Si chiama “leadless”, è poco più grande di una capsula e pesa pochi grammi. Utilissimo in pazienti che hanno già subito un impianto e che incorrono in infezioni pericolose È un ulteriore tassello nel processo di crescita avviato dalla cardiologia dell’Asl di Vercelli il trattamento effettuato nelle scorse settimane su alcuni pazienti. Si tratta dell’installazione con successo di un pacemaker senza fili su pazienti affetti da fibrillazione atriale, con diverse patologie associate, e che in precedenza avevano già avuto un impianto. Si chiama “leadless” (senza fili), è poco più grande di una capsula e pesa pochi grammi. Uno dei rischi maggiori in chi ha un pacemaker tradizionale con uno più elettrocateteri, cioè con i fili, è quello di poter incorrere in infezioni o ematomi nella tasca sottocutanea dove di solito viene posizionato il generatore di impulsi (pacemaker). La procedura eseguita dal team di elettrofisiologia è mini-invasiva e consente di applicare – attraverso un tubicino flessibile inserito nella vena femorale a livello dell’inguine – il sistema contenente il pacemaker rilasciandolo in modo sicuro dentro al cuore senza fili e ancorandolo a livello della parete cardiaca. Dopo aver verificato la stabilità del pacemaker viene rimosso il tubicino nell’inguine e, trascorse circa 24 ore di riposo a letto, il paziente può alzarsi ed essere dimesso. Una tecnologia che consente di stimolare solo un punto del cuore e che spesso si rileva efficace, oltre che nei pazienti con episodi di infezione, anche in pazienti diabetici, con insufficienza renale o dializzati, con problemi di trombosi venosa alle braccia. “Uno dei due pazienti trattati era già stato sottoposto a un precedente impianto con la tecnica tradizionale – spiega il direttore della Cardiologia Francesco Rametta – e aveva avuto una complicanza importante. Grazie a questo intervento è stato possibile recuperare velocemente. Inoltre tali sistemi possono essere volta al mese. Ad oggi sono stati trattati sei pazienti con questo metodo. Un passo importante per un centro in cui non è presente la cardiochirurgia e che è stato possibile grazie alla collaborazione di tutto il personale della cardiologia”. monitorizzati da casa tenendo sotto controllo i parametri

Impianto di pacemaker a 104 anni. È quanto è stato effettuato presso l’Azienda ospedaliera “Sant’Anna e San Sebastiano” di Caserta, che sotto la conduzione del direttore generale Mario Nicola Vittorio Ferrante si sta sempre più qualificando per l’alta specializzazione e per la capacità di dare risposte sanitarie anche in condizioni critiche. È il caso della donna di 104 anni residente in un Comune della provincia di Caserta, che, intorno alle 22, mentre era nella sua abitazione, ha avuto una perdita di coscienza con trauma cranico. Trasportata dai parenti al Pronto Soccorso dell’Ospedale casertano, dopo i primi accertamenti del caso, è stata ricoverata presso l’Unità di terapia intensiva cardiologica (Utic) per il riscontro all’elettrocardiogramma di un disturbo di conduzione dell’impulso elettrico cardiaco. Per questo motivo, alcuni battiti non erano stati condotti correttamente e il cuore aveva rallentato causando una ridotta perfusione cerebrale che a sua volta aveva comportato la sincope. In questi casi la terapia consiste nell’impianto di un pacemaker, un dispositivo sistemato a livello sottocutaneo nel torace e dotato di cateteri che per via venosa arrivano fino al cuore, in grado di “sostituire” l’attività elettrica cardiaca quando sono presenti patologie della formazione o della conduzione dell’impulso elettrico. L’anziana donna è stata operata per l’impianto di pacemaker dal dottor Miguel Viscusi e dalla sua équipe ed è stata seguita per la durata del ricovero nel reparto di Cardiologia diretto dal professore Paolo Calabrò. La degenza è trascorsa senza complicanze e la paziente è stata dimessa, rientrando al suo domicilio in buona salute. Tornerà tra qualche settimana in ospedale per il controllo postdimissione.