Diritto Sanitario


Fabrizio Fratoni, Tenente Colonnello dei Carabinieri, già abilitato alla professione forense e cultore della materia di Tecniche Investigative Applicate del corso di laurea di Scienze criminologiche per l’investigazione e la sicurezza”presso l’Alma Mater Studiorum Università di Bologna. È coautore saggi e manuali sulle nuove scienze criminologiche e criminalistiche, di importanti studi sul falso documentale e sanitario nonché sulle indagini difensive.

In ossequio alla mission di assicurare la vita del paziente,il personale del servizio 118 che arriva sul luogo di un ipotetico crimine e presta i primi soccorsi, deve intervenire tempestivamente per salvare la vittima della violenza e ridurre al massimo le conseguenze delle lesioni. Lo svolgimento del servizio di emergenza sanitaria territoriale[1], coordinatodalla Centrale Operativa del 118, si basasulla capacità di rispondere a tutte le esigenze dei cittadini che hanno un carattere d’urgenza/emergenza sanitaria, cercando di ridurre il numero delle morti evitabili attraverso l’invio tempestivo del mezzo più idoneo nel luogo dell’evento e il trattamento più qualificato della vittima già sul posto[2], impone, infatti, che il personale infermieristico debba,sempre di più,essere adeguatamente formato per garantire la funzionalità del servizio, nel rispetto delle norme giuridiche ed assicurare adeguati livelli di assistenza fin dal primo intervento.

L’infermiere[3]deve essere in grado di riconoscere i bisogni e i problemi dell’infortunato, definirne le priorità edi conseguenza stabilire ed attuare una successione di interventi idonei secondo un piano d’assistenza grazie anche all’ausilio di protocolli, tali da garantire standard qualitativi e quantitativi d’assistenza specie a favore di persone in condizioni vitali critiche,erogando le necessarie prestazioni in ogni luogo in cui si presenti una situazione caratterizzata alta criticità del paziente e dalle conseguenti complessità assistenziali[4]. Diversamentel’infermierepuò essere chiamato a rispondere di alcuni reati, anche a titolo colposo(assumendo la qualità di indagato) tenuto conto che,agli effetti della legge penale, può assumere le seguenti diverse qualifiche giuridiche da quella del Pubblico ufficiale (art. 357 del cp), a quella dell’Incaricato di pubblico servizio (art. 358 cp) fino all’esercente un servizio di pubblico necessità (art. 359 del cp), che incidono non solo sul tipo di reato astrattamente configurabile, sia per gli aspetti procedurali che in sede di applicazione della pena, rilevando quale aggravante specifica ovvero determinando il mutamento dello stesso titolo di reato verso una fattispecie più grave. A ben vedere, si può affermare che l’operatore sanitario sia alternativamente da considerarsi pubblico ufficiale o persona incaricata di pubblico servizio, a secondo delle caratteristiche dell’attività da lui specificamente svolta, perché, agendo in nome e per conto del Servizio Sanitario Nazionale, per il tramite del quale è garantito a ogni cittadino il diritto costituzionale alla tutela della salute, l’infermiere svolge comunque un pubblico servizio (art. 358) o, talora, una pubblica funzione (art. 357) amministrativa a seconda nella natura dell’attività esercitata[5]. In altre sentenze della Corte di Cassazione, l’infermiere è stato considerato incaricato di pubblico servizio[6], affermando il principio che le prestazioni dei dipendenti delle AUSL sono inserite nell’attività di natura pubblica, del Servizio sanitario nazionale,[7]pertantoappare appropriato sostenere che il suo status dipendente pubblico (o convenzionato con il servizio pubblico) gli fa rivestire la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, senza che sia necessario definire, fra le due possibili, la precisa qualifica giuridica.

Merita, invece, adeguato approfondimento la problematica relativa alle modalità d’azione da applicare e ritenute più utili, per conciliare le prioritarie esigenze ed i doveri di soccorso degli operatori sanitari con i doveri di procedere all’accertamento dei reati della polizia giudiziaria, meglio indicati dall’articolo 55 del codice di procedura penale,nonché con il concorrente il diritto riconosciuto alla difesa ad acquisire ogni mezzo di prova a favore del potenziale indagato ovvero della persona offesa, in ogni stato e grado del procedimento penale. Innanzitutto, occorre evidenziare come sia decisivo per l’individuazione del colpevole, il corretto svolgimento del sopralluogo della Polizia Giudiziaria, in tale fase l’esperienza operativa dimostra come sia fondamentale assicurare che tutte le tracce materiali, morfologiche e di situazione siano efficacemente individuate, repertate e conservate, in quanto tutte le fonti di prova,raccolte in questa prima e precoce fase d’indagine, tecnicamente irripetibile come la relativa documentazione, possono divenire elementi fondamentali per il positivo sviluppo del procedimento. La scena del criminecontiene elementi ed informazioni decisive per accertamento della verità, pertanto, occorre innanzitutto preservarla da ogni forma di modificazione per potere efficacemente procedere alla correttaacquisizione di tracce e cose, comunque pertinenti al reato, che debbono essere ricercate con metodologia standardizzata di tipo biologico, chimico, balistico e fisicoper individuare e raccogliere utilmente le fonti di prova.Il repertamento,infatti, ha come scopo fondamentale quello di acquisire con metodologie atte a garantire la loro genuinità le cose e le tracce pertinenti al reato individuate nel corso del sopralluogo al termine di un’accurata ricerca, individuazione e descrizione delle stesse, tenuto conto delle peculiari indicazioni che ne possono derivare per la ricostruzione della dinamica dell’evento, e per la definizione delle circostanze in cui il reato è stato compiuto nonché per l’identificazione dell’autore.

