tramite il piede e le mani: il mezzo fluido reagisce con una forza uguale e contraria che spinge in alto e in avanti.

Il fluido-acqua, invece, sembra non subire alcuna forza, poiché non accelera!

Se si considera che la massa inerziale dell’acqua è enorme in confronto a quella dell’individuo, ne deriva che la forza si traduce in un’accelerazione piccola al punto da essere inosservabile.

Non essendoci punti di vincolo quando si è immersi in acqua, tutta l’attività di traslocazione produce una sequenza complessa di azioni e reazioni in torsione.

Questi movimenti sono difficili da definire analiticamente e altrettanto difficili, pressappoco impossibili, da controllare da parte dell’esecutore meccanico (soggetto).

L’utilità correttiva è praticamente inesistente. Il gesto motorio risulta anti-economico ai fini di una compensazione della curva scoliotica e non avviene alcuna compensazione morfologica-posturale; di contro si ottiene un enorme dispendio energetico scarsamente produttivo per la compensazione della sinergia rachidea.

Qualsiasi stile di nuoto venga adot­tato per la propulsione in acqua il risultato non varia: l’unica costante a cui si assiste è l’accentuazione delle curve fisiologiche vertebrali a fronte di un modesto rendimento propulsivo del corpo umano.

Il nuoto non si può prendere in considerazione per la correzione della scoliosi e delle alterazioni posturali dell’adolescenza!

Tutto ciò che fino ad ora è stato esposto dimostra come il nuoto non è attività motoria da considerare per la correzione di curve scoliotiche e delle alterazioni paramorfiche che si manifestano durante le spinte evolutive dell’età pre-puberale e puberale.

Qualsiasi funzionalizzazione degli schemi posturali risulta impossibile per effetto della:

  • completa mancanza dei punti vincolari;
  • posizione orizzontalizzata;
  • riduzione della forza gravitazionale;
  • scarse stimolazioni propriocettive.

Quando il corpo umano è immerso in un fluido come l’acqua, data la postura orizzontale rispetto al mezzo (attrezzo acqua), mancando i punti di vincolo, subendo il corpo una ridotta forza gravitazionale e scarse stimolazioni propriocettive, non è possibile ottenere una modificazione degli schemi posturali.

Non bisogna dimenticare che la mobilità articolare è un grande alleato delle curve scoliotiche: l’incremento della mobilità agevola l’aggra­vamento della deformità costale e incrementa la rotazione assiale delle vertebre.

La rigidità presente in una scoliosi è in grado di deter­minare specifici comportamenti nella dinamica del nuoto:

– in presenza di una curva scoliotica principale to­racica sinistra e compenso destro, l’azione di bending destro, causata dal braccio sinistro, accentua la curva to­racica con tendenza alla riduzione della curva lombare che non è strutturata;

– nell’azione di bending sinistra (attività successiva controlaterale):

  • si incrementa l’entità della curva lombare;
  • si assiste a una modesta riduzione della curva dorsale per effetto della rigidità che si instaura sulla concavità della curva;

– il capo derota verso il lato sinistro per consentire l’inspirazione dell’aria:

  • crea una curva di compenso del rachide cervicale a destra;
  • in modo poco ortodosso per le esigenze dell’individuo scoliotico, pone in forte attività lo sternocleidomastoideo, i fasci superiori del trapezio e i muscoli del complesso scapolo-omerale del lato omologo (in opposizione al gesto motorio questi muscoli si contraggono per consentire il recupero del braccio e poter assicurare la traslocazione).

scoliosiIl nuoto produce un accorciamento con contrazione concentrica dei muscoli spinali, già forti e in costante tensione: questi muscoli, invece, dovrebbero essere allungati attraverso un lavoro isometrico eccentrico.

Nelle curve dorsali e dorso-lombari, si assiste a una evoluzione in estensione: diventa praticamente improponibile e impensabile che si possa realizzare in acqua un recupero chinesiologico razionale.

Non si può effettuare una azione diretta sulla scoliosi senza localizzare il lavoro muscolare con lo scopo di compensarne le curve cercando di avvicinarsi più possibile al fisiologico con azioni precise, corticalizzanti e telencefalizzanti, direzionate verso la correzione, la compensazione, il man­tenimento e il recupero funzionale delle curve scoliotiche sul piano sagittale.

Il lavoro a secco (e non quello in vasca!) ha avuto considerevoli sviluppi negli ultimi decenni e la sua considerazione e importanza ha acquisito sempre più interesse anche nella prevenzione degli infortuni, soprattutto a carico delle articolazioni più sollecitate (rachide lombare, articolazione della spalla e della caviglia).

Il movimento della nuotata (bracciata o gambata) dovrebbe essere sempre efficiente, propulsivo e funzionale alla tecnica, mantenendo ampiezza (o angoli di lavoro) e frequenze del movimento adeguate alla distanza da coprire in vasca. Ciò dovrebbe essere supportato da un soggetto dotato di buone qualità fisiche e condotte motorie che lo rendono “sciolto” e “forte” contemporaneamente.

Se il soggetto, ogni volta che esegue una bracciata o una gambata ha difficoltà esecutive a causa della scarsa mobilità articolare passiva di tutto il corpo, o a causa di caviglie rigide in estensione plantare, la forza applicata per la propulsione viene prima dispersa per vincere queste rigidità e, solo successivamente, se non si manifestano crampi nella volta plantare, la forza viene applicata per la propulsione che, se presenta una mobilità attiva ridotta e rimane sott’acqua durante la fase di recupero della bracciata, produce un eccesso nel rollio.

In queste condizioni il soggetto crea una serie di movimenti compensatori antieconomici, soprattutto a carico del tronco non necessari all’avanzamento ma, piuttosto, indispensabili a eseguire e completare il gesto motorio.

Un ridotto Range Of Motion (ROM) della caviglia comporta un cambiamento del movimento della gambata a delfino. Durante l’estensione dell’anca da proni, c’è una attivazione maggiore dei muscoli del tronco.

Al contrario di ciò che si può pensare, utilizzando il movimento di legextention in posizione prona si perfeziona il lavoro dei muscoli lombari e non quello dei flessori dell’anca.

In assenza della contrazione dei muscoli addominali che adattano la posizione del bacino, i muscoli della zona dorsale e lombare (+++ erettori spinali, gluteo e hamstring) debbono sopportare un carico maggiore e incrementano il rischio di infortuni sugli stessi distretti poiché aumentano la lordosi lombare (pelvic tilt) e, di conseguenza, in presenza di scoliosi, l’innesco rotazionale delle vertebre scoliotiche.

Tanto nella vita quotidiana quanto durante una qualsiasi attività ludica o sportiva e compensativa, la fissazione del bacino deve avvenire in modo automatico e il controllo pelvico deve essere costante.

L’incapacità a stabilizzare il bacino e una ridotta mobilità articolare generalizzata può minare
l’integrità fisica del soggetto fino a manifestare traumi da carico iterativo alle strutture muscolo-tendinee e articolari oltre a innescare un incremento delle curve scoliotiche.

 

Nuoto: non è una Panacea e può essere dannoso!

 Quindi, il nuoto, in soggetti che presentano un certo quadro di paramorfismi, non solo non è una Panacea ma può risultare addirittura dannoso!

La comparazione tra attività svolta in ambiente acquatico e quella in ambiente terrestre, a secco, lega anche a una valutazione in funzione del trattamento operato: quali sono gli effetti provocati dall’attività sulla postura e sul movimento in virtù di effetti contestuali diversi esistenti tra i due ambienti?

Nel processo rieducativo, le considerazioni, le valutazioni, gli obiettivi, le strategie, tutte le operazioni vagliate “a secco”, non hanno una medesima logica condivisa con le funzioni fisiologiche e con ciò che avviene biomeccanicamente in acqua.

Ottimizzare il percorso di recupero di un soggetto scoliotico richiede una logica dettata dal piano di lavoro individualizzato e articolato con diversi programmi di lavoro.

E, sicuramente il posto di maggiore garanzia non è rappresentato dall’ambiente acquatico bensì dalla terraferma, dall’ambiente artificiale che riproduce i modi di muoversi dell’essere umano nel suo ambiente naturale.

Altri termini che descrivono attività svolte in acqua possono collocarsi nel percorso compensativo ma non possono avere né valenza terapeutica e, tantomeno, possono essere considerate sanitarie.

Gli effetti utili derivano esclusivamente dal corretto esercizio fisico, dalla sua bontà gestionale e dalla sua esatta localizzazione.

L’acqua non restituisce alcun esito favorevole ad esclusione del contesto (ambiente fisico) in cui possono essere attuati gesti motori con caratteristiche simili a quelli dell’ambiente terrestre ma con l’offerta di grandi difficoltà applicative.

 

Principio di Frade e Zahm

Inoltre, il Principio di Frade e Zahm mette in evidenza che l’impegno muscolare richiesto da un esercizio in acqua è circa 800 volte quello necessario per lo stesso esercizio a secco.

Di contro, l’esercizio in vasca offre:

  • Possibilità di lavorare in catena cinetica chiusa (resistenza fissa – bassa profondità);
  • Possibilità di lavorare in catena cinetica aperta (estremità libera – maggiore profondità);
  • In caso di dolore, la viscosità dell’acqua rallenta istantaneamente la forza del movimento.

 

Diventa importante che il soggetto riconosca il ruolo che ogni muscolo possiede in una catena cinetica rapportandolo con gli altri affinché abbia la corretta sinergia nella catena, affinando e aumentando la sua sensibilità nel sentire quali sono i muscoli principali e fondamentali del corpo che permettono la stabilizzazione e il movimento.

Il soggetto deve capire cosa è il baricentro tecnico!

I muscoli principali del corpo umano possono essere raggruppati in 3 unità funzionali di una catena cinetica, definite articolazioni starter poiché da queste si origina il movimento, detti baricentri tecnici con la funzione primaria di creare stabilità, sviluppare il movimento adeguando la lunghezza della catena muscolare opposta e di evitare successive rigidità e deformazioni:

  • il baricentro tecnico del bacino (retto addominale, grande e piccolo obliquo, trasverso, …);
  • il baricentro tecnico delle scapole (fissatori ed elevatore della scapola, romboidei, grande dentato, …);
  • il baricentro tecnico del complesso coxo-femorale e della tibio-tarsica che permette l’estensione della coscia e/o dell’arto inferiore (hamstring, glutei, …).

Queste“articolazioni tampone” hanno il compito di proteggere la colonna vertebrale dalle deformità, assumendo funzione posturale e di prevenzione primaria.

I baricentri tecnici sono sinergici tra loro durante la preparazione del gesto motorio; si dovrebbero attivare col ritmo giusto e con la corretta sequenza per creare il movimento funzionale.

Quando i muscoli agonisti si contraggono, i baricentri tecnici permettono di allungare gli antagonisti controbilanciando il naturale accorciamento e l’aumento della rigidità muscolare a carico della catena opposta.

Grazie all’attivazione di questi baricentri si riesce a eseguire il gesto “motorio”all’interno delle catene cinetiche senza creare sovraccarico o movimenti di contrasto funzionale, che potrebbero generare anche l’infortunio. Il bacino ha lo scopo di iniziare il movimento e di generare potenza, mentre gli arti superiori e inferiori sono deputati a trasmettere il movimento.

Il riconoscimento-allenamento dei baricentri tecnici, insieme a un aumento della mobilità articolare passiva, permettono al corpo di aumentare i ROM articolari e di ridurre-evitare contrasti funzionali (movimenti compensatori) nel gesto motorio soprattutto quando il movimento è dinamico, ad alte frequenze e/o in fase di volo (partenze).

È indispensabile migliorare la mobilità passiva nelle articolazioni starter, costruire la mobilità attiva affinché non ci siano differenze con quella passiva, permettere ai baricentri tecnici di attivarsi con una contrazione isometrica, successivamente eccentrica e, quindi, concentrica ed, infine, con movimenti dinamici.

Occorre variare i carichi di lavoro utilizzando i decubiti, i cambi di atteggiamento a carico dell’articolazione della spalla, dell’anca (movimenti in estensione), oltre al carico esterno applicato e al suo punto di applicazione sul soggetto (momento di forza).

Dopo questi passaggi, il rafforzamento muscolare creato sui baricentri tecnici, dovrebbe essere in grado di sostenere l’azione dinamica in funzione di qualsiasi gesto motorio.

Nuoto nel trattamento correttivo-compensativo

Carmelo Giuffrida – 2020

Aspetti positivi Aspetti negativi
Il nuoto è attività che viene svolta con entusiasmo. Tutte le tecniche di nuoto

provocano l’aumento della lordosi lombare.

Aumento delle grandi funzioni organiche:

migliora l’attività cardio-circolatoria e respiratoria.

 

Per motivi idrodinamici, di propulsione e di bio-meccanica, il nuoto richiede una posizione del corpo quanto più possibile orizzontale e determina una posizione iper-estesa.

Il nuoto provoca:

–  Innalzamento della faccia dorsale del sacro;

–  Ravvicinamento delle apofisi spinose che possono anche toccarsi;

–  Iper-lordosi lombare.

 

Per effetto del “Principio di Archimede”

si assiste ad un’azione di scarico della colonna che, nell’acqua, non deve lottare contro la gravità terrestre.

– L’allontanamento delle braccia dal corpo, sia nello stile crawl che nello stile dorsale, aumenta lo spostamento in senso lordotico.

 

– Il movimento di abduzione del braccio raggiunge i 150°.

 

– L’arto raggiunge la verticale (180°) per intervento del rachide dorso-lombare che aumenta la curva lordotica.

 

Controindicazioni assolute

 

Controindicazioni assolute del nuoto e dell’uso di ambiente acquatico sono rappresentate da:

  • lesioni cutanee (nei casi che il nuoto sia giudicato attività indispensabile e fondamentale esistono medicazioni occluse e impermeabili che possono essere agevolmente utilizzate);
  • infezioni cutanee;
  • diarrea (l’alvo e la vescica neurologica sono normalmente gestibili con un’adeguata programmazione degli svuotamenti e con l’uso di pantaloncini di neoprene a tenuta);
  • epilessia qualora vi siano crisi frequenti e vi sia un’alta sensibilità alla stimolazione luminosa intermittente; 
  • febbre;
  • scompenso cardiaco, se l’acqua è troppo calda (è da considerare attentamente il tempo di immersione);
  • malattie neuromuscolari, se l’acqua è troppo fredda (è da considerare attentamente il tempo di immersione).

 

Scoliosi idiopatica: cosa succede se manca un trattamento specifico? 

scoliosiLa Prevenzione dovrebbe essere alla base di ogni caso esaminato e da trattare!

Ad eccezione di alcuni casi estremamente gravi, il follow-up a lungo termine dei soggetti portatori di scoliosi idiopatica giovanile non trattati indica che non ci sono impatti significativi con conseguenze nefaste sulla qualità della vita.

La natura relativamente benigna della scoliosi idiopatica giovanile e le indicazioni per il trattamento con esercizi specifici, le complicanze a lungo termine dell’intervento chirurgico, dovrebbero essere rivisti per influenzare considerevolmente l’effettivo intervento sulle curve rachidee degli adolescenti in crescita.

Occorre ricordare sempre che una scoliosi, prima di diventare una scoliosi grave è stata una scoliosi minore e di scarsa entità.

La rieducazione posturale esperienziale è un approccio conservativo, non invasivo, e il suo ruolo nella gestione dei mandati conferiti richiede approfondimenti e studi.

Esaminando le prove complete sull’efficacia dei programmi attuali e per l’inclusione di varie forme di rieducazione posturale nella gestione della scoliosi idiopatica giovanile in soggetti di età pre-puberale e puberale scaturisce la necessità di agire con il supporto dell’evidenza scientifica e dell’influenza positiva generata da profonda esperienza.

Purtroppo, i vari programmi di lavoro sono molto difficili da confrontare e ogni Operatore afferma di avere il pieno possesso del “Metodo” giusto per risolvere il problema e le capacità tecniche per gestire questo Nemico dal terribile nome corrispondente a scoliosi!


Rieducazione di Chinesiologia Rieducativa(Protocollo dello Studio Prof. Dott. Carmelo Giuffrida)
Scoliosi Momenti di intervento Trattamento Chinesiologico
da 0° a 20° Ginnastica di allungamento:

Esercizi isotonici di estensione;

Sospensione-appoggio;

Mobilizzazione attiva;

Correzione asimmetrica.

Ginnastica isometrica in posizione correttiva e in estensione

(per l’ipertrofia degli spinali a curve per quanto possibili ridotte).

Ginnastica di stabilizzazione a finalità correttiva-riduttiva-conservativa
da 20° a 50° Consigliare: corsetto gessato o bustino ortopedico.
Ginnastica di mobilizzazione in allungamento

per preparare la colonna al modellaggio dell’apparecchio ortopedico.

Ginnastica isometrica nel corsetto o bustino per mantenere e rinforzare il trofismo degli spinali ed evitare pericoli di crolli una volta rimosso il tutore.
Ginnastica di stabilizzazione a finalità correttiva-riduttiva-conservativa
da 50°¸60°

in su

 

Ginnastica di mobilizzazione

per preparare la colonna vertebrale all’intervento chirurgico.

Intervento chirurgico.
Immobilizzazione e riduzione mediante corsetto gessato;
Ginnastica compensatoria blanda per il recupero ed il miglioramento

della mobilità residua nelle regioni sopra e sottostanti il tratto operato.

Esercizi per il recupero della capacità vitale.
Esercizi di tensione blanda nella zona artrodesizzata.
tendenza a lordotizzazione dorsale Lavoro in cifosi (occorre fare attenzione alle riduzioni delle curve in quanto si avrebbe un’anteriorizzazione delle spalle).
Lavoro in delordosi (preferibile).

 

 

Principi di correttezza da porre alla base di un piano di trattamento

1 Capacità prestativa adeguata e affidabile, fornita con competenza e profonde conoscenze scientifiche derivanti dalle EvidenceBased Medicine – EBM;
2 Fornitura di una valida organizzazione interna e territoriale;
3 Trasparenza e onestà intellettuale;
4 Equipe preparata scientificamente, partecipativa, efficiente e disponibile;
5 Rispetto di un codice etico;
6 Umanizzazione del rapporto interpersonale;
7 Accettazione delle esigenze individuali e applicabilità al piano di lavoro;
8 Capacità di innovazione tecnica per garantire efficacia ed efficienza;
9 Miglioramento qualitativo continuo;
10 Elargire protocolli efficienti, efficaci scientificamente ed economici in termini di adeguati costi e appropriate tempistiche operative;

 

La prevenzione dei vizi posturali impone ragionamenti di tutela e protezione!

Le esperienze positive dell’acquaticità risultano appena sufficienti a giustificare una programmazione di Attività Fisica Adattata in ambiente acquatico ma, rifacendosi ad alcune racco­mandazioni dettate dalle Linee Guida Italiane per le De­formità del rachide in età evolutiva, bisogna osservare che:

  • lo sport non può essere prescritto come trattamento per la scoliosi idiopatica e per le deformità rachidee del piano sagit­tale;
  • non si può usare il nuoto come momento rieducativo delle curve patologiche;
  • è indispensabile evitare attività agonistiche molto mobilizzanti e/o in estensione del rachide in presenza di scoliosi ad alto rischio di evolutività.

scoliosiPer quanto sopra esposto, anche la danza o la ginnastica artistica ci limitano nelle scelte delle attività motorie da svolgere proprio perché sono attività motorie fortemente mobilizzanti soprattutto della zona lombare e delle articolazioni coxo-femorali.

Logicamente, se intese quali attività motorie ricreative con impegno minimo e per un massimo di 2-3 volte alla settimana, senza forzare eccessivamente i quadricipiti femorali con movimenti violenti e/o veloci, il nuoto, la danza o la ginnastica artistica, non comportano elementi tali da scatenare danni.


Conclusione

Oggigiorno si è arrivati alla determinazione che la causa di una scoliosi idiopatica possa essere imputabile a un insieme di multi-fattorialità. Pertanto, non è facile definire qual’è la causa e qual’è la conseguenza:

  • anomale mutazioni genetiche del Sistema Nervoso Centrale,
  • modeste turbe dell’accrescimento vertebrale,
  • disassamento dello scheletro per differenza di crescita di diversi elementi,
  • un cedimento del sistema capsulo-legamentoso del rachide,
  • squilibrio e/o insufficienza mio-fasciale paravertebrale,
  • fattori biochimici e neuromuscolari.

“La scoliosi è definita come una condizione, NON una deformità”

La Scoliosis Research Society riferisce che:

Scoliosisisdefinedas a condition, NOT a deformity”quando ci si riferisce a persone che convivono con scoliosi o altre condizioni spinali con cambiamenti strutturali della colonna vertebrale!

Nelle scoliosi, assieme alla disfunzione nei sistemi di controllo centrale, si possono riscontrarecompensazioni naturali utili a ristabilire l’equilibrio posturale e segmentale:

– alterazioni percettive visuo-spaziali (coinvolgimento del sistema oculo-motorio);

– disturbi neurologici secondari a disfunzionalità propriocettiva (alterazioni oto-neurologiche-vestibolari con consequenziali alterazioni dell’equilibrio assiale della colonna vertebrale);

– alterazioni patogenetiche;

– alterazioni riflesse.

La metodologia di questo lavoro nella pratica professionale quotidiana, sperimentata per quasi 40 anni, permette di affermare che, anche alla luce delle nuove acquisizioni sulla Biomeccanica della colonna vertebrale, si è dimostrata valida, accurata, affidabile e veloce per creare una “memoria storica” e una conoscenza quantitativa della postura e delle limitazioni funzionali indotte dalla Scoliosi.

L’attuale tecnologia e un ben attrezzato laboratorio di Chinesiologia, se adoperati in modo altamente professionale, congiunti a una corretta somministrazione in ambiente altamente specializzato di Esercizi compensativi e adattati, costituiscono, oggi, l’approccio giusto per la specificità dell’esame, per un idoneo e professionale momento rieducativo chinesiologico e rappresenta la strada logica per ulteriori, futuri perfezionamenti.

Il nuoto può essere utilizzato sotto l’aspetto competitivo, ricreativo, idrochinesiterapico dopo infortunio per riatletizzare funzioni propriocettive lese, … ma, sebbene soddisfi funzioni differenti, non trova applicazione nel trattamento specifico della scoliosi!

Lo sviluppo armonico e olistico del corpo lo si può ottenere, ugualmente e meglio, con esercizio fisico adattato sotto attenta guida in ambiente altamente specializzato.

Il nuoto, al contrario, va benissimo se non ci sono alterazioni e disordini bio-meccanici della colonna vertebrale.

