Sociologia

Il genitore è chi che esercita il parenting, cioè tutto ciò che attiene alle capacità di aiutare il bambino e sostenerne lo sviluppo. Le qualità genitoriali, dunque, sono tutto ciò che riguarda l’allevamento e l’educazione di un bambino, avviate dal genitore o dalla figura genitoriale.

Negli ultimi anni la letteratura genitoriale, grazie alla ricerca, allo studio e gli strumenti di analisi si è molto arricchita e i ricercatori stanno ancora dibattendo su importanti questioni in relazione alla genitorialità.

Autore

Dott.ssa Annamaria Venere – Sociologa Sanitaria, Criminologa Forense, Amm. Unico “AV Eventi e Formazione“, Direttore editoriale MEDICALIVE MAGAZINE – Catania.


Diventare genitori: il significato della genitorialità

Nella moderna concezione sociale di famiglia, il genitore non è più soltanto chi, da un punto di vista biologico, genera un bambino, bensì colui che esercita su quest’ultimo la genitorialità.

La figura del genitore, infatti, è ravvisabile nella persona che esercita il parenting, ovvero un processo relazionale co-determinato dal bambino e dall’adulto, che determina lo sviluppo fisico e psico-socio-culturale ed educativo del figlio, in una precisa dimensione spazio-temporale e socio-culturale.

Più in particolare, la genitorialità è la capacità del genitore di assumere un preciso schema comportamentale che lo porti a nutrire, accudire, proteggere, educare, rendere autonomi i propri figli nei canoni psicosociali ed evolutivi appena descritti (Cusinato & Panzeri, 2005).

Sono tre i compiti che un genitore deve svolgere se vuole esperire una genitorialità funzionale allo sviluppo psicologico e sociale del bambino (Buonanno et al., 2010):

  1. elargire affetto ed offrire considerazione e rispetto per le caratteristiche soggettive (desideri, avversioni, emozioni…) dei propri figli, sapendone dare attenzione e riscontro;
  2. svolgere un’efficace funzione di controllo equilibrata, attraverso indicazioni e regole atte a favorire un valido sviluppo di principi sociali ed etici necessari per l’adattamento del figlio alla vita della comunità sociale di appartenenza;
  3. infine, fornire protezione e guida al bambino fino al raggiungimento della maturità fisica e psicologica.

Questi compiti assumono per un genitore significati comportamentali diversi secondo la fase del ciclo di vita in cui si trova il figlio.

La stessa peculiarità relazionale che intercorre tra genitore e figlio andrà a costituire lo stile di parenting, il quale avrà un’enorme influenza sulle caratteristiche evolutive psicosociali del bambino.

La genitorialità in veste pratica: gli stili di parenting

Lo stile di parenting adottato da ciascun genitore dipende da tanti fattori che assieme concorrono a definire il preciso schema comportamentale con cui egli si relaziona con il proprio figlio.

Alcuni autori affermano che lo stile genitoriale non è altro che l’esplicazione del modello operativo interno, ovvero delle modalità di attaccamento sperimentate dal genitore durante la propria infanzia.

In particolare, si evidenzia un’alta correlazione tra le esperienze vissute dai genitori e il legame che essi instaurano con i propri figli (Bowlby, 1979; 1988). Oltre all’influenza dei legami di attaccamento dei genitori, gli stili di parenting sono condizionati anche dai rimodellamenti interni alla coppia genitoriale presente, nonché dal livello di soddisfazione coniugale.

Ancora, un ulteriore elemento da prendere in considerazione è l’attesa sociale e culturale nei confronti degli stessi genitori (Buonanno et al., 2010).

In conformità a tali fattori, possiamo individuare quattro stili di parenting: indulgente, autoritario, autorevole, disimpegnato. Il genitore indulgente è permissivo e non direttivo: nei confronti del bambino si dimostra estremamente disponibile, anche qualora le circostanze non lo richiedano, lasciando al proprio figlio fin troppa libertà.

Il genitore autoritario, invece, si caratterizza per un atteggiamento direttivo: in assenza di responsività, mostra un alto controllo nei confronti del bambino, verso cui nutre grandi aspettative a volte irrealistiche.

I genitori autorevoli, diversamente, sono sia responsivi che richiedenti, poiché monitorano i comportamenti del bambino con norme chiare e preferiscono ricorrere a metodi educativi solidali, piuttosto che punitivi. Infine, abbiamo i genitori disimpegnati, che mostrano trascuratezza, scarso supporto e controllo del proprio figlio (Maccoby e Martin, 1983).

Effetti psicosociali del parenting: interventi a supporto della genitorialità

Considerato che lo stile genitoriale autorevole è quello più indicato per un corretto sviluppo psicosociale, distinguiamo tre stili genitoriali particolarmente problematici sotto questo punto di vista: una genitorialità caratterizzata da eccessivo controllo e intrusività nei confronti dei figli; una genitorialità caratterizzata da induzione di colpa nei figli; comportamenti genitoriali caratterizzati da eccessiva trascuratezza. Ognuno di questi stili ha delle conseguenze psicosociali rilevanti (Buonanno et al., 2010).

Nel primo caso i figli possono sviluppare condizioni di eteronomia, nonché compromissioni nella sfera decisionale a causa di una relazione con l’autorità vissuta come problematica, che porta ad atteggiamenti e comportamenti passivo-aggressivi, ostili, oppositivi, sospettosi e diffidenti.

