Dott. Rodolfo Lisi
Docente di Scienze Motorie
Coreno Ausonio (FR)
“Linee guida” sul comportamento più idoneo se un bambino affetto da scoliosi, ipercifosi o valgismo varismo delle ginocchia, intende praticare il tennis
Ipotesi n. 1: il tennista in erba è affetto da scoliosi
Presentazione dei problemi e potenziali soluzioni
Oggi è martedì. Carlo (nome fittizio a rendere l’esempio), alla 2a e 3a ora, si recherà in palestra perché lo aspetta il docente di educazione fisica. Il collega tiene sotto vigile controllo i movimenti degli allievi e nota che il nostro – visto di dietro e in una fase di ‘riposo attivo’ (corsa leggera, ad esempio) – presenta la caratteristica ‘asimmetria delle spalle’. Cosa fare? Il docente, dopo aver fermato Carletto, comincia ad attivare un dialogo del tutto informale. Porrà quesiti del tipo: «I tuoi genitori sono a conoscenza che hai una spalla più bassa dell’altra? Quale sport stai praticando? Ti affidi a personale qualificato?». Se le risposte si rilevano soddisfacenti, il docente, ricevute le informazioni, terminerà ‘la sua indagine’ raccomandando, però, una visita di controllo dal medico di medicina generale almeno una volta all’anno fino alla pubertà.
Nel caso invece, le risposte siano altre (“il dottore mi ha detto che ho una scoliosi. Non porto il corsetto, però non posso giocare a tennis perché mi può far male”), è necessario un incontro a breve con i genitori di Carlo. A papà e mamma, il collega informato chiarirà che, ad oggi, gli studi su detto argomento sono pochi, e quei pochi scarsamente attendibili (1, 2). Dunque, l’educatore sportivo si limiterà a dare consigli dettati dal buon senso e dalla sua esperienza. Il nuoto agonistico, invece, è dannoso (3, 4, 5). Ancora, il professore consiglierà una visita dal medico di base. Quest’ultimo, eventualmente, invierà il bimbo o la bimba ad un ortopedico specialista nel trattamento delle deformità spinali. Molto probabilmente, al fine di confermare la paventata scoliosi, l’ortopedico prescriverà un’indagine radiografica in toto del soggetto e chiarirà la reale consistenza della patologia scoliotica.
E il tennis?
Nel pomeriggio, Carlo va a giocare a tennis per 2 ore, prima di fare i compiti. La sua attività è amatoriale e non ha ambizioni del tipo “voglio vincere Wimbledon!”. Prendiamo il Carlo che ha informato l’insegnante di essere affetto da scoliosi. Sul campo, il maestro e il preparatore fisico e/o il fisioterapista avranno l’accortezza di alternare palleggi e partite a esercizi mirati per ‘contenere’ la scoliosi. Gli esercizi non possono frenare o, ancor meno, arrestare la patologia, ma possono creare un forte busto muscolare che sostiene la colonna e la rende meno suscettibile a movimenti potenzialmente pericolosi (1, 2). È auspicabile che il Tennis Club disponga di una palestra, anche se la maggior parte degli esercizi possono essere effettuati sul campo (esercizi di compensazione con palla medica, esercizi di potenziamento addominale, esercizi sul materassino). In caso contrario, non c’è da disperarsi.
I summenzionati esercizi (quelli ‘isometrici’, per intenderci) possono essere eseguiti anche a casa. In caso di scoliosi grave, e se il giovane intende praticare il tennis a livello agonistico, il consiglio è quello di sospendere l’attività sportiva (1, 2). Si tratta di sottoporre un “rachide di per sé fragile” a carichi sopportabili da “rachidi normali” (1, 2).
Ipotesi n. 2: il tennista in erba è affetto da ipercifosi
Presentazione dei problemi e potenziali soluzioni
Forniamo una breve dissertazione sulla patologia per meglio comprendere la reale entità del problema che può avere risvolti diversi nel caso si è in presenza di una ipercifosi lieve e non strutturata, o, invece, della più temuta ipercifosi osteocondrosica, cioè strutturata. Nel primo caso, i caratteri fisici, le abitudini e l’esercizio spiegherebbero molti atteggiamenti devianti e/o incongrui. È il caso, appunto, di Carlo che sovrasta in altezza i compagni e che, per essersene fatto un complesso, prova a farsi ‘più piccolo’, incassando il capo e arrotondando le spalle. Analogo è il caso di una ragazzina in piena fase puberale, la quale tenderà a forzare il tronco in un atteggiamento arcuato ed ‘avvolgente’ per mascherare il carattere fisico tipico della donna già matura. Queste tipologie di ipercifosi vengono chiamate ‘paramorfismi’ (risultato di mancato adeguamento muscolare, vizi posturali, scarsa attività motoria). Ben diverso è il secondo caso: Carlo è affetto da una ipercifosi strutturata (‘dismorfismo’).