Non serve il “nuoto” per recuperare un atteggiamento scoliotico o per contrastare una curva scoliotica vera: l’alternativa di applicazione per un recupero di parametri sul piano sagittale e coronale spinale è l’uso di un insieme di gesti motori razionali, finalizzati e supportati da uno specifico studio di quella curva scoliotica e di quel soggetto, applicati secondo sapiente tecnica e metodologia, somministrati in ambiente terrestre idoneo!

La curva scoliotica tende a un peggioramento per effetto di un circolo vizioso che si instaura:

  • la deformità compromette ad oltranza la simmetria dell’accrescimento vertebrale,
  • l’alterazione meccanica compromette la stabilità dei legamenti,
  • la differente tensione mio-fasciale altera l’equilibrio muscolare della colonna vertebrale.

 

Diventa indispensabile formulare un corretto piano di trattamento che analizza la problematica e individua i danni primari o secondari per attivare, poi, strategie ed esercizi che nell’insieme dell’attività intervengono:

– nel controllo sotto-corticale del sistema posturale;

– nelle percezioni visivo-spaziali dell’orientamento somatico nello spazio;

– nel sistema propriocettivo;

– nel sistema vestibolare.

 La ginnastica correttiva e/o compensativa, pertanto, concentra la sua azione su esercizi specifici in grado di stimolare le funzioni di controllo con finalità tampone. In realtà si orientano verso un ruolo eziologico con l’intento di recuperare i Quozienti di Sviluppo Motorio ritardati. Obiettivo primario è quello di armonizzare in modo idoneo lo sviluppo psico-motorio durante il periodo puberale dei soggetti che vengono all’attenzione dei Professionisti di settore.

La pratica del nuoto, come qualsiasi altro sport, può essere inteso solo come supporto dell’esercizio fisico specifico. Per gli ovvii motivi bio-meccanici, sono da preferire gli sport terrestri a quelli acquatici! 


 Bibliografia

 

Carmelo Giuffrida

“Scoliosi Idiopatica: Identity Card”

Chinesiologia Scientifica – Organo Ufficiale Unione Nazionale Chinesiologi; Aprile-Giugno 1990

 

Rodolfo Lisi – Carmelo Giuffrida

Il nuoto non fa bene. L’attivitànatatorianellescoliosi: miti e tabù da sfatare

Il Trifoglio Bianco; 26 Marzo 2019- ISBN-10: 8885693237 – ISBN-13: 978-8885693234

 

Rodolfo Lisi – Paolo Raimondi – Carmelo Giuffrida

“Il nuoto nelle scoliosi. Miti e tabù da sfatare”

Scienza & Sport Magazine – I Quaderni per Allenatori e Preparatori Editoriale Sport Italia S.r.l. – Via Masaccio 12, 20139 Milano, Italia – n. 43 – articolo del 25 Luglio 2019 – pubblicato nel Settembre 2019 URL:https://www.scienzaesport.it/allenamento/nuoto/il-nuoto-nelle-scoliosi-miti-e-tabu-da-sfatareURL Anteprima: https://www.scienzaesport.it/anteprima/s-s-n-43-luglio-2019

Carmelo Giuffrida

“LA SCOLIOSI – Un paramorfismotridimensionale e multifattorialedellacolonnavertebrale: dalleosservazioni e valutazioni, allaginnasticacorrettiva” – Cavinato Editore International; Ottobre 2020 – ISBN-10: 8869828522 – ISBN-13: 978-88-6982-848-5

Carmelo Giuffrida

“SCOLIOSI e NUOTO: PRO e CONTRO – Considerazioni Tecniche e Riflessioni Scientifiche”– Cavinato Editore International;02 Dicembre 2020 – ISBN-10: 8869828638 – ISBN-13: 978-88-6982-863-8

Carmelo Giuffrida

“POSTUROLOGIA – Dalla valutazione funzionale della postura al trattamento con la ginnastica posturale secondo le scienze dell’esercizio fisico” – Cavinato Editore International; 14 Giugno 2021 – ISBN-10: 9788869828973 – ISBN-13:9788869828973

[1] Duval-Beaupére G, Lespargot A, Brossiord A. Flexibility of scoliosis: whatdoesitmean? Spine 1985; 10: 428-32.

[2]https://isico.it/images/uploads/ricerca/ID00299c.pdf

[3]Dickson RA, Lawton JO, Archer IA and Butt WP The pathogenesis of idiopathicscoliosis. J. Bone Joint Surg 1984; 66-B: 8-15.

[4] Il “Metacentro” è un punto teorico intorno al quale oscillano i due pendoli, rappresentati dal punto di applicazione della forza di gravitàe da quello della spinta idrostatica.

 

[5]La contrazione auxotonica è una contrazione concentrica, in cui la tensione muscolare cresce progressivamente man mano che il muscolo si accorcia.Ciò si verifica nell’allenamento con gli elastici quando la resistenza esterna tende ad aumentare durante la contrazione.All’aumentare della resistenza, il muscolo deve esprimere un proporzionale aumento della tensione.

 

Rivista del mese

Autori
Dott.ssa G. Valenti
Medico consulente Cliniche dialisi Diaverum – MMG, Catania.
Dott. C. Di Gregorio
Medico di medicina generale, Catania.
Dott. O.M. Trovato
Nefrologo libero professionista.
Dott.ssa C. Vitale
Cardiologa presso ARNAS Garibaldi Centro, Catania.


Introduzione

Il medico ha sempre basato la “visita”, su tecniche e metodiche prevalentemente manuali: palpazione, percussione, auscultazione e comunicazione verbale della sintomatologia da parte del paziente, cercando di creare un rapporto di empatia e fiducia reciproca.

Con le innovazioni tecnologiche si è avviata una progressiva introduzione di nuovi metodi di diagnosi e trattamento, che non devono inaridire il rapporto medico paziente, ma bensì arricchirlo, come nel caso della telemedicina.

L’evoluzione dell’Information and Communication Technology (ICT) ha fatto emergere una società dell’informazione, nella quale si stanno modificando le abitudini e le modalità di lavoro, studio, ricerca, tempo libero, oltre ad influenzare il nostro modo di accedere ai pubblici servizi. La possibilità di trasferire informazioni attraverso le reti di telecomunicazioni in modo facile e veloce, fornisce un’opportunità d’innovazione anche al settore medico, contribuendo alla gestione più efficace delle risorse ed aumentando la qualità delle prestazioni.

La sanità elettronica (e-Health), rappresenta l’applicazione dell’ICT nell’ambito sanitario e consente un accesso efficiente ai servizi, ottenendo la massima qualità nei processi assistenziali a costi contenuti, rendendo le decisioni cliniche più sicure ed appropriate, attraverso la condivisione strutturata delle informazioni e conoscenze cliniche, tra tutti gli attori della catena delle prestazioni sanitarie, in modo da renderle fruibili ed accessibili da ognuno. La pandemia COVID-19 ha reso necessario il ricorso alla sanità digitale, rendendo la telemedicina un importante opportunità attraverso la quale paziente e medico riescono a comunicare efficacemente anche a distanza.


Storia

Il primo tentativo sperimentale di telemedicina fu eseguito da Einthoven nel 1906, mediante prove di consultazione remota elettrocardiografica attraverso il telefono. Ma poiché la rete di comunicazione dell’epoca era molto  carentela trasmissione dei suoni del cuore e dei polmoni di un paziente da un luogo a un altro non ebbe grande successo.Altri tentativi furono fatti intorno al 1950 con trasmissione telefonica di referti radiologici ed altri tentativi per trasmettere esami neurologici e altre informazioni per gli studenti di medicina,per esperimenti di terapie di gruppo, diagnosi di casi difficili, consultazioni, seminari.

In Italia, una delle prime applicazioni di telemedicina è stata la trasmissione sperimentale di elettrocardiogrammi a distanza, iniziata nel 1976, utilizzando le normali linee telefoniche. Negli anni ottanta, l’allora SIP lanciò un vero e proprio “cardiotelefono”. Da allora, gli enti di ricerca, le università, le società scientifiche, il CNR ed il Ministero della Sanità, lavorando a diversi progetti, hanno fatto sviluppare diversi progetti tanto che già nel 2002 c’erano 12000 pazienti tele-assistiti e 50 aziende operanti nel campo.

 

Definizione

Per Telemedicina si intende una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies (ICT), in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o più professionisti) non si trovano nella stessa località. La Telemedicina comporta la trasmissione sicura di informazioni e dati di carattere medico nella forma di testi, suoni, immagini o altre forme necessarie per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e il successivo controllo dei pazienti. I servizi di Telemedicina vanno assimilati a qualunque servizio sanitario diagnostico/terapeutico. Tuttavia la prestazione in Telemedicina non sostituisce la prestazione sanitaria tradizionale nel rapporto personale medico-paziente, ma la integra per potenzialmente migliorare efficacia, efficienza e appropriatezza. La Telemedicina deve altresì ottemperare a tutti i diritti e obblighi propri di qualsiasi atto sanitario. Il suo utilizzo consente quindi, di creare nuove opportunità per il miglioramento del SSN tramite una maggiore collaborazione tra medici di Medicina Generale, Specialisti, Ospedali, Istituti e Laboratori. Nell’ambito della diagnostica clinica, questa disciplina permette al medico di effettuare diagnosi su un paziente a distanza, attraverso la trasmissione di dati prodotti da strumenti diagnostici. Inoltre permette di effettuare il teleconsulto che consiste nel fornire un’opinione clinica a distanza supportata da dati acquisiti inviati ad un medico da “remoto” che li analizza producendo di fatto una seconda valutazione clinica su un paziente.

 

Legislazione

Nel tempo le istituzioni hanno fatto vari tentativi di regolamentare le applicazioni delle comunicazioni tecnologiche in medicina

La Commissione Europea con la Comunicazione (COM-2008-689) “Telemedicina a beneficio dei pazienti, sistemi sanitari e società”, del 4 novembre 2008, individua una serie di azioni che coinvolgono tutti i livelli di governo, sia in ambito comunitario che dei singoli Stati Membri, per favorire una maggiore integrazione dei servizi di Telemedicina nella pratica clinica.

In Italia le prime Linee di indirizzo nazionali sulla Telemedicina sono state approvate dall’Assemblea generale del Consiglio Superiore di Sanità il 10 luglio 2012.

Nel febbraio 2014 è stata siglata l’Intesa Stato-Regioni al fine di garantire “uno sviluppo coordinato, armonico e coerente della telemedicina nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale”. Risultato particolarmente rilevante tenuto conto della necessità di ripensare il modello organizzativo e strutturale del Servizio Sanitario Nazionale del nostro Paese.  Regioni guida di questo progetto: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Toscana.

Dal 2018 tutte le regioni hanno recepito le linee di indirizzo con proprie delibere, e nel 2019 il ministero e un gruppo di lavoro sulla telemedicina ha realizzato una mappatura nazionale delle esperienze regionali e prodotto indicazioni uniformi sull’intero territorio nazionale per l’erogazione delle prestazioni a distanza.

Nel 2020 vista l’emergenza sanitaria diventa necessario fornire indicazioni uniformi sull’intero territorio nazionale per l’erogazione delle prestazioni a distanza, con particolare riguardo alle attività specialistiche, estendendo la pratica medica e assistenziale oltre gli spazi fisici in cui usualmente si svolge secondo le tradizionali procedure, anche in relazione alle iniziative avviate da alcune regioni nel periodo dell’emergenza Covid.

Il 17 dicembre 2020 (Repertorio atti n.215/CSR)è stato adottato, con Accordo in Conferenza Stato Regioni, il documento“Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni di telemedicina”. Questo documento intende fornire le indicazioni da adottare a livello nazionale per l’erogazione di alcune prestazioni di telemedicina quali la televisita, il teleconsulto medico, la teleconsulenza medico-sanitaria, la teleassistenza da parte di professionisti sanitari, la tele-refertazione.

Con questo documento la Telemedicina entra a pieno titolo nel SSN, da questo momento le prestazioni in telemedicina saranno riconosciute ufficialmente, sarà il medico a decidere se utilizzarle o meno.

telemedicina

Telemedicina e digitalizzazione sono strumenti su cui il Governo punta, con il Recovery Plan, per potenziare l’assistenza sanitaria territoriale e rendere la casa il principale luogo di cura.

Secondo l’Agenda Digitale il potenziamento della rete territoriale è uno degli aspetti più urgenti su cui lavorare, in particolare per i pazienti fragili e cronici. Infatti nella relazione del PNRR, che riguarda il capitolo Missione-6 Salute, si espongono i prossimi interventi divisi in due componenti: M6 C1 – Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale e M6 C2 – Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale

Sono previsti dei progetti per interazioni medico-paziente a distanza ed iniziative di ricerca ad hoc sulle tecnologie digitali in materia di sanità e assistenza per la creazione una Piattaforma Nazionale di Telemedicina.

 

Tipologie di prestazioni

  • Televisita: situazione dove il medico interagisce con il paziente a distanza.
  • Teleassistenza:favorire lo svolgimento di attività di tipo assistenziale eseguibili prevalentemente a domicilio, sempre attraverso un’interazione a distanza tra professionista e paziente o con il caregiver.
  • Telerefertazione: rilascio, da parte del medico che ha sottoposto il paziente a esame clinico o strumentale, di una relazione (il cui contenuto è identico a quello dei referti in presenza) trasmessa con sistemi digitali o di telecomunicazione.
  • Teleconsulto medico e/oTeleconsulenza: medici e professionisti sanitari interagiscono a distanza.
  • Telecooperazione sanitaria: attività delle professioni sanitarie.
  • TelesaluteeTelemonitoraggio: assistenza primaria con la presenza fondamentale del MMG o del PLS.

telemedicina

Per attivare qualsiasi servizio di telemedicina, è necessario che il paziente conceda l’adesione ad interagire con il medico durante la visita online e che, se richiesto, condivida la documentazione necessaria affinché il medico possa avere un quadro chiaro ed esaustivo dei sintomi del paziente. L’adesione è preceduta da una specifica informativa, secondo quanto riportato dalle normative “vigente in tema di privacy e sicurezza”.

 

Gli ambiti di applicazione

Diagnosi; prevenzione;controllo dello svolgimento delle terapie; del controllo dell’aderenza alle terapie; monitoraggio dei parametri clinici del paziente.

Lo scambio di pareri tra professionistipuò consentire un miglioramento nel processo di identificazione dei pazienti e/o situazioni a rischio.

Nuovi sviluppi

Attualmente, in Italia, ci sono circa 24 milioni di pazienti affetti da patologie croniche (all’incirca il 40% della popolazione), di cui 12,5 milioni con multi-cronicità. La pandemia COVID 19, pur riconoscendo la centralità dell’ospedale nella gestione dei pazienti COVIDsia acuti che cronici, ha messo in evidenza i limiti di questa gestione ed ha reso indispensabile la riorganizzazione della sanità, specialmente della medicina del territorio, in senso proattivo, favorendo la domiciliarità (“Telemedicina”) per evitare che i contagi avessero una crescita esponenziale, cercando di ridurre al minimo il rischio di diffusione del virus. Pertanto la pandemia COVID 19 ha reso indispensabile il ricorso all’assistenza a distanza, alla sanità digitale mediante il teleconsulto e alla Telemedicina, garantendo in alcune situazioni clinico-assistenziali lo svolgimento delle prestazioni professionali equivalenti agli accessi tradizionali. Per quanto riguarda i costi, come dimostra uno studio del 2012 dell’E.N.P.A.M. la strumentazione digitale permetterebbe un risparmio di tre miliardi di euro l’anno.

Per la maggiore usabilità dei servizi digitali sarà necessario un’evoluzione del Fascicolo Sanitario Elettronico. Obiettivo: fornire ai medici, e più in generale ai clinici, una visione globale e unificata dello stato di salute dei singoli cittadini;costituire punto di aggregazione e condivisione delle informazioni e dei documenti clinici afferenti al cittadino, generati dai vari attori del Sistema Sanitario. Ciò rappresenterebbe un fattore abilitante al miglioramento della qualità dei servizi e al contenimento dei costi. A completare i dati paziente sarà anche una buona Cartella Clinica Elettronica, che raccolga tutta la storia del paziente su un unico file permettendo di riconoscere i cambiamenti a breve e lungo termine, con possibilità di utilizzo medico-legale, e dietro consenso del paziente, anche negli studi clinici.

 

Il Medico di Medicina Generale e La Telemedicina

Una prima conquista per il medico di medicina generale e per il paziente è stata la possibilità del rilascio del promemoria della ricetta dematerializzata ovvero l’acquisizione del numero di ricetta elettronica e l’invio in allegato per posta elettronica ordinaria o PEC, o comunicazione del numero di ricetta elettronica mediante sms o con applicazioni di telefonia mobile o telefonica.

La telemedicina, attraverso l’attivazione di servizi a distanza, supporterebbe gli ospedalicon una rete territoriale forte e i pazienti sarebbero tutelati, senza però doversi necessariamente spostare, soprattutto se residenti in zone disagiate e/o distanti o se, per vari motivi, impossibilitati a raggiungere le strutture sanitarie.

I MMG potrebbero dotarsi di strumenti che permettano di seguire il 90% delle patologie dei propri pazienti che sono per lo più patologie croniche, in modo integrato e digitale, lasciando le acuzie agli ospedali. Già nei gestionali del Medico di Medicina Generale vengono inseriti i dati e i referti del paziente, come ad esempio gli esami del sangue o altri referti, che potranno essere condivisi anche in sede di televisita. Oltre a questi, potranno essere visionati contemporaneamente alla televisita, anche i grafici che nel tempo, si saranno generati dai dati inseriti sia dal medico che quelli inseriti giornalmente dal paziente e/o dal device in suo possesso; come ad esempio i valori di saturazione di Ossigeno, di pressione arteriosa e di glicemia. Nel caso in cui, tali valori superino la soglia, impostata ad hoc dal MMG per quel paziente, lo stesso medico di riferimento riceverà un allarme e chiamerà il paziente per approfondire il suo stato di salute; ed eventualmente, potrà chiamare l’ambulanza o prescrivere indagini per approfondimenti. In questo modo, si gestisce la cura dei pazienti in maniera più efficiente e tempestiva tanto da far sentire il paziente stesso più sicuro e tutelato, sgravandoi pronto soccorso, di tutti quegli accessi non in acuzie.

 

Rivista del mese

 

Dott. Carmelo Giuffrida
Dottore in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate. Docente incaricato all’insegnamento di “Attività Fisica Adattata” presso il Master Universitario di I° Livello in “Posturologia Clinica e Scienze dell’Esercizio Fisico” – Università degli Studi di Catania

 

 

 


Sintesi

Percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio implica meccanismi fisiologici neurali che coinvolgono sia informazioni con componenti coscienti che inconsce.

L’equilibrio può essere migliorato con specifico training somministrato in ambiente altamente specializzato!


Abstract

La propriocezione è la capacità di comprendere (percepire) e distinguere (riconoscimento) la posizione del proprio corpo nello spazio.

La funzione motoria documenta che l’uomo è un essere vivente, specie attiva in grado di pensare, progettare e compiere il movimento come esito di una integrazione funzionale complessa che viene resa da un insieme di comparti neuro-anatomici come le aree corticali motorie, i gangli della base, il cervelletto.

Poiché diversi organi sono deputati al controllo dell’equilibrio il sistema globale che ne consente la funzionalità si definisce “sistema integrato”.

I fattori che condizionano l’equilibrio umano riguardano il campo fisico, biologico e psicologico.

Conseguentemente ad un gesto motorio, gli aggiustamenti posturali possono avvenire tanto in
condizioni statiche (aspetti tonici) quanto in condizioni dinamiche (aspetti fasici). Essi debbono essere indagati sia in merito alle interferenze sensoriali (aspetti neuro-fisiologici), alle disorganizzazioni statiche e delle catene cinetiche muscolari, in rapporto agli svincoli artro-cinematici e alle coartazioni, senza trascurare gli aspetti psico-sociali ed emozionali.

Le metodologie di sviluppo implicano sia esercizi eseguiti in forma statica che dinamica in grado di favorire la padronanza e il controllo del corpo nell’esecuzione dei gesti motori, della forza muscolare, della velocità, delle capacità coordinative, ecc…


L’eminente Biologo, il Naturalista inglese Charles Darwin, nella sua opera cardine della storia scientifica,L’origine delle specie”, affermava che “Gli organismi viventi sono in equilibrio con il loro ambiente. Siccome l’ambiente cambia, debbono cambiare anch’essi, altrimenti sono condannati a scomparire”!

Sir Charles Scott Sherrington, nel 1906, invece, coniò il termine “propriocezione”: poneva le basi della moderna Neuro-Fisiologia. Il termine è formato dalle locuzioni “receptus” (atto del ricevere) e “propius” (da sé stesso), per definire il senso di percezione della posizione del corpo.

Propriocezione e Postura

 La propriocezione è la capacità di comprendere (percepire) e distinguere (riconoscimento) la posizione del proprio corpo nello spazio.

Anche senza il rapporto della vista, la percezione dello stato di contrazione mio-fasciale assume importanza basilare per l’essere umano in seno all’articolato meccanismo inerente al controllo dell’atto motorio.

Comprendendo i meccanismi fisiologici neurali, il concetto essenziale di propriocezione, nel corso del tempo, si è sviluppato e modificato.

La maggior parte delle informazioni propriocettive, essendo demandate al controllo dell’elaborazione del progetto motorio e alla sua esecuzione non raggiungono mai il livello di coscienza.

Tendenzialmente, si distinguono:

  • una componente cosciente della propriocezione: le informazioni provenienti dalla propriocezione cosciente vengono trasmesse attraverso la colonna dorsale e spino-cervicale per facilitare le attività motorie più articolate e complesse.

Clinicamente, persone che incespicano facilmente, nonostante presentino una deambulazione e una postura normale, possono mostrare una lesione al sistema della propriocezione cosciente.

  • una componente incosciente della propriocezione:la propriocezione assume unafunzione di rilevanza nellaconservazione della postura eretta, nella stazione seduta e nella coordinazione delle attività motorie più semplici.

Sul piano clinico, le alterazioni della propriocezione incosciente determinano deficit posturali o i sintomi dell’atassia.

La propriocezione è basata su due varietà differenti di sensazione:

  • la cinestesia o movimento articolare: il riconoscimento cosciente dei movimenti corporei;
  • la sensazione articolare: l’individuazione cosciente dell’orientamento e della posizione delle differenti parti del corpo.

 

Equilibrio e propriocezione

La funzione motoria documenta che l’uomo è un essere vivente, specie attiva in grado di pensare, progettare e compiere il movimento come esito di una integrazione funzionale complessa che viene resa da un insieme di comparti neuro-anatomici come le aree corticali motorie, i gangli della base, il cervelletto.