Nel secondo caso, la colpevolizzazione ingiusta, porta i bambini ad assumere nel tempo atteggiamenti oppositivi, di provocazione e sfida, alla ricerca di regole e principi normativi che sono loro mancati; per farlo possono arrivare a sfidare la comunità sociale con intenti provocatori.

Infine, nel terzo caso, la trascuratezza può portare a sensazione di abbandono, assenza di guida e direzione, che rendono difficile sviluppare un profilo psicosociale all’interno della società di appartenenza (Barber et al. 1994).

Per prevenire gli effetti psicologici negativi degli stili di parenting disfunzionali, interventi noti con il termine di parent style o positive training o training genitoriali (Pergolizzi, 2006) possono apportare benefici.

Attraverso questi interventi psicosociali e psicoterapeutici si interviene nei confronti dei genitori in difficoltà, modificando le variabili comportamentali, educative e sociali che riguardano il legame genitori-figli, affinché i primi siano in grado di sviluppare quelle risorse genitoriali che mancano, riuscendo così a salvaguardare la prole dall’insorgenza di problematiche psicosociali future.   

Bibliografia

Barber, B.K., Olsen, J.E., Shagle, S.C. (1994). Associations between parental psychological and behavioral control and youth internalized and externalized behaviors, Child Development, 65, pp. 1120-1136.

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Maccoby, E.E., Martin, J.A. (1983). Socialization in the context of the family: parent-child interaction, Wiley, New York.

Pergolizzi, F. (2006). Parenting style come sorgente di interazioni normali e patologiche, in F.Rovetto, P. Moderato (2006), Progetti di intervento psicologico, McGraw Hill, Milano.

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All’interno del contesto bio-psico-sociale, viene presentata l’ipotesi che prevede l’esistenza di una corrispondenza tra gli specifici Profili Temporali identificati dalla psicologia scientifica e alcuni particolari pattern neuro-endocrino-immunologici della Variabilità Cardiaca.

Abstract

L’ipotesi proposta da questo articolo consiste nell’intersezione di due settori apparentemente distanti: la Prospettiva Temporale, un settore della psicologia scientifica che studia come ciascuno di noi si relaziona al tempo, e la Variabilità Cardiaca, un recente concetto delle scienze biomediche che analizza l’interazione tra funzioni psicologiche, neurali endocrine ed immunologiche.

L’ipotesi prevede che a specifiche configurazioni relative la Prospettiva Temporale (chiamate Profili Temporali) corrispondano specifici schemi relativi la Variabilità Cardiaca.

Molti studi presenti in letteratura sono convergenti con quest’ipotesi anche se occorre verificare empiricamente l’ipotesi proposta.

Abstract

The hypothesis proposed by this article consists of the intersection oftwo apparently distant sectors: Time Perspective, a sector of scientificpsychology which studies how each of us relates to time, and the Heart Rate Variability, a recent concept of biomedical sciences which analyzes particular interaction between psychological, neural, endocrine and immunological functions.

The hypothesis proposes that specific Time Perspective configurations (called Time Profiles) correspond to specific Heart Rate Variability patterns.

Many studies in the literature converge with this hypothesis, although, it is necessary to verify empirically the hypothesis proposed.

he hand is a highly complex structure and it allows humans to perform the most important functions of grasp and touch.

The perfection of its motility, in the joints of the four fingers with the thumb, gives rise to the movement of the opposition grip, that is, to one of the most complete movements of the human body, thus becoming the perfect organ of execution of the movements.

By altering this balance, especially the adaptability of the shape of the hand to things, a modification of the perception of things is determined and, therefore, an alteration of the total synchronous one, brain-upper limb functionality is created.

For this reason, hand fractures (phalanges and metacarpals) that are not treated adequately lead to a severe prensional and tactile imbalance, leading to a serious impairment of the individual’s normal social life. In this session we will dedicate ourselves to some reports on phalangeal fractures.

Autore

Dott. Massimo Agnoletti – Psicologo, Dottore di ricerca Esperto di Stress, Psicologia Positiva e Epigenetica, Formatore/consulente aziendale, Presidente PLP-Psicologi Liberi Professionisti-Veneto, Direttore del Centro di Benessere Psicologico, Favaro Veneto (VE).

Dott. Philip G. Zimbardo – Professore emerito all’Università di Stanford. Fondatore del settore della psicologia scientifica chiamato Prospettiva Temporale.


Attualmente il modello bio-psico-sociale prevede che vi sia una massiccia integrazione tra gli aspetti biologici, mentali e socioculturali che riflettono la grande complessità ed eterogeneità dei comportamenti espressi dalla specie umana.

Lo scopo di questo scritto è di esplorare la possibilità che solide correlazioni ormai indentificate relative l’aspetto psicologico, in particolare la specifica Prospettiva Temporale che ciascuno di noi possiede, abbia delle peculiari influenze neurali, endocrine ed immunitarie che possono essere colte dalla recente area biomedica della Variabilità Cardiaca.

Vediamo ora nei dettagli casa intendiamo con questa ipotesi che coinvolge trasversalmente alcuni concetti della psicologia e della fisiologia.

L’approccio psicologico chiamato Prospettiva Temporale studia la relazione psicologica che ciascuno di noi ha nei confronti delle dimensioni temporali vissute nel presente, relativamente gli eventi passati, e delle aspettative che abbiamo del nostro futuro (Stolarski et al. 2014; Zimbardo&Boyd, 2008).

