Dalla letteratura scientifica attualmente disponibile emerge la necessità concettuale di considerare anche il fattore qualitativo relativo il significato nella comprensione dello Stress.
Massimo Agnoletti, Ph.D.
[divide]English abstract:
Above all in the human species there is the need to distinguish negative Stress (distress) from positive one (eustress) also from an operational point of view, but the current paradigm generally accepted both in the biomedical and psychological sciences holds that this distinction is exclusively of quantitative nature.
The present paper argues instead that, in addition to the quantitative dimension, it is necessary to add the dimension linked to the informational meaning attributed to Stress.
Only by associating this value dimension to Stress is it possible to grasp some fundamental recent scientific research, understand the individual subjective component of Stress and understand the difference between eustress and distress with the logical psychophysiological consequences that impact on human health.
Psycho-physical wellness professionals, as well as citizens themselves, should be aware of this new aspect of Stress that determines the quality of life and human health.
[divide]Italian abstract:
Soprattutto nella specie umana vi è l’esigenza di distinguere, dal punto di vista operativo, lo Stress negativo (distress) da quello positivo (eustress) ma l’attuale paradigma, generalmente accettato nelle scienze biomediche e in quelle psicologiche, sostiene che questa distinzione è esclusivamente di natura quantitativa.
Il presente scritto sostiene invece che, oltre alla dimensione quantitativa, occorre aggiungere la dimensione legata al significato informazionale attribuito allo Stress. Solo associando anche questa dimensione valoriale allo Stress è infatti possibile cogliere alcune fondamentalirecenti ricerche scientifiche, capire la componente soggettiva individuale di esso cogliendola differenza tra eustress e distress con le logiche conseguenze psicofisiologiche che impattano sulla salute umana.
Le istituzioni sanitariee professionisti del benessere psicofisico, oltre che i cittadini in prima persona, dovrebbero essere maggiormente consapevoli di questo nuovo aspetto dello Stress che determina la qualità di vita e la salute umana.
[divide]Comprendere anche dal punto di vista operativo la differenza tra stress positivo (eustress) e stress negativo (distress) risulta essere fondamentale sia come individui, per orientare le nostre scelte legate alla gestione dello Stress per promuovere comportamenti favorevoli il benessere e la salute, sia come professionisti del benessere psicofisico al fine di deciderele strategie più opportune ed efficaci finalizzate ad ottimizzare la qualità di vita e la salute dei propri assistiti.
In questo contesto,adottare il corretto paradigma legato allo Stress risulta quindi cruciale per tutte le conseguenze che esso comporta anche dal punto di vista applicativo e strategico.
Per tutti i professionisti del settore del benessere psicofisico questa affermazione si traduce in specifiche scelte che impattano la sfera clinica del loro lavoro perché, a sua volta, si declina in cambiamenti indotti nella qualità di vita e nella salute dei loro clienti/pazienti.
All’interno del paradigma attualmente condiviso relativo loStress (applicatoalla specie umana) risulta difficile,se non concettualmente impossibile,individuare precisi criteri operativi per distinguere cosa caratterizza l’eustress e cosa invecedistress dal momento che questa differenza viene considerata puramente quantitativa.
In altri termini se la differenza tra distress e eustress rimane puramente quantitativa, allora l’unico modo di distinguere i due domini rimane la durata e l’intensità della reazione psicofisiologica prodotta dall’organismo.
Questa seducente quantoriduzionistica visionesi traduce operativamente in un semplicistico schema che prevede che, se la reazione psicofisica dell’organismo èbreve ma intensa (si parla infatti di reazione “acuta” dello Stress) allora viene considerato come positivo(eustress) per il valore positivo in termini di sopravvivenza biologica (il cosiddetto meccanismo“attacco o fuga”), mentre se la reazione ha una dimensione quantitativa più prolungata nel tempo(chiamato infatti Stress “cronico”), anche nel caso in cui sia meno intensa,è sempre e comunque negativa (distress) per il valore disadattivo in termini di salute.
Risulta interessante notare che in questa visione riduzionistica viene considerato unicamente il piano biologico della complessità ormai riconosciuta bio-psico-sociale relativa la specie umana, infatti, le dimensioni emotive/psicologiche ed ancor meno quelle socioculturali non vengono minimamente prese in considerazione.