L’allineamento evolutivo e adattativo tra scatola cranica e i segmenti corporei per la relazione spaziale in risposta all’ambiente circostante coincide con la postura.

Una insufficienza del sistema vestibolare, particolarmente quando si manifesta una sensibilità asimmetrica dei canali semicircolari, delle disfunzioni della regolare attività visiva o dei disturbi del riflesso vestibolo-oculare, del nistagmo indotto dal vestibolo, determina forti relazioni con le inefficienze dell’equilibrio.

Una valutazione dell’otolito sensibile alla gravità induce a porre in correlazione l’asimmetria vestibolare con la scoliosi idiopatica. E, inconfutabilmente, disturbi propriocettivi trovano correlazioni a scoliosi importanti.

Il controllo posturale e la coordinazione dinamica muscolare avvengono:

– per effetto dell’integrazione centrale delle afferenze sensoriali, labirintiche, somatiche e visive con le afferenze cerebellari;

– per mezzo delle vie piramidali ed extra-piramidali;

– attraverso un forte legame tra la propriocettività e l’equilibrio: prolungate immobilizzazioni articolari, stati infiammatori a carico delle strutture capsulo-legamentose, atteggiamenti e vizi posturali possono alterare la funzionalità recettoriale, generando notevoli alterazioni dei riflessi posturali e dell’“instabilità funzionale”.

Il sistema propriocettivo ha il compito di ricevere, tramite i meccanocettori e specifici recettori articolari, informazioni che, trasmesse tramite le fibre nervose e integrate mediante il midollo spinale e la corteccia cerebrale, afferiscono dalle aree periferiche. Il ruolo svolto è quello di coordinare i movimenti, garantire una precisa percezione spaziale, fornire informazioni sia a livello cosciente (posizione e movimento in atto) che a livello inconscio, in relazione allo stimolo dei circuiti riflessi spinali (sensazione cinestesica) nella consapevolezza dei rapporti istituiti tra i vari segmenti a riposo (sensazione posturale).

L’equilibrio è una qualità fisica complessa di tipo percettivo-motorio che implica diversi sistemi interconnessi che ricevono stimoli dalla periferia e li trasmettono al centro:

– raccolta ed elaborazione (cervello),

– integrazione,

– modulazione (cervelletto),

– ri-trasmissione (sistema extra-piramidale) agli organi periferici per il controllo della postura indispensabile per ogni movimento.

Gli stimoli percepiti dai recettori periferici sono di ordine:

– visivo;

– labirintico;

– somato-sensoriale (importanza particolare dei propriocettori mio-fasciali e articolari).

equilibrioL’essere umano, negli ultimi milioni di anni ha affinato la capacità di lettura dell’ambiente confrontandone lo stato dei dati afferenti determinati dal movimento anche nel cervello viscerale o enterico, recepito per mezzo della branca somatica del Sistema Nervoso Periferico e, successivamente, elaborato nello strato limbico del cervello, vero e proprio punto di approdo delle emozioni e degli stimoli ambientati che, correlandosi alle strategie viscerali e mio-fasciali, restituisce il movimento[1].

Il “regolatore” delle afferenze ambientali è collocato nella parte dorsale del tronco encefalico[2]: il nervo vago.

È a questo nervo cranico che viene affidata:

– la regolazione cardio-polmonare (attivazione-inibizione, associazione-dissociazione, modulazione del battito cardiaco e dell’atto respiratorio),

– il set-up del tono motorio automatico e la regolazione dei movimenti fasici indispensabili alla verticalizzazione spaziale (definita impropriamente “PROPRIOCEZIONE”),

– la sincinesia pendolare e le compensazioni oscillatorie che caratterizzano il processo della locomozione.

Il programma motorio di un’azione si formula nei centri corticali superiori con una gerarchia Top-Down sovrastando con la “volontà” il sistema soccombente Bottom-Up Cinestesico e influenzando l’assetto superiore cortico-centrale. In tali sistemi si interpretano e si attribuiscono significati, si interferisce attraverso il processo della programmazione del gesto motorio relativo all’azione da compieree, di conseguenza, alla sua esecuzione.

Per mezzo della neocorteccia, il processo predittivo, insieme alla memoria procedurale ed emotiva, consente di velocizzare scelte decisive ed esecutive dell’atto motorio in termini di orientamento, direzionalità e prestativitàattentiva derivante dal talamo e, quindi, dal Sistema Nervoso Centrale.

L’auspicabile sincronia dei sistemi può essere ricercata tramite esercizi pratici e regolatori del Sistema Nervoso Volontario che connettono l’equilibrio corporeo alle capacità attentive somministrate tramite attività distraenti. Queste possono essere somministrate su superficie instabili mentre si coordina il movimento anti-gravitario al controllo del tetra-ritmo respiratorio (unica funzione influenzabile dalla volontà) in cui coscienza e inconscio si incontrano. Nella pratica quotidiana possono essere regolati, ottimizzati fisiologicamente e misurati bio-chimicamente e bio-meccanicamente.

Attraverso stimoli ippocampici che forniscono una memoria del lavoro, il metodo operativo di somministrazione degli esercizi, viene definito da un “principio di simulazione” e da un “principio di interferenza” che, insieme, consentono di riorganizzare e di fornire un’armonica sincronizzazione del sistema autonomico con quello somatico attivando un “cortex re-play” capace di codificare i nuovi pattern (motori, comportamentali, cognitivi, autoregolativi e di autocontrollo, educativi, di problem solving, …)appresi intellettivamente.

Organi dell’equilibrio

Poiché diversi organi sono deputati al controllo dell’equilibrio il sistema globale che ne consente la funzionalità si definisce “sistema integrato”.

Distinguiamo:

  • le stazioni di rilevamento (recettori periferici);
  • il sistema di entrata (le vie di trasmissione che portano gli stimoli captati dalla periferia) o vie afferenti;
  • l’unità di elaborazione, localizzata nei nuclei vestibolari e nella sostanza reticolare;
  • l’unità di modulazione (cervelletto);
  • il sistema di uscita (trasmettel’esito dell’elaborazione e della modulazione, avvenute nel cervelletto e nel sistema extra-piramidale, alla corteccia cerebrale e ai muscoli oculo-motori e scheletrici).

In particolare:

  • la corteccia cerebrale interviene nel livello cognitivo della sensibilità spaziale e permette la cinestesia, seleziona il livello delle risposte motorie in base a precedenti esperienze;
  • il sistema extra piramidale controlla ed organizza il movimento, i riflessi posturali e gli automatismi, per garantire la corretta esecuzione;
  • il cervelletto modula le risposte effettrici provenienti dai vari recettori, sorveglia il giusto livello di contrazione dei muscoli agonisti e antagonisti rendendo sinergico l’atto motorio, controlla la precisione dei movimenti, corregge gli squilibri se l’input periferico è inadeguato o abnorme.

 Le afferenze sono di differente tipo:

  • sensitive (organizzano la sensibilità spaziale);
  • vestibolari (controllano la posizione nello spazio dei vari segmenti somatici);
  • labirintiche (stabilizzano la direzione dello sguardo durante i movimenti della testa);
  • propriocettive muscolo-tendinee e articolari (concorrono al mantenimento del tono muscolare tramite i riflessi mio-tattici da stiramento e inducono i riflessi posturali);
  • visive (consentono il controllo diretto dell’ambiente circostante e guidano la precisione dei movimenti).

 

Tipologie di equilibrio

Distinguiamo 5 diverse tipologie di equilibrio:

  1. equilibrio riflesso: consente il mantenimento della postura;
  2. equilibrio autonomo: coinvolto in tutte le attività quotidiane;
  3. equilibrio volontario: si avvia in caso di esecuzione di un gesto motorio complesso;
  4. equilibrio statico: permette di mantenere il corpo immobile senza creare spostamento;
  1. equilibrio dinamico: permette di ripristinare l’equilibrio in caso di crisi innescando forze in opposizione alla gravità.

 

Le 4 leggi dell’equilibrio

  • – legge della totalità: una modificazione che interessa uno dei sistemi produce un’alterazione dell’intero sistema integrato;
  • legge dell’equi-finalità: in un sistema circolare con differenti interconnessioni, un identico risultato può esser ottenuto utilizzando informazioni provenienti da recettori differenti (visive, vestibolari, propriocettive o somato-estesiche) e con modalità diverse;
  • legge della retroazione:fondata sul fenomeno del feed-back – il centro dev’essere sempre informato attraverso una rete di informazioni provenienti dagli effettori somatici per poter verificare l’efficienza della finalizzazione degli stimoli inviati (risposta adeguata) e modificare adeguatamente le insufficienze alfine di ottenere il massimo risultato motorio.
  • – legge di calibrazione:
  • regola l’adeguatezza della risposta alla situazione effettiva del corpo nello spazio;
  • è legata ai limiti della stabilità del sistema;
  • il grado di stabilità è strettamente individuale.

 

equilibrioCaratteristiche del sistema dell’equilibrio

Il sistema dell’equilibrio ha 2essenziali peculiarità:

  • Ridondanza: un sistema si definisce ridondante quando riceve stimoli ed informazione da più parti ed è in grado di fornire la medesima risposta attraverso vie e modalità differenti;

 

  • Preferenzialità: in un sistema dotato di diversi canali, l’individuo può scegliere di utilizzare l’informazione proveniente da una via anziché un’altra ottenendo il medesimo risultato.

I giovanissimi utilizzano e sfruttano una bassa preferenzialità e una elevata ridondanza.

Gli anziani possiedono un’alta preferenzialità e una ridondanza ridotta.

In età adulta si sfruttano entrambe le possibilità con la medesima efficienza.

 

Rapporti tra base d’appoggio e baricentro

Questi 2 parametri (poligono di appoggio e baricentro somatico) consentono di definire 4 tipi di equilibrio per quanto riguarda la stabilità:

  1. Stabile, se il baricentro cade dentro la base d’appoggio: anche se il corpo è spostato tende a tornare in equilibrio spontaneamente;
  2. Instabile, se il baricentro cade fuori del perimetro della base d’appoggio: il corpo spostato tende a perdere l’equilibrio;
  3. Indifferente, se il baricentro coincide col centro della base: il corpo rimane sempre in equilibrio;
  4. In volo o in caduta: se il baricentro non ha alcun contatto con la base d’appoggio.

L’equilibrio è tanto più stabile se:

  • il baricentro è prossimo alla base d’appoggio;
  • la base d’appoggio è larga ed estesa;
  • la parte del corpo più pesante è più bassa.

La posizione stabile eretta dell’essere umano è garantita dall’equilibrio statico che si realizza per effetto del tono anti-gravitario conferito da forze muscolari. Questeforze consentono di compensare gli spostamenti del centro di gravità somatico e di recuperare la statica eretta nel caso di una sua alterazione.

 Qualità condizionanti

I fattori che condizionano l’equilibrio umano riguardano il campo fisico, biologico e psicologico.

Sono indispensabili:

  • morfologia;
  • costituzione dell’individuo;
  • integrità anatomico-funzionali degli organi;
  • qualità neurosensoriali;
  • qualità psichiche;
  • capacità di giudizio, scelta di tempo;
  • sicurezza e precisione motoria.

Qualità fisiche:

  • Velocità;
  • Forza;
  • Abilità;
  • Coordinazione neuro-muscolare (oculo-podalica e oculo-manuale);
  • Prontezza di risposta motoria.

 

equilibrioValutazione dei sistemi

Numerosi sono i tests per esplorare i sistemi dell’equilibrio:

  • Test della marcia di Joseph Babinsky-Pierre Weil, che esplora le asimmetrie vestibolari, le atassie e i disturbi dell’andatura;
  • Test di deviazione e indicazione, che indica la coordinazione neuro-motoria;
  • Test di Fukuda o del calpestio;
  • Test di Erich, basato sulla deambulazione su un asse rialzato dal terreno lungo 250 cm. e largo da 2 a 8 cm. che deve essere percorsa senza cadere, con passi brevi e rapidi.

Gli atleti evoluti lo effettuano a braccia incrociate sul petto e, pure, ad occhi chiusi.

Figura 5 – Esecuzione del Test di Fukuda o del calpestio – Foto di repertorio Studio Prof. Dott. Carmelo Giuffrida Catania – 2021

 

Il Training nella sessione dedicata all’equilibrio nel soggetto con disfunzioni posturali

Sebbene l’equilibrio sia una qualità complessa che implica l’intervento di parecchi organi ed apparati, è suscettibile di miglioramento su stimolazione che solleciti le qualità correlative.

Per consentire il movimento di altre regioni del corpo, la capacità di stabilizzare i vari distretti somatici garantisce l’espletamento del movimento finalizzato in equilibrio dinamico.

Il controllo posturale dinamico è fondamentale per effettuare un qualsiasi atto motorio
volontario che abbia un’intensità e una complessità, anche minima.

Un qualsiasi gesto necessita di movimenti anticipatori integrati tra loro ed essenziali per controbilanciare gli effetti dell’atto motorio stesso sulla postura e sul buon esito al fine di prevenire una possibile perdita dell’equilibrio.

Conseguentemente ad un gesto motorio, gli aggiustamenti posturali possono avvenire tanto in
condizioni statiche (aspetti tonici) quanto in condizioni dinamiche (aspetti fasici). Essi debbono essere indagati sia in merito alle interferenze sensoriali (aspetti neuro-fisiologici), alle disorganizzazioni statiche e delle catene cinetiche muscolari, in rapporto agli svincoli artro-cinematici e alle coartazioni, senza trascurare gli aspetti psico-sociali ed emozionali.

Le metodologie di sviluppo implicanosia esercizi eseguiti in forma statica che dinamica in grado di favorire la padronanza e il controllo del corpo nell’esecuzione dei gesti motori, della forza muscolare, della velocità, delle capacità coordinative, ecc…

Alla preparazione generale di base segue quella specifica:

  • Esercizi in volo;
  • Esercizi sul bacino;
  • Esercizi a corpo rovesciato;
  • Esercizi sugli arti inferiori;
  • Esercizi su piani instabili e su pedane elastiche con progressivo aumento del grado di difficoltà e riduzione della base d’appoggio e/o della stabilità.

 

L’educazione motoria dell’equilibrio deve ampliare gli schemi motori del soggetto, creare automatismi ed evitare atteggiamenti compensatori dannosi e difficilmente correggibili.

Durante il movimento, l’equilibrio viene garantito dall’integrazione indivisibile tra il gesto motorio e l’aggiustamento posturale a feed-back e a feed-forward col compito di mantenere il centro di massa corporea all’interno della superficie d’appoggio. Il sistema tonico posturale, con un complesso gioco-fasico, facilita e inibisce reazioni energo-positive ed energo-negative attraverso le fibre slow/rosse, toniche e tonico-fasiche che, dipendenti dal sistema extra-piramidale e, perciò globalmente involontarie, rappresentano l’elemento motore dell’intero sistema posturale.

Qualsiasi programma rieducativo funzionale deve prevedere una idonea somministrazione di stimoli per affinare la coordinazione anche ad alta velocità, il recupero delle funzioni propriocettive e neuro-muscolare.

Gli aggiustamenti posturali, sia anticipatori o a feed-forward che compensatori o a feed-back, debbono agire su diverse funzioni comportamentali:

  1. – sostenere testa e corpo contro le forze esterne e, essenzialmente, contro la forza di gravità;
  2. – mantenere il centro di massa corporea allineato ed equilibrato all’interno della base di appoggio;
  3. – stabilizzare i distretti somatici che supportano altre parti del corpo in movimento.

 

Figura 6 – Il controllo della postura tramite componenti a feed-forward e feed-back – da Carmelo Giuffrida in “Posturologia”- Cavinato Editore International – 2021

Gli aggiustamenti della postura a conseguenza di un atto motorio sono il risultato di informazioni oriunde da diversi tipi di recettori sensoriali che consentono al sistema motorio di partorire:

risposte anticipatorie (perturbazione attesa):

  • elaborazioni a feed-forward:meccanismi che generano risposte pre-programmate, in grado di contribuire al mantenimento della stabilità e, modificati dall’esperienza, aumentano l’efficacia con l’esercizio[3];

Il comando centrale relativo a un movimento volontario si associa con un comando simultaneo a feed-forward il quale anticipa una perturbazione posturale attesa.

risposte compensatorie automatiche (perturbazione inattesa):

 

  • elaborazioni a feed-back:meccanismi estremamente rapidi, dotati di intensità adeguata al raggiungimento dello scopo, dotati di un’organizzazione spazio-temporale relativamente stereotipata e perfezionati dall’esercizio[4] e dall’apprendimento[5].

Aggiustamenti relativamente semplici e rapidi – vedi riflesso da stiramento del bicipite – risultato di complesse reazioni motorie che sono state apprese ed eseguite come unica risposta possibile.

Tali risposte sono rapportate all’ordine temporale di successione, ai centri nervosi che li governano e ai recettori che li inducono.

Gli elementi di base del controllo posturale sebbene siano innati possono essere considerevolmente modificati con l’apprendimento.

Utilizzando tecniche che sfruttano il condizionamento di Pavlov si può ottenere un ottimo apprendimento di risposte anticipatorie a feed-forward.

Il fenomeno sinergico della postura si manifesta per effetto dell’integrazione delle vie riflesse, sottocorticali o corticali tra le afferenze visive, oto-vestibolo-occlusali, propriocettive (artro-muscolo-tendineo-legamentoso-fasciali), esterocettive (cutanee) e endocettive (sistema viscerale), e delle efferenze motorie che si realizzano per mezzo dei motoneuroni di moto di tipo α, consentendo lo strategico adattamento dell’equilibrio somatico, statico e dinamico, più utile alle necessità ambientali del momento.

I diversi sistemi recettoriali hanno correlazioni molto strette tra loro al punto d’influenzarsi reciprocamente.

I soggetti con lesioni cerebellari non sono in grado di adattare il controllo della postura alle variazioni delle condizioni ambientali. Il cervelletto svolge un ruolo determinante per la funzionalità dell’apprendimento motorio di questa tipologia.

La capacità di adattamento alle condizioni ambientali ha luogo tramite un flusso di informazioni posturali che procede dal basso verso l’alto. Invece, al contrario, il controllo delle relazioni spaziali fra il capo e il tronco, generato dal sistema vestibolo-cervicale, avviene grazie a un flusso di informazioni che procedono dall’alto verso il basso.

Se si ruota in una direzione per circa 60 secondi e poi si desidera stare in piedi, piegando improvvisamente la testa rispetto al tronco si cade per terra. Ciò in quanto vengono evocati riflessi posturali vestibolo-spinali piuttosto importanti per effetto di una errata risposta evocata incongruamente alla contestuale normale stimolazione delle afferenze cervicali (inclinazione del capo).

Di norma, si può ruotare bruscamente la testa rispetto al tronco senza alcun disturbo dell’equilibrio poiché i riflessi vestibolo-spinali vengono esattamente controbilanciati dalle informazioni afferenti provenienti dal collo.

Se, rispetto allo spazio circostante, il tronco si muove, il ruolo delle due vie che proiettano al midollo spinale diventa diverso.


 

Bibliografia

Carmelo Giuffrida – “POSTUROLOGIA – Dalla valutazione funzionale della postura al trattamento con la ginnastica posturale secondo le Scienze dell’esercizio fisico” – Cavinato Editore International 2021

Carmelo Giuffrida – “SCOLIOSI e NUOTO: PRO e CONTRO – Considerazioni Tecniche e Riflessioni Scientifiche” – Cavinato Editore International – 2020

Carmelo Giuffrida – “LA SCOLIOSI – Un paramorfismo tridimensionale e multifattoriale della colonna vertebrale: dalle osservazioni e valutazioni, alla ginnastica correttiva”– Cavinato Editore International – 2020

Sébastien Viel, Marianne Vaugoyeau, Christine Assaiante – Postural adaptation of the spatialreference frames to microgravity: back to the egocentricreference frame” https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/20422038/

 

  1. S. Pollock, B. R. Durward, P. J. Rowe, J. P. Paul – “Whatis balance”?https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/10945424/

[1] Cervello del mammifero.

[2] Il tronco encefalico è la sede elettiva del Sistema Nervoso Autonomo: è in questo luogo che le informazioni utili alla sopravvivenza assumono responsabilità sub-cosciente nei confronti di tutte le attività automatiche per garantire il mantenimento costante dell’energia metabolica disponibile al corpo umano, misurabili grazie ai domini derivati dal sistema HRV (Heart Rate Variability – variabilità dellafrequenza cardiaca)in termini di frequenza e di tempi, del sistema pressorio derivato da rilievi con capnografia (la misurazione non invasiva della concentrazione della pressione parziale dell’anidride carbonica, CO2, espirata).

[3]Responsabile dei meccanismi anticipatori a feed-forward, evocati principalmente dai recettori visivi, è l’area motrice supplementare della corteccia cerebrale.

 

[4]Le risposte compensatorie automatiche a feed-backsono gestite dalla corteccia cerebellare attraverso il sistema tetto-spinaleper la coordinazione del capo e degli occhi. Di conseguenza, per il mantenimento della cosiddetta postura visuo-spaziale, il sistema vestibolo-spinale mantiene il capo in posizione verticale rispetto alla forza di gravità. Il sistema reticolo-spinale ha il compito di coordinare la postura e il movimento integrando i segnalivestibolari, i segnali dei propriocettori muscolari e quelli provenienti da altre afferenze sensoriali, con i comandi discendenti dalla corteccia cerebrale.

 

[5]Il compito di governare l’apprendimento del gesto semiautomatico, memorizzando i parametri con i quali esso si svolge, è di competenza del circuito dell’oliva bulbare.

Rivista del mese

 

Dott. Roberto Urso
Dirigente Medico U.O. di Ortopedia e Traumatologia Ospedale Maggiore, Bologna

 

 

 


Abstract

Fracture of the clavicle, a frequent occurrence in childhood, statistically represents about 12% of all fractures. In shoulder trauma, the clavicle alone accounts for at least two thirds of injuries.
When it comes to managing these fractures, specialists have always been divided between restorative surgery and conservative treatment.

Surgery leads to anatomica! alignment, certainly has greater risks, but nonetheless the conservative treatment which can lead to a flawed healing, with shortening frag- ments, unsightly imperfections and inappropriate shoulder postures.

La frattura della clavicola, evento frequente nell’età infantile, statisticamente rap- presenta circa il 12% di tutte le fratture. Nella traumatologia della spalla, la sola clavicola rappresenta almeno i due terzi delle lesioni.
Nell’ambito della gestione di queste fratture, gli specialisti si sono sempre divisi fra la chirurgia riparativa e il trattamento conservativo.