Ognuno pensa sia alle esperienze del passato che del presente che del futuro ma ha una particolare configurazione relativa a “quanto” frequentemente e “come” pensa ed investe psicologicamente energie in relazione a queste specifiche dimensioni temporali.

Il prof. Zimbardo, dopo decenni di ricerche scientifiche condotte con un gruppo di lavoro internazionale, ha elaborato uno specifico questionario, lo ZTPI (Zimbardo Time Perspective Inventory), che misura il peculiare rapporto che ciascuno ha nei confronti del tempo (chiamato anche Profilo Temporale).

Ogni Profilo Temporale viene definito dalla particolare configurazione delle sei dimensioni temporali che si sono dimostrate significative per riconoscere lo specifico stile cognitivo-emotivo e motivazionale legato al tempo che possediamo.

Due dimensioni temporali sono relative alle nostre esperienze passate negative e positive (chiamate rispettivamente il “passato negativo e il “passato positivo”), due riguardano il nostro presente (il “presente fatalistico” legato a quanto ci sentiamo protagonisti degli eventi significativi che sperimentiamo, e il “presente edonistico” che misura invece la frequenza di esperienze piacevoli che conduciamo) e per ultima vi è la dimensione del “futuro” (l’insieme di aspettative sui progetti ed obiettivi che perseguiamo).

Risulta utile ricordare che, ad esempio, il Profilo Temporale caratterizzato da un valore di Futuro significativamente alto, è correlato a maggiori problematiche legate all’ansia ed ai rimuginii (pensieri ricorrenti emotivamente negativi rivolti il proprio futuro) rispetto la media della popolazione così come il Profilo Temporale caratterizzato da un valore significativamente alto di Passato Negativo è positivamente correlato a più frequenti stati depressivi ed a ruminazioni (pensieri ricorrenti emotivamente negativi rivolti ad eventi del proprio passato).

Ciascun Profilo Temporale condiziona in modo specifico il modo di effettuare le scelte, i comportamenti, e lo stile di vita che adottiamo determinando la nostra qualità di vita ed il nostro modo caratteristico di gestire lo stress.

Le recenti scoperte della PNEI (psico, neuro, endocrino immunologia) hanno ormai chiarito la natura altamente integrata ed interconnessa del nostro organismo dove gli aspetti più biologici influenzano quelli mentali tanto quanto quelli psicologici modificano la natura di quelli più squisitamente biologici (Agnoletti, 2017, Bottaccioli&Bottacioli, 2017; Conklin et al., 2015; Epel et al., 2004), in questo senso la Prospettiva Temporale, con le numerose implicazioni psicofisiologiche già ampiamente evidenziate dalla letteratura (Agnoletti, 2016a; Agnoletti 2016b; Stolarski et. al. 2014), non fa eccezione.

In questo contesto altamente interconnesso, risulta interessante notare che le scienze biomediche hanno recentemente sviluppato il concetto di variabilità cardiaca (in inglese HRV, Heart Rate Variability) consistente nell’analisi della variabilità esistente tra un battito cardiaco e l’altro che permette di comprendere con precisione lo stato di funzionamento del sistema nervoso autonomo (Malik et al., 1996; Shaffer&Ginsberg, 2017).

L’attività del sistema nervoso autonomo è determinata dal funzionamento di due rami neurali funzionalmente distinti (sistema simpatico e parasimpatico) che, interagendo continuamente e dinamicamente tra di loro, regolano la maggior parte delle funzioni fisiologiche come la respirazione, il sistema cardiovascolare e molte altre funzioni cruciali per il nostro benessere che non richiedono un controllo volontario.

Il ruolo del sistema simpatico (o meglio la dominanza del sistema simpatico rispetto quello parasimpatico) è soprattutto quello di indurre una maggiore attivazione fisiologica per fornire maggiore energia nel breve periodo (per esempio aumentando il battito cardiaco, il ritmo metabolico, vaso costringendo i capillari, ecc.) mentre il sistema parasimpatico (o meglio la dominanza del sistema parasimpatico rispetto quello simpatico)regola principalmente le funzioni fisiologiche dove la disponibilità energetica richiesta non è di carattere acuto ma viene distribuita in un tempo medio/lungo (sonno, digestione, recupero).

L’HRV offre misurazioni attendibili del funzionamento del sistema nervoso autonomo sia nella sua globalità che dello stato del sistema simpatico e parasimpatico fornendoci preziose indicazioni sulla funzione adattativa dell’organismo nei confronti delle sfide ambientali e psicosociali affrontate.

Gli indici di misurazione che fanno parte della HRV rappresentano la capacità regolativa dell’organismo nel modificare parametri fisiologici come il battito cardiaco, la pressione sanguigna, lo scambio gassoso, la vasocostrizione dei vasi sanguigni, il tono vascolare, la motilità dell’intestino, così come altre funzioni più psicologiche, come ad esempio la capacità di regolazione emotiva, cruciali per il nostro benessere e la nostra salute (Appelhans&Luecken, 2006; Carney et al. 2001; Shaffer&Ginsberg, 2017; Thayer&Brosschot, 2005; Thayer et al., 2012).