Tale condizione patologica è il risultato di un’infiammazione dell’osso durante il suo stadio cartilagineo, come nel caso della ‘ipercifosi osteocondrosica’, caratterizzata da deformazione a cuneo di una porzione dei corpi vertebrali (6). In casi severi, il ricorso al corsetto è indispensabile. Ma anche qui la ginnastica, eseguita in modo razionale, può risultare utile. Durante le ore di Educazione Fisica, l’insegnante non dovrebbe avere problemi nel riconoscere in Carlo la presenza di una specie di ‘gobba’ assieme alle spalle anteriorizzate. In questi casi è bene parlare con l’allievo per sapere se i genitori si sono recati dal medico di base e/o dallo specialista ortopedico.
Altro compito del collega di Educazione fisica è quello di sapere se esistono problemi in famiglia, paure inconsce o semplicemente una ‘non accettazione’ del proprio fisico. In questo caso, l’intervento dei docenti e di una psicologa potrebbe realmente essere di aiuto al ragazzo. Si parla, ovviamente, della forma ‘posturale’. In quella strutturale, purtroppo, ricorrere al bustino e praticare una sana e corretta attività fisico-motoria sono le uniche possibilità di intervento conosciute.
Tennis sì o tennis no?
Ad avviso dello scrivente, qualsiasi attività fisica in ambiente aperto è una panacea per i ragazzi sofferenti della forma meno grave di ipercifosi. Si tenga presente che nella maggior parte dei casi, l’atteggiamento viziato è il risultato di una insoddisfacente consapevolezza dei propri mezzi: la rappresentazione fornita dianzi – la ragazza che si avvolge le braccia intorno al corpo con il capo reclinato in avanti – rappresenta la tipica paura di ‘affrontare la vita che cambia’. Il ragazzo, in ultima istanza, deve essere libero di praticare lo sport preferito ed anche il tennis può esserlo. Nelle forme strutturate, invece, i dati scientifici sono scarsi. Da uno studio tutto italiano (7) si evince comunque che nel gruppo tennis l’incidenza di ipercifosi è praticamente nulla.
Nulla osta, dunque, alla pratica del tennis in soggetti con ipercifosi di natura posturale e anche in quelli affetti da forme strutturate, ovviamente nelle ore libere dal tutore. In attesa, intanto, di altri e più probanti studi al riguardo.
Ipotesi n. 3: il tennista in erba è affetto da valgismo o varismo delle ginocchia
Presentazione dei problemi e potenziali soluzioni
Due altre patologie possono manifestarsi nel giovane tennista: il valgismo o il varismo delle ginocchia. Nel primo caso, il nostro “Carlo” ha le ginocchia a “x”, ovvero le stesse si toccano tra loro (l’asse femore/tibia forma un angolo aperto in fuori). Da un punto di vista etiopatogenetico, tale malformazione può essere ricondotta ad una insufficienza muscolo-legamentosa generica e, in taluni casi, può determinare anche un appiattimento della volta plantare.
Il piattismo, comunque, può insorgere anche indipendentemente dall’alterazione del ginocchio, mentre l’ipotonia generale della muscolatura e dei legamenti risulta ancora essere il primum movens. Pivetta e Scarfì (8) ritengono deficitari tra i muscoli, il lungo peroneo; tra i legamenti, invece, il deltoideo. Il trattamento va iniziato precocemente dato che la sua validità è limitata all’età dell’accrescimento. È giustificato, tra l’altro, il pessimismo di alcuni autori sulla potenzialità terapeutica del solo esercizio fisico: si tratta di una patologia molto delicata che abbisogna di presidi medico-ortopedici nelle forme lievi-modeste, mentre nelle forme gravi può richiedere addirittura l’intervento chirurgico. L’educatore sportivo e/o il fisioterapista attento, dotato di buon senso e professionalità, ricorrerà a movimenti che tendono ad allontanare le ginocchia, avvicinando i piedi.