L’intervento chirurgico porta ad un allineamento anatomico, ha sicuramente rischi maggiori, ma non di meno il trattamento conservativo che può determinare una guarigione viziata, con frammenti in accorciamento, sgradevoli inestetismi e atteg- giamenti della spalla non adeguati.


Frattura della clavicola: trattamento chirurgico o incruento?

La frattura della clavicola, evento frequente nell’età infantile, statisticamente rappresenta circa il 12% di tutte le fratture. Nella traumatologia della spalla, la sola clavicola rappresenta almeno i due terzi delle lesioni.

Essa è sempre determinata da un trauma ad azione indiretta (molto rara) o diretta (frequente): con trauma sulla mano a spalla estesa e abdotta oppure caduta sul gomito con trauma riflesso. Dall’età di 45 anni in poi la frequenza di tale frattura diminuisce sensibilmente.

Come si presenta clinicamente?

Nell’infanzia (35% della totalità di fratture) si presenta sempre con dolore e impotenza funzionale, ma la lesione va attenzionata con scrupolo in quanto, ad occhio meno esperto, potrebbe confondersi con la pronazione dolorosa. Si può presentare con l’aumento della curvatura della scapola, altre volte si presenta nella tipologia «a legno verde».

Nell’adulto, solitamente, la frattura è completa quando vi sono spostamento dei frammenti e l’atteggiamento tipico della spalla è di apparire abbassata e traslata in avanti. La clavicola mantiene un’ angolazione a vertice superiore, con pelle tesa. Vi è tumefazione costante, con successivo sanguinamento che riempie la fossa sovra-claveare e spesso la regione pettorale superiore.(fig.1)

Esame obbiettivo:

Alla palpazione si evoca dolore, ma la motilità preternaturale porta subito a far diagnosi di frattura. Il dolore è tale che obbliga il paziente a mantenere il braccio immobile contro il tronco.

Quadro radiografico:

Nell’adulto spesso la rima è perpendicolare all’asse della clavicola o obliqua dall’alto verso il basso, con frammenti acuminati. Altre volte vi è la presenza di 3° frammento. Le fratture comminute sono la risultanza di un trauma diretto. (fig.2)

Fratture al 3° medio: è la zona della clavicola maggiormente vulnerabile (70% dei casi); è osso poco protetto perché coperto da sola pelle nella sua porzione anteriore ed è soggetto a maggior sollecitazione. E’ la sede di elezione nelle fratture dell’infanzia.

Fratture al 3° laterale: come frequenza (20% circa) sono seconde e solitamente oblique. Quando sono vicine all’articolazione acromion-claveare si possono definire del 4° distale o «frattura iuxta-articolare» come fu definita da Delbet.

Fratture al 3° mediale: sono rare (3-4%) e quasi sempre composte. Comprendono la piccola porzione compresa fra la sterno-clavearee e il punto di incrocio con la prima costa. Se la frattura avviene all’interno dell’inserzione dello SCM, il moncone può risalire.

Frattura esposta: trattamento in urgenza, quando possibile. È generalmente legata ad un politrauma.

 

Complicanze:

Lesioni pleuro-parenchimali: l’importante retrazione del frammento prossimale può provocare la perforazione della pleura o creare lesione all’apice del polmone (raro).

Lesioni vascolari: Rare, nonostante i rapporti stretti con arteria e vena succlavia. Il muscolo succlavio e il legamento costo-coracoideo formano, al di sotto della clavicola, un cuscinetto di protezione. I rischi maggiori si hanno se uno spostamento mediale del frammento laterale provoca una perforazione della parete o una lesione parziale, con conseguente formazione di aneurisma.

Lesioni nervose: non sono molto frequenti. Se accadono, è a causa del forte spostamento indietro di uno dei frammenti, che può ledere il plesso brachiale.  Vanno segnalati anche i rarissimi casi di compressione del plesso da esubero di callo osseo riparativo.

Trattamento

Alcuni chirurghi preferiscono operare per dare un miglior allineamento alla frattura, evitare accorciamenti con guarigioni esteticamente e funzionalmente inadeguate, ma con la negatività di dover effettuare un’anestesia e di avere una cicatrice in sececlaveare, Altri preferiscono non operare e provare con un trattamento incruento per poi accontentarsi di una guarigione che, anche se con monconi accavallati, è comunque solida e stabile.

In ogni caso ambedue le scelte possono dare sia grandi soddisfazioni che grandi delusioni.

Trattamento incruento: se elenchiamo tutte le tipologie di trattamento incruento che negli ultimi cinquant’anni sono stati attuati, superiamo abbondantemente le 100. (fig.3)

clavicola

clavicola

La riduzione di per sé non crea difficoltà. L’aspetto precario è l’immobilizzazione (o contenzione) della frattura che, con la grande motilità del frammento laterale, solidale con il cingolo scapolare, e la forza esercitata dallo sterno-cleido-mastoideo, ne determinano la mobilizzazione. (fig.3)

Le fratture di clavicola, anche con frammenti accavallati, tendono a guarire, con tempi lunghi, spesso con risultato finale buono in una ampia casistica. Ciò che determina disturbo, soprattutto nel sesso femminile, è l’inconveniente estetico della deformità dei monconi di frattura consolidati viziosamente.

Trattamento chirurgico: sicuramente determina un allineamento ideale, quando eseguito da mani esperte. Diventa necessario se la guarigione incruenta sfocia in pseudoartrosi o in “ritardi di consolidazione/scomposizione in corso d’opera”.

La chirurgia in queste fratture si può definire rara, ma nei pazienti con significativo accorciamento (per sovrapposizione dei monconi di frattura, deformità angolare, rischio  di deterioramento della cute per compressione dei monconi), diventa necessaria poiché troveranno immediato sollievo dalla ripresa della lunghezza anatomica, dal recupero dell’atteggiamento viziato di anteposizione della spalla e una più veloce ripresa al movimento. Una sintesi ben eseguita secondo le tecniche chirurgiche AO, crea una stabilità tale da permettere una precoce liberazione dai tutori reggi braccio.

Il successo della chirurgia deriva dalla elevata competenza del chirurgo e dall’uso dei più moderni device chirurgici, tutti in lega derivata dal titanio o in acciaio amagnetico.

Una osteosintesi con placche anatomiche con dei punti di presa (minimo tre) determina un’immediata stabilità della lesione e la possibilità di lasciare libero quanto prima il paziente da eventuali tutori.

 

Casi clinici.

 

  1. I) Figura 4

Anni 17, maschio, trauma da impatto durante partita di rugby: frattura al 3° medio di clavicola destra con focolaio angolato, ma senza reale scomposizione. Il trattamento fu incruento, posizionando un bendaggio a “otto” per 35 giorni,  tollerato molto bene. A 35 giorni dal trauma fu eseguito un controllo radiografico, che diede riscontro positivo: allineamento mantenuto, callo osseo valido, assenza di dolore, ripresa funzionale rapida.

clavicola

  1. II) Figura 5

Giovane sportivo, 20 anni, trauma spalla sinistra con frattura al 3° medio diafisario di clavicola e frattura comminuta con due frammenti trasversi a rischio compromissione apice polmonare.

Intervento chirurgico di riduzione della frattura e osteosintesi con placca VariAx2 in lega di titanio. Controllo radiologico post-operatorio e successivo controllo a trentacinque giorni. Il paziente ha portato solo un reggi braccio e ha iniziato la rieducazione funzionale dopo circa quindici giorni dall’intervento.

clavicola

III) Figura 6

Maschio di anni 47, trauma nel 2019. Fu trattato, presso altra sede, con bendaggio a “otto”. La frattura guarì scomposta in consolidazione viziata e pseudoartrosi ipertrofica. Alla mia osservazione si evidenziò un accorciamento della clavicola con anteposizione della spalla sinistra e continui dolori con impotenza funzionale.

Decisi di eseguire intervento chirurgico di callocalsia e pulizia della pseudoartrosi, osteosintesi con placca New Clip in lega di titanio. Nel post-operatorio il paziente fu dimesso con un reggi braccio e la prescrizione di un precoce trattamento di recupero funzionale. Il paziente, alla fine del trattamento presentò una completa guarigione e una restitutio ad integrum.

clavicola

  1. IV) figura 7

Paziente maschio di anni 53, infortunio sul lavoro; frattura al 3° medio-distale della clavicola destra. L’uso del bendaggio a “otto” non portò a risultati e si decise di optare per intervento chirurgico.

Si eseguì riduzione della frattura con ricomposizione anche dei piccoli frammenti per mezzo di vite inter-frammentaria e sintesi definitiva con placca AO.

Il decorso post-operatorio fu ottimale e fu eseguito protocollo rieducativo. La guarigione definitiva si ebbe a circa tre mesi. Nella figura 7 si può notare il controllo radiografico eseguito ad un anno dall’intervento e il controllo radiografico eseguito dopo due anni, prima di rimuovere la placca.

 

 

Riabilitazione

Dopo un intervento di osteosintesi di frattura di clavicola vanno limitate le attività dell’individuo. Un’ottima osteosintesi crea perfetta stabilità dei monconi di frattura, tant’è che non è necessario posizionare tutore con immobilizzazione completa, ma occorre assolutamente evitare, per un periodo che varia fra le quattro e le sei settimane, movimenti estremi, quali portare l’arto superiore al di sopra della testa.

Si mobilizza il braccio fino a 90° di abduzione/flessione e si prosegue con il pendolo di Codman che comprende un R.O.M. attivo del gomito, del polso e della mano per almeno 4-6 settimane. (fig.8)

clavicola

Conclusione

Le fratture della clavicola, a volte, vengono sottovalutate e trattate nell’immediato con presidi, quali bendaggi o tutori. Queste fratture, se non trattate adeguatamente, portano ad accorciamenti, a pseudoartrosi oppure a errate anteposizioni della spalla.

Bibliografia

1) Iupiter JB, LeffertRD.: Non union of the clavicle: associatedcomplications and surgical management. J. Bone Joint Surg. 1987;69°:753-760

2) Edward V. Graig: ClinicalOrthopaedics. Lippincott William & Co _ Philadelphia, USA, 2005

3) Charles N. Cornell: Fratture e pseudoartrosi di clavicola. Chap.16, Ortopedia Clinica- vol.1, Antonio Delfino Editore

Mullaji AB, Jupiter JB. Lowcontactcompressionplating of the clavicle. Injury1994;25:41-45

4) Anthony A. Romeo: Fratture della clavicola. -Spalla e gomito-: Tom R. Norris editore, 1997

Rivista del mese

Dott. Tiziano Gastaldi
Medico Chirurgo, Dottore di ricerca
Medico Chirurgo specialista
in Reumatologia, abilitato in Ortopedia e Traumatologia, già docente regionale Piemonte in MG, già inserito come medico sperimentatore, nel primo registro nazionale italiano dell’ASL 22 fase III e IV del farmaco. Arbedo (Ch.)

 

 

SINTESI

La medicina attuale, e la ricerca in campo biomedico in particolare, sono schiave di biochimica e del metodo statistico e sono fondate su assiomi postulati e convenzioni, che possono essere ridimensionati e ridotti ed è giunto il momento di risolvere il problema della crisi delle scienze.


ABSTRACT

Ancora oggi, nonostante l’utilizzo di sofisticatissimi mezzi di indagine, le diagnosi sbagliate in medicina rappresentano un grosso problema, problema che esiste anche per i farmaci che non sono in grado di eliminare la malattia, generando anche effetti collaterali o non previsti, nonostante siano usati, da una parte gli strumenti, e dall’altra i farmaci seguendo le indicazioni e le linee guida, in maniera corretta.

Considerando poi le medicine cosiddette “alternative”, che ottengono risultati, ma che la comunità scientifica internazionale occidentale non vuole accettare nella medicina ufficiale, perché prive di substrato scientifico, a cominciare dall’omeopatia, tutto questo porta a pensare che ci sia qualcosa che manca, o che non sia stato sufficientemente considerato e che ancora ci sfugge nel campo fisiopatologico.

Questa lacuna viene, dal mio gruppo, individuata nella mancanza della fisica quantistica in campo medico.

Applicare la visione biofisica anche alla virologia, ed al Sars.Cov2 in particolare, descrive un altro panorama utilizzabile sia terapeuticamente e preventivamente, ed è questo l’argomento a cui si stava dedicando il Professor Montagnier col suo gruppo, prima di morire, collaborando con fisici tra cui i più vicini a lui erano italiani, il Professor Vitiello e Del Giudice. A tal proposito ci fu una polemica verso il 2011 che coinvolse alcuni di loro a proposito della memoria dell’acqua: <<Vitiello (Università di Salerno): “Il lavoro di Montagnier è assai serio, e apre nuove prospettive per la scienza, lo critichi solo chi ne ha la competenza scientifica”.Del Giudice (Istituto Nazionale Fisica Nucleare): “Chi non conosce la fisica, provveda a impararla prima di criticare a vanvera”.Roberti di Sarsina (esperto Cons Sup di Sanità): “Le affermazioni di Remuzzi contro le medicine non convenzionali sono solo sommarie generalizzazioni”>>Autori: Accademia Italiana Osteopatia Tradizionale, Libriomeopatia 27.7.2011.


Una famosa frase del Professor Velio Bocci (1) è medicina tutto ciò che fa stare meglio il paziente

Ogni epoca vede ciò che gli strumenti dell’epoca possono permettersi di vedere (2).

Non cerchiamo cerco cose nuove, ma esploriamociò che è stato trovato, con nuovi strumenti e soprattutto con una nuova forma mentis fondata sul dubbio, e sulla certezza; dubbio relativo alla visione attuale della natura e delle leggi di natura, e certezza che tutto cambia e l’uomo deve inseguire questi cambiamenti cercando di prevederli piuttosto che cercare di bloccarli considerandoli nemici della propria individualità.

Questo il metodo utilizzato:

  1. Conoscere i meccanismi ed i funzionamenti di ciò su cui intendiamo intervenire o che dobbiamo giudicare,
  2. Conoscere i meccanismi ed i funzionamenti di ciò che vogliamo applicare o inserire nel ragionamento, non solo biochimici ma anche biofisici,
  3. Conoscere le interazioni interne ed esterne che possono intervenire (i vari condizionamenti possibili nel caso di narrazioni non completamente e scientificamente descritte, con postulati alla base, non dimostrati, ma semplicemente dati per certi in quanto, al momento, indimostrabili)
  4. Considerare che interveniamo su meccanismi complessi di cui conosciamo solo una infinitesima parte, e per quanto riguarda le narrazioni coinvolte, considerare che possono anche essere state manipolate, distorte, o fornite in maniera parziale perché condizionate da secondi fini oscuri e non a tutti noti, e a volte nemmeno ipotizzabili, se non da una mente perversa
  5. Conservare lo spirito critico per rimettere in discussione tutto ciò che pensiamo sapere, visto che può nel frattempo essere cambiato o possono intervenire altri fattori inizialmente non noti o non presenti o il substrato su cui si è “elaborato” potrebbe non essere “onesto”.
  6. Va rammentato che “la filosofia è la madre di tutte le scienze” (Marco Tullio Cicerone).

Solo alcuni addetti ai lavori, specialisti e referee, possono capire e determinare regole assolute in campo scientifico, soprattutto in medicina, scomunicando chi non le segue, e per questo solo loro possono capire, ed avere unici, il monopolio della scienza?

Cosa c’entra la politica con la scienza? Come può la politica determinare regole assolute, scegliendo anche coloro che devono essere il suo riferimento nei vari comitati tecnici scientifici, potendo anche stravolgere conclusioni scientifiche delegando alla scienzale proprie responsabilità senza pudore?

Si dovrebbe poter arrivare a capire se sia onesto chi comunica, per il piacere di comunicare, avendo i requisiti per farlo in maniera onesta consapevole e autorevole, o se la comunicazione non sia viceversa, lo strumento per comunicare, con lo scopo finale di detenere un potere più o meno occulto, inibendo la concorrenza di eventuali altre verità, che potrebbero essere scomode o alternative, e anche più efficaci efficienti e economicamente convenienti, o solamente meno inquinanti.

Il primo scopo della scienza è identificare l’ignoranza, ed il secondo è di cercare di ridurla senza avere l’ambizione di trovare verità assolute, questo dicono da più parti, da quando esiste la scienza, i veri scienziati.

È pertanto da considerarsi l’esistenza di variabili, e magari anche capire da cosa dipendono queste differenti possibilità, verificando quali differenti particolari abbia considerato colui che espone un’altra teoria, verificando se siano statiben esposta e giustificata, e se abbia effettivamente un substrato per dover essere accettata questa diversa visione, perché corretta, oggettivata ed incontestabile, secondo le regole scientifiche classiche, per allargare la conoscenza.

Le condizioni periferiche che aleggiano intorno all’oggetto, visto esclusivamente come materia, continuano a essere regolate da leggi fisiche immutabili, la gravitazione, le proprietà degli elementi, la natura delle particelle elementari, il magnetismo, senza di cui la vita non sarebbe possibile (Heisenberg), e quindi i campi magnetici terrestre e solare, che ci avvolgono, e che rispondono alle leggi universali della fisica, e oggi la fisica quantistica ha soppiantato la fisica classica dimostrandone i limiti..

Va inoltre considerato se l’esame “dell’oggetto” è eseguito staticamente, enel breve o lungo tempo, e anche qualiscale di misura di spazio e tempo siano state utilizzate, e se queste sono coerenti con quelle della natura, e anche della vita.

La materia vivente à costituita da singolarità e risponde a quelle definite “accidentalità” che tanto accidentali non sono, ma rispondono a leggi forse non ancora note o non del tutto note, o non chiare a tutti, che possono alterare le caratteristiche e le condizioni di ambiente, e degli oggetti nell’ambiente, ma di queste alcune sono già note, e occorre considerarle, ricordando che diversa è una analisi in sistema chiuso e in sistema aperto, e che nell’universo non esiste un sistema chiuso, e che se fosse chiuso, nel momento che venisse osservato, diventerebbe aperto.

Ma l’uomo che pretende di trovare soluzioni a tutto, per poter codificare e normare con regole umane ripetibili ciò che studia, ha rimediato,decidendoi limiti per cui le diversità delle unicità di qualsiasi oggetto possono non esserlo.

Si considera pertanto un sistema chiuso sovrapponibile ad un altro, un sistema che contiene si differenze, ma queste vengono considerate ininfluenti.

Spesso, se da questi studi vengono originate formule e regole, ci si deve anche ricordare che queste sono ripetibili in sistemi ben circoscritti ed identici in tutto e per tutto, ma se le stesse regole vengono applicate in sistemi più ampi o in diverse condizioni, l’errore dapprima ininfluente, può diventare fondamentale e stravolgere il risultato.

Della dinamicità dell’universo, in cui ad un certo punto è comparsa la vita el’uomo, universo che non è di proprietà umana come qualcuno pensa sfruttandolo all’inverosimile, che è sistema aperto, interagente con i vari ambienti che lo compongono, le leggi di natura sono ancora sconosciute, o poco conosciute e oltretutto possono anche cambiare, cambiando le condizioni.

In questo mondo applicando le statiche leggi umane, di uomini che chiamano caos l’ordine dinamico dell’universo, che sono valevoli per piccoli sistemi considerabili chiusi, in cui tutto appare superficialmente sempre riproducibile nella identica maniera, alla lunga, viene alla luce l’errore, che genera effetti non previsti e non voluti, anche se sul non voluti ci sarebbe a lungo da discutere.

Con strumenti sempre più precisi, gli errori dapprima invisibili, o solamente trascurabili, divengono visibili, e mostrano i limiti delle teorie fondate su assiomi e postulati, originando le nuove teorie fondate su nuovi presupposti, spiegando da una parte quanto spiegato dalla teoria precedente, e dall’altra qualche cosa in più.

Quello che prima sembrava eccezione alla teoria in auge, non lo era per nulla, ma rispondeva a criteri ancora sconosciuti, ora individuati con i nuovi strumenti, o con strumenti propri di altre branche scientifiche non utilizzati nell’analisi.

Quando devi affrontare l’analisi di situazioni complesse dove l’intelligenza ed il ragionamento contano molto, per i meno dotati diventa molto più semplice utilizzare il metodo statistico, ma quando lo si utilizza, non si deve commettere l’errore che vediamo commesso in maniera plateale dai vari rappresentanti del ministero della salute e comitato tecnico scientifico compreso, di trasformare dati statistici, oltretutto raccolti con errori di campionamento grossolani, che sono dati relativi e probabilistici, in valori assoluti, da utilizzare come regola unica, che di fatto blocca tutte le altre alternative.

Da oltre un centinaio di anni si dibatte sulla crisi delle scienze, ma esiste una sola scienza che, se parcellizzata come è accaduto,viene trasformata in piccole scienze che non dialogando più tra loro, non percepiscono il panorama globale, o per lo meno un panorama più ampio.

Oltre a questo sono assurte a degnità di scienza, materie che con la scienza non hanno proprio nulla a che fare, a cominciare dalla statistica; questo in medicina accade anche con le varie specialità, in assenza di un coordinatore superiore, che una volta era rappresentato dal medico di famiglia.

Sapere poco di tutto, sapendo però dove poi andare a conoscere quello di cui si sa poco.

Il sapere è talmente ampio e dispersivo che nemmeno il più potente computer è in grado di raccogliere tutto lo scibile umano, computer che deve sempre essere riempito di dati da qualche umano, ma anche se lo fosse, non sarebbe in grado di elaborare i dati come fa la mente umana che elabora in un modo completamente diverso da quella che viene chiamata a torto intelligenza artificiale, e parafrasando il fisico Emilio Del Giudice (4): “il computer è un cretino veloce”.

Oggi troppo viene delegato alla tecnologia, come anche in medicina dove si chiede ad una risonanza di fare diagnosi, dimenticando che la malattia è ciò che ha fatto rompere quello che la RMN rivela essere rotto, e che la RMN non è in grado di far vedere.

Una volta acclarato cosa è rotto, la domanda successiva è: perché si è rotto e cosa lo ha fatto rompere?

Siamo nell’era della relatività ed è necessario usare dei metodi di studio e di approccio che contemplino dinamicità e continuo aggiornamento, con verifica dei nuovi panorami che ogni attimo si determinano e quindi, come disse Maiorana, “la fisica è su una strada sbagliata”, anche per la medicina si può sostenere la stessa tesi, ed è ora di cambiare “paradigma”, termine che va di moda, allargando lo sguardo e correggendo questa ormai inveterata “crisi delle scienze” determinata da una mole enorme di dati da considerare, per cui essere specialista sembra più semplice, ma comporta un qual certo isolamento scientifico che impedisce di vedere un panorama allargato in cui il problema che si analizza dimostra nuovi contorni e nuovi contenuti.