La variabilità cardiaca viene misurata attraverso alcuni indici che si riferiscono a due contesti distinti, quello temporale e quello relativo le frequenze (Malik et al. 1996; Shaffer&Ginsberg, 2017).

Il contesto temporale quantifica la variabilità delle misurazioni tra un battito cardiaco e quello successivo.

Di questo dominio sono particolarmente interessanti i valori del parametro SDNN (Standard Deviation of Normal-to-Normalintervals), che misura globalmente lo stato di salute clinico del sistema nervoso autonomo, e il parametro RMSSD (Root Mean Square of the Successive Differences) che misura lo stato di attivazione di un nervo particolarmente importante del sistema nervoso autonomo parasimpatico che si chiama nervo vago.

Recenti scoperte scientifiche hanno dimostrato quanto questo particolare nervo sia di fondamentale importanza per la comunicazione tra il cervello (incluso l’aspetto psicologico emotivo) ed il resto del corpo (sistema cardiocircolatorio, sistema digestivo, sistema respiratorio, etc.) compresa la funzione immunitaria, (Agnoletti, 2019; Agnoletti, 2020; Thayer et al., 2012; Tracey, 2002; Weber et al., 2010).

In particolare la letteratura ha dimostrato che il ramo efferente del nervo vago (quello che va dal cervello al resto dell’organismo) gestisce le infiammazioni percepite attraverso il ramo afferente (dove convergono le informazioni immunitarie dei principali sistemi ed organi dell’organismo verso il cervello) inducendo, tramite la produzione di acetilcolina, un’inibizione della citochina pro infiammatoria TNF (Tumor Necrosis Factor) secreta dai macrofagi (Tracey, 2002).

Solo recentemente abbiamo compreso che la gestione anti-infiammatoria da parte del nervo vago (chiamata anche CAP, Cholinergic Anti-inflammatoryPathway) viene funzionalmente inibita dall’attivazione delle aree cerebrali connesse alle emozioni negativesoprattutto relative le ruminazioni e i rimuginii (Beaumont et al., 2012; Blood et al., 2015; Chalmers et al., 2016; Taggart et al., 2011; Thayer et al., 2012).

L’attività del nervo vago è connessa con il funzionamento della corteccia frontale e dell’amigdala che sono fondamentali sia per la regolazione delle emozioni che per l’attivazione dell’asse neuro-endocrino dello stress ipotalamo-ipofisi-surreni (Appelhans&Luecken, 2006; Berntson et al., 1997; Thayer&Brosschot, 2005; Thayer&Siegel; 2002; Thayer et al., 2012; Urry et al., 2006), che per i comportamenti che determinano i nostri stili di vita (Gidron, et al., 2018).

Dalla letteratura sappiamo quindi che quanto più frequenti sono le emozioni negative maggiore è il grado di inibizione del nervo vago e minore sarà, di conseguenza, la sua efficacia immunitaria nel gestire le infiammazioni di tutto l’organismo.

La regolazione emotiva, fondamentale per gestire efficacemente le emozioni negative, è correlata alla HRV (Appelhans&Luecken, 2006; Beauchaine, 2001; Geisler et al., 2010; Thayer&Brosschot, 2005; Thayer& Lane, 2000; Tully, Cosh&Baune, 2013).

I valori di HRV sono correlati negativamente alla percezione di contesti potenzialmente pericolosi e positivamente correlati alla percezione di contesti valutati come “sicuri” attraverso l’attivazione di specifiche aree cerebrali in particolare dell’area ventrale della corteccia prefrontale (Buchanan et al., 2010; Thayer et al., 2012).

La letteratura presente indica che l’area corticale della corteccia prefrontale (PFC pre-frontalcortex) ha un ruolo fondamentale nell’effettuare valutazioni cognitive finalizzate alla regolazione emotiva (Eippert et al., 2007; Urry et al., 2006).

Tornando al concetto di HRV, il contesto delle frequenze misura invece la distribuzione della potenza assoluta e relativa di diverse bande di frequenze particolarmente informative del funzionamento del sistema nervoso autonomo (Malik et al. 1996).

Le più interessanti dal punto di vista clinico sono le “frequenze molto basse”(VLF- “very-low-frequency”), le “frequenze basse” (LF- “low-frequency”) e le “frequenze alte” (HF – “high-frequency”).

Mentre il parametro VLF è influenzato dalle emozioni negative soprattutto relative le ruminazioni e rimuginii (rispettivamente pensieri ricorrenti negativi relativi il nostro futuro od il nostro passato), il parametro LF viene considerato indicativo dell’attività del sistema nervoso simpatico diversamente da quello HF che invece rappresenta lo stato di funzionamento del sistema nervoso parasimpatico (formato principalmente dal suo nervo principale, il nervo vago).

L’indice LF/HF(LF/HF ratio) viene considerato rappresentativo del rapporto funzionale relativo i due sistemi nervosi appena descritti quindi se esso è maggiore di 1 significa che il sistema nervoso simpatico è dominante rispetto quello parasimpatico (tipico ad esempio delle persone che soffrono di ansia) mentre se il coefficiente è minore di 1 ad essere dominante è il sistema nervo parasimpatico (tipico di chi ad esempio soffre di depressione).

Considerando globalmente quanto appena esposto sia per quanto riguarda il contesto psicologico che per quanto riguarda quello più fisiologico, possiamo quindi avanzare l’ipotesi oggetto di questo scritto relativa le implicazioni della Prospettiva Temporale sugli indici identificati dalla HRV.