Uno dei principali compiti degli investigatori sul luogo del reato, ma anche quello dello staff difensivo, è quindi la sistematica ricerca di quelle tracce, cioè di tutti quegli elementi materiali in base ai quali si può stabilire che è stato commesso un crimine, oppure si può stabilire un legame tra crimine e la vittima ovvero tra il crimine ed il suo autore. In tema di investigazioni è ormai assodato l’assunto, per cui ogni persona che in qualche modo si è trovata sul luogo nel quale è stato commesso un reato, quasi sempre lascia qualcosa ovvero porta via qualcosa e tale attività di ricerca e repertamento per la sua fondamentale importanza costituisce il settore di maggiore impegno, che non solo richiede acume e spirito di osservazione, ma preparazione specialistica, essendo necessarie per la sua ottimale esecuzione di particolari tecniche, accurate procedure esecutive che prevedono anche l’impiego di specifiche strumentazioni.

Per gli equipaggi sanitari del 118, che sono i primiad arrivare su una scena del crimine, per effettuare gli accertamenti sanitari e prestare l’assistenza del caso sulla parte offesa, che può trovarsi anche in gravi condizioni ovvero deceduta e generalmente si possono configurare tre diverse tipologie di scena del crimine, il primo scenario riguarda il caso di un evento sulla scena del crimine ancora in atto, la cosiddetta scena ad accesso “chiuso” (criminale/i ancora presenti, con eventuale presenza di ostaggi ovveroaltri pericoli ambientali).In tal caso l’accesso sul luogo del reato deve essere necessariamente ritardato per prioritari motivi di sicurezza, dando la precedenza alle operazioni di polizia e l’ingresso dell’equipaggio di soccorso avverrà solo successivamente. Un diverso scenario riguarda l’intervento sulla scena con l’azione criminosa terminata, in un luogo che si deve qualificare comead accesso limitato per la presenza di potenzialifonti di provarilevanti per le indagini, che possono essere viziate, unitamente alla possibile presenza di ulteriori pericoli ambientali (armi ovvero sostanze pericolose per la salute), in tal caso l’accesso alla scena dovrebbe avvenire utilizzando tutte le precauzioni possibili per diminuire le alterazioni dello stato iniziale dell’ambiente e delle tracce.

La terzaipotesi di scenario è quello dell’evento verificatosi,su un luogo del reato che non viene riconosciutoimmediatamente come tale, ma solo successivamente. In tal caso nella fase iniziale di soccorso, oltre a compiere le prioritarie operazioni mediche, sarebbe auspicabile orientare il personale sanitario a ricercare quei segni che possano far sospettare un evento criminoso ed evitare, qualora possibile i comportamenti che potrebbero compromettere la conservazione delle tracce pertinenti il reato.Considerato il fatto che, il non rendersi conto della condizione in cui si sta operandoda parte personale di soccorso sanitario potrebbe mettere a repentaglio le indagini da parte della polizia giudiziaria, occorre orientare, con una preventiva formazione, gli operatori su quegli aspetti che possono far supporre un delitto quali la presenza di lesioni rinvenute,verificando se possono essere auto lesive o etero inferte, l’eccessivo disordine nell’ambiente, la presenza di armi da fuoco o da taglio, la posizione della vittima non compatibile con la probabile causa di morte o lesione, segni che evidenziano lesioni violente,ferite da arma da taglio da corpi contundenti e/o possibili violenze sessuali, con la presenza di formazioni pilifere e/o sangue nelle mani e sotto le unghie della vittima (segni di colluttazione con l’aggressore), oltre all’eccessiva presenza di sangue con residui sulla via di fuga e/o sulle maniglie delle porte, isegni di violenza su cose,la rottura di oggetti ed infine la presenza evidente sul luogo di:alcool, psicofarmaci o sostanze stupefacenti, aspetti questi che dovrebbero essere quanto prima segnalati, anche telefonicamente alle centrali operative alle forze dell’ordine che stando affluendo in loco.

