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Rizoartrosi trattamento conservativo vs intervento chirurgico

Rizoartrosi: trattamento conservativo vs intervento chirurgico

Importanza della riabilitazione post-chirurgia protesica nel caso di artrosi dell’articolazione trapezio-metacarpale o della base del pollice, nota come rizoartrosi.

Abstract

[otw_shortcode_dropcap label=”L” background_color_class=”otw-no-background” size=”large” border_color_class=”otw-no-border-color” label_color=”#008185″][/otw_shortcode_dropcap]a degenerazione artrosica, come la malattia reumatica, colpisce qualsiasi articolazione in modo più o meno grave poiché questa progressiva patologia, interessando sì le articolazioni, ma coinvolgendo anche i tendini e i legamenti nel reumatismo articolare, può determinare effetti particolarmente devastanti nella mano.

Nel corso della storia dell’Ortopedia, i progressi della chirurgia sostitutiva articolare e ricostruttiva hanno determinato un migliore recupero della funzione della mano colpita da artrosi evolutiva o artrite deformante, tant’è che l’intervento di sostituzione artroplastica è quello di rendere nuovamente mobile e non dolente una articolazione
In questa sessione parliamo dell’artrosi dell’articolazione trapezio-metacarpale o della base del pollice, conosciuta con il nome di rizoartrosi.

 

Abstract

[otw_shortcode_dropcap label=”A” background_color_class=”otw-no-background” size=”large” border_color_class=”otw-no-border-color” label_color=”#008185″][/otw_shortcode_dropcap]rthritic degeneration, like rheumatic disease, affects any joint in a more or less serious way because this progressive pathology, affecting the joints, but also involving the tendons and ligaments in joint rheumatism, can cause particularly devastating effects in the hand. Over the course of the history of orthopedics, the progress of joint and reconstructive replacement surgery has led to an ever better recovery of the function of the hand affected by evolutionary arthrosis or deforming arthritis, so much so that the arthroplasty replacement surgery is to make it again mobile and a joint painles. Dual mobility prosthesis; resorbable arthroplasty; functional re-education; occupational therapy.

 

Autori

Dott. Roberto Urso – Dirigente Medico U.O. di Ortopedia e Traumatologia Ospedale Maggiore, Bologna. Dott.ssa Elisa Di Resta – Terapista Occupazionale specializzata nella Riabilitazione della Mano, Roma.

Rizoartrosi: trattamento conservativo vs chirurgico

[otw_shortcode_dropcap label=”N” background_color_class=”otw-no-background” size=”large” border_color_class=”otw-no-border-color” label_color=”#008185″][/otw_shortcode_dropcap]ello scheletro della mano la rizoartrosi è la degenerazione della cartilagine articolare alla base del 1° metacarpo che appoggia verso la porzione distale del trapezio. Questa condiloartrosi avente superfici articolari non congruenti con molti assi di rotazione permette tutti quei movimenti di flesso-estensione, abduzione-adduzione e di opposizione del pollice.

L’eziologia della rizoartrosi coinvolge numerosi fattori sia biomeccanici che biochimici e la sua patogenesi è legata all’alterazione di quel delicato e complesso stato di equilibrio che è l’apparato osteo-capsulare, legamentoso e muscolare della articolazione trapezio-metacarpale.

Tale degenerazione articolare porta progressivamente a un grave disequilibrio della cinematica della colonna del pollice determinando la progressiva perdita funzionale e sfociando, nel tempo, verso una grave invalidità.

La rizoartrosi, descritta nel 1937 da Forestier, è una patologia molto frequente; rappresenta il 9-10% di tutte le localizzazioni artrosiche. Nella maggioranza dei casi affligge le donne, anche in giovane età, ma con un’incidenza di circa il 30% dopo i 50 anni e superiore del 90-92% nei pazienti over 80.

Rizoartrosi, risultato restituito da RX

 

L’approccio chirurgico viene indicato in base alla gravità della rizoartrosi, seguendo per questo:

1) la classificazione di Eaton (tab.1) per una precisa diagnosi radiologica;

2) l’entità del dolore;

3) la limitazione funzionale;

4) le prospettive di vita e lavorative del singolo individuo.