Più specificamente possiamo avanzare l’ipotesi che, se ciascun Profilo Temporale è caratterizzato da una specifica modalità psico-neuro-endocrina di gestione dello stress, a parità di altre condizioni, questo si riflette in specifiche e prevedibili configurazioni relative la variabilità cardiaca.

Per comprendere più facilmente la connessione proposta dalla nostra ipotesi ricordiamo qui che le persone che soffrono di stati ansiosi, pur condividendo con coloro che soffrono di stati depressivi il fatto di avere un sistema nervo autonomo sbilanciato non ottimale (quindi con indici SDNN della HRV relativamente bassi) oltre a vivere entrambi frequenti emozioni negative (rispettivamente rimuginii e ruminazioni rilavate dai valori VLF della HRV), presentano uno specifico sbilanciamento dello stato del sistema nervoso autonomo.

Questo squilibrio è rappresentato dalla dominanza funzionale del ramo simpatico rispetto quello parasimpatico che risulta ipoattivato (rilevati rispettivamente dai valori assoluti di LF e HF e da quello relativo la LF/HF ratio della HRV).

Nel caso delle persone che soffrono di stati depressivi entrambi i rami neurali del sistema nervoso autonomo, simpatico e parasimpatico, risultano ipoattivati (rilevati rispettivamente dai valori bassi sia di LF e HF) anche se è presente una dominanza funzionale del ramo parasimpatico (rilevato dalla LF/HF ratio).

L’ipotesi che abbiamo formulato prevede che, per esempio, il Profilo Temporale caratterizzato da un valore di Futuro significativamente alto, essendo correlato con maggiori problematiche legate all’ansia ed ai rimuginii rispetto la media della popolazione, dovrebbe essere positivamente correlato a valori statisticamente più bassi di SDNN, RMSSD e HF mentre dovrebbe esprimere valori VLF ed LF maggiori rispetto la media della popolazione oltre a possedere un rapporto LF/HF maggiore di 1.

Diversamente, il Profilo Temporale connotato da un valore alto di Passato Negativo, correlato quindi a più frequenti stati depressivi ed un numero maggiore di ruminazioni (pensieri ricorrenti emotivamente negativi rivolti ad eventi del proprio passato)dovrebbe corrispondere a valori statisticamente più bassi di SDNN, RMSSD, HF e LF e valori di VLF maggiori rispetto la media della popolazione oltre a possedere un rapporto LF/HF minore di 1.

Il Profilo Temporale con un alto Presente Edonistico, non essendo caratterizzato da frequenti emozioni negative così come i due profili appena menzionati ed avendo quindi una minore interferenza funzionale da parte delle aree emotive sul nervo vago (espresse da valori più bassi di VLF), dovrebbe presentare una migliore situazione sia del sistema nervoso autonomo nel suo complesso (valore SDNN più alto) che del nervo vago (valori alti di RMSSD) così come relativamente il valore del sistema nervoso parasimpatico (HF).

Anche coloro che si distinguono per avere un Passato Positivo più alto della media della popolazione dovrebbero possedere una HRV più favorevoli rispetto i primi due Profili Temporali appena citati per avere minori ruminazioni ed i rimuginii che si riflettono in valori minori di VLF e di RMSSD e HF maggiori.

Oltre ad essere interessante l’esplorazione in un futuro scritto delle possibili implicazioni teoriche che il profilo temporale ottimale possiede all’interno del contesto della HRV, è già possibile constatare un grado di coerenza dell’ipotesi qui presentata con tutta una serie di studi presenti in letteratura relativi le conseguenze fisiologiche di stati psicologici quali l’ansia e la depressione (Aldao&Mennin, 2013; Agnoletti, 2016c; Agnoletti, 2016d; Barr Taylor, 2010; Brosschot, Van Dijk&Thayer, 2007; Carney et al., 2001; Carney, Freedland&Stein, 2000; Kawachi et al., 1995; Perna et al., 2010; Pieper et al., 2010; Robinson et al., 2008).

Naturalmente, anche se esiste già una letteratura convergente con l’ipotesi della connessione tra specifici Profili Temporali e specifiche configurazioni di Variabilità cardiaca il prossimo passo è verificare empiricamente l’ipotesi stessa oltre ad affinare i dettagli delle possibili connessioni tra questi due settori della psicologia e della biomedicina.

Bibliografia

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Diritto Sanitario

Con la sentenza n. 8166 del 18.12.2020 la terza sezione del Consiglio di Stato ha riformato la sentenza del Tar Lazio (sezione terza quater) n. 11991 del 16.11.2020 con la quale era stato accolto il ricorso proposto dal Sindacato dei Medici Italiani – SMI, e da alcuni medici di medicina generale, proposto avverso alcuni provvedimenti adottati dalla regione Lazio per il contrasto all’emergenza COVID.

Autore

Avv. Angelo Russo – Avvocato Cassazionista, Diritto Civile, Diritto Amministrativo, Diritto Sanitario, Catania.

 

Con la sentenza n. 8166 del 18.12.2020 la terza sezione del Consiglio di Stato ha riformato la sentenza del Tar Lazio (sezione terza quater) n. 11991 del 16.11.2020 con la quale era stato accolto il ricorso proposto dal Sindacato dei Medici Italiani – SMI, e da alcuni medici di medicina generale, proposto avverso alcuni provvedimenti adottati dalla regione Lazio per il contrasto all’emergenza COVID.