In questo momento pare che la fisica quantistica rappresenti il “datemi un punto di appoggio e vi solleverò il mondo” frase che il matematico Pappo di Alessandria (5) attribuì ad Archimede quando scoprì la leva, o il cartesiano “cogito ergo sum”, per una nuova visione da applicare soprattutto in medicina per comprendere più a fondo i meccanismi fisiopatologici, e da qui partiamo cercando di arrivare a concludere che possono coesistere anche altri metodi terapeutici da considerare, dando a questi metodi un substrato “scientifico” che la comunità scientifica internazionale e i vari referee, o arbitri, dovranno accettare, pena dimostrare “ignoranza” di argomenti noti ad altri livelli scientifici che ormai non dialogano più tra loro, trasformandoli da esperti in inesperti.

Tutto questo mi ha indotto a contattare altri colleghi, anche di “specialità” diverse, colleghi che avevano anche loro sentito la medesima necessità di ampliare la conoscenza, allargando lo sguardo a grandangolo, e da questo diverso bisogno di conoscereè sorta, la prima associazione medica che si occupa di integrare Biochimica e Biofisica per rendere la medicina meno assiomatica e per liberarla da quella necessità di “metodo statistico” che ormai si è impadronito della ricerca monopolizzandola.

Quello che sta accadendo oggi, e che è sotto gli occhi di tutti, dipende proprio dall’uso esasperato di questo metodo che permette a chiunque di pubblicare, e che ha sostituito il “ragionamento scientifico”. Oggi la quasi totalità delle pubblicazioni, se non tutte, derivano da studi statistici, e questo comporta anche una crescita esponenziale delle pubblicazioni tra cui diventa difficile estrapolare le cose veramente interessanti, qualora riuscissero ad arrivare allo stadio di pubblicazione con l’altro problema che è sorto; la ricerca malata di sponsor e anche le riviste scientifiche malate dello stesso male.

Prima di arrivare all’argomento di moda oggi, il covid, applicando questa visione prospettata, anche senza entrare nei dettagli che avrebbero bisogno di molte più pagine, vorrei ancora citare il libro su cui studiai 45 anni fa, presso l’Università di Genova, “analisi statistica per medici e biologi” scritto da Luigi Cavalli Sforza: <<Quando usare il metodo statistico? Il metodo statistico è stato definito “felice sussidio all’ignoranza umana”. Vi ricorriamo, difatti, per ottenerne aiuto nell’analisi di situazioni complesse; quando, cioè, la estensione dei dati o la complicazione del problema impediscono di rendersi conto immediatamente dell’andamento di un fenomeno, e si rende necessario sottoporre i dati medesimi a qualche genere di elaborazione>> (3).

La deduzione che ne dovrebbe derivare, è che il metodo statistico deve essere utilizzato in subordine ad una analisi razionale, logica, scientifica e ragionevole delle situazioni complesse, e non sostituirsi a questo tipo di analisi, che oggi sembra scomparsa dal panorama della ricerca medica, vedendo solo pubblicazioni aventi come substrato unico il metodo statistico.

Mi scuso per la generalizzazione, ma è importante ben comprendere il problema sotteso.

Con la statistica anche un normo-dotato può apparire un genio e pubblicare, ma ancora peggio, con statistiche contenenti errori di campionamento, che sovente sono errori voluti, specie in campo farmaceutico, il vero può diventare falso ed il falso può diventare vero, come nel caso delle statistiche relative all’efficacia o meno dei vaccini attuali.

Nel caso citato, vaccinando chiunque, senza verificare l’eventuale preesistenza di anticorpi da contattocon l’agente patogeno che può anche avvenire asintomaticamente, senza verificare se dopo la vaccinazione l’organismo abbia prodotto anticorpi, senza entrare nel merito di ulteriori dati disponibili che sono pubblici e che confortano questa conclusione in maniera scientifica, facendo parte l’immunologia della reumatologia, la mia specialità, qualsiasi conclusione che gli esperti traggano, è priva di significato,perché emergono nell’allestimento di queste statistiche con relativi calcoli, in maniera evidente, e anche puerile, quelli che vengono definiti, sempre dal testo del Professor Luigi Cavalli-Sforza considerato il padre della statistica, problemi di regressione e anche problemi di correlazione.

In base alla definizione insegnata al corso per medici e biologi soprariportata, chi utilizza la statistica in maniera esclusiva, ed elabora conclusioni che si ripercuotono sulla vita quotidiana di tutti, si rispecchia nella definizione di ignoranterelativamente alla situazione che sta analizzando, e lo dimostra ancora di più, se rifiuta la possibilità di emanciparsi da questo stato di ignoranza, nonandando a verificare cosa possa darci in più la conoscenza di altre branche della scienza, ed in particolare della fisica, e respingendo a priori analisi che sono giunte a conclusioni differenti ancorché suffragate da metodi molto più scientifici della statistica che declassa e denatura la scienza.

Questo è ammissibile solo se non esistono alternative che devono essere vagliate e non rifiutate.

I virus e la pandemia, visti, o meglio, misurati, con gli strumenti propri dei fisici, producono altre immagini, molto diverse, che propongono un nuovo panorama, quello che stava osservando il professor Luc Montagnier, che ebbi anche l’occasione di conoscere, e con lui discutere, anni fa, ad una conferenza tenuta nell’aula magna dell’università di Milano con presente come relatore, anche il fisico Emilio Del Giudice.

Analizziamo a grandi linee la situazione complessa determinata dalla presenza e diffusione in tutto il mondo, del coronavirus, noto per determinare la malattia Covid19, dal punto di vista biofisico facendo alcune considerazioni iniziali.

Il virus non è un microorganismo vivente, gli esseri viventi possono contenere anche parti non vive che permettono loro la vita o possono alterarne le funzioni.

Anche su questo fatto, cosa è vita, ci sono stati dibattiti da sempre, ed è l’argomento più pregnante per la filosofia.

I virus non si muovono, non crescono, non si moltiplicano autonomamente, ma vengono trasportati come sospensioni, e vengono replicati da cellule viventi che sono fondamentali per la loro persistenza.

I virus sono aggregati particolari di atomi e molecole, e con cariche ioniche elettriche positive.

Tutti ormai sanno della proteina Spike, ma pochi si soffermano sul fatto che questa proteina è ionizzata positivamente.

La parola virus significa veleno.

La cellula umana in buona salute, ha un potenziale di membrana di -70 m.volt. Meno 70 millivolt, ovvero possiede una carica negativa.

Penso sia ovvio ricordare che nel magnetismo le cariche si segno opposto si attraggono mentre di segno uguale si respingono

Già semplicemente questa osservazione dovrebbe far pensare chi la fisica conosce e si ricorda del magnetismo.

Aggiungiamo altri due argomenti: a) tensione superficiale e b) elettricità statica.

Dal sitodell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano(6), estrapoliamo: I Coronavirus hanno morfologia rotondeggiante e dimensioni di 100-150 nm di diametro. Composizione: Glicoproteina S (“spike”): il virus mostra delle proiezioni sulla propria superficie, della lunghezza di circa 20 nm. Tali proiezioni sono formate dalla glicoproteina S, tre glicoproteine S unite compongono un trimero; i trimeri di questa proteina formano la struttura a corona che circonda il virione. La glicoproteina S è quella che determina la specificità del virus per le varie cellule. La proteina M è proteina di membrana che attraversa il rivestimento interagendo all’interno del virione con il complesso RNA-proteina

Dimero emoagglutinina-esterasi (HE): questa proteina del rivestimento, più piccola della glicoproteina S, svolge una funzione importante durante la fase di rilascio del virus all’interno della cellula ospite

Proteina E: l’espressione di questa proteina aiuta la glicoproteina S (e quindi il virus) ad attaccarsi alla membrana della cellula bersaglio. Envelope: è il rivestimento del virus, costituito da una membrana che il virus “eredita” dalla cellula ospite dopo averla infettata. RNA e proteina N: il genoma dei Coronavirus è costituito da un singolo filamento di RNA a polarità positiva di grande taglia, da 27 a 32 kb nei diversi virus; non sono noti virus a RNA di taglia maggiore. L’RNA dà origine a 7 proteine virali ed è associato alla proteina N, che ne aumenta la stabilità.

Come si può notare siamo confrontati da una semplice descrizione ma non c’è alcun riferimento a come possano avvenire i vari scambi metabolici tra virus e cellule, perché la biochimica ed il microscopio elettronico non possono farlo, ma un dato che deve farci ragionare viene indicato:“il genoma dei Coronavirus è costituito da un singolo filamento di RNA a polarità positiva”.

L’argomento andrà sviluppato meglio, ma per ora è sufficiente iniziare a capire che dati in più può darci la fisica quantistica nel campo della virologia, ricordando che “lo scopo della scienza è identificare l’ignoranza, ed il secondo è di cercare di ridurla senza avere l’ambizione di trovare verità assolute”.

Eppure la fisica quantistica viene già utilizzata in medicina ed in virologia in particolare!

Come funziona la risonanza magnetica nucleare è abbastanza risaputo, ma è molto più sconosciuto il meccanismo con cui si ottengono le immagini con microscopio elettronico.

La microscopia elettronica sfrutta il principio fondamentale che contraddistingue la fisica classica dalla meccanica quantistica, che si è rivelata l’unica in grado di spiegare il comportamento della materia nel mondo infinitesimamente piccolo.

Questi dati sono ormai consolidati da tempo, ma val la pena di ricordare che la materia composta da miliardi e miliardi di particelle ha comportamenti che sfuggono ai nostri sensi e alla nostra umana intuizione, per fortuna non di tutti.

In questi comportamenti, una volta che li si è individuati, le leggi fisiche classiche non hanno più valore e ci si deve rivolgere alla meccanica quantistica di cui conosciamo le moltissime applicazioni, come i Laser, la RMN e appunto i microscopi elettronici per disegnare i virus.

Le particelle hanno una doppia natura, possono comportarsi come corpuscoli in determinati esperimenti, mentre in altri si comportano come onde.

Molto semplice è, con la fisica classica, calcolare con precisione la traiettoria e la velocità di corpi in movimento, mentre con la meccanica quantistica, più precisamente conosci la posizione di una particella, tanto più incerta diventa la sua velocità. Lo stesso accade invertendo i fattori e questo è enunciato nel principio di indeterminazione enunciato dal fisico tedesco Werner Heisenberg nel 1927, lo stesso del “senza il magnetismo la vita non sarebbe possibile”; ma senza il magnetismo nemmeno i virus potrebbero svolgere la loro azione, e andando oltre Heisemberg, nemmeno gli atomi potrebbero esistere e non solo la vita, perché gli atomi hanno un nucleo carico positivamente ed elettroni negativi, ed oggi si pensa ai neutroni come cariche di segno opposto in equilibrio.

Il microscopio elettronico è strumento della fisica quantistica che sfrutta il fenomeno della diffrazione.

Dal sito della facoltà di fisica dell’Università di Udine:“La diffrazione è una caratteristica generale dei fenomeni ondulatori che si manifesta ogni volta che una porzione di un fronte d’onda, sia esso di suono, di onde di materia o di luce, investe un ostacolo, sia opaco che trasparente (ad esempio si manifesta quando un fascio luminoso illumina il bordo di un ostacolo, attraversa un foro, una oppure più fenditure praticate su uno schermo, illumina un piccolo oggetto come un capello…).Il fronte d’onda viene alterato (in fase o in ampiezza) e la propagazione non è più rettilinea.Al di là dell’ostacolo i fronti d’onda interferiscono. Si produce una distribuzione di intensità (diffrazione). Non c’è nessuna distinzione fisica fra diffrazione e interferenza: interferenza sovrapposizione di poche onde

diffrazione sovrapposizione di molte onde”.

In termini semplici, il virus da vedere, preparato e trattato in modo specifico e introdotto in un microscopio elettronico, viene inondato da un fascio di luce di una ben determinata frequenza che, incontrando gli elettroni degli atomi che compongono il virus, devia i suoi raggi descrivendo l’ombra degli elettroni su uno schermo posteriore e l’insieme di queste immagini, vengono elaborate da un potentissimo computer che disegna l’immagine virtuale del virus.

Al fatto che il virus sia un aggregato molecolare non vivo e che non si muove, che sia carico positivamente, che le cellule sane degli esseri umani hanno un potenziale di membrana di meno 70 m.volt, dobbiamo ancora aggiungere due concetti, quello di come funziona il passaggio transmembrana e cosa sono e come funzionano i canali ionici, e la legge dei domini di coerenza.

Wikipedia: “Un canale ionico è una proteina trans-membrana (cioè attraversa la membrana cellulare) che permette il passaggio di determinati ioni dall’esterno all’interno della cellula o viceversa. I canali ionici sono selettivi per una o poche specie ioniche. La presenza di cariche fisse forti sull’imboccatura del canale rende la sua permeabilità inversamente proporzionale al raggio anidro degli ioni in quanto viene allontanato l’alone idrico di solvatazione (es: canale per il sodio). La presenza di cariche fisse deboli sull’imboccatura del canale rende la sua permeabilità inversamente proporzionale al raggio idrato degli ioni (es: canale del potassio e dello zolfo). I canali la cui permeabilità (e quindi la loro specificità) non è correlata né al raggio anidro né a quello idrato, presentano all’interno una sequenza di specificità che consiste in una serie di cariche e in una determinata conformazione spaziale che permette il passaggio solo a determinate specie ioniche.”

La specificità del canale per uno ione o per un altro ione è determinata dalle proteine che lo compongono, spiegazione descrittiva a cui manca un particolare. Quell’insieme di proteine determina un campo magnetico di una frequenza ben precisa e specifica per gli ioni che devono transitare.

Per quanto riguarda poi il passaggio transmembrana, si deve pensare alla tensione superficiale e la metafora che permette di comprendere il meccanismo lo conosciamo da sempre ma non ci abbiamo mai fatto caso; provate ad immaginare una bolla di sapone e la cannuccia che vi entra e che vi esce senza farla scoppiare e immettendoci all’interno del fumo, o un’altra bolla. Si tratta sempre di magnetismo e di elettroni.

I legami chimici sono in effetti legami magnetici.

Come ultimo argomento resta ancora la legge dei domini di coerenza.

Dal libro “Lo sviluppo spontaneo della conoscenza negli organismi viventi: unità di funzione e struttura. Autori: Emilio Del Giudice and Alberto Tedeschi:Abstract. Le interazioni intermolecolari all’interno degli organismi viventi avvengono non come eventi individuali indipendenti ma come parte di una rete collettiva di eventi interconnessi. La correlazione consiste in un reciproco accordo di fase tra le molecole in sintonia con un campo elettromagnetico da esse prodotto. L’oscillazione elettromagnetica presenta accordi tra le frequenze dei vari modi oscillatori analoghi a quelli rinvenibili in una partitura musicale. Nella dinamica biologica il significante, cioè l’insieme dei segnali elettromagnetici, coincide con il significato, cioè con l’insieme delle reazioni biochimiche da essi generate. Struttura e funzione vengono perciò a coincidere. Se uno stimolo oscillatorio proveniente dall’esterno entra all’interno di questa struttura dinamica ne stimola un’evoluzione la cui natura non è determinata univocamente dalla struttura del segnale fornito ma dipende anche dalla struttura del sistema (milieu) a cui il segnale è fornito e dalla sua storia. Il segnale esterno non fornisce perciò un’informazione nel senso della teoria convenzionale formulata da Shannon ma è uno stimolo allo sviluppo della dinamica spontanea dell’organismo. Intermolecular interactions in living organisms are not independent individual events but are inserted in a network of interconnected events. Correlation is provided by a mutual phase agreement among molecules in tune with a self-produced electromagnetic field. Electromagnetic oscillation exhibits accords among the frequencies of the vibrational modes which look like the accords existing in musical scores. In the biological dynamics the signifier, namely the ensemble of electromagnetic signals, coincides with the signified, namely the ensemble of the induced biochemical reactions. Therefore, structure and function coincide. An external oscillatory stimulus entering within such dynamical structure induces an evolution not uniquely determined by the structure of the signal but depending also by the structure and the history of the system (milieu) which receives the signal. The external signal doesn’t supply an information in the sense of Shannon conventional theory, but is a stimulus to the development of a spontaneous dynamics of the organism.

Cercando di rendere più semplice questo discorso, che diventa utile anche per spiegare la differenza tra esperimenti eseguiti in vivo ed in vitro, questa legge dei domini di coerenza individuata da Giuliano Preparata (7) ed Emilio Del Giudice, che spiega il fenomeno, deve essere conosciuta.

Ha anche a che fare con l’effetto diapason; se eccito un diapason tagliato su una determinata frequenza e lo pongo tra altri diapason di frequenze diverse, solo i diapason di frequenza identica si metteranno a loro volta a vibrare, indipendentemente dalla distanza se non vi sono sovrapposti ostacoli.

Oppure si può pensare a chi accorda un pianoforte; il tecnico oggi ha strumenti tecnologicamente avanzati, ma anticamente disponeva di un diapason per ogni corda del pianoforte; poneva il diapason eccitato sullo strumento musicale, e successivamente tendeva la corda che, raggiungendo la frequenza corretta, si metteva a sua volta a vibrare, mentre le altre corde di frequenza diversa non venivano eccitate.

Nell’effettuazione di una reazione in vitro, questa avverrà con la prima molecola che entrerà nel raggio di azione delle molecole del primo composto, come avviene quando qualche corpo celeste entra nel raggio di azione dell’atmosfera terrestre che lo attira verso terra, indipendentemente dal campo magnetico del corpo stesso.

In vivo, questo non accade perché gli atti metabolici finalizzati alla vita e alla salute dell’organismo, devono svolgersi consequenzialmente e gerarchicamente, in maniera precisa e ordinata e la molecola che deve reagire deve essere quella e solo quella; qualora non fosse quella corretta, si genererebbe una alterazione metabolica che, se lieve, potrebbe anche essere compensata, ma se non fosse sufficiente il meccanismo compensatorio che possiede la materia vivente, quello sbaglio molecolare potrebbe, a cascata, precipitare danni, o localmente e riparabili, ma potrebbe anche dare situazioni irreparabili.

Lo stesso meccanismo è anche alla base dei fenomeni dell’invecchiamento.

Questa precisione e questo ordine, nella materia vivente, sono dovuti ai segnali magnetici contenuti nel campo magnetico in cui avviene l’atto metabolico che deve seguire in maniera esatta quello precedente, e precedere quello successivo, il tutto coordinato con i miliardi e miliardi di altri atti metabolici che avvengono contemporaneamente e a più livelli, aggregando o disgregando molecole ben precise.

Oltre a questo questi atti metabolici sono anche condizionati dal campo magnetico che ci avvolge tutti e che determina quelli che sono definiti oggi come epigenetica.
Per poter immaginare questo influsso esterno, è sufficiente pensare ai raggi solari e all’abbronzatura.
I raggi solari non sono altro che fotoni di una determinata frequenza, e fotoni, fononi e solitoni con la nomenclatura che si sta allargando, rappresentano forme diverse di energia espressa in modi diversi, ma tutti caratterizzate da frequenze specifiche e ben identificabili.

Questi campi magnetici, endogeni ed esogeni, variano in dipendenza di numerose cause e, quelli direttamente correlati alle funzioni dell’organismo, lo fanno a seconda delle necessità dell’immediato, rapidamente e diversamente da un luogo all’altro e da un organo all’altro dell’organismo.

Pertanto accade che, diversamente dalla reazione in vitro, dove è la vicinanza che permette la reazione, nel vivente la o le molecole coinvolte, possono essere anche lontanescavalcando altre molecole che in vitro avrebbero immediatamente reagito trovandosi in prossimità, producendo l’atto metabolico coordinato.

Il parametro necessario, in vivo, non è la prossimità, ma la frequenza.

In vivo le molecole rispondono alla legge dei domini di coerenza, e la forza che le spinge sarebbe rappresentata da forze tipo le dispersive di London o di Van der Waals.

Nel caso poi di come entrano ed escono le sostanze necessarie e le scorie nelle cellule, anche se si dovrà ricercare ancora molto, è stato fatto un primo passo per spiegare questa differenza tra le reazioni in vivo ed in vitro.

Con questi dati, possiamo anche ipotizzare come può essere trasportato nell’aria un virus, al di là delle gocciole diFlügge (i droplet degli starnuti e dei colpi di tosse), e postulare che campi magnetici possano condizionarne il trasporto pensando alla famosa onda portante delle radio trasmittenti in cui il segnale viene rilevato quando viene attivato il pulsante microfonico, ma la voce non giunge sino a che non si parla, comportandosi come un fiume in cui si getta qualcosa che galleggia e che la corrente trasporta.

Se i ricercatori si impegnassero utilizzando misuratori di campo e di cariche ioniche, strumenti che sono di uso comune per i fisici e gli elettrotecnici, si arriverebbe a concludere che i virus, si comportano come qualsiasi particella in sospensione, cosa che sono in effetti, e da poco abbiamo assistito al fenomeno dell’arrivo in Europa della sabbia rossa del Sahara.

Quindi non solo trasmissione diretta con sternuti e colpi di tosse, e a seguire, ricordando la legge dei domini di coerenza e le cariche ioniche positive e, in particolare quelle della proteina Spike, si può ipotizzare il tropismo per cellule specifiche in cui l’affinità è determinata dalla frequenza del campo magnetico della parete cellulare o dei canali ionici presenti.

Ma oltre a quello si può anche pensare a come neutralizzare, non solo il coronavirus, ma tutte le sospensioni patogene che hanno cariche positive, con un produttore di vento ionico negativo, che oltre a sanificare gli ambienti, potrebbe neutralizzando i virus, tranquillamente sostituire le mascherine.

Esistono già in commercio apparecchietti del genere, che devono però, per essere efficienti, produrre grandi quantità di ioni negativi.

Sono piccoli strumentini che portati appesi al collo come ciondoli di minimo spessore e di circa 10 cm di lunghezza, producono quello che è definito vento ionico, e che permise ai ricercatori del Massachussetts Institute of Technology, di progettare un velivolobasato su questo fenomeno elettrostatico, consistente nella produzione interna all’aereo, di un flusso di ioni in grado di spingerlo sorreggendolo, permettendogli un volo costante.

In campo aeronautico, l’uso della propulsione ionica viene descrittodall’elettro-idrodinamica, materia che riguarda la produzione di elettroni e di ioni,per trasmettere una spinta permettendo a velivoli di volare ma solo all’interno dell’atmosfera

Il meccanismo citato porta allo sviluppo di un effetto corona, in cui una determinata corrente elettrica si muove in un conduttore con un potenziale elettronico molto elevato all’interno di un sistema neutro circostante, come l’aria.