A fattor comune è consigliabile che il personale di soccorso sanitario[8]si limiti ad applicare i seguenti accorgimenti: far evacuare i luoghi,direttamente interessati dalla presenza di feriti da soccorrere, cercando al contempo di impedire l’accesso a chiunque, non toccare nulla se non limitatamente all’esigenza di effettuare le manovre assistenziali, o per evitare pericoli a terzi, e procedere ad una utile, anche se iniziale, delimitazione e sorveglianza dei luoghi, recintando se possibile, anche sommariamente, la zona con nastro bicolore o paletti per isolare l’area disponibile, preoccupandosi dilasciare disponibile un unico accesso ai locali. Sarà utile anche procedere all’osservazione dell’ambiente, se possibile, anche l’effettuazione di foto e filmati, anche con normali dispositivi tipo smartphone, sia al fine di contribuire a descrivere al meglio la situazione per redigere con più precisione la propria relazione di servizio,che per consegnarli qualora rilevanti agli organi di polizia giudiziaria procedenti. Fondamentale sarà, inoltre stabilire, qualora possibile, un unico percorso di accesso alla scena del reato per evitare il completo inquinamento probatorio dell’area interessata, procedendo alla salvaguardia e protezione delle tracce o cose individuabili come connesse all’episodio delittuoso (coltelli, oggetti contundenti, copiose formazioni biologiche), oltre a registrare tutte le persone presenti, compresi gli operatori, che entrano o escono dall’area, ridurre al minimo il numero di persone che possono accedere alla scena del crimine.

In particolare, come già accennato, sarebbe auspicabile ridurre al minimo, nei limiti del possibile, il movimento del corpo, ed eventualmente spiegare al medico legale ed agli investigatori la posizione originale assunta dalla vittima al momento del ritrovamento e qualsiasi tipo di alterazione effettuata per ragioni di emergenza. Altro aspetto da sottolineare, qualora sia possibile, è l’attenzione a ridurre, durante tutte le manovre assistenziali, azioni non necessarie che tendano a mutamenti della scena del crimine, evitando di mescolare fra loro diversi campioni di sangue, altri liquidi o reperti, peraltro anche il semplice accesso venoso (o ripetuti tentativi) può causare oltre ai segni di venipuntura sul paziente stesso, anche alla formazione di tracce di sangue verosimilmente non inerenti alla situazione delittuosa. Se possibile l’accesso venoso andrebbe predisposto evitando le mani, specialmente in caso ci sia stata una colluttazione o l’uso di armi da fuoco in quanto i residui organici e inorganici (pelle, peli, residui di sostanze chimiche), che possono essere trovati sulle mani,rischierebbero un deterioramento a seguito di tali manovre, anche per la sola eccessiva manipolazione, o semplicemente alterati, se non addirittura eliminati per l’utilizzo di soluzioni disinfettanti.E’, parimenti, da evitare lo spostamento inutile di oggetti, mobili, suppellettili, l’apertura di porte non necessarie, anche in luoghi adiacenti al luogo dove si presta soccorso, l’accensione di luci in altre stanze della casa, l’apertura di rubinetti e lo scarico del water, nonché la manipolazione di altre tracce morfologiche o materiali trovati nei pressi del luogo del reato o sul corpo della vittima. Appare rilevante sottolineare come sia importante astenersi nel modo più categorico, dal compiere qualsiasi verifica tecnica che non sia di propria pertinenza, in quanto compete agli operatori addetti al rilevamento tecnico del sopralluogo, nel dubbio è consigliabile fare riferimento alla polizia giudiziaria intervenuta.

Quando la vittima è già cadavere e il medico dell’emergenza territoriale deve constatarne l’avvenuto decesso, potrebbe risultare più facile non alterare la scena, poiché è necessario solo il riscontro dell’assenza dei parametri vitali documentata da asistolia con tracciato ECG. Diversamente in tutti gli altri casi,in cui occorre spostare il paziente, ad esempio dalla posizione prona a quella supina, allinearlo, rilevare il polso carotideo, procedere alla ventilazione, broncoaspirare le secrezioni, intubare, effettuare il massaggio cardiaco, defibrillare, prendere un accesso venoso, arrestare un’emorragia, immobilizzare su tavola spinale, il personale del 118 dovrebbe dotarsi dei DPI consigliati, proteggere le mani della vittima con dei semplici sacchetti di carta o di plastica forati per evitare il problema della traspirazione, considerato che proteggere le mani della vittima è di fondamentale importanza, essendo le mani dell’uomo le prime armi naturali usate sia per l’attacco che per la difesa e portatrici privilegiate di tracce quali ad esempio ferite, sangue, polvere da sparo, fibre tessili e materiale biologico, specie sotto le unghie. Analoga precauzioni vanno adottate per i vestiti della vittima, i sanitari dovrebbero togliere i vestiti cercando di non lacerare gli abiti dove sono già presenti delle lacerazioni, indicative della violenza subita.