Nello specifico, in primo grado, era stato chiesto l’annullamento:

a) dell’Ordinanza del Presidente della Regione Lazio n. Z00009 del 17.3.2020, recante «Ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019. Ordinanza ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 in materia di igiene e sanità pubblica»;

b) del provvedimento della Regione Lazio – Direzione Regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria prot. «Int. 0314552.10-04-2020», recante «Procedura speciale legata all’emergenza COVID. Programma di potenziamento cure primarie. Avviso volto ad acquisire manifestazione di interesse per svolgere attività nella USCAR»;

c) della Determinazione della Direzione Regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria – Area Risorse Umane, recante «Approvazione del regolamento di funzionamento USCAR LAZIO» e del Regolamento ivi accluso;

d) della Determinazione della Direzione Regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria – Area Risorse Umane, recante «Procedura speciale legata alla Emergenza Covid. Programma di potenziamento cure primarie — USCAR Lazio – approvazione elenchi manifestazione di interesse di medici e infermieri» e degli ivi acclusi «Elenco Medici – Uscar», «Elenco Infermieri – Uscar», e «Allegato C – Ammessi con riserva»;

e) della Nota della Regione Lazio, Direzione Regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria Direzione Regionale per l’Inclusione Sociale prot. 301502 del 9.4.2020, avente ad oggetto «Ulteriori indicazioni per prevenire l’infezione da nuovo coronavirus SARS-COV-2 (COVID- 19) nelle strutture territoriali residenziali sanitarie, sociosanitarie e socioassistenziali», nonché dell’ivi accluso «Programma di potenziamento delle cure primarie – Emergenza COVID 19».

In sintesi, dinanzi al primo Giudice, i ricorrenti sostenevano che, in conseguenza dei provvedimenti regionali impugnati, i medici di medicina generale sarebbero stati investiti di una funzione di assistenza domiciliare ai pazienti Covid del tutto impropria, spettante, in base all’art. 8 D.L. n. 14/2020 prima ed art. 4-bis D.L. n. 18/2020 (conv. in L. 27/2020) poi, unicamente alle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (c.d. USCA) istituite dal Legislatore nazionale d’urgenza proprio ed esattamente a questo scopo.

Funzione che “distrarrebbe i ricorrenti dal loro precipuo compito, che è quello di prestare l’assistenza ordinaria, a tutto detrimento della concreta possibilità di assistere i tanti pazienti non Covid, molti dei quali affetti da patologie anche gravi.

Il TAR ha accolto il ricorso, ritenendo fondata la tesi dei ricorrenti, affermando che “Nel prevedere che le Regioni istituiscono una unità speciale per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, la citata disposizione rende illegittima l’attribuzione di tale compito ai MMG, che invece dovrebbero occuparsi soltanto dell’assistenza domiciliare ordinaria (non Covid)”.

* * * *

La regione Lazio, al fine di fronteggiare l’emergenza pandemica in atto, ha dato ulteriore sviluppo al modello organizzativo regionale varato in attuazione dell’art. 1 legge n. 189/2012.

Modello che, da tempo, ha visto la costituzione di Unità di Cure Primarie UCP (ossia forme organizzative monoprofessionali), nonché di Unità Complesse di Cure Primarie (forme organizzative invece multiprofessionali) aventi essenzialmente lo scopo di creare una rete sanitaria immediatamente reperibile, utile a evitare il sovraffollamento dei presidi di emergenza e urgenza.

La Regione Lazio, in sintesi, ha ritenuto di poter adeguatamente rispondere all’emergenza epidemiologica anche attraverso l’utilizzo delle succitate aggregazioni territoriali, individuando in ciascuna di esse un Referente COVID, dotato di tutti i presidi di prevenzione, cui affidare l’assistenza, anche a domicilio, dei pazienti affetti dal virus, così affiancando tale modulo di intervento all’Unità Speciale di Continuità Assistenziale Regionale (USCAR) per COVID-19, pure istituita ai sensi della disposizione nazionale prevista dall’art. 4 bis D.L. 17/03/2020, n. 18 per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 non necessitanti di ricovero ospedaliero.

Secondo il Tar Lazio l’art. 4 – bis D.L. n. 18/2020, nel prevedere che le Regioni “istituiscono” una unità speciale “per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID- 19 che non necessitano di ricovero ospedaliero”, implicitamente esonera da tale compito i medici di medicina generale e rende conseguentemente illegittima ogni disposizione regionale che distolga questi ultimi dai compiti “ordinari”.