Questa fluttuazione continua di molecole di aria ionizzata negativamente, produce una spinta che è in grado di far volare un velivolo; tale vento ionico si può produrre in maniera ridotta ma sufficiente allo scopo, da utilizzare per neutralizzare i virus carichi positivamente che perdono la carica e non vengono più attratti diventando inoffensivi.

Sino a tre anni fa, chi si dedicava alla medicina quantistica non avrebbe mai pensato che questo genere di ricerca avrebbe potuto avere un risvolto in virologia, ma, in effetti, in questa specialità medica l’applicazione delle leggi della fisica risulta addirittura più comprensibile che nel campo delle malattie degenerative neurologiche dove oggi si è concentrata la ricerca perché abbiamo a che fare con una causa individuabile in materiale non vivente che obbligatoriamente risponde alle leggi della fisica.

Questa pandemia e la poca efficacia delle cure attuali, soprattutto a livello preventivo, hanno attirato l’ attenzione di chi si dedica alla medicina quantistica per cui è stato semplice traslare tutti i dati già noti, anche sul coronavirus e virus in genere, soprattutto alla vista di come questa incresciosa vicenda viene gestita, cercando di far notare come potrebbe essere utile investire nella fisica per risolvere problemi come questo, qualora ce ne fosse la volontà, ricordando ancora un ulteriore argomento che dovrebbe dar da pensare a molti di coloro che ancora ragionano e usano la statistica solo come ultima risorsa.

I prioni e la malattia di Creuzfeld Jacobs: I prioni sono proteine pure che, senza DNA ed RNA riescono a determinare fenomeni come fanno i virus, determinano malattie e si fanno replicare; come è possibile che ciò avvenga, se non c’è alcun patrimonio genetico a disposizione?

Il prione è una proteina costituita dagli stessi atomi della proteina non patologica, ma che ha solo modifiche spaziali rispetto a quella non patogena. Il fenomeno è conosciuto dai biochimici sotto il nome di isomeria conformazionale; ne esistono diverse forme ed è noto che l’isomeria cambia gli effetti nelle reazioni chimiche.

Se gli atomi sono gli stessi e nello stesso numero, c’è una spiegazione per svelare il mistero che la chimica conosce ma non spiega; la proteina isomerica, rispetto alla proteina originale non patogena, genera un campo magnetico differente, e forse le risposte a molti interrogativi a cui la chimica non può rispondere possono ritrovarsi nella fisica quantistica e nell’introduzione del parametro campo magnetico e frequenza.


Bibliografia:

  • Riferimento a leggi di fisica già esistenti con citazione dell’enunciatore e discussione diretta di alcuni argomenti col Prof. Luc Montagnier, Emilio Del Giudice ed il professor Piergiorgio Spaggiari (Fisico e medico, presidente AMBB e coordinatore del primo master internazionale di medicina quantistica tenuto dalla Università La Sapienza Unitelma Roma).
  • Professor Velio Bocci scomparso nell’Ottobre 2019. Sito dell’Università di Siena (1240): già Professore emerito dell’Università di Siena, grande studioso e ricercatore di fama mondiale. Già docente di Fisiologia generale. Al professor Velio Bocci era stato conferito il titolo di Professore Emeritodell’Università di Siena nel maggio del 2003.Laureato in Medicina e chirurgia all’Università di Siena nel 1954, il professor Bocci aveva iniziato la sua carriera nel 1955 in qualità di assistente prima alla cattedra di Clinica chirurgica generale e poi di Fisiologia generale, fino a diventarne professore ordinario. Nel 1981 era stato nominato direttore dell’Istituto di Fisiologia generale della facoltà di Farmacia, poi divenuto Istituto di Fisiologia generale e scienza dell’alimentazione, incarico che aveva mantenuto per diversi mandati.Pioniere degli studi sull’Interferone, di cui la prima riunione scientifica si tenne a Siena alla fine degli anni ’60, comprese subito l’importanza dell’Interferone e di altre molecole, citochine, nella fisiologia e nella fisio-patologia.Autore di molte pubblicazioni scientifiche, Bocci è ricordato come un maestro di scienza e un grande ricercatore.
  • Frase tratta da “Il salto quantico in medicina” autore Gastaldi Tiziano, Peruzzo editore.
  • Luigi Cavalli Sforza: Nato a Genova nel 1922, laureatosi nel 1944 a Pavia e nel 1950 a Cambridge, dove fu assistente dell’illustre statistico Ronald Fisher, Cavalli-Sforza fu dirigente del reparto ricerche microbiologiche dell’Istituto Sieroterapico Milanese dal 1950 al 1957, e professore di genetica prima all’Università di Parma dal 1958 al 1962, poi all’Università di Pavia e successivamente all’Università Stanford in California. “Analisi Statistica per Medici e Biologi – Serie di Biologia e Medicina – BORINGHIERI ed.
  • Emilio Del Giudice (Wikipedia):<<Fisico teorico di formazione, durante gli anni settanta, insieme a Sergio Fubini, Paolo Di Vecchia e Gabriele Veneziano è stato uno dei cardini di un’attiva scuola di fisica teorica a cui si deve l’attività pionieristica sulla teoria delle stringhe. Fu un pioniere anche della teoria quantistica dei campi nella materia soffice, concentrandosi principalmente sul ruolo dell’acqua liquida nella fisica degli organismi viventi e dedicandosi alla ricerca sulla fusione fredda, di cui è stato noto sostenitore. In seguito divenne noto per i suoi studi con Giuliano Preparata all’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) nel campo della materia condensata. È conosciuto anche per le sue qualità di divulgatore scientifico, in particolare sulla meccanica quantistica. Ha lavorato al Niels Bohr Institute di Copenaghen; e poi è stato membro dell’International Institute of Biophysics, a Neuss, in Germania>>. Di mia conoscenza: collaborava col premio Nobel Luc Montagnier sino alla sua morte e aveva collaborato alla costruzione assieme a Getullio Talpo e altri della ionorisonanza ciclotronica endogena. Insieme al giornalista Maurizio Torrealta, ha scritto il libro Il segreto delle tre pallottole.
  • Pappo di Alessandria. Wikipedia: è stato un matematicogreco antico, uno dei più importanti del periodo tardo imperiale.
  • L’Università Vita-Salute San Raffaele (UniSR) è un ateneo privato italiano con sede a Milano fondata nel 1996 all’interno dell’Opera San Raffaele da don Luigi Maria Verzé, che ne è stato rettore fino alla morte, nel 2011. L’Università è affiliata con l’Ospedale San Raffaele di Milano, che dal 2012 è entrato a far parte del Gruppo Ospedaliero San Donato.

Giuliano Preparata Wikipedia: Preparata (Padova10 marzo 1942 – Frascati24 aprile 2000) è stato un fisico italiano. Frequenta il Liceo classico Umberto I di Roma e si laurea alla Sapienza in Fisica Teorica, summa cum laude, relatore Raoul Gatto, nel 1964. L’anno successivo è a Firenze, borsista CNR, poi professore incaricato di Fisica dei neutroni. Dal 1967 al 1972 insegna nelle più prestigiose università americane quali PrincetonHarvardRockefellerNew York University. Consegue la libera docenza in Fisica Teorica nel 1969; vince il concorso a cattedra di Fisica Teorica nel 1975. Dal 1974 al 1980 è Staff Member nella Theory Division del CERN di Ginevra.Giuliano Preparata ha dedicato gran parte della sua attività scientifica alla fisica delle particelle, portando rilevanti contributi alla costruzione del Modello Standard. In particolare ha chiarito la natura del campo quantistico di Dirac del quark e ha proposto una soluzione al problema cruciale del confinamento del colore nell’ambito della Cromodinamica quantistica (QCD).Dal 1987 ha rivolto la sua attenzione anche ai problemi della materia condensata e alla fisica nucleare nel quadro della teoria quantistica dei campi, avanzando nuove teorie su soluzioni coerenti della QED in sistemi abbastanza densi e abbastanza freddi applicabili alla fusione fredda. Ha inoltre sviluppato con la biologa molecolare Cecilia Saccone un modello markoviano di evoluzione molecolare che ha ricevuto notevole attenzione da parte della comunità scientifica internazionale.Ha pubblicato circa 400 lavori nei seguenti campi: fisica subnuclearefisica nucleare, fisica del lasersuperconduttivitàsuperfluidità, acqua liquida e solida, materia condensata (vetri, colloidi, elettroliti, ecc.), fisica delle stelle di neutroniastrofisica dei GRB (Gamma ray burst), fusione fredda. Si è inoltre interessato alle proprietà dei campi elettromagnetici dell’acqua, in una serie di lavori sperimentali poi ripresi nel 2009 dal Premio Nobel per la Medicina Luc Montagnier.

Rivista del mese


Massimo Agnoletti,

Psicologo, Dottore di ricerca Esperto di Stress, Psicologia Positiva e Epigenetica. Formatore/consulente aziendale, Presidente PLP-Psicologi
Liberi Professionisti-Veneto. Direttore del Centro di Benessere Psicologico, Favaro Veneto (VE)

 


Sintesi

Una recente ricerca, ha dimostrato l’esistenza di uno specifico meccanismo di difesa del sistema nervoso centrale, per limitare l’ingresso di molecole infiammatorie che innesca stati d’ansia e di depressione. Si è dimostrato che in questo contesto, tali condizioni sono parte della malattia e non manifestazioni secondarie.


English Abstract

The etiology of anxious and depressive states is a complex phenomenon where psychological and physiological factors are often intertwined in such a massive way that it is almost impossible to distinguish the nature of one domain of influence from the other. However, a recent study has identified, for the first time in the world, a particular type of anxiety and depression caused by a specific defense mechanism, implemented by changing the permeability of a particular anatomical structure called the Choroid Plexus, to counteract the entry into the brain of inflammatory molecules of intestinal origin.

The clinical implications of this type of anxiety and depression are many and need to radically change the protocols adopted by professionals in the sector.

Italian Abstract

L’eziologia degli stati ansiosi e depressivi è un fenomeno complesso, dove i fattori psicologici e fisiologici si intrecciano spesso in maniera  massiccia ed è pressoché impossibile distinguere la natura di un dominio d’influenza rispetto l’altro. Un recente studio ha identificato per la prima volta al mondo, una particolare tipologia di stati di ansia e di depressione causati da uno specifico meccanismo di difesa, che viene messo in atto modificando la permeabilità di una particolare struttura anatomica chiamata Plesso Coroideo, necessarie per contrastare l’ingresso nel cervello di molecole infiammatorie.

Le implicazioni cliniche di questa tipologia di stati d’ansia e depressione sono molte, e necessitano di un cambio radicale dei protocolli adottati dai professionisti del settore.


Da diverso tempo era noto che per le persone che soffrono di Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI), note internazionalmente come Inflammatory Bowel Disease (IBD), vi è un’incidenza particolarmente alta di sintomi d’ansia, depressione o entrambe.

È altrettanto risaputo da tempo, l’esistenza di un asse comunicativo di natura sia neurale che endocrina tra il sistema nervoso centrale e l’intestino, che modula le reciproche influenze sia da parte della dimensione psicologica su quella fisiologica- cellulare, che della dimensione fisiologica-cellulare su quella cognitiva-emotiva-motivazionale.

Esistono due tipi principali di IBD: il morbo di Crohn, che può colpire qualsiasi parte del lungo tratto gastrointestinale, e la colite ulcerosa, che colpisce solo l’intestino crasso ed il retto.

Una statistica condotta nel 2016 (Dahlhamer et al., 2016) stima che solo negli Stati Uniti, almeno un milione di adulti (circa l’1,3% della popolazione adulta), soffre di IBD.

I sintomi di IBD includono diarrea persistente, dolore addominale, perdita di peso e affaticamento cronico e secondo un recente studio (Byrne et al., 2017), circa il 30% di questi pazienti soffre anche di depressione, ansia o entrambe.

Naturalmente il dolore, il disagio e la qualità di vita significativamente degradata dei soggetti affetti, aumentano il rischio di sviluppare disturbi mentali, inclusi l’ansia e la depressione ma vi sono recenti scoperte su connessioni biologiche dirette tra l’infiammazione associata all’IBD e diverse malattie neuropsichiatriche.

Un recente studio condotto sui topi (Carloni et al., 2021) dimostra, per la prima volta, che la comunicazione alterata tra l’intestino e il cervello, dovuta ad uno specifico meccanismo di difesa adottato dal cervello (per limitare l’ingresso delle molecole infiammatorie originate a livello intestinale), è responsabile di almeno una particolare tipologia di stati di ansia e depressione.

Lo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Science, condotto da un gruppo di ricercatrici coordinate dalla professoressa Maria Rescigno dell’università Humanitas di Milano, ha scoperto un particolare meccanismo che viene messo in atto nel plesso coroideo, struttura cerebrale che gestisce l’ingresso di sostanze nutritive e cellule immunitarie nel cervello, filtrando selettivamente il liquido cerebrospinale (Javed, Reddy, & Lui, 2021).

La barriera selettiva fra il circolo sanguigno ed il liquido cerebrospinale, viene alterata dal cervello (in termini di permeabilità) nel momento in cui essa percepisce la presenza di citochine infiammatorie. Il meccanismo ha al fine di proteggere dalle conseguenze che queste molecole avrebbero a livello neurale e altera la comunicazione dell’asse cervello-intestino. L’alterazione induce stati di ansia e di depressione nei topi coinvolti nello studio.

L’asse intestino-cervello rappresenta un canale di comunicazione bidirezionale tra i due organi e i microrganismi che vivono all’interno dell’intestino (microbiota intestinale) hanno un ruolo fondamentale in questo complesso e continuo dialogo informativo (Agnoletti, 2021a; Agnoletti, 2021b; Caio et al., 2019; Cheunget al., 2019; Li & Zhou, 2016; Sharon et al., 2019; Foster &McVeyNeufeld; 2013; Garrett et al. 2007; Mangiola et al., 2016; Rodrigues-Amorim et al., 2018; Simpson et al., 2021).

Interessante è la scoperta del modo in cui l’infiammazione intestinale può innescare nel cervello la “chiusura”(in termini di diminuzione di permeabilità del Plesso Coroideo) della porta di scambio comunicativo tra i segnali del torrente sanguigno ed il liquido cerebrospinale. Ciò avviene per impedire alle citochine infiammatorie di entrare nella rete del sistema nervoso centrale.

In un modello animale è stato mostrato come questo meccanismo di difesa (causato dalla IBD), peggiora le performance cognitive mnemoniche e induce stati di ansia e di depressione.

I risultati della ricerca supportano quindi l’ipotesi che almeno parte delle alterazioni comportamentali e cognitive, descritte nei pazienti con IBD, possano derivare non dall’accresciuta infiammazione, come generalmente pensato, ma piuttosto dalla strategia difensiva adottata dall’organismo per proteggere il cervello da possibili danni infiammatori.

Precedenti indagini condotte dallo stesso gruppo di ricerca (Spadoni et al., 2015), avevano identificato per la prima volta una “barriera vascolare intestinale” che generalmente impedisce ai batteri di passare dall’intestino al fegato attraverso il sistema circolatorio. Questa “barriera” viene alterata durante uno stato infiammatorio, consentendo ai batteri di diffondersi dall’intestino al fegato, promuovendo quindi l’infiammazione in altre parti del corpo.

Lo studio, oggetto di questo articolo, ha dimostrato che nei topi l’infiammazione intestinale innesca la “chiusura” della barriera tra il torrente sanguigno e il fluido cerebrospinale nel plesso coroideo con, determinando cambiamenti nel comportamento dei topi (escludendo che tali comportamenti fossero dovuti a dolore) in termini di riduzione significativadel movimento, dell’attività esplorativa, della memoria episodica e di aumento dei comportamenti ansiosi.

Proprio nel Plesso Coroideo è stato “documentato il meccanismo che blocca l’ingresso nel cervello di segnali infiammatori originati nell’intestino e migrati verso altri organi, grazie al flusso sanguigno. A tale fenomeno è associato un isolamento del cervello dal resto dell’organismo, responsabile di alterazioni comportamentali, tra cui l’insorgenza di stati di ansia. Questo significa che tali condizioni del sistema nervoso centrale sono parte della malattia e non solo manifestazioni secondarie”, ha spiegato la prof.ssa Rescigno, evidenziando che lo studio ha scoperto una caratteristica finora sconosciuta del Plesso Coroideo, ossia la sua funzione anche di membrana vascolare, che gli consente di aprirsi e chiudersi, come fosse un “cancello”.

ansia La prof.ssa Carloni, coautrice dello studio, ha dichiarato che “tale cancello si chiude di fronte al pericolo di una forte infiammazione intestinale per impedire il propagarsi dell’infiammazione al cervello con conseguente sviluppo di ansia e depressione”.

In sintesi, la ricerca suggerisce che sia la “chiusura” di questa barriera cerebrale indotta dall’infiammazione intestinale a causare l’ansia e la depressione che alcune persone con IBD sperimentano.

“Osserviamo che la chiusura del plesso coroideo isola il cervello e porta a comportamenti ansiosi e difetti nella memoria episodica, non sappiamo se potrebbero esserci altre problematiche”, ha dichiarato la prof.ssa Rescigno al Medical News Today.

Gli autori concludono che in futuro potrebbe essere possibile sviluppare trattamenti che ristabiliscano una corretta comunicazione tra l’intestino ed il cervello manipolando lo stato infiammatorio intestinale.

Naturalmente, una delle principali limitazioni dello studio è che si basa su un modello murino di colite ulcerosa e alcuni aspetti potrebbero essere diversi negli esseri umani. É del tutto probabile che nella specie umana le interazioni siano ancora più complesse,  ma rimane inalterata la bellezza e l’importanza di aver scoperto un meccanismo specifico che, anche per ragioni biologico-evoluzionistiche, condividiamo con i ratti.

Spero che riportando, anche se in maniera molto sintetica, i risultati delle ricerche citate sia evidente quanto queste conoscenze stiano cambiando i paradigmi sia delle scienze biomediche che di quelle psicologiche.

ansia

Questa ricerca ha dimostrato insieme ad altre piuttosto recenti relativamente il settore del Microbiota, della permeabilità intestinale, delle infiammazioni e dell’epigenetica, in particolare della Psicologia Epigenetica (Agnoletti, 2022; Agnoletti, 2021c; Agnoletti, 2018), possiamo affermare che sta avvenendo una vera e propria rivoluzione dei paradigmi sia biomedici che psicologici finora condivisi all’interno delle comunità di professionisti nonché delle pratiche cliniche finora adottate per supportare i pazienti.

Molti modelli eziologici ed esplicativi di malattie, che finora avevamo considerato non trasmissibili, in realtà possono esserlo (si veda ad esempio la letteraturadisponibile sul trapianto di microbiota relative l’ansia, la depressione, l’obesità, ecc.) (Agnoletti, 2021b; Kelly et al., 2016; Winter et al., 2018) fornendoci un quadro molto più complesso del precedente ma anche con molte nuove potenzialità terapeutiche più precise e mirate.

Ad esempio, possiamo provare ad immaginare quanto diversamente potrebbe essere considerata la gestione di un paziente che soffre di stati d’ansia o di depressione.

Il percorso terapeutico offerto dalla maggior parte dei professionisti fino a questo momento, molto difficilmente ha concepitola complessità psico-neuro-endocrino-immunologica del paziente suggerita dalla letteratura scientifica attualmente disponibile e questo ha promosso, in passato, problematiche iatrogene derivanti da ipotesi del tutto forvianti.

A titolo di esempio pensiamo a quanto distante, potrebbe essere, un approccio esclusivamente psicodinamico rispetto la complessità emersa dalla letteratura nel trattare una persona che afferma di soffrire di stati d’ansia o depressione, ma che non ha memoria di particolari eventi traumatici passati.

Le conoscenze scientifiche attualmente disponibili, pur non essendo complete ed esaustive, ci offrono possibilità interpretative molto più complesse, interessanti e realistiche rispetto il passato, perché permettono perlomeno di evitare percorsi terapeutici potenzialmente inefficaci, se non addirittura dannosi per il paziente.

La sfida, anche in termini deontologici, che le scienze stanno suggerendo all’interno delle varie categorie professionali rappresenta una rivoluzione rispetto i processi formativi attualmente adottati ma definisce, con sempre maggiore precisione, la direzione più efficace per promuovere la salute ed il benessere psicofisico delle persone.


Bibliografia

Agnoletti, M. (2022). L’Epigenetica ed il Microbiota dimostrano quanto il contributo genetico della Felicità sia stato finora largamente sovrastimato. Medicalive Magazine, 1, 16-24.

Agnoletti, M. (2021a). Il microbiota influenza il comportamento sociale attraverso i neuroni dello stress. State of Mind, 12.

Agnoletti, M. (2021b). Perché lo studio del microbiota sta rivoluzionando le scienze psicologiche oltre che quelle biomediche. Medicalive Magazine, 2, 12-18.

Agnoletti, M. (2021c). L’olobionte umano-microbiota e l’effetto imbuto dei telomeri. State of Mind, 11.

Agnoletti, M. (2018). La nuova frontiera della psicologia: la Psicologia Epigenetica. State of Mind,10.

Byrne, G., Rosenfeld, G., Leung, Y., Qian, H., Raudzus, J., Nunez, C., & Bressler, B., (2017). Prevalence of Anxiety and Depression in Patients with Inflammatory Bowel Disease. Canadian Journal of Gastroenterology and Hepatology, 6496727. https://doi.org/10.1155/2017/6496727

Caio, G., Volta, U., Sapone, A., Leffler, D. A., De Giorgio, R., Catassi, C., & Fasano, A. (2019). Celiac disease: a comprehensive current review. BMC medicine, 17(1), 142. https://doi.org/10.1186/s12916-019-1380-z

Cheung, S. G., Goldenthal, A. R., Uhlemann, A. C., Mann, J. J., Miller, J. M., & Sublette, M. E. (2019). Systematic Review of Gut Microbiota and Major Depression. Frontiers in psychiatry, 10, 34. https://doi.org/10.3389/fpsyt.2019.00034

Carloni, S., Bertocchi, A., Mancinelli, S., Bellini, M., Erreni, M., Borreca, A., Braga, D., Giugliano, S., Mozzarelli, A. M., Manganaro, D., Fernandez Perez, D., Colombo, F., Di Sabatino, A., Pasini, D., Penna, G., Matteoli, M., Lodato, S., & Rescigno, M. (2021). Identification of a choroid plexus vascular barrier closing during intestinal inflammation. Science (New York, N.Y.), 374(6566), 439–448. https://doi.org/10.1126/science.abc6108

Dahlhamer, J. M., Zammitti, E. P., Ward, B. W., Wheaton, A. G., Croft, J. B. (2016). Prevalence of Inflammatory Bowel Disease Among Adults Aged ≥18 Years — United States, 2015. MMWR Morb Mortal Wkly Rep, 65, 1166–1169. DOI: http://dx.doi.org/10.15585/mmwr.mm6542a3external icon.