 

E’ comprensibile che nei servizi di emergenza non è sempre facile mettere in atto queste indicazioni, non per pigrizia ma per questione di tempo: salvare una vita è una lotta contro il tempo, le regole sono: arrivare prima, fare presto, stabilizzare le funzioni vitali del paziente e centralizzarlo nel minor tempo possibile, ma la specifica formazione del personale sanitario sui temi affrontatiappare auspicabile, anche per non incorrere in eventuali responsabilità penali in ordine a quanto compiuto durante le operazioni di soccorso. Ciò anche alla luce dei nuovi poteridella difesariconosciuti con Legge 7 dicembre 2000 N. 397, che inserendo all’interno del codice di procedura penale un intero titolo, denominato delle investigazioni difensive, composto da ben 12 articoli, ha ridefinito il ruolo del difensore, non solo quale semplice garante della ritualità istruttoria e testimone delle indagini altrui, ma parte attiva nella ricerca, anche operativa, degli elementi di prova del proprio assistito. Tali normeconsentono al difensore, al suo sostituto, all’incaricato ovvero al suo consulente tecnico, fin dall’effettuazione del sopralluogo, disvolgere una ampia gamma di accertamenti ed indagini per ricercare ed individuare elementi e fonti di prova a favore che possono risultare di fatto decisivi per l’accertamento della verità.

Bibliografia:

  • “La gestione della scena del crimine” autori: Marco Pellacani – Patrizia Zaccardi – Fabrizio Luppi – Fulvio Cani.Edit. Athena
  • “Medicina Legale”autore: Maurizio FallaniEdit. Esculapio
  • “Medicina legale per infermieri” autori: Daniele Rodriguez – Anna Aprile Edit. Carocci 2004
  • Nozioni pratiche di repertamento, Mariano Angioni, Ed. il Cigno Roma 2006
  • Appunti di criminologia e criminalistica, note ed approfondimenti su vecchie tecniche e nuove scienze dell’investigazione di Angioni M. Fratoni F. e Straccamore I. Ed. Libreria Universitaria Benedetti L’aquila 2008 (ristampa del 2010),
  • Il Falso Documentale Nuove problematiche ed aspetti operativi di Angioni M. Fratoni F, Ed. Experta Forlì 2010.
  • Il Falso in sanità. Problematiche giuridiche ed aspetti sociologiche aspetti operativi a cura di Angioni M.( Contributi di Fratoni F., Straccamore I. Venere A., Godano G), Franco Angeli Milano 2013 .
  • Scena del crimine e indagini difensive. Metodologia degli accertamenti tecnici. di Angioni M. Fratoni F., Franco Angeli Milano 2015.Fabrizio Fratoni

[1]Con il DPR del 27 Marzo 1992 emanato in applicazione della legge 412 del 30 Dicembre 1991 contenente gli “atti di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria di emergenza” . viene garantita e l’emergenza sanitaria territoriale a livello nazionale che fino a quel momento era basata esclusivamente su iniziative di volontariato e limitate solo ad alcune realtà regionali.

[2]Che, unitamente all’evoluzione delle tecniche rianimatorie e dei materiali a disposizione dei sanitari, si basa un modello che privilegia sempre di più la qualità del trattamento extraospedaliero il cosiddetto Stay and play, in modo da ad incidere,anche, sull’intervallo di tempo in cui la vittima rimane senza un’adeguata terapia.

[3]Il cui profilo giuridico professionale è definito dalD.M. n° 739 del 14 settembre 1994

[4]Articolo 10 DPR 27 marzo 1992 cita “Il personale infermieristico professionale, nello svolgimento del servizio di emergenza, può essere autorizzato a praticare iniezioni via endovenosa e fleboclisi, nonché a svolgere le attività e manovre atte a salvaguardare le funzioni vitali, previste dai protocolli decisi dal medico responsabile del servizio”.

[5]Cassazione penale, Sezione VI, 7 giugno 1991, in “Massimario della Cassazione Penale”, 1991, 10 p. 67; Cassazione penale, Sezione VI, 8 aprile 1999, n.6037, in “Rivista Penale”, 1999, p.667.

[6](Cassazione penale, 2 febbraio 1987, “Rivista Penale”, 1988, p.184) e in uno in cui la Suprema Corte,

[7]ha ritenuto che dovesse riconoscersi all’infermiere la qualifica di incaricato di un pubblico servizio (Cassazione penale, Sezione VI, 11 dicembre 1995, n.2996, in “Cassazione Penale”, 1997, p. 723 e in “Giustizia Penale”, 1997, II, p.96).

[8]compreso l’autista soccorritore, che è l’operatore tecnico che, in seguito a specifica formazione, provvede alla conduzione dei mezzi di soccorso di cui al DPR 27 marzo 1992 “Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza”, collabora al mantenimento della loro efficienza e di quella delle apparecchiature in essi installate, collabora all’intervento di soccorso sul territorio, nelle varie fasi del suo svolgimento preoccupandosi di fornire il necessario supporto a tutti gli interventi sanitari anche sotto il profilo organizzativo e formativo.