Secondo gli appellanti, invece, sarebbe erronea l’affermazione secondo la quale “la ratio dell’art. 4 bis DL 18/2020 deve individuarsi nella necessità di non distrarre i medici di base dal proprio compito d’istituto, con attribuzione di compiti del tutto avulsi dal loro ruolo all’interno del SSR”, atteso che:

a) I compiti non sarebbero affatto “avulsi” dal Servizio Sanitario, il quale, in forza dell’art. 4 del DPCM del 12 gennaio 2017 (avente ad oggetto i LEA) e dell’art. 33 dell’Accordo Nazionale che riguarda i medici di medicina generale, assicura le visite domiciliari a scopo preventivo, diagnostico, terapeutico e riabilitativo da parte del medico di medicina generale che ha in carico il paziente, senza che si debba e possa discernere se il paziente ha o meno malattie infettive.

b) Tali compiti sarebbero vieppiù confermati dal recente accordo Nazionale Collettivo che attribuisce ai medici di medicina generale ed ai pediatri di libera scelta, un ruolo proattivo nel rafforzamento delle attività territoriali di diagnostica di primo livello e di prevenzione nella trasmissione della Sars-Cov 2.

c) Nessuna “distrazione” dai propri compiti di istituto vi sarebbe, posto che la visita domiciliare del proprio assistito costituisce parte integrante dei compiti del medico di medicina generale, in ispecie nell’attuale fase epidemiologica in cui l’elevatissimo numero di contagi richiede sinergia degli interventi e pluralità di risorse mediche, non affrontabili con le pur numerose USCAR istituite.

d) In ogni caso le misure adottate rientrerebbero appieno nei profili organizzativi e gestionali della sanità, riservati dall’art. 117 Costituzione alle Regioni.

* * * *

Il Consiglio di Stato, come detto, ha ritenuto fondato il ricorso, assumendo che la sentenza di primo grado si fonda su due inespressi postulati:

a) Il primo, è quello secondo il quale l’esplosione di un evento pandemico e le conseguenze dello stesso sulla salute degli individui, in quanto evento straordinario e non previsto, immuti implicitamente i concetti di malattia acuta e cronica sui quali basano i LEA e i connessi accessi domiciliari nell’ambito della medicina generale.

b) Il secondo è che l’evento pandemico produca una sorta di tabula rasa organizzativa in ambito sanitario, in guisa che le disposizioni legislative emergenziali adottate per affrontare efficacemente l’evento e diminuirne le letali conseguenze epidemiologiche, costituiscano, anche in assenza di esplicite indicazioni in tal senso, strumento esaustivo ed esclusivo, capace di sostituirsi integralmente all’assetto ordinario delle competenze, attraverso non il meccanismo della deroga puntuale ma quello, appunto, dell’azzeramento del pregresso.

Il Giudice di Appello ritiene errati entrambi i postulati.

Il primo non trova alcun appiglio normativo nel D.P.C.M. 12.1.2017 recante “Definizione e aggiornamento dei  livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”.

L’art. 4 comma 1 prevede infatti che “nell’ambito dell’assistenza sanitaria di base, il Servizio sanitario nazionale garantisce, attraverso i propri servizi ed attraverso i medici ed i pediatri convenzionati, la gestione ambulatoriale e domiciliare delle patologie acute e croniche secondo la migliore pratica ed in accordo con il malato, inclusi gli interventi e le azioni di promozione e di tutela globale della salute”.

La tesi secondo la quale “l’influenza da covid 19 non sarebbe una patologia acuta sussumibile nel disposto appena citato, si risolve in una mera illazione, posto che la patologia acuta è proprio il processo morboso funzionale o organico a rapida evoluzione, cui tipicamente è riconducibile quello conseguente a virus influenzale.”

Non c’è dubbio, quindi, che se il Legislatore non fosse affatto intervenuto, nessuno avrebbe dubitato che i medici di medicina generale, in forza del D.P.C.M. 12.1.2017 e dell’accordo collettivo che ne dà attuazione sul versante della medicina generale, avrebbero avuto l’obbligo di effettuare accessi domiciliari ove richiesto e ritenuto necessario in scienza e coscienza, a prescindere dalla sussistenza in atto di una patologia infettiva, e nel rispetto ovviamente dei protocolli di prevenzione e tutela.

Il Legislatore è, tuttavia, intervenuto, approntando soluzioni organizzative emergenziali.

Qui, secondo il Consiglio di Stato, viene il rilievo l’erroneità del secondo postulato.

Le norme emergenziali, anche di carattere organizzativo, sono sempre norme speciali e derogatorie che si innestano in un contesto noto e presupposto dal legislatore, in modo da modellare l’assetto organizzativo ordinario e renderlo maggiormente idoneo a fronteggiare l’emergenza.

È chiaro, dal punto di vista della tecnica legislativa, che per raggiungere tale finalità non occorre confermare espressamente l’ultravigenza di tutte le norme organizzative ordinarie pregresse, vigendo il generale criterio esegetico secondo il quale continua ad applicarsi ciò che non è espressamente derogato dalla norma emergenziale.

Così come è chiaro – prosegue il ragionamento del Giudice di Appello – che “un legislatore che voglia affrontare con la massima rapidità ed efficienza, senza lacune e soluzioni di continuità, una situazione emergenziale, non potrebbe giammai privarsi di un modello organizzativo già funzionante e testato, in favore di un modello interamente nuovo e sostitutivo, la cui concreta implementazione, tra l’altro, è rimessa all’iniziativa di ulteriori soggetti istituzionali e al reperimento di risorse umane e strumentali. Il principio della tabula rasa dell’organizzazione pregressa costituirebbe, in situazione emergenziale, un salto nel vuoto.

L’esegesi dell’art. 4 – bis D.L. n. 18/2020 appare, quindi, al Collegio estremamente chiara.