L’indicazione chirurgica quasi sempre nei gradi III e IV a volte viene proposta anche al grado II, compatibilmente con le moderne esigenze funzionali/lavorative che caratterizzano la società attuale.

Gli interventi chirurgici per la cura della rizoartrosi sono sempre stati numerosi e variegati, dalle prime resezioni artroplastiche alle trapeziectomie semplici o con artroplastica di interposizione, dalle più vetuste artrodesi con innesto (fig.1) alle protesi flessibili (fig.1), alleartroplastiche con innesto secondo Eaton-Littler (fig.2) e così via, fino ai più moderni device ortopedici quali le protesi a doppia mobilità, in pirocarbonio o a base copolimerica.

Molto è stato scritto a riguardo, ragion per cui ci soffermiamo su quelli che sono oggi i più moderni trattamenti da terzo millennio:

1) il trattamento conservativo, nelle forme iniziali, quali arma per ridurre il dolore, il disagio cercando di dare sollievo a una patologia evolutiva a rischio invalidante.

2) il trattamento chirurgico, come extrema-ratio nei casi che non trovano risposta al trattamento conservativo. Il tutto associato a una ottimale rieducazione post-operatoria.

Come detto la tecnologia della moderna protesica sviluppata nell’anca e per sostituti articolari si è giunti alla realizzazione di prodotti estremamente efficaci e funzionali per il ripristino articolare, ma soprattutto per l’eliminazione del dolore quale maggior causa limitante: la protesi a doppia mobilità (fig.4) per sostituire completamente l’articolazione trapezio-metacarpale deteriorata restituendo la totale mobilità alla functio lesa e l’artroplastica con copolimero riassorbibile atta a ridare la mobilità persa alle piccole articolazioni risolvendo il grave dolore (fig.3).

Il ruolo del terapista occupazionale è fondamentale nel trattamento e nella cura della rizoartrosi, sia per il trattamento di tipo conservativo nei gradi più bassi che per il trattamento del pre e del post-operatorio.

Trattamento conservativo

L’articolazione trapezio-metacarpale, interessata dal processo degenerativo, possiede un elevato grado di mobilità che consente al pollice di opporsi alle altre dita e allo stesso tempo una stabilità intrinseca determinata da forti strutture capsulo-legamentose, che connettono il trapezio al 1° metacarpo, e dai muscoli (in particolare il primo interosseo dorsale, l’opponente e l’abduttore lungo di pollice).

Il trattamento conservativo della rizoartrosi si riserva nelle forme lievi e negli stadi iniziali (classificazione Eaton I ed Eaton II della patologia), ma generalmente fattori determinanti nella scelta del trattamento, ancor più della stadiazione radiografica di Eaton, sono la gravità della sintomatologia riferita, le esigenze funzionali del paziente e l’indicazione del chirurgo della mano: quando il dolore diviene insopportabile e si verifica una perdita significativa della funzionalità si opta generalmente per trattamenti chirurgici.

Il trattamento conservativo mira essenzialmente a ridurre la sintomatologia algica e alleviare l’infiammazione, a mantenere o incrementare forza, funzione, stabilità e mobilità, ma anche a ridurre il carico meccanico sull’articolazione, a correggere eventuali sublussazioni, a mantenere aperto lo spazio della prima commissura (che spesso nei pazienti affetti da tale patologia risulta essere ridotto), e infine a incrementare la performance occupazionale.

L’utilizzo di ortesi (note anche come splint o tutori) risulta, ad oggi, essere il trattamento più adoperato nelle forme non chirurgiche. È stato dimostrato che queste potenzialmente ritardano la progressione della patologia, mettendo il pollice in una condizione di “riposo forzato” vengono infatti ridotti la sinovite, il dolore, lo stress meccanico; inoltre incrementano la stabilità e migliorano la funzione.

Nel momento in cui il paziente con Rizoartrosi accede al servizio riabilitativo, dopo un’accurata valutazione che ci permette di rilevare parametri che saranno poi comparati con i valori finali del trattamento per valutarne l’efficacia (quali dolore, forza, edema, range di movimento) viene confezionato un tutore notturno di riposo in materiale termoplastico, da indossare per 3 mesi: si tratta di uno splint ABM con polso a 0°, pollice abdotto e opposto al 3° dito (si chiede al paziente di riprodurre una “O” durante il confezionamento), metacarpo-falangea leggermente flessa, interfalangea del pollice e dita lunghe libere.

Questa posizione consente di centrare la base del trapezio sul 1° metacarpo, permettendo un corretto posizionamento articolare così da limitare i movimenti di estensione e adduzione più dolenti e stressanti per l’articolazione. Importante ricordare, quando si confeziona tale tutore, che la prima commisura deve essere ben aperta. Il polso è incluso per garantire una maggiore stabilità dell’ortesi (Fig.1).

Il terapista della mano confeziona inoltre sul paziente un tutore funzionale diurno in materiale termoplastico (Fig.2), identico in struttura e funzione al precedente, con la sola differenza di non includere il polso, permettendo così lo svolgimento delle AVQ (attività di vita quotidiana) di giorno, anch’esso da indossare per un periodo di 3 mesi.

Il tutore in neoprene (Fig.3), per il giorno, si preferisce a quello in termoplastico qualora riesca a dare una corretta stabilità (ovviamente con la collaborazione del paziente che dovrebbe riuscire ad attuare le regole di rieducazione del gesto che gli sono state spiegate in seduta); rispetto a quello in termoplastico consente una maggior mobilità a scapito, però, di una minore stabilità.

Rizoartrosi: uso dei tutori
Rizoartrosi: uso dei tutori

 

Si associa, a tal proposito, un programma mirato di terapia occupazionale che si serve dell’economia articolare: nient’altro che un’educazione gestuale e dell’eventuale utilizzo di ausili quali apri barattoli (che aumentano la forza di attrito favorendo il gesto), ferma barattoli e ausili con lunghi bracci di leva che richiedono un minor sforzo muscolare nell’utilizzo.

Si interviene quindi sulla modifica dell’attività con conseguente educazione del paziente a quelli che possono essere i gesti pregiudizievoli che sovraccaricano l’articolazione non preservandola.

Gli accorgimenti che il terapista fornisce al paziente sono riassumibili nei seguenti punti: ingrandire le impugnature servendosi di ingrossa manici realizzati con pellets o tubulari in gomma (l’utilizzo di oggetti sottili e di piccole dimensioni favorisce infatti la sublussazione radiale della base del 1° metacarpo, mentre la presa di oggetti grossi richiede una abduzione-opposizione che centra il 1° metacarpo sulla sella del trapezio):

evitare le prese sub-termino laterali (in quanto danno una forte componente sublussante sulla base del 1° metacarpo) preferendo invece le pinze termino-terminali;

trasformare le prese fini in digito-palmari, utilizzare le prese interdigitali e quella ulno-palmare (la presa più forte che abbiamo nella mano) e infine favorire le prese bimanuali per evitare sovraccarico meccanico sull’articolazione distribuendo equamente il carico. Fondamentale è spiegare al paziente che non è attraverso l’immobilità che il dolore diminuisce, ma attraverso l’osservazione di regole ben precise.

Altri trattamenti non chirurgici includono gli esercizi di rinforzo (raccomandati solo in pazienti che non presentano un dolore significativo) rivolti nello specifico ai muscoli abduttore lungo del pollice ed estensore lungo del pollice, per contrastare le forze di flessione-adduzione dell’adduttore del pollice che risulta essere la principale forza deformante per l’articolazione. Potenzialmente prevengono la contrattura in adduzione con perdita della prima commissura.

Gioca un ruolo fondamentale l’elettrostimolazione per il rinforzo simultaneo della coppia muscolare primo interosseo dorsale e opponente che se attivati simultaneamente hanno un’azione sinergica di ricentraggio della base del metacarpo sul trapezio e un’azione antagonista sulla rotazione della base del 1° metacarpo:

– terapie a base di FANS per il controllo del dolore;

– iniezioni di corticosteroidi;

– tecniche di terapia manuale (per ridurre la tensione muscolare, il dolore e le contratture e recuperare i movimenti del primo raggio nei vari piani dello spazio quali stretching, massaggio decontratturante etc.);

– terapie fisiche (quali la paraffinoterapia, i bagni di contrasto, gli ultrasuoni e la laserterapia).

Si può affermare che un corretto trattamento conservativo, gestito da mani esperte, permette di ridurre il dolore percepito, preservare l’articolazione dal processo degenerativo (non gravando su questa con movimenti scorretti o carichi eccessivi), incrementare la forza e la funzione, migliorare la destrezza e la performance occupazionale.

 

Trattamento riabilitativo post-operatorio

A seguito dell’intervento di chirurgia protesica il paziente con Rizoartrosi viene preso in carico dal terapista della mano che provvederà a impostare un adeguato piano di trattamento riabilitativo volto alla gestione del dolore e dell’edema presente, al recupero del range articolare, della forza di pinza e più ampiamente al recupero funzionale.

Importante è che il paziente, a seguito del periodo di immobilizzazione in protezione, non escluda la mano coinvolta e si concentri sul reintegro funzionale di questa nelle attività di vita quotidiana. Solitamente, salvo complicanze (quali presenza di rigidità importante o mano particolarmente edematosa), il paziente effettua tre sedute settimanali.

Nelle prime 3 settimane post-operatorie il paziente sarà immobilizzato con un tutore di protezione fisso circolare ABM, con trapezio-metacarpale in opposizione, apertura della prima commissura, metacarpo falangea inclusa (Fig.4) e interfalangea libera, importante è che lo splint non oltrepassi la plica palmare distale, cosicché anche le metacarpo-falangee delle dita lunghe siano libere di flettersi (l’immobilizzazione deve, infatti, essere sempre corretta e minima).

Rizoartrosi: tutore fisso
Rizoartrosi: tutore fisso

 

Saranno intanto trattate le articolazioni libere dall’immobilizzazione ovvero dita e gomito sia in seduta con mobilizzazioni attive-assistite e passive, sia a domicilio dal paziente che si atterrà a un programma di esercizi mirato da eseguire ogni ora e, a edema risolto, 4/5 volte al dì.

Al paziente affetto da Rizoartrosi viene consigliato di utilizzare del ghiaccio sulle zone anatomiche libere dallo splint a cicli della durata di 10′ circa, (è antiedemigeno, antinfiammatorio e antidolorifico per eccellenza). Alla 4ᵃ settimana il tutore viene reso removibile (stesso tipo del precedente con la sola differenza di possedere velcri che ne consentano la rimozione) (vedi Fig.1) e sarà progressivamente abbandonato con un programma di svezzamento graduale fino a eliminazione completa.

Il terapista riserverà particolare attenzione al trattamento della cicatrice chirurgica avvalendosi, a punti di sutura rimossi, di tecniche quali il massaggio di scollamento (al fine di prevenire aderenze con i tessuti sottostanti che possono inficiare il recupero funzionale, da eseguire anche a domicilio) e compressione, terapie meccaniche quali la vacuum terapia che mediante utilizzo di siringa negativa crea un sottovuoto, contribuendo allo scollamento tissutale se il tipo di cicatrice lo consente.

Laddove necessario sarà consigliato al paziente con Rizoartrosi l’applicazione di elastomero o di cerotti in silicone, per prevenire e trattare cicatrici ipertrofiche o cheloidee. Sarà richiesta anche una mobilizzazione attiva per il recupero del tono-trofismo muscolare di polso e primo raggio, per il recupero dell’articolarità e la prevenzione di aderenze.

Il paziente sarà mobilizzato anche passivamente (generalmente in guanto di paraffina, con una terapia termica) in maniera graduale in seduta, sia globalmente che analiticamente, per contrastare eventuali rigidità residue e favorire un buon grado di elasticità muscolare e tendinea.

Da associare a questo un eventuale massaggio decontratturante e di apertura della prima commissura. Il programma domiciliare assegnato comprenderà esercizi di tenodesi di polso, esercizi per dita lunghe come il pugno e l’abd/adduzione che attraverso l’attivazione della pompa muscolare degli intrinseci favoriscono il riassorbimento dell’edema, nonché esercizi specifici per il pollice da eseguire su tutti i piani di movimento volti al recupero dell’escursione articolare.

Gli esercizi verranno effettuati ogni 2h con una ripetizione di 10 volte per ciascuno.  Anche in questa fase viene consigliato l’utilizzo di ghiaccio da applicare sulla zona dolente e edematosa al termine di ciascuna serie di esercizi.

In concomitanza a questo viene istruito il paziente sull’utilizzo dei bagni di contrasto che, sfruttando l’escursione termica con alternanza di vasocostrizione nell’acqua fredda e vasodilatazione nella calda, aiutano a drenare e a ristabilire un corretto circolo linfatico; il caldo ha inoltre un effetto distensivo sui tessuti e aiuta a dare sollievo dal dolore.

Durante i bagni il paziente utilizza, strizzandola, una banale spugna da cucina per ottenere anche qui un effetto pompa muscolare con chiusura a pugno della mano.

Nel caso di Rizoartrosi, un corretto trattamento riabilitativo post-chirurgia protesica ci permette di prevenire la formazione di aderenze, ridurre la percezione dolorifica e l'edema, prevenire rigidità e ripristinare in maniera ottimale la funzionalità.
Nel caso di Rizoartrosi, un corretto trattamento riabilitativo post-chirurgia protesica ci permette di prevenire la formazione di aderenze, ridurre la percezione dolorifica e l’edema, prevenire rigidità e ripristinare in maniera ottimale la funzionalità

 

Altri strumenti di cui si può avvalere il terapista per gestire l’edema sono il massaggio drenante possibilmente su supporti in elevazione per favorire il ritorno linfatico (è consigliabile che il paziente utilizzi una posizione antideclive anche la notte servendosi di un cuscino e che esegua alcuni degli esercizi assegnati con l’avambraccio in posizione antideclive), il bendaggio elasto-compressivo autoadesivo, il kinesiotape applicato con tecnica drenante.

In 6ᵃ settimana saranno introdotti esercizi di rinforzo con elastici di resistenza progressiva e plastilina. Anche in questa fase risulta fondamentale un programma di terapia occupazionale qualora residuino difficoltà nella manipolazione di oggetti e/o in attività significative per il paziente, tenendo sempre a mente l’approccio client-centred su cui si fonda questa scienza, con un programma di esercizi funzionali di presa e manipolazione con oggetti di diverse forme e dimensioni stimolando prese grossolane prima e fini poi.

Laddove residuino delle rigidità, il terapista provvederà a confezionare sulla mano del paziente un eventuale tutore dinamico in flessione o in estensione con tiranti ed elastici che costituiscono le basi delle trazioni dinamiche. Quando l’escursione articolare sarà recuperata si inseriscono nel programma riabilitativo esercizi propriocettivi (Fig.5) con lo scopo di stimolare i recettori periferici al fine di correggere il movimento riprogrammandolo da un punto di vista neuro-muscolare ripristinando così il corretto schema motorio, alterato dalla patologia.

Concludendo possiamo affermare che un corretto trattamento riabilitativo post-chirurgia protesica ci permette di prevenire la formazione di aderenze, ridurre la percezione dolorifica e l’edema, prevenire rigidità e ripristinare in maniera ottimale la funzionalità.


 

Del dott. Roberto Urso, guarda anche le seguenti interviste:

Chirurgia delle fratture di polso con fissatore esterno assiale (FEA), intervista al dott. Urso

Come intervenire sulla mano traumatica? Intervista al dott. Roberto Urso

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