Si concorda con Pivetta (9) che, riprendendo gli studi di Dubois e Durafourg (10), consiglia di focalizzare l’attenzione sui piedi e prevenirne le deformità, perché a loro volta responsabili proprio di quelle del ginocchio. E cioè: – Mantenere un adeguato controllo muscolare dell’equilibrio antero-posteriore e trasversale del piede; – Effettuare una rieducazione globale dell’arto inferiore.
Il varismo è, logicamente, il problema inverso. L’asse femoro-tibiale (quello della gamba, per intenderci) forma un angolo aperto all’interno. La tipica forma a ‘parentesi’ delle gambe è molto comune alla nascita. Dal varismo si passa al valgismo e, infine, verso i 7-8 anni, le ginocchia si raddrizzano. Purtroppo, così come il valgismo, il varismo poco si giova del solo esercizio fisico. Nelle forme leggere la terapia è innanzitutto preventiva, ossia vitamina D, ultravioletti, ritardo nell’inizio della deambulazione ed utilizzo di docce correttive.
Per quanto concerne poi la terapia fisica, scopo primario è quello di applicare forze di pressione che tendano ad avvicinare le ginocchia. Pivetta (10) consiglia giustamente movimenti di flessoestensione della gamba e della coscia, interponendo un cuscino o una palla tra le caviglie e cercando di bloccare le ginocchia mediante una fasciatura.
E il tennis?
L’attività fisico-motoria e sportiva può rientrare a giusto titolo in un programma riabilitativo specifico. Ad esempio, nel valgismo, alcuni specialisti consigliano l’equitazione e il calcio (attività sportive che tendono ad allontanare le ginocchia). Così si è già accennato, nelle forme severe è indicato l’intervento chirurgico.
Nelle forme lievi, invece, sia che si tratti di valgismo sia che si tratti di varismo, è importante affrontare precocemente ed efficacemente la malformazione in atto. Il miglioramento del trofismo muscolare, assieme ad esercizi specifici, dovrà sempre accompagnare la seduta giornaliera al Tennis Club. Il problema, però, è un altro. Il soggetto, costretto a ritrovare un equilibrio già di per sé deficitario, si stancherà facilmente in ragione di un appoggio plantare al suolo non corretto e di una muscolatura degli arti inferiori ipotonica. Inoltre, il rischio di infortuni è alto.
Non essendo normale l’asse femore/tibia, il peso del corpo va a gravare – invece che su entrambi – su un solo compartimento (mediale o laterale) del ginocchio (11). Ciò può determinare – soprattutto se il campo di giuoco è in duro cemento e/o in sintetico – lesioni legamentose e meniscali (12). La superficie indicata – in termini di prevenzione degli infortuni – è la terra rossa che consente, tra le altre cose, il cosiddetto ‘scivolamento controllato’ (12), ovvero maggior tempo di frenata che si traduce in minori sollecitazioni.
Bibliografia
1. Lisi R. Tennis e scoliosi, stato dell’arte. Lombardo Editore, Roma, 2007.
2. Lisi R. La scoliosi nel tennis, tutta la verità. Il Trifoglio Bianco, Latina, 2018.
3. Geyer B. Scoliose thoracique et sport. Atti XIV Journées d’Etudes G.K.T.S. Palavas-les-Flots, Francia, 1986.
4. Vercauteren M et al. Trunk asymmetries in a Belgian school population. Spine 7: 555-562, 1982.
5. Lisi R, Giuffrida C. Il nuoto non fa bene. Il Trifoglio Bianco, Latina, 2019.
6. Cailliet R. Il dolore lombo-sacrale. Edilombardo, Roma, 1991.
7. Boldori L, Dal Soldà M, Marelli A. Anomalie del tronco. Analisi della prevalenza nel giovane sportivo. Minerva Pediatr. 51(7-8):259-264, 1999.
8. Pivetta S, Scarfì G. Ginnastica correttiva degli atteggiamenti viziati nell’età della scuola. Monografie ortopediche PAIS, Roma, 1954.
9. Pivetta S, Pivetta M. Tecnica della ginnastica medica. Cifosi-Lordosi-Arti inferiori. Edi.Ermes, 5a Edizione, 1998.
10. Dubois JPH, Durafourg MPH. Physiologie et rééducation fonctionnelle du pied. Masson & Cie, Paris, 1972.
11. Lisi R. Tennis e salute. Lombardo, Roma, 2009.
12. Lisi R. Patologie degli arti inferiori nel tennista. Aracne, Roma, 2016.