Più attenzione alla salute e lotta alla grande obesità grazie alla chirurgia. Sono numeri in aumento, quelli dell’attività della UOSA Chirurgia Bariatrica dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese, diretta dal dottor Giuseppe Vuolo, che si occupa del trattamento chirurgico dell’obesità e di nutrizione artificiale, con un team multidisciplinare altamente specializzato. «La Chirurgia Bariatrica – afferma Vuolo – è una realtà presente da oltre 15 anni all’interno del policlinico Santa Maria alle Scotte e l’attività ha avuto in incremento costante sia in termini di nuovi casi trattati che di riconoscimenti a livello nazionale, con un aumento di oltre il 100% negli ultimi 5 anni. Dai 72 interventi di chirurgia dell’obesità effettuati nel 2012 – prosegue Vuolo – siamo infatti passati a 92 procedure nel 2013, 127 nel 2014, 138 nel 2015, 154 nel 2016, 151 nel 2017. I dati dei primi sette mesi dell’anno corrente, dànno al momento 105 procedure, cioè già 20 in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno”. Gli interventi vengono eseguiti principalmente con tecnica mini-invasiva laparoscopica e, in alcuni casi, anche con tecnica robotica. Il centro è stato accreditato dalla SI.C.OB, Società Italiana Chirurgia dell’obesità nel 2014 e, dal 2016 è diventato Centro di eccellenza per questo tipo di chirurgia. L’attività della Chirurgia Bariatrica si svolge in stretta collaborazione con l’UOC Endocrinologia, grazie all’endocrinologa Cristina Ciuoli, con l’UOSA Dietetica e Nutrizione Clinica, con il medico dietista Barbara Paolini e con la UOC Psichiatria, grazie alla psichiatra Arianna Goracci. «Il nostro Centro – prosegue Vuolo – è l’unico nell’area vasta sud-est e, tra i suoi punti di forza, ha la multidisciplinarietà dell’équipe di professionisti che prendono in cura il paziente, per accompagnarlo nel percorso che porta all’intervento chirurgico, valutandone tutti gli aspetti pre e post operatori. Per una reale efficacia del trattamento è infatti fondamentale l’apporto dell’endocrinologo, del dietista e dello psicologo, in modo da supportare il paziente in ogni fase del percorso anche perché ogni caso è unico, in relazione anche alla presenza di altre patologie e situazioni cliniche particolari».

Il pericolo raddoppia tra gli adolescenti
Gli adolescenti che usano molto smartphone e altri apparecchi multimediali hanno un rischio doppio rispetto a coetanei che adoperano poco tali mezzi di sviluppare disturbi comportamentali, in particolare il cosiddetto disturbo da iperattività e deficit di attenzione (ADHD), problema che influisce sul rendimento scolastico impedendo a chi ne soffre di portare a termine compiti assegnati, di prestare attenzione e concentrarsi.
Lo rivela un’indagine pubblicata sul Journal of the American Medical Association. Lo studio si è concentrato sull’uso di social media, chat, messaggini, video in streaming, musica online o da scaricare, piuttosto che su intrattenimenti più tradizionali quali TV e video game, spiega l’autore Adam Leventhal dell’Università della Southern California.
La tecnologia mobile oggi disponibile, spiega, può fornire stimoli di elevato impatto in maniera rapida e in ogni momento della giornata, con effetti probabilmente ancora più profondi dei media classici.
I ricercatori Usa sono partiti da un campione di 4100 ragazzi di scuola superiore (15-16 anni), da cui hanno selezionato 2.587 giovani senza ADHD. Escludendo chi già soffriva del disturbo, i ricercatori avevano l’obiettivo di osservare l’emergenza di nuove problematiche comportamentali nel corso dei due anni di studio. I 2.587 adolescenti sono stati suddivisi in tre gruppi a seconda della frequenza di uso di 14 piattaforme digitali (ad es. Facebook). Dopo due anni è stata valutata la comparsa di nuovi sintomi di ADHD in questi giovani inizialmente sani.
E’ emerso che la probabilità di comparsa di sintomi di ADHD nei due anni di studio per i consumatori assidui di media digitali è circa doppia rispetto ai coetanei che usano i media con parsimonia.
“Possiamo affermare con sicurezza che i teenager esposti a elevati livelli di media digitali hanno un rischio significativamente più elevato di sviluppare sintomi di ADHD in futuro”, conclude Leventhal.

Progressi troppo lenti per obiettivi 2020
Allarme delle Nazioni Unite per la lotta all’Aids: benché i decessi siano in calo e sotto la soglia del milione e benché il numero di persone che hanno accesso a terapie sia in aumento (21,7 milioni nel 2017), le nuove infezioni sono in aumento in almeno 50 paesi e il ritmo dei progressi per sconfiggere l’epidemia non sta al passo con gli obiettivi. Lo rileva Programma congiunto dell’Onu sull’Hiv/Aids (Unaids) nel rapporto intitolato “Un lungo cammino resta da percorrere” e presentato oggi.
“Intere regioni sono in ritardo, gli enormi progressi compiuti per i bambini non sono durevoli, le donne sono ancora colpite in modo sproporzionato, le risorse non corrispondono agli impegni presi e popolazioni chiave continuano ad essere ignorate”, ha affermato il direttore esecutivo dell’Unaids, Michel Sidibé. Secondo il rapporto, che cita dati relativi al 2017, nel mondo 36,9 milioni di persone vivono con il virus Hiv, di queste 21,7 milioni hanno accesso alle cure, le nuove infezioni sono state 1,8 milioni e le morti 940.00.

È arrivata l’estate e si riaccende la riflessione sui rischi che si possono correre per la troppa esposizione al sole. A tutti piace godersi il mare e il sole, ma ci sono delle indicazioni che è bene tenere sempre presenti, anche in inverno, ma specialmente in questo periodo dove i raggi solari sono più forti e ci sono più ore di luce. Nel 2017 sono ben 14mila le persone che hanno ricevuto una diagnosi di melanoma, colpendo 7300 uomini e 6700 donne. Questo problema rappresenta addirittura il 3% di tutti i tumori. Ogni anno in Toscana venivano effettuate 1.200 nuove diagnosi di melanoma, con un’incidenza complessiva di 18 casi ogni 100mila abitanti. Negli ultimi 5-6 anni nella provincia di Grosseto, come lungo la costa e nella parte sud della nostra regione, tale incidenza à diventata di 40 – 45 casi per 100.000. A livello mondiale, l’incidenza di questo tipo di tumore è raddoppiata negli ultimi dieci anni.
“I principali fattori di rischio per l’insorgenza del melanoma cutaneo – spiega il dottor Riccardo Sirna, direttore dell’Area omogenea di Dermatologia della Asl Toscana sud est e dell’UO Dermatologia del Misericordia di Grosseto – sono esistenza di una predisposizione familiare alla malattia, presenza di numerosi nevi, pelle chiara e ustioni solari avvenute in età infantile o giovanile catalunyafarm.com.
Dato che sono soprattutto le radiazioni ultraviolette UVA e UVB a essere pericolose per il benessere della cute, in generale la possibilità di sviluppare un tumore delle pelle aumenta con l’esposizione prolungata al sole, come per esempio quella in cui incorre chi lavora all’aperto. E’ fondamentale che le persone prendano precauzioni e che si diffonda sempre di più una cultura della prevenzione, in particolare nei giovani”.