Javed, K., Reddy, V., & Lui, F. (2021). Neuroanatomy, Choroid Plexus. StatPearls [Internet]. Treasure Island (FL): StatPearls. 1, 22. Available from: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK538156/

Kelly, J. R., Borre, Y., O’ Brien, C., Patterson, E., El Aidy, S., Deane, J., Kennedy, P. J., Beers, S., Scott, K., Moloney, G., Hoban, A. E., Scott, L., Fitzgerald, P., Ross, P., Stanton, C., Clarke, G., Cryan, J. F., &Dinan, T. G. (2016). Transferring the blues: Depression-associated gut microbiota induces neurobehavioural changes in the rat. Journal of psychiatricresearch, 82, 109–118. https://doi.org/10.1016/j.jpsychires.2016.07.019

Foster, J. A., & McVey Neufeld, K. A. (2013). Gut-brain axis: how the microbiome influences anxiety and depression. Trends in neurosciences, 36(5), 305–312. https://doi.org/10.1016/j.tins.2013.01.005

Garrett, W. S., Lord, G. M., Punit, S., Lugo-Villarino, G., Mazmanian, S. K., Ito, S., Glickman, J. N., &Glimcher, L. H. (2007). Communicable ulcerative colitis induced by T-bet deficiency in the innate immune system. Cell, 131(1), 33–45. https://doi.org/10.1016/j.cell.2007.08.017

Mangiola, F., Ianiro, G., Franceschi, F., Fagiuoli, S., Gasbarrini, G., &Gasbarrini, A. (2016). Gut microbiota in autism and mood disorders. World journal of gastroenterology, 22(1), 361–368. https://doi.org/10.3748/wjg.v22.i1.361

Rodrigues-Amorim, D., Rivera-Baltanás, T., Regueiro, B., Spuch, C., de Las Heras, M. E., Vázquez-Noguerol Méndez, R., Nieto-Araujo, M., Barreiro-Villar, C., Olivares, J. M., &Agís-Balboa, R. C. (2018). The role of the gut microbiota in schizophrenia: Current and future perspectives. The world journal of biological psychiatry : the official journal of the World Federation of Societies of Biological Psychiatry, 19(8), 571–585. https://doi.org/10.1080/15622975.2018.1433878

Sharon, G., Cruz, N. J., Kang, D. W., Gandal, M. J., Wang, B., Kim, Y. M., Zink, E. M., Casey, C. P., Taylor, B. C., Lane, C. J., Bramer, L. M., Isern, N. G., Hoyt, D. W., Noecker, C., Sweredoski, M. J., Moradian, A., Borenstein, E., Jansson, J. K., Knight, R., Metz, T. O., … Mazmanian, S. K. (2019). Human Gut Microbiota from Autism Spectrum Disorder Promote Behavioral Symptoms in Mice. Cell, 177(6), 1600–1618.e17. https://doi.org/10.1016/j.cell.2019.05.004

Simpson, C. A., Diaz-Arteche, C., Eliby, D., Schwartz, O. S., Simmons, J. G., & Cowan, C. (2021). The gut microbiota in anxiety and depression – A systematic review. Clinical psychology review, 83, 101943. https://doi.org/10.1016/j.cpr.2020.101943

Spadoni, I., Zagato, E., Bertocchi, A., Paolinelli, R., Hot, E., Di Sabatino, A., Caprioli, F., Bottiglieri, L., Oldani, A., Viale, G., Penna, G., Dejana, E., & Rescigno, M. (2015). A gut-vascular barrier controls the systemic dissemination of bacteria. Science (New York, N.Y.), 350(6262), 830–834. https://doi.org/10.1126/science.aad0135

Treadway, M., Cooper, J., Miller, A. (2019). Can’t or Won’t? Immunometabolic Constraints on Dopaminergic Drive. Trends in Cognitive Sciences. 23, 5, 435-448.

Winter, G., Hart, R. A., Charlesworth, R., & Sharpley, C. F. (2018). Gut microbiome and depression: what we know and what we need to know. Reviews in the neurosciences, 29(6), 629–643. https://doi.org/10.1515/revneuro-2017-0072

Rivista del mese


Virgilio P. D.
,PhD in Scienze Sociali e giuridiche, Pedagogista, Ricercatrice, Docente UNISOM
Vaccara A. ,Dirigente Scolastico MIUR, Docente, Studiosa Esperta di Formazione Continua
Pagano V.,Pedagogista, Educatore e Studiosa di Neuroscienze
Renda N., Psichiatra, Psicoterapeuta Università degli Studi di Parma

 

 

 


Abstract

Educational poverty is linked to the social, cultural and relational context that young people experience in their daily lives and it is connected to elements of discomfort concerning health, cognitive skills, relationship skills and values. In order to effectively combat educational poverty, specific actions are needed to ensure educational richness from the earliest years of a child’s life, both in the family and in the surrounding context. Nowadays, the phenomenon takes part in the political choices and it is considered a priority for the upcoming years (Marucci, M., &Porcarelli, C., 2022). 

The recent Covid 19 health emergency has contributed to exacerbating the whole problem (Gozzelino, G., & Matera, F., 2021).  Indeed, society has to deal with the explosion of problems such as mental distress among adolescents and pre-adolescents and the effects of social isolation on young people and families.

School closures, restrictions on activities imposed by the government and reduced interactions outside the home are measures that have caused a significant (and stressful) psychological  impact on children and adolescents (Okuyama, J., et al., 2021). 


Riassunto

Le povertà educative si legano al contesto sociale, culturale, relazionale che il giovane sperimenta nella sua quotidianità e si collega a componenti di disagio che riguardano la salute, le capacità cognitive, le capacità relazioni e i valori. Per contrastare efficacemente le povertà educative servono azioni capaci di garantire ricchezza educativa fin dai primi anni di vita del bambino sia in famiglia che nel contesto che la circonda. Il fenomeno ha, oggi, un posto nelle scelte politiche ed è considerato una priorità per i prossimi anni (Marucci, M., & Porcarelli, C., 2022).

La recentissima emergenza sanitaria da Covid 19 ha contribuito ad acuire il complesso problema (Gozzelino, G., & Matera, F. (2021).La società, infatti, fa i conti con l’esplodere di problematiche come il disagio mentale tra adolescenti e preadolescenti e con gli effetti dell’isolamento sociale su giovani e famiglie.

La chiusura delle scuole, le restrizioni alle attività imposte dal governo e le ridotte interazioni fuori casa, sono misure che hanno avuto un notevole impatto psicologico (stressante) su bambini e adolescenti (Okuyama, J., et al., 2021). 


Premessa

Affrontare il complesso tema delle povertà educative implica la necessità di individuare i molteplici aspetti di un fenomeno estremamente articolato inferendone le diverse connotazioni, attraverso specifici determinanti, utili al fine di realizzare una mappatura che consenta un approccio sistemico al problema e alle sue ramificate conseguenze sui minori (Ruggeri, F. 2005).

Studi recenti evidenziano, infatti, la necessità di tener conto di diverse categorie di determinanti che permettano, andando oltre l’esclusiva considerazione della variabile economico-reddituale, di evidenziare ulteriori aspetti di vulnerabilità focalizzandosi su possibili elementi di rischio per l’insorgere di condizioni di patologia, malessere fisico o psichico.

Nella raccomandazione della Commissione Europea del 20 febbraio 2013 sul tema “Investire nell’infanzia” leggiamo dell’importanza di prevedere ed attuare strategie integrate volte a supportare le famiglie non solo provvedendo ad assicurare adeguati sostegni finanziari, ma promuovendo l’inserimento professionale dei genitori, tutelando i minori e il loro futuro attraverso la garanzia dell’accesso ai servizi essenziali, come un’istruzione (prescolare) di qualità, l’assistenza sanitaria, servizi nel settore degli alloggi e servizi sociali, e prevedendo l’offerta ai minori di occasioni di partecipazione alla vita sociale e di esercizio dei loro diritti al fine di promuovere pienamente la realizzazione del loro potenziale e aumentare la loro capacità di resistenza alle avversità.

Appare, pertanto, funzionale inquadrare lo studio delle diverse forme di disagio che hanno insorgenza concreta e quotidiana, su un orizzonte analitico che si dipana nell’area funzionale-organica, attraverso quella cognitivo-comportamentale e socioambientale-relazionale, fino a ricomprendere quella valoriale e spirituale.

L’incidenza e l’intensità della povertà vissuta da una popolazione viene, oggi, misurata con un indicatore composito, il MultidimensionalPoverty Index (MPI) che attraverso 3indicatori, ovvero la salute, l’educazione e lo standard di vita, consente di inferire i diversi tipi di privazione che gli individui sperimentano contemporaneamente. Ovviamente il valore di ciascun indice va valutato contestualmente ai valori degli altri 2 indici, al fine di poter esprimere una rilevazione esaustiva ed ecologica.

povertà educative

L’MPI, del resto, è positivamente correlato con l’indicatore AROPE usato da Eurostatal fine di migliorare la valutazione dell’aspetto multidimensionale della povertà e dell’esclusione sociale utilizzando tre indicatori: il tasso di rischio di povertà educative, il tasso di grave deprivazione materiale e il tasso di intensità di lavoro molto bassa, misurati sulla base di tre criteri: reddito, spese non monetarie e occupazione/lavoro. Nel dettaglio, però, si osserva che la correlazione tra l’AROPE e i sottoindici dell’MPI globale varia assestandosi su coefficienti più elevati nel caso dell’MPI-standard di vita (coefficiente 0,870), inferiori nel caso dell’MPI-salute (0,754)e decisamente più limitati nel caso dell’MPI-istruzione (0,275). (cit. Vignola et al. 2016). L’MPI-istruzione rileva, infatti, la povertà in relazione al livello di istruzione posseduto: nel target dei giovani tra 16 e 24 anni, ad esempio, l’indice si abbassa nei casi in cui non si frequentino i percorsi di istruzione superiore al termine della terza classe di scuola secondaria di primo grado, quindi, costituisce indicatore di «povertà educativa» il mancato adempimento del diritto/dovere formativo che, oggi, garantisce la frequenza scolastica fino a 16 anni e il conseguimento di almeno una qualifica triennale entro il 18 anno. Similmente, in relazione al target successivo, giovani dai 24 anni in su, è la mancata prosecuzione degli studi dopo il diploma a rappresentare un indicatore di povertà.

Di recente alcuni studi sostengono l’opportunità di aggiungere 33 potenziali indicatori per rafforzare l’MPI globale (Alkire, S., et al., 2021). 

Ad ogni buon conto, l’MPI rappresenta un “metodo di conteggio” che consente di effettuare comparazioni tra paesi, regioni e nazioni e, all’interno dello stesso paese, fra le fondanti categorie caratteristiche di una comunità.

Così, gli indicatori pubblicati annualmente per ciascuna nazione consentono di mappare, appunto, una cartina delle povertà educative, evidenziando la situazione rilevata nei diversi paesi: ad oggi, hanno indici migliori Slovacchia, Danimarca, Repubblica Ceca, Estonia, Germania, Svezia, Lituania, Austria, Lettonia; mentre hanno indici peggiori e, quindi, un più alto livello di povertà educativa, Portogallo, Malta, Italia, Spagna, Grecia.

La presente ricerca non si interroga, dunque, su quale logica risulti più idonea per porre in essere interventi adeguati e proficui relativamente al complesso fenomeno delle povertà e, nello specifico, delle povertà educative, poiché, l’approccio multidisciplinare consente la rilevazione di una ricca molteplicità di elementi di valutazione e di inferire conseguentemente la complessità della realtà.  Ci si propone, invece, partendo dai dati dell’evidenza scientifica, di valutare i nessi tra le povertà educative e le condizioni psicologiche ed esistenziali di maggiore vulnerabilità nella vita del minore(Yoshikawa H., et al., 2012), trattando delle possibili ripercussioni che esitano in fenomeni di disagio giovanile e malesseri mentali.

Partendo dall’assunto che non vi è proficuità nel pensare alle povertà educative come la mancanza di qualcosa, si ritiene significativo focalizzare l’attenzione sui problemi che dalle povertà derivano e sulle potenzialità di interventi specifici e di prevenzione. Ferma è la convinzione che solo approcci di studio, ricerca e intervento dialoganti, sinergici e coordinati consentano considerare come facce di una stessa medaglia “limiti e potenzialità” per ottenere esiti positivi e, soprattutto, verificabili(Canali C. e altri, 2011) funzionali, anche, a sollecitare idonee politiche governative incisive e sostenibili.

 

Status socio-economico e sviluppo neurocognitivo

povertà educative

La relazione tra povertà e salute dei bambini è affrontata da studi e ricerche recenti che hanno consentito, a titolo di esempio, di associare nella popolazione scolare condizioni reddituali molto basse e un volume ridotto di materia grigia nelle strutture subcorticali (ippocampo e amigdala) e, anche, in regioni corticali che supportano l’elaborazione del linguaggio e il funzionamento esecutivo (Merz et al., 2017).

Studi, recenti, condotti in Gran Bretagna, riferiscono di indagini in rapporto a diverse condizioni di povertà, compresa quella relativa al reddito e alla deprivazione materiale; uno studio, in particolare, evidenzia un’associazione dei vari determinanti, nel breve termine, a forme di ritardo e di scompenso con riferimento in particolare all’obesità, all’asma e alla carie dei denti; nel lungo periodo, invece, a una maggiore incidenza di malattie mentali e cardiache; i dati raccolti hanno rilevato una correlazione anche relativamente alle morti premature (Wickham et al., 2016).

 

povertà educativeIn altri studi, anche i livelli di stress materno per effetto, per esempio, di persistenti difficoltà economiche risultano influire sulla sfera sociale, emotiva e comportamentale dei figli, mentre il più forte predittore dello sviluppo cognitivo dei bambini è il livello di istruzione dei genitori correlato, insieme all’educazione, con il volume di alcune aree corticali in età compresa tra i 4 e i 18 anni. Anche il nutrimento che i genitori assicurano ai figli influisce sullo sviluppo volumetrico dell’ippocampo e, di conseguenza, sulla memoria a breve e lungo termine in età compresa tra i 4 e gli 8 anni. Significativa appare, anche, la correlazione appurata da evidenze scientifiche tra la crescita dell’area frontale e parietale del cervello nei bambini in età compresa tra 1 mese a 4 anni, nonché con lo sviluppo volumetrico nell’ippocampo e nell’amigdala (emozioni) in età compresa tra i 4 e i 22 anni e il reddito e il livello di istruzione della madre. Approfondire le relazioni tra povertà e salute si pone, dunque, non solo come strumento di individuazione dei possibili determinanti sociali dei problemi di salute, ma come impulso alla riconnessione, in un processo virtuoso, di diagnosi, prognosi e interventi(Blanden J. e Machin S., 2010; Sullivan A. e Brown M., 2014; Hair N.L. e altri, 2015; Noble K.G. e altri, 2015b; Veltro, F., et al., 2020).

 

Nuove sfide ai sistemi sanitari saranno poste proprio dalla correlazione tra la persistente povertà legata all’insufficiente capacità educativa, all’inadeguata alimentazione, alle sfavorevoli condizioni socio-ambientali, e alle conseguenze dai risvolti patologici. Ciò, infatti, costituisce un fenomeno rilevante sul piano clinico ed epidemiologico, a fronte del quale diventa necessario attuare una revisione delle pratiche sanitarie affinché, attraverso un approccio ecologico alla persona, possa essere garantito un contrasto più efficace di quello che esita dall’adozione di strategie compensatorie attraverso il supporto farmacologico o prestazionale(Racine,2016).

Gli studi psicologici e neuroscientifici confermano le conseguenze delle povertà educative sullo sviluppo cognitivo, sulla salute mentale, emozionale e comportamentale.

Per meglio chiarire la correlazione tra povertà educative e sviluppo cognitivo, successo scolastico, prospettive educative e di successo in età adulta, diversi ricercatori hanno confrontato paradigmi neurocognitivi per i bambini, come la capacità di attenzione, la memoria a breve termine, la consapevolezza fonologica, la capacità di prendere decisioni, con i diversi livelli di status socio-economico SES(Urashe A. e Noble K.J., 2016). È possibile affermare che le evidenze scientifiche registrano effetti duraturi delle esperienze di povertà, anche di breve durata, nella prima infanzia e un’incidenza sullo sviluppo cognitivo e non cognitivo (Lazzari A. e Vandenbroeck M., 2013).

 

Lo status socio-economico (SES) consente di valutare sulla scorta di 3 indici, reddito, livello di istruzione, occupazione dei genitori, gli effetti della deprivazione materiale consentendo di stabilire una correlazione inversamente proporzionale, durante i primi 20 anni di vita, tra livello socioeconomico e i disturbi di apprendimento ed il tasso di abbandono scolastico (Bradley R.H. e Corwyn R.F., 2002;Scialdone A., & Padova P., et al., 2020).

Infatti, alcuni studi, dimostrano come ilSES e lo sviluppo cerebrale in aree rilevanti e sensibili che interessano la memoria, le emozioni, le funzioni cognitive, le abilità linguistiche siano correlati; quelli che definiamo «mediatori ambientali» (Johnson et al.  2016) come, ad esempio, la mancanza di nutrimento biologico e mentale, la mancanza di giocattoli e di qualcuno con cui giocare, le carenze comunicative e linguistiche, lo stress sperimentato in presenza di conflitti familiari, la mancanza di cura e decoro oil sovraffollamento dell’ambiente domestico, sono forieri di nocumento per lo sviluppo dei minori sul piano relazionale ed emotivo.

È importante sottolineare come alcuni dei determinanti considerati, come ad esempio lo stress provocato da relazioni familiari poco serene, incidono anche sui bambini appartenenti alle famiglie abbienti, ma ciò che differisce sostanzialmente è la vulnerabilità agli effetti sfavorevoli sulla salute dei predetti fattori di rischio: i bambini «poveri» sono più esposti a taluni determinanti e possono contare su minori risorse per attutirne la severità degli effetti.

L’attenzione degli studiosi si focalizza sulla valutazione della possibilità di prevenire l’impatto delle povertà educative nella sfera cognitiva e comportamentale e, contestualmente sulla reversibilità dei processi neurocogniti viavviati. Studi longitudinali che consentono una visione diacronica di tali processi, permetteranno una migliore conoscenza dei «mediatori» tra povertà e sviluppo cognitivo e consentiranno di ottenere informazioni cruciali sull’eventuale reversibilità degli stessi. Inoltre, studi suggeriscono che“l’intelligenza emotiva ha un ruolo di essenziale importanza nella promozione e prevenzione della salute mentale dei giovani”(Cooper K. e Stewart K., 2013; Johnson et al.  2016;Veltro, F.,et.al., 2020).

Alcuni studi longitudinali, DALSC (DanishLongitudinalSurvey of Children) e CRESCERE(Barbero Vignola G. et al., 2016), ci consentono di evidenziare la correlazione tra le povertà educative e la sfera relazionale, evidenziando l’importanza della costruzione di un rapporto dialogante tra genitori e figli e della comprensione da parte dei genitori di quanto attiene l’educazione e la crescita dei propri figli. Ciò in ragione del fatto che questo fondante rapporto con i genitori consente di sperimentare la percezione di essere protetti e supportati, sviluppare fiducia in se stessi e autostima.

Un ulteriore fondante rapporto è quello che i ragazzi sviluppano a scuola quando il contesto può essere vissuto come luogo in cui star bene, studiare per crescere e non solo per imparare. Infatti, quando si sperimentano esperienze positive di successo formativo e si ottengono risposte adeguate ai propri bisogni(Lucisano, P.,et al., 2018), benessere e motivazione si alimentano a vicenda innescando un circuito virtuoso. Buone pratiche in tal senso sono registrate da molteplici studi e ricerche in ambito psico-pedagogico.

Conclusioni

È opportuno richiamare, se pur brevemente, una riflessione, anche sul ruolo della spiritualità nell’ambito delle povertà educative. Ad oggi, esiste poca letteratura sul tema relativamente al bambino e all’ adolescenza. Molti studi, infatti, fanno riferimento agli adulti e alla religione, ma non al tema più vasto che lega valori e spiritualità (Rich Y. e Cinamon R.G., 2007). Riteniamo queste dimensioni importantissime per la salute e il benessere di ogni persona. Ogni individuo lo sperimenta in modo diverso e lo vive nella cultura, nella storia familiare, nei contesti in cui vive. Una interessante ricerca evidenzia come, in un gruppo di adolescenti intervistati, “la spiritualità non è solo trascendenza, ma anche una modalità per comprendere gli altri e il mondo intorno, dove sviluppare comportamenti, scelte, guardando al futuro”(King et al., 2014)

povertà educativeNonostante le poche ricerche, è possibile identificare, nelle fasi di vita di un bambino, alcune connessioni spirituali sin dalla vita nell’utero materno. Questa esperienza potremmo definirla di “connessione”oltre che di protezione. Nelle fasi successive alla nascita è possibile evidenziare, invece, l’esperienza dell’attaccamento, quella della cura, della fiducia e dell’amore percepito. Anche le fasi successive in cui il bambino sperimenta l’appartenenza, l’altro e i valori sociali sono individuabili come esperienze spirituali.

Considerando la relazione come vissuto spirituale possiamo pensare ai rapporti tra figli e genitori come esperienza spirituale che influenza la crescita e non possiamo non tener conto di momenti come quelli del gioco o del disegno in cui i bambini esperiscono la realtà che li circonda ed esprimono la loro percezione di essa. È vero, del resto, che l’individuo ha bisogno di esplorare i modi con cui la spiritualità consente la visione e comprensione dell’umanità, delle relazioni con gli altri e dell’ambiente circostante, nel silenzio e nell’esuberanza (Bezzeet al., 2014). Queste due visioni ci inducono a determinare che la spiritualità nel bambino o nell’adolescente, la si incontra nei luoghi e nei momenti in cui egli vive il suo essere al mondo(Milan G., et al., 2016).Un mondo, quello di oggi, globale, veloce, virtuale, che circonda e ingloba, che rischia di impoverire e trasformare il bene potenziale in deprivazione esistenziale.