Esso ha previsto che “Al fine di consentire al medico di medicina generale o al pediatra di libera scelta o al medico di continuità assistenziale di garantire l’attività assistenziale ordinaria, le regioni  e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono, entro dieci giorni dalla data del 10 marzo 2020, presso una sede di continuità assistenziale già esistente, una unità speciale ogni 50.000 abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero. L’unità speciale è costituita da un numero di medici pari a quelli già presenti nella sede di continuità assistenziale prescelta. Possono far parte dell’unità speciale: i medici titolari o supplenti di continuità assistenziale; i medici che frequentano il corso di formazione specifica in medicina generale;  in via residuale, i laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti all’ordine di competenza. L’unità speciale è attiva sette giorni su sette, dalle ore 8,00 alle ore 20,00, e per le attività svolte nell’ambito della stessa ai medici è riconosciuto un compenso lordo di 40 euro per ora.

Il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta o il medico di continuità assistenziale comunicano all’unità speciale di cui al comma 1, a seguito del triage telefonico, il nominativo e l’indirizzo dei pazienti di cui al comma 1. I medici dell’unità speciale, per lo svolgimento delle specifiche attività, devono essere dotati di ricettario del Servizio sanitario nazionale e di idonei dispositivi di protezione individuale e seguire tutte le procedure già all’uopo prescritte”.

Il senso della disposizione emergenziale è quello di alleggerire i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e i medici di continuità assistenziale, dal “carico” derivante dall’esplosione pandemica, affiancando loro una struttura capace di intervenire a domicilio del paziente, a richiesta dei primi, ove questi, attanagliati da un fase di così diffusa morbilità e astretti dalle intuibili limitazioni temporali e fisiche, o anche legate all’indisponibilità temporanea di presidi efficaci, non possano recarsi al domicilio del paziente, o ritengano, in scienza e coscienza, nell’ambito della propria autonoma e libera valutazione medica, che sia necessaria o preferibile l’intervento della struttura di supporto.

Nessuna deroga ai LEA, quindi, ma “garanzia della loro effettività attraverso un supporto straordinario e temporaneo – gli USCAR – destinato ad operare in sinergia e nel rispetto delle competenze e prerogative dei medici di medicina generale e degli altri medici indicati.

Trarre dalle disposizioni in commento, un vero e proprio divieto per i medici di medicina generale di recarsi a domicilio per assistere i propri pazienti alle prese con il  virus costituirebbe, per converso, un grave errore esegetico, suscettibile di depotenziare la risposta del sistema sanitario alla pandemia e di provocare ulteriore e intollerabile disagio ai pazienti, che già affetti da patologie croniche, si vedrebbero (e si sono invero spesso visti), una volta colpiti dal virus, proiettati in una dimensione di incertezza e paura, e finanche abbandonati dal medico che li ha sempre seguiti.

Del resto, seppur si volesse valorizzare la considerazione circa il rischio di ulteriore veicolazione del virus (legato all’accesso domiciliare del medico di medicina generale) si tratterebbe comunque di rischi che dovrebbero essere previamente ponderati dal Legislatore nell’ambito di una analisi multifattoriale, per poi eventualmente sfociare in un divieto chiaro ed espresso.

Né, invero, non può farsi discendere, da tale ipotizzato rischio, un’esegesi normativa soppressiva del contributo che in questa fase i medici di medicina generale, i pediatri e i medici di continuità assistenziale possono e debbono dare unitamente alle USCAR nella lotta al virus.

In ogni caso, sottolinea il Consiglio di Stato, sussistono ormai chiari indici che tale rischio sia subvalente rispetto al fattivo contributo che le figure mediche or ora menzionate possono dare nella lotta alla diffusione del virus.

Le associazioni maggiormente rappresentative dei medici hanno, sotto tale profilo, già stipulato un accordo che va oltre la visita domiciliare e consente ai medici, in relazione alla grave situazione emergenziale che il Paese sta affrontando, e allo scenario epidemico che si prospetta per il periodo autunno-invernale, l’accesso domiciliare per l’effettuazione di tamponi antigenici rapidi o di altro test di sovrapponibile capacità diagnostica.

L’accordo prevede che “L’attività è erogata nel rispetto delle indicazioni di sicurezza e di tutela degli operatori e dei pazienti, definite dagli organi di sanità pubblica”, opportunamente prevedendo, a prevenzione dei rischi di incremento del contagio che “In assenza dei necessari Dispositivi di Protezione Individuale (mascherine, visiere e camici), forniti ai sensi del precedente comma 5 per l’effettuazione dei tamponi antigenici rapidi, il medico non è tenuto ai compiti del presente articolo e il conseguente rifiuto non corrisponde ad omissione, né è motivo per l’attivazione di procedura di contestazione disciplinare”.

L’accordo sottende e formalizza un principio che – ad avviso del Collegio – era già ricavabile in precedenza dall’ordinamento: quello secondo il quale il medico di medicina generale (e le altre figure mediche operanti sul territorio), in scienza e coscienza ordinariamente valutano e, se necessario, effettuano, l’accesso domiciliare anche per i malati covid, nel rispetto dei protocolli di sicurezza, fruendo, ove necessario o opportuno, anche in considerazione dell’eventuale insufficienza o inidoneità dei dispositivi di protezione disponibili, del supporto dei medici e del personale dell’USCAR.

L’accordo citato, in conclusione, rappresenta indice dell’evoluzione dell’ordinamento verso soluzioni coerenti con l’esegesi che il Collegio fornisce dell’art. 4 bis D.L. n. 18/2020 sulla base degli argomenti sopra illustrati.