Virgilio Paola Daniela, Pedagogista, PhD student at University of Cordoba, Faculty of Legal and Social Science.
Jiménez Fanjul N. – PhD from the University of Córdoba (UCO) in the Social and Legal Sciences program. Professor of Didacties of Mathematics Teaching. Department of Mathematics. Universidad de Córdoba (UCO), Córdoba, Spain.
P. Carbellido Espinosa – Profesora especializada en Pedagogía Terapéutica. Junta de Andalucía, Málaga, Spain
Schifano M. – Psicologo, responsabile U.O. Psicologia clinica e di Comunità ASP TP
Maz Machado A. -PhD in Mathematics from the University of Granada (UGR). Professor of Didacties of Mathematics. Department of Mathematics. Universidad de Córdoba (UCO), Córdoba, Spain.
We propose a psycho-pedagogical and multidisciplinary analysis on gambling addiction. This seriously compromises a person’s quality of life and that of his family. We refer to a pedagogy of “precision”, capable of facing the loneliness of addiction, a phenomenon that destroys creativity and creates fragility, weakens resilience, extinguishes the will to do and closes the individual into a fence. We highlight the role of the school and the importance of a team with specialized teachers who, through innovative and digitalised teaching, implement specic techniques to prevent addiction.
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Quella che proponiamo è un’analisi psicopedagogica e multidisciplinare sulla dipendenza da gioco, sottomissione che compromette seriamente la qualità della vita di una persona e quella dei suoi familiari.
È un errore considerare il problema come un fenomeno “moderno”: in realtà ha radici antiche e ha interessato, nel corso degli anni, milioni di persone. Solo di recente, con l’attivazione di specifiche politiche europee, la ludopatia è stata riconosciuta come una malattia. Si tratta di un disturbo del comportamento che l’Associazione Psichiatrica Americana (APA, American Psychiatric Association) ha inserito fra i cosiddetti disturbi del controllo degli impulsi, disturbi che presentano una notevole affinità con quelli ossessivo-compulsivi e con le dipendenze.
Si parla di ludopatia, o dipendenza dal gioco d’azzardo, quando le persone manifestano nel gioco la totale perdita del controllo.
Le distorsioni cognitive più diffuse sono:
- Illusione di poter controllare la situazione e di poter smettere di giocare in qualsiasi momento; circostanzache non trova alcun riscontro nella realtà.
- Processo mentale che induce il giocatore a