Il paradigma attualmente dominante di Stress largamente condiviso all’interno della comunità scientifica è storicamente derivato dalle scienze biomediche del secolo scorso dove venivano enfatizzatiin maniera dominante gli aspetti patologizzanti dei processi biologici studiati egli aspetti che potevano essere studiati in maniera comparata con altri animali per oggettivare i meccanismi comuni.
In genere il paradigma dello Stress normalmente inteso prevede, nella specie umanacosì come fondamentalmente tutti i vertebrati, l’attivazione di una specifica configurazione psico-neuro-endocrina finalizzata a risolvere una situazione potenzialmente pericolosa per la sopravvivenzadell’organismo.
Fu il fisiologo Walter Cannon nel 1915 che inizialmente definì lo Stress nei termini di specifica reazione fisiologica dell’organismo di fronte ad una minaccia percepita.
Questa reazione prevedeva la percezione di uno scostamento rispetto il precedente stato fisiologico di equilibrio ed il conseguente tentativo di ripristinarlo attraverso la caratteristica specifica attivazione fisiologica condivisa da varie specie animali (chiamata anche “fight or flight” response).
Vari autori più recenti quali Selye, Lazarus, McEwen, Chrousos, Sapolsky, hanno arricchito di dettagli lo stesso concetto di Stress (che deriva dalla parola “stringere”, “premere”) sottolineandone alcuni dettagli più di altri (per esempio la sua natura a-specifica rispetto lo stimolo che induce lo Stress o la natura biochimica della reazione psicofisica, l’attivazione delle aree del cervello,etc.) ma la logica relativa la prioritàconservativa biologica dello Stress è sempre rimasta inalterata.
A mio avviso non c’è stato finora uno sforzo concettuale altrettanto importante per sintetizzarne il ruolodello Stress sia in situazioni non omeostatiche che all’interno della particolarecomplessità ed eterogeneitàpresente e caratterizzantela specie umana.
Questo probabilmente è uno dei motivi per cui è così difficile riuscire a definire lo Stress, misurarlo (estrapolandone valori oggettivi) e valutarlo (positivo o negativo) nelle persone (Agnoletti, 2019; Agnoletti, 2020; Agnoletti, 2021b).
Nel contesto tradizionalmente inteso di Stress, il meccanismo adattativo che sottende la particolare attivazione psico-neuro-endocrina ha una finalità puramente biologica e per questo motivo le definizioni di eustress (stress positivo) e distress (stress negativo) trovano il loro spazio logico unicamente in funzione del risultato ottenuto in riferimento alla fitness biologica dell’organismo.
Quando però si analizzano comportamenti specie specifici umaniche non sembrano avere uno specifico significato biologico, gli stessi esperti di fama mondiale dello Stress che promuovono il paradigma classico hanno posizioni diverse, e spesso contrastanti, riguardo la distinzione eustress/distress perché se da una parte ammettono concettualmente l’esistenza di uno Stress positivo (lo stesso Selye riconobbe il suo ruolo chiave per la vita stessa) non riescono poi ad operazionalizzarlo in termini precisi all’interno dello stesso paradigma per la spiegazione di comportamenti utili per la sopravvivenza.
Questa lacuna concettuale nasce dal fatto che, almeno per quanto riguarda la specie umana, la definizione di Stress non può prescindere dalle altre due teleonomie caratterizzanti le persone: lateleonomia psicologica relativa il significato attribuito all’evento stressante (cosa per altro già in parte sottolineata indirettamente da lavoro sull’elaborazione cognitiva “coping” degli eventi stressanti formulata da Lazarus e Folkman) e quellasocioculturale.
Il gap concettuale del paradigma classico dello Stress, non solo rende molto limitato il potere esplicativo dei comportamenti caratterizzati dalla rilevanza psico-sociale, della valenza positiva dello Stress, delle differenze interindividuali ed intra individuale,ma è anche molto incoerente con la letteratura scientifica attualmente disponibile.
Solo a titolo di esempio mi riferisco quanto è stato già dimostrato riguardo l’influenza del concetto medesimo di Stress sulla nostra fisiologia determinando sia la nostra longevità che la probabilità di sviluppare problematiche di varia natura (Crum,Salovey, & Achor,2013; Epel et al. 2004; Jamieson, Nock, & Mendes, 2012; Keller et al., 2012).