 

Attualità


Claudio Ciavatta Case Manager Centro di Riabilitazione e formazione professionale “Padri Trinitari”, Venosa (PZ)

Bando aperto fino al 5 Marzo 2016 “Ognuno di noi è un essere unico e irripetibile. Non è affatto giusto pensare che dobbiamo essere tutti uguali. Ciascuno di noi è costituzionalmente aperto alle altre persone in una relazione fondamentale che è parte essenziale dello sviluppo e del carattere della persona stessa”. E’ questa una delle frasi tanto care pronunciate da Tomaso Viglione, l’indimenticato psicologo che per quarant’anni ha operato presso il Centro di Riabilitazione e Formazione Professionale dei Trinitari di Venosa in provincia di Potenza cui è dedicato l’annuale premio organizzato per ricordarne la figura.

Il prestigioso riconoscimento, giunto alla IX edizione, vuole contribuire a diffondere, tra gli alunni, una sempre maggiore sensibilità nei confronti della disabilità attraverso comportamenti significativi assunti nella quotidianità.

Il “Premio Tomaso Viglione, uguaglianza nella diversità” rientra nell’ambito del progetto di cui è responsabile Claudio Ciavatta, docente all’Università Tor Vergata di Roma e all’Università di Bologna, specialista in riabilitazione, tra altro esperto in eventi di formazione, accreditamento istituzionale, certificazione ISO e management sanitario, coadiuvato da Giuseppina Bellezza, Anna Belsanti, Vincenzo Lagala, Vincenzo Lioy, Luciana Romanelli, Matteo Teora e Gennaro Ungolo. “Il suo disincanto verso le schematizzazioni e le semplificazioni – spiega Padre Angelo Cipollone, Direttore del Centro e Presidente del Premio – era il risultato di un ricco percorso formativo e di esperienze professionali che lo avevano portato ad affinare una speciale sensibilità nei confronti della persona, in particolare della persona con disabilità e a proporre le sue convinzioni con semplicità ed autorevolezza, lasciando sempre spazio al confronto. Mettere la persona al centro, considerandola unica e irripetibile, è stato il suo principio fondamentale. In particolare la capacità di ascolto e quella di entrare immediatamente in sintonia con l’interlocutore erano sue doti peculiari. Tramite il suo sorriso metteva tutti a proprio agio: operatori e ragazzi si raccontavano e sempre riusciva, con cordiale disponibilità, a suggerire punti di vista utili. Una Fede matura e consapevole è l’altro tratto che va assolutamente ricordato. Non era un bigotto, ma con una visione eticamente responsabile e coerente, orientava la propria vita nell’amore per la sua famiglia, il suo lavoro, la sua città”. Il Premio è promosso e sostenuto dal Centro dei Padri Trinitari appunto, dalla famiglia Viglione e dall’Associazione dei Genitori e ha un carattere extraregionale coinvolgendo Basilicata, Calabria, Campania e Puglia. Il premio – si legge dal regolamento – è rivolto a tutti gli studenti delle scuole dell’infanzia, scuole primarie, scuole secondarie di I e II grado ed Università delle regioni coinvolte. Completamente gratuito, prevede che gli studenti producano testi scritti (temi, articoli, poesie); testi iconografici(disegni, cartelloni, tele), manifesti, spot pubblicitari, brani musicali, coreografie, cortometraggi. “Il suo approccio – prosegue Padre Angelo Cipollone riferendosi ancora alla figura di Tomaso Viglione – riconosceva all’uomo, a tutti gli uomini, l’apertura verso Dio e, al tempo stesso, richiamava alla vita concreta, con le sue ansie e le sue gioie quotidiane. “Sisino”, come solitamente lo chiamavamo noi operatori e tutti i ragazzi nostri ospiti, fin dalla nascita del Centro ha operato come psicologo e psicoterapeuta. Il suo disincanto verso le schematizzazioni e le semplificazioni era il risultato di un ricco percorso formativo e di esperienze professionali che lo avevano portato ad affinare una speciale sensibilità nei confronti della persona, in particolare della persona con disabilità e a proporre le sue convinzioni con semplicità ed autorevolezza, lasciando sempre spazio al confronto. Mettere la persona al centro, considerandola unica e irripetibile, è stato il suo principio fondamentale”. Questo modo di essere, insieme alla sua statura professionale, ha portato l’amato psicologo ad impegnarsi con grande energia in esperienze di alto profilo. Tra l’altro è stato Presidente del Consiglio regionale dell’Ordine degli Psicologi di Basilicata, Membro del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi e Membro della Commissione nazionale per la validazione dei titoli esteri (Ministero di Grazia e Giustizia). Nel 1992 viene premiato un lavoro da lui coordinato: “L’Ippoterapia secondo la Teoria cognitivo-comportamentale”, successivamente presentato al Convegno internazionale di Toronto in Canada. È stato Presidente dei Giovani di Azione Cattolica. È stato socio fondatore del Lions Club Vulture. Sensibile alla promozione culturale della propria città, ha costituito il “Centro Studi Oraziani” ed in qualità di Presidente ha contribuito a diffonderne la cultura. “Averlo conosciuto – conclude Padre Angelo Cipollone – è stato veramente importante così come continuare a ricordarlo”. Ecco come partecipare al Premio. I prodotti dovranno pervenire entro e non oltre il 5 Marzo 2016. Per partecipare al concorso è necessario comunicare la propria adesione entro il 1 Febbraio 2016 a premioviglione@trinitarivenosa.it, specificando il nome della scuola, il Dirigente scolastico, il referente e i relativi recapiti. Per il primo classificato assoluto è previsto un premio in denaro di € 500. Sono poi previsti un Premio dell’Associazione dei Genitori, il cui vincitore riceverà un contributo in denaro di € 250; una menzione al miglior contributo in ciascun ordine scolastico; e una targa e un attestato di partecipazione a tutte le scuole partecipanti. La cerimonia di premiazione si svolgerà presso l’IISS “E. Battaglini”- via Accademia dei Rinascenti, snc – Venosa (Pz) – il 7 Maggio 2016 ore 9.30.