In futuro sarebbe importantissimo investire in ricerca sullo sviluppo del cervello nel feto e nei primi giorni di vita post natale. Per esempio, studi su stati depressivi materni in gravidanza riferiscono una compromissione funzionale di amigdala e corteccia pre-frontale nei figli. Posnerha evidenziato che gli effetti sono gli stessi sui bambini cresciuti in un contesto socio-economico basso (Posner et al., 2016). Inoltre, un reddito basso e uninadeguato supporto sociale sono fattori di rischio depressione in gravidanza (Lancaster et al., 2010). Sarebbe, pertanto, interessante studiare se e come le variabili socio-demografiche dei genitori possano influenzare losviluppo neurale del figlio già durante la vita intrauterina oltre che prenatale.


Riferimenti Bibliografici

Alkire, S., Kanagaratnam, U., e Suppa, N. (2021).  Revisioni dell’indice di povertà globale multidimensionale: opzioni di indicatore e loro valutazione empirica. Oxford Development Studies , 49 (2), 169-183.

Barbero Vignola, G., Bezze, M., Canali, C., Crocetti, E., De Leo, D., Eynard, M., … &Vecchiato, T. (2016). Crescere: uno studio longitudinale per il benessere dell’infanzia. StudiZancan17(1), 21.

Birkelund, JF (2021). Tracciamento educativo e formazione della personalità: prove da un sistema duale. ForzeSociali .

Blanden J. e Machin S. (2010), Intergenerational inequality in Early Years assessments, in K. Hansen, H. Joshi e S. Dex (a cura di), Children of the 21st century: the first five years, The Policy Press, Bristol.

Bradley R.H., &Corwyn R.F. (2002), Socioeconomic status and child development, «Annual Review of Psychology», 53, pp. 371-399.

Canali C., Maluccio A.N. e Vecchiato T. (2011), Approaches to evaluation in services for families and children, in A.N. Maluccio e altri (eds), Improving outcomes for children and families. Findings and usinginternationalevidence, JKP, London/Philadelphia, pp. 70-84.

Cooper K. e Stewart K. (2013), Does money affect children’s outcomes?, Joseph Rowntree Foundation, www.jrf.org.uk.

Di Padova, P., Piesco, A. R., Marucci, M., & Porcarelli, C. (2021). Dal sistema di garanzia dell’infanzia ai patti educativi di comunità.

Gozzelino, G., & Matera, F. (2021). Linee pedagogiche e sentieri di coscientizzazione per un’educazione di qualità al tempo della pandemia Covid-19. Form@ re21(3).

Hair N.L., Hanson J.L., Wolfe B.L., & Pollak S.D. (2015), Association of child poverty, brain development, and academic achievement, «JAMA Pediatrics», 169, pp. 822-829.

Johnson S.B., Riis J.L. e Noble K.G. (2016), State of the Art Review: Poverty and the Developing Brain, «Pediatrics», 137(4).

King P.E., Clardy C.E. e Ramos J.S. (2014), Adolescent Spiritual Exemplars: Exploring Spirituality in the Lives of Diverse Youth, «Journal of Adolescent Research», 29(2), pp. 186-212.

Lancaster, C. A., Gold, K. J., Flynn, H. A., Yoo, H., Marcus, S.
M., & Davis, M. M. (2010). Risk factors for depressive symptoms during pregnancy: a systematic review. American journal of obstetrics and gynecology, 202(1), 5-14.

Lazzari A. e Vandenbroeck M. (2013), The impact of Early Childhood Education and Care on Cognitive and Non-Cognitive Development. A review of Europeanstudies, Compagnia di San Paolo e Fondazione Zancan, TFIEY SelectedPapers.

Lucisano, P., Stanzione, I., &Artini, A. (2018). Ripensare il successo scolastico a partire dal vissuto degli studenti. iprase, 79.

Marucci, M., & Porcarelli, C. (2022). Povertà educativa minorile e governance partecipativa. Patti educativi di Comunità e Child Guarantee.

Merz, E. C., Tottenham, N., &Noble, K. G. (2017). Socioeconomic status, amygdala volume, and internalizing symptoms in children and adolescents. Journal of Clinical Child and Adolescent Psychology, American Psychological Association, Division 53, 1–12.

Milan, G., &Cestaro, M. (2016). Adolescenti, spiritualità, religiosità. Quale educazione?. STUDIUM EDUCATIONIS-Rivista semestrale per le professioni educative, (3), 43-60.

Noble K.G. e altri (2015b), Family income, parental education and brain structure in children and adolescents, «Nature Neuroscience», 18, pp. 773-778.

Okuyama, J., Seto, S., Fukuda, Y., Funakoshi, S., Amae, S., Onobe, J., Izumi, S., Ito, K., & Imamura, F. (2021). Mental Health and Physical Activity among Children and Adolescents during the COVID-19 Pandemic. The Tohoku journal of experimental medicine253(3), 203–215. https://doi.org/10.1620/tjem.253.203

Posner, J., Cha, J., Roy, A. K., Peterson, B. S., Bansal, R., Gustafsson, H. C., . . . Monk, C. (2016). Alterations in amygdala-prefrontal circuits in infants exposed to prenatal maternal depression. Translational Psychiatry, 6, e935.

Racine A.D. (2016), Child Poverty and the Health Care System, «Academic Pediatrics», 16:S83-S89.

Rich Y. e Cinamon R.G. (2007), Conceptions of Spirituality among Israeli Arab and Jewish Late Adolescents, «Journal of Humanistic Psychology», 47(7).

Ruggeri, F. (2005). Povertà: la dimensione sociale. Ruggeri F.-Salvini A.-Tomei G., Per una analisi sociale della povertà, Dipartimento di Scienze Sociali-Università di Pisa, mimeog.

Scialdone, A., & di Padova, P. (2020). L’importanza di (non) essere NEET: profili e rischi dei giovani che non studiano e non lavorano.

Sullivan A. e Brown M. (2014), Cognitive development, in L. Platt (eds), Millennium Cohort Study Age 11 Survey Initial Findings, Centre for Longitudinal Studies, London, pp. 51-64.

Urasche A. & Noble K G. (2016), Neurocognitive development in socioeconomic context: Multiple mechanisms and implications for measuring socioeconomic status, «Psychophysiology», 53, pp. 71-82.

Veltro, F., Latte, G., Ialenti, V., Bonanni, E., Di Padua, P., & Gigantesco, A. (2020). Effectiveness of psycho-educational intervention to promote mental health focused on emotional intelligence in middle-school. Annalidell’Istitutosuperiore di sanita56(1), 66–71. https://doi.org/10.4415/ANN_20_01_10

Wickham S. e altri (2016), Poverty and child health in the UK: using evidence for action, pubblicato online, «Arch Dis Child», doi:10.1136/archdischild-2014-306746.

Yoshikawa H., Aber J.L., &Beardslee W.R. (2012), The effects of poverty on the mental, emotional, and behavioral health of children and youth: Implications for prevention, «American Psychologist», 67, pp. 272-284.

Rivista del mese

Avv. Angelo Russo
Diritto Civile,
Diritto Amministrativo,
Diritto Sanitario,
Catania

 

 


Con la recentissima sentenza n. 2891 del 14.3.2022 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater) si è occupato della questione relativa al riconoscimento della figura dell’odontotecnico nell’ambito delle professioni sanitarie.

IL FATTO

Confartigianato Imprese, Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa, L.C. e G.M. proponevano ricorso contro il Ministero della Salute e nei confronti dell’Associazione Nazionale Dentisti Italiani e della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, per l’annullamento delle note (omissis) del Ministero della Salute – Direzione Generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio Sanitario nazionale – Ufficio V – Disciplina delle professioni sanitarie, recante ad oggetto “richiesta di riconoscimento della figura dell’Odontotecnico quale professione sanitaria”, del parere del Gruppo Tecnico sull’Odontoiatria (G.T.O.) del (omissis) e del “documento tecnico” redatto dalla Commissione Albo Odontoiatri (CAO) Nazionale, richiamato al § 3 del parere G.T.O. del (omissis) e per l’annullamento del documento del C.A.O. Nazionale.

 

I ricorrenti, organizzazioni di categoria rappresentative degli odontotecnici a livello nazionale e soggetti esercenti la professione di odontotecnico, impugnavano le note del Ministero della Salute con le quali “acquisito il parere del Gruppo tecnico sull’Odontoiatria” si era espresso “parere non favorevole alla richiesta di individuazione della figura dell’Odontotecnico quale nuova professione sanitaria”.

I ricorrenti avevano presentato istanza, ai sensi dell’art. 5, Legge 1° febbraio 2006, n. 43, che disciplina le modalità con cui le associazioni professionali possano attivare la procedura per richiedere l’individuazione di nuove professioni sanitarie da comprendere in una delle aree di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251.

Sostenevano, in sintesi, i ricorrenti:

  1. a) Che non è stata garantita la loro partecipazione e che non è stato dato avviso ex art. 10 bis l. 241/1990;
  2. b) Che l’osservanza dei principi in tema di motivazione dell’atto amministrativo esigeva che nel parere del 24 settembre 2018 fosse dato conto, in modo circostanziato, dell’esito stesso dell’istruttoria, necessitando che il Ministero della Salute indicasse gli elementi ritenuti ostativi al riconoscimento della figura dell’odontotecnico quale nuova professione sanitaria;
  3. c) Che il parere del Gruppo Tecnico sull’Odontoiatria si limitava a richiamare gli esiti di un documento tecnico omettendo di renderne note le relative conclusioni;
  4. d) Che l’attività di odontotecnico rientra nell’ambito delle nuove professioni sanitarie, per le quali, ai sensi del comma 3° dell’art. 6 legge n. 43/2006 s.m.i., è prevista la definizione dell’ordinamento didattico della formazione universitaria.

Veniva, quindi, impugnato il parere del Gruppo Tecnico sull’Odontoiatria (GTO) e il documento della Commissione Albo Odontoiatri (CAO) “relativo alle criticità tecnico-giuridiche concernenti l’istituzione del profilo professionale dell’odontotecnico nell’ambito delle professioni sanitarie”.

Sostenevano i ricorrenti:

  1. a) Che, diversamente da quanto sostenuto dal GTO, non è possibile trarre argomenti utili a dimostrare che quella di odontotecnico non è una professione sanitaria;
  2. b) Che il R.D. n. 1334/1928 è chiaro nell’elencare l’attività di odontotecnico tra le professioni sanitarie (v. art. 1, comma 1°, lettera a);
  3. c) Che, indipendentemente dal fatto che l’art. 99 R.D. n. 1265/1934 qualifichi l’odontotecnica come arte ausiliaria dell’odontoiatria, sono innumerevoli gli indizi da cui inferire che all’attualità quella dell’odontotecnico sia una professione e non un’arte;
  4. d) Che con il parere del 30 ottobre/14 novembre del 2001, la Sezione II del Consiglio Superiore della Sanità aveva osservato che la figura dell’Odontotecnico va “inserita nella Classe delle lauree in professioni sanitarie tecniche – area tecnico-assistenziale – (classe 3), di cui al decreto del MURST del 2/4/2001”;
  5. e) Che, per effetto della riforma del 1999, deve ritenersi affermata l’unicità delle attività sanitarie di carattere professionale, tutte ricondotte nel novero delle professioni sanitarie.
  6. f) Che con la sentenza n. 423 del 19 dicembre 2006 della Corte Costituzionale ha affermato che l’odontotecnico va ricondotto “nell’ambito delle professioni”;
  7. g) Che, sia la Direttiva 2005/36/CE, sia la sentenza Malta Dental Technologists Association, richiamate dal parere del CAO, confermano che l’odontotecnica è un’attività professionale e che, pertanto, deve ritenersi superata la qualificazione di essa in termini di attività artigianale;
  8. h) Che in base alla Direttiva 2005/36/CE la figura dell’odontotecnico formatosi in Italia andava senz’altro qualificata come figura professionale di tipo paramedico;
  9. i) Che anche dopo la Direttiva 2013/55/U.E. l’odontotecnico può esercitare la propria attività grazie al possesso di titolo di formazione specificatamente concepito per tale professione;
  10. l) Che, diversamente da quanto affermato nel documento del C.A.O. Nazionale, ulteriori indicazioni circa la necessità di ricondurre l’odontotecnica nelle professioni sanitarie vanno ricavate anche dalle fonti eurounitarie in tema di dispositivi medici su misura;
  11. m) Che il divieto di cui al citato comma 4° del novellato art. 5 legge n. 43/2006 non può che riguardare le professioni di nuovo conio.

 

LA DECISIONE

odontotecnicoIl T.A.R., nel merito, ritiene il ricorso infondato.

L’esame del ricorso si incentra sulla decisione del Ministero della Salute di esprimere “parere non favorevole alla richiesta di individuazione della figura dell’Odontotecnico quale nuova Professione sanitaria”, adottata a seguito dell’instaurazione della procedura ex art. 5 Legge n. 43/2006, con la quale, a seguito delle modifiche apportate con la l. n. 3/2018, è stato contemplato un peculiare iter per il riconoscimento delle professioni sanitarie.

I motivi oggetto di esame riguardano, invero, la correttezza del procedimento e la legittimità del provvedimento oggetto dell’impugnazione.

Fatta questa premessa, il Tribunale precisa che “dovrebbe essere incontestato che la figura dell’odontotecnico non rientra nell’ambito delle professioni sanitarie” e ciò, anzitutto, perché i ricorrenti hanno chiesto l’applicazione dell’art. 5, l. n. 43/2006, (Individuazione e istituzione di nuove professioni sanitarie), per il quale:

“1. L’individuazione di nuove professioni sanitarie da comprendere in una delle aree di cui agli articoli 1,2,3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251, il cui esercizio deve essere riconosciuto in tutto il territorio nazionale, avviene in sede di recepimento di direttive dell’Unione europea ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali, che non trovino rispondenza in professioni già riconosciute, ovvero su iniziativa delle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimento.

A tal fine, le associazioni interessate inviano istanza motivata al Ministero della salute, che si pronuncia entro i successivi sei mesi e, in caso di valutazione positiva, attiva la procedura di cui al comma 2.

L’istituzione di nuove professioni sanitarie è effettuata, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla presente legge, previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

Gli accordi di cui al comma 2 individuano il titolo professionale, l’ambito di attività di ciascuna professione, i criteri di valutazione dell’esperienza professionale nonché’ i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti.

Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, è definito l’ordinamento didattico della formazione universitaria per le nuove professioni sanitarie individuate ai sensi del presente articolo.

La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni sanitarie avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse”.

La sovra descritta procedura è diretta proprio a istituire nuove professioni sanitarie, con la conseguenza che può essere adottata (e richiesta) solo allorquando la figura in questione non rientra nell’ambito delle professioni sanitarie.

Ad ogni buon conto – sottolinea il T.A.R. – che la figura dell’odontotecnico non rientra nell’ambito delle professioni sanitarie si evince anche dalle norme vigenti.

Con specifico riferimento alle professioni sanitarie, il Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie) distingue tre categorie:

  1. a) Le professioni sanitarie principali (medico chirurgo, veterinario, farmacista e, dal 1985, l’odontoiatra);
  2. b) Le professioni sanitarie ausiliarie (levatrice, assistente sanitaria visitatrice e infermiera diplomata);
  3. c) Le arti ausiliarie delle professioni sanitarie (odontotecnico, ottico, meccanico ortopedico ed ernista, tecnico sanitario di radiologia medica e infermiere abilitato o autorizzato).

La Giurisprudenza ha precisato che:

Sul piano normativo, l’odontotecnico esercita un’arte ausiliaria di una professione sanitaria, come precisato all’art. 1 del Regio Decreto n. 1334/1928, che l’ha istituita nel nostro Paese.

I limiti e le modalità di  esercizio di tale attività sono delineati, in particolare, all’art. 11 del citato Regio Decreto, a mente del quale “gli odontotecnici sono autorizzati unicamente a costruire apparecchi di protesi dentaria su modelli tratti da impronte loro fornite da medici chirurghi a dagli abilitati a norma di legge all’esercizio della odontoiatria, con le indicazioni del tipo di protesi; è in ogni caso vietato agli odontotecnici di esercitare, anche alla presenza del medico, alcuna manovra cruenta o incruenta nella bocca del paziente”.

odontotecnicoIl manufatto protesico/ortodontico, inoltre, è da considerarsi un “dispositivo medico su misura” definito, in base al Regolamento (UE) 2017/745, come “qualsiasi dispositivo fabbricato appositamente sulla base di una prescrizione scritta di qualsiasi persona autorizzata dal diritto nazionale in virtù della sua qualifica professionale, che indichi, sotto la responsabilità di tale persona, le caratteristiche specifiche di progettazione, e che è destinato  a essere utilizzato solo per un determinato paziente esclusivamente al fine di rispondere alle sue condizioni ed esigenze individuali”; in detto contesto, l’odontotecnico è considerato “fabbricante” del dispositivo medico e, quindi, soggetto abilitato alla sua produzione” (TAR Torino, sez. II, 17 giugno 2021, n. 619).

L’art. 1, comma 1, della Legge 26 aprile 1999, n. 42 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie) ha sostituito la denominazione “professione sanitaria ausiliaria” con quella di “professione sanitaria” e, successivamente, la Legge 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica) ha organizzato le professioni sanitarie in quattro distinte aree (professioni sanitarie infermieristiche e professione sanitaria ostetrica; professioni sanitarie riabilitative; professioni tecnico-sanitarie; professioni tecniche della prevenzione).

Con quest’ultima – precisa il Tribunale – non è stata modificata la figura dell’odontotecnico.

Inoltre – aggiunge il T.A.R. – “che la figura dell’odontotecnico non sia una professione sanitaria si evince anche dai numerosi disegni di legge che, nel corso degli anni, sono stati avanzati (proposta di legge n. 993 presentata il 17 maggio 2013, proposta di legge n. 2203 del 2021, disegno di legge n. 2432 del 2021 presentato dal senatore Serafini).

A conclusione diversa – sottolinea il Giudice Amministrativo – “non si può giungere nemmeno attraverso l’esame della direttiva sulle qualifiche professionali 2005/36/CE come modificata dalla direttiva 2013/55/UE e come poi interpretata dalla sentenza della Corte di Giustizia 21 settembre 2017, n. 125/16.

In particolare, quest’ultima, premette:

62 Tenuto conto del rischio per la salute del paziente che inerisce a tutte le attività contemplate al punto 57 della presente sentenza, dell’importanza dell’obiettivo della tutela della salute pubblica, nonché del margine di discrezionalità, ricordato al punto 60 della presente sentenza, di cui dispongono gli Stati membri nell’attuazione del suddetto obiettivo, occorre constatare che….il requisito dell’intermediazione obbligatoria di un dentista risulta idoneo a raggiungere l’obiettivo di  cui sopra e non va oltre quanto è necessario a tale scopo”.

Conclude che:

L’articolo 49 TFUE, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa di uno Stato membro,  come quella controversa nel procedimento principale, la quale stabilisca che le attività di odontotecnico devono essere esercitate in collaborazione con un dentista, nella misura in cui tale requisito è applicabile, conformemente alla normativa suddetta, nei confronti di odontotecnici clinici che abbiano conseguito le loro qualifiche professionali in un altro Stato membro e che desiderino esercitare la propria professione nel primo Stato membro sopra citato”.

In sostanza, precisa il Tribunale Amministrativo, si ritiene che “la figura dell’odontoiatra non possa essere inserita all’interno delle professioni sanitarie, anche perché se così fosse non avrebbero senso le numerose proposte legislative dirette proprio a far rientrate l’odontotecnico nell’ambito delle professioni sanitarie.

Per ciò che concerne, infine, la motivazione del provvedimento impugnato il T.A.R. evidenzia che:

Il Ministero è giunto al rilascio del parere negativo alla luce del parere del Gruppo Tecnico dell’Odontoiatria; parere che, sostanzialmente, fa proprie le conclusioni a cui è pervenuto il CAO (Commissione Albo Odontoiatri).

Questo ultimo ha ritenuto di dare parere negativo in quanto l’art 6 1. n. 3/2018, che modifica l’art. 5 l. n. 43/2006, prevede al comma 4 che “La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni sanitarie avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le  specializzazioni delle stesse”.

Infatti, sempre il parere citato, ha precisato che “secondo i regolamenti didattici delle università italiane attualmente in vigore; sono di competenza del laureato ‘in odontoiatria e protesi dentaria:/

la gamma completa dell’odontoiatria generale;

Le procedure terapeutiche mediche chirurgiche complementari alla professione odontoiatrica;

La scienza dei biomateriali per quanto attiene la pratica dell’odontoiatria;

Il conseguimento di specifiche professionalità nel campo della protesi;

La capacità di formulare un piano di trattamento globale;

La capacità di eseguire terapie appropriate, tra l’altro sostituendo denti mancanti, quando indicato e appropriato con protesi fisse, rimovibili che sostituiscano sia denti che altri tessuti persi e protesi  complete;

La conoscenza delle indicazioni alla terapia impiantare e la capacità di effettuarla (tutta e non in parte).

Ai sensi della direttiva 78/687 CEE, inoltre, l’insegnamento della protesi è previsto tra le materie specifiche professionali da cui deriva anche la denominazione di Corso di laurea in odontoiatria e Protesi Dentaria e la competenza assoluta dell’odontoiatra per l’esecuzione di tutti gli aspetti della terapia odontoiatrica”.

Secondo il T.A.R. Lazio la motivazione, fatta proprio dal Ministero nel provvedimento impugnato, non è illogica o illegittima, posto che “l’art. 5, l. n. 43/2006, comma 4, impedisce una sovrapposizione e una parcellizzazione tra le figure professionali; sovrapposizione e parcellizzazione che si determinerebbe nel momento in cui si facesse rientrare nell’ambito delle professioni sanitarie la figura dell’odontotecnico in quanto, questo ultimo, avrebbe competenze del tutto similari a quelle afferenti i corsi di laurea in odontoiatria e protesi dentaria.”

Da ultimo si evidenzia che l’art. 1 della Proposta di legge n. 2203/2021 (proposta della senatrice Boldrini) dichiara espressamente che:

“1. In deroga a quanto previsto in materia di istituzione di nuove professioni sanitarie dalle leggi 1° febbraio 2006, n. 43, e 11 gennaio 2018, n. 3, con la presente legge la professione sanitaria di odontotecnico è ricompresa tra le professioni sanitarie dell’area tecnico-assistenziale di cui all’articolo 3 della legge 10 agosto 2000, n. 251”.

Il nuovo articolo dichiara, espressamente, di agire in deroga alla l. n. 43 del 2006, lasciando così intendere che l’istituzione della nuova professione sanitaria non può essere fatta, allo stato, in virtù di questo articolo.

In conclusione è indubitabile che, salvo eventuali iniziative legislative, la figura dell’odontotecnico non è compreso nell’ambito delle professioni sanitarie.