Forse, a questo proposito, uno degli studi più emblematici è quello di Keller e colleghi (Keller et al., 2012) condotto su quasi trentamila persone dove si è visto che gli alti livelli quantitativi di Stress (in termini di misurazioni biometriche) aumentano il rischio di morte del 43% unicamente in coloro chedichiaravano di possedere un concetto di Stress esclusivamente negativo quindi dove la sua valenza cognitiva era unicamente negativa ed associata al danneggiamentodella salute ed il benessere.
Le persone che avevano riportato elevati livelli diStress (quindi che dal punto di vista quantitativo erano identici al gruppo di persone precedentemente citate), ma che psicologicamente non lo consideravano unicamente dannoso, non avevano probabilità maggiori di morire, anzi, la loro condizione si associava ad un rischio di morte più basso rispetto qualunque altro individuo coinvolto nell’indagine, persino più basso rispetto coloro che avevano riferito di aver sperimentato unoStress molto meno intenso ma che abbracciavano un concetto di Stress esclusivamente negativo.
Chiaramente questi risultati sono paradossali se analizzati alla luce del modello classico di Stress perché essendo focalizzato nell’identificare ed enfatizzare solo i fattori quantitativi relativi l’attività fisiologica ed i fattori comuni a molte altre specie animali, ha fortemente sottovalutato le componenti specie specifiche che per quanto riguarda le persone sono rappresentate dalla loro componente soggettiva.
Anche se risulta molto attraente rappresentare in un grafico l’andamento della misura quantitativa dello Stress rispetto, ad esempio,la performance distinguendo le aree sottese alla curva come distress ed eustress in funzione della performance stessa, detta distinzione dello Stress risulta fittizia perché non coglie lanatura integrata bio-psico-sociale caratteristica delle persone.
Così come nella semiotica vi è distinzione tra l’informazione ed il suo significato, per quanto riguarda lo Stress dobbiamo considerare l’attribuzione stessa del significato all’attivazione fisiologica che stiamo analizzando.
Similmente alla semioticadove vi è la rappresentazione del segno e del significato, nello studio scientifico dello Stress occorre distinguere tra componenti oggettive (attivazioni neurofisiologiche, metaboliche, immunologiche, etc.) nel contesto di quelle soggettive che consistono nell’attribuzione del significato e quindi della valenza dell’attivazione stessa.
Come l’insieme della configurazione grafica necessariaper comporre la parola “APE” non ne determina il significato (infatti la stessa configurazione grafica è associata al significato “grandi scimmie antropomorfe” nel caso della lingua inglese ed invece a quella di “insetti sociali” in quella italiana), similmente la descrizione dello Stress solo in termini quantitativi non ne coglie la complessità ne la sua valenza positiva o negativa tranne che nel contesto della teleonomia squisitamente biologica.
Se è vero che la persona è un complesso contesto integrato delle tre teleonomie bio-psico-sociali allora il paradigma dello Stress classico non riuscirà a cogliere la valenza dei comportamenti dove le componenti psicologiche o sociali sono predominanti.
In effetti questa affermazione coglie lo stato attuale in cui viene condiviso un concetto di Stress dove le componenti patologiche e comuni a molte specie animali sono enfatizzate.
L’attribuzione del significato soprattutto in termini di dinamiche psicosociali è assolutamente fondamentale per comprendere la complessità dei comportamenti umani ma, diversamente dalla teleonomia strettamente biologica, le tipologie di significati caratteristici di questi due domini sono meno esplicite e meno evidenti attraverso lo studio comparato animale.
Come nello studio della semiotica, solo l’effetto contesto determinato dall’interazione di segni e significati, di componenti oggettive e soggettive e convenzionali, può ambire a spiegare la complessità del linguaggio, ugualmente solo un concetto di Stress che include l’interazione tra gli aspetti quantitativi e qualitativi, oggettivi e soggettivi può ambire a gettare luce sulla natura umana.
Questa sfida scientifica è un qualcosa di molto piùcomplesso rispetto ciò che si è finora pensato relativamente lo Stress ma rappresenta l’unica strada che ci permetterà di progredire, comprendere e distinguere operativamente ciò che ci danneggia da ciò che invece promuove il nostro benessere psicofisico.
Personalmente ritengo che cogliere questa distinzione (eustress vs distress)rappresenti una vera e propria rivoluzione concettuale con importanti ricadute pratiche siaper i processi decisionali ed i comportamenti messi in atto da parte di ciascun individuo sia perle istituzioni edi professionisti del settore che promuovono la salute ed il benessere all’interno della comunità.