Reumatologia


Dott. Mario Bentivegna, Reumatologo specialista in terapia del dolore e Coordinatore Rete Reumatologica Provinciale ASP 7 Ragusa.

Da oggi intraprendiamo un percorso di conoscenza nell’utilizzo della miscela di ossigeno-ozono nelle varie patologie locali e sistemiche.

Aspetti generali:

L’Ozono è un gas formato da tre atomi di ossigeno generati attraverso il passaggio di una scarica elettrica in Ossigeno. L’uso di un gas a scopo terapeutico rappresenta una condizione del tutto particolare che richiede opportuni apparati e strumentazioni, adeguate conoscenze metodologiche e precise indicazioni terapeutiche.

L’Ossigeno è presente in natura in forma di molecola biatomica. Ciò significa che se immaginiamo un atomo di Ossigeno come una pallina da tennis, l’ossigeno che respiriamo è costituito da due palline da tennis unite, o meglio, molto vicine.

Quando un ambiente ricco di Ossigeno – ad esempio l’aria – viene sottoposto ad una scarica elettrica – ad esempio un fulmine – le strutture biatomiche di diverse molecole di Ossigeno si rompono per formare una nuova molecola triatomica, costituita da tre atomi di ossigeno uniti, cioè da tre palline da tennis. La nuova molecola prende il nome di Ozono. L’Ozono è un gas, come l’ossigeno, ma più pesante perché costituito da tre atomi ed è caratterizzato da un’estrema instabilità.

Significa che, una volta prodotta, la molecola triatomica di ozono tende rapidamente a rompersi per tornare ad essere una molecola biatomica di ossigeno.

L’Ozono utilizzato in medicina è prodotto a partire da ossigeno medicale puro al 99.6% che viene attraversato da una scarica elettrica. Non è possibile utilizzare l’ossigeno contenuto nell’aria a causa della compresenza di Azoto e la conseguente possibile formazione di Ossidi di Azoto.

Certamente l’Ozono, proprio per la sua naturale tendenza a rompersi in Ossigeno biatomico eOssigeno singoletto, risulta tossico per le vie aeree, ma ottiene ben diversi risultati terapeutici quando viene somministrato all’interno di tessuti o sostanze dotati di sistemi antiossidanti. Gli antiossidanti hanno la funzione di proteggere dall’azione ossidante dell’Ozono, dell’Ossigeno singoletto e di altre sostanze ossidanti prodotte normalmente durante la nostra vita.

Il nostro organismo, ben allenato a vivere in un ambiente ricco di ossigeno come l’aria, ha sviluppato una ricchissima dotazione di sostanze antiossidanti diluite in una enorme quantità di acqua.

L’Ozono deve essere prodotto poco prima della sua somministrazione attraverso una macchina dotata di un elettrodo in grado di produrre una scarica elettrica appropriata. Infatti, a causa della naturale tendenza a ritrasformasi in Ossigeno biatomico e ossigeno Singoletto dopo solo 55 minuti il 50% del contenuto di Ozono è ritornato ad essere Ossigeno.

Come altri farmaci, anche l’Ozono medicale può svolgere la sua azione in diverse concentrazioni che vengono determinate considerando di volta in volta variabili come la temperatura, la pressione, la velocità di flusso del gas. Ciò a causa della natura gassosa e della instabilità dell’Ozono. Tutto ciò impone l’uso di apparati estremamente precisi e dotati di strumenti di misura che monitorano continuamente la concentrazione. Infine, le macchine e gli ambienti dove si svolge l’attività terapeutica dovranno essere dotati di idonei strumenti di abbattimento dell’ozono prodotto in eccesso per evitare inconvenienti alle vie respiratorie.

L’ozono non è una panacea ma per numerose patologie rappresenta una valida alternativa che permette di guarire evitando trattamenti invasivi o gravati da importanti effetti collaterali oppure quando altre terapie non abbiano dato i risultati desiderati.

Le patologie che si possono trattare con Ozonoterapia sono molto numerose, analogamente sono molte numerose le tecniche con cui si può somministrare l’Ozono.

In generale possiamo distinguere:

  1. Via infiltrativa
  2. Autoemoterapia
  3. Ozonobag
  4. Acqua ozonizzata
  5. Olio ozonizzatoLa tecnica infiltrativa di somministrazione dell’Ozono rappresenta la modalità più utilizzata per il trattamento di patologie del disco intervertebrale, di patologie degenerative artrosiche sia vertebrali che articolari, di patologie degenerative tendinee come tendiniti e tendinosi  e per il trattamento, a fini estetici, della cellulite.
  6. Le tecniche infiltrative sono molteplici, ciascuna adatta a specifiche patologie:
  7. 1. Ozonoterapia per via infiltrativa
Tecnica infiltrativa Patologie
Intramuscolare Ernia discale Protrusione discale/Bulging discale Stenosi del canale vertebrale Artrosi della colonna vertebrale
Intraforaminale Ernia discale Protrusione discale/Bulging discale Spondilolistesi
Intrarticolare Artrosi dell’anca Artrosi del ginocchio/Gonartrosi Artrosi della spalla Rizartrosi
Sottocutanea Fascite plantare Rizartrosi
Peritendinea Epicondilite Epitrocleite Tendinite Tendinosi Lacerzioni parziali tendinee
Perinervosa Neuroma di Morton

 

Un po’ di storia

Il trattamento delle ernie e delle protrusioni discali con Ozono è stato introdotto in Italia a partire dal 1980 grazie ad un ortopedico, il Dott. Cesare Verga. Allora il trattamento prevedeva l’infiltrazione dei muscoli paravertebrali con un volume di gas molto elevato. I risultati terapeutici erano contestati dal mondo scientifico, ma i pazienti guarivano ugualmente…

Nel 1984 il dott. Verga presentò i suoi risultati ad un congresso medico ricevendone non esattamente grandi lodi, ma i pazienti continuavano a guarire…

Al passaparola dei pazienti guariti seguì la curiosità dei medici.

A partire dagli anni 90 iniziarono a comparire i primi articoli scientifici su riviste mediche con una casistica progressivamente più numerosa. Buona parte del mondo medico continuava a ritenere la tecnica priva di efficacia, ciò nonostante i pazienti continuavano a guarire…

L’ozonoterapia arriva ai primi anni del 2000 con casistiche ormai imponenti, grazie anche al lavoro instancabile di un neuroradiologo di Brescia, il dottor Matteo Bonetti, motivato dalla stima di un autorità indiscussa della neuroradiologia mondiale, il prof. Marco Leonardi. In un periodo di 10 anni vengono pubblicati centinaia di articoli con adeguati criteri di raccolta dati e analisi statistiche dei risultati: in una parola scientifici.

  • Mallok A, Vaillant JD, Soto MT, Viebahn-Hänsler R, Viart MD, Pérez AF, Cedeño RI, Fernández OS. Ozoneprotectiveeffectsagainst PTZ-inducedgeneralizedseizures are mediated by reestablishment of cellular redox balance and A1 adenosine receptors. Neurol Res. 2014 Sep 25:1743132814Y0000000445. PMID: 25258110
  • Crockett MT, Moynagh M, Long N, Kilcoyne A, Dicker P, Synnott K, Eustace SJ. Ozone-augmentedpercutaneousdiscectomy: A novel treatment option for refractorydiscogenic sciatica. ClinRadiol. 2014 Sep 17. pii: S0009-9260(14)00400-0. doi: 10.1016/j.crad.2014.08.008. PMID: 25240564
Psicologia


Dott. Vittorio Catalano, Attività indipendente nell’ ambito della psicologia clinica ad approccio analitico, delle neuroscienze, del coaching psicologico ed in ambito psicoeducazionale, focalizzati sulla cura, la prevenzione, e la promozione della salute psicosociale. Cagliari

Il Manuale Statistico Diagnostico dei disturbi mentali (DSM) descrive la bulimia coi seguenti sintomi: ricorrenti abbuffate, sensazione di perdita di controllo, comportamenti compensatori, preoccupazione smisurata per le forme del corpo e per il peso. Questa descrizione esprime palesemente una sensazione di disordine emotivo e conflittualità sofferta, nonché’ appunto, una forte difficoltà di regolazione emotiva, autoregolazione degli affetti, sentimenti di vuoto, e l’esperienza di estrema solitudine. Secondo la letteratura queste problematiche sono spesso meno suscettibili ai trattamenti standard. L’internalizzazione delle esperienze precedenti rilassanti,per gli individui che non hanno la capacità di autoregolare i propri affetti, risulta compromessa, cosi, lo stare soli,diventa un momento particolarmente vulnerabile, perché, la funzione principale di auto-regolazione emotiva a degli affetti, è strettamente collegata, allo sviluppo della capacità di essere soli. Durante questi lassi di tempo (solitudine), l’individuo è lasciato alle proprie risorse per l’autoregolazione affettiva, e il mantenimento di uno stato di calma. Una perdita di qualità in questa auto-funzione, può verificarsi quando l’eccitazione emotiva di panico o paura viene sperimentata, correlata strettamente da conseguenti comportamenti come abbuffate, o comportamenti orientati alla dipendenza, che, entrano in gioco, come una risposta al disagio e alla sofferenza patiti.Alcune ricerche evidenziano che i pazienti con disturbi alimentari hanno difficoltà di identificazione, che esprimono verbalmente, e che regolano tutte le forme di tensione fisica. Viene evidenziata anche una incapacità basale di questi pazienti a verbalizzare le emozioni. Questa difficoltà porta i pazienti ad uno stato di incomunicabilità sfociante in un “estremo stato di tensione”. Conseguentemente abbuffate e vomito, così come droga o alcol, potrebbero rappresentare un tentativo di modulare artificialmente l’effetto negativo legato al senso di solitudine, e alla sensazione di non essere ascoltato o capito, mentre la preoccupazione per il cibo, le abbuffate e i comportamenti di spurgo possono essere pensati come utili ad alleviare il dolore psicologico, che, dunque, diventa fisico, concretizzando l’esperienza emotiva.

L’immaginazione guidata è una tecnica dolce ma potente, che mette a fuoco e indirizza l’immaginazione in un setting terapeutico. Può essere semplice come 10 secondi di fantasticheria di un atleta, che immagina la gara perfetta appena prima di iniziare il suo sforzo. Oppure può essere così complessa come immaginare e analizzare le situazioni di un vissuto traumatico-patologico. L’ immaginazione guidata coinvolge tutti i sensi, non è completamente mentale e quasi chiunque può praticarla. È caratterizzata da 3 principi: la “connessione mente corpo”, le immagini hanno un corrispettivo reale che è stato veicolato dal sistema sensoriale, pertanto possiamo definire l’imagery come rievocativa;“lo stato alterato” che normalmente si instaura durante l’imagery curativa e consistente in uno stato di forte rilassamento focalizzato sulla visualizzazione interattiva delle immagini da parte del paziente. Il terzo principio è lo stato di controllo, il paziente può controllare attivamente le fasi immaginative questo implica sentimenti di maggiore autostima, ottimismo e capacità di tollerare il dolore.  Un gruppo di ricercatori ha identificato dove e come si sviluppa nel cervello l’immaginazione: si tratta di una rete neurale diffusa su più aree cerebrali, un sottoinsieme che contiene informazioni specifiche relative a particolari e differenti tipi di manipolazioni mentali. Si è così dimostrato, che il contenuto della percezione visiva, le immagini visive (sogni inclusi) possono essere “decodificate” sulla base dell’attività nella corteccia visiva. Questi risultati hanno suggerito che le stesse regioni che mediano le rappresentazioni a livello di percezione sensoriale siano coinvolte nei processi di immaginazione. C’è un famoso esperimento (N. Doidge, Il cervello infinito) in cui si racconta di alcuni atleti olimpionici che durante una gara sono stati collegati ad un’apparecchiatura che misurava la loro attività muscolare e cerebrale. In seguito è stato chiesto loro semplicemente di immaginare di prendere parte alla gara, e con stupore, mentre gli atleti visualizzavano sé stessi nella corsa, si sono attivati gli stessi muscoli che sarebbero entrati in azione se avessero effettivamente partecipato alla gara, rispettando la medesima sequenza. Questo risultato si realizza perché in realtà la mente non è in grado di distinguere tra ciò che è reale e ciò che è immaginato, proprio come in un sogno dove le immagini ci sembrano così piene di nitidi particolari, da farci sembrare tutto reale, sino a metterci in condizione di poter riuscire effettivamente a modificare la nostra condizione corrente.Uno studio randomizzato controllato, ha confrontato,un gruppo con 6 settimane di terapia individuale con l’immaginazione guidata, vs, un gruppo di controllo. Cinquanta partecipanti che soddisfacevano i criteri del DSM-III-R per la bulimia nervosa, hanno completato lo studio. Il trattamento con l’immaginazione guidata, ha avuto effetti sostanziali sulla riduzione delle abbuffate e del purging. Il gruppo imagery avuto una riduzione media di abbuffate del 74% e di vomito del 73%. Il trattamento immaginativo ha anche dimostrato un miglioramento degli atteggiamenti in materia di alimentazione, di dieta e versoil peso corporeo, rispetto al gruppo di controllo. Inoltre, l’immaginazione guidata ha dimostrato un miglioramento sulle misure psicologiche della solitudine e la capacità di auto-regolazione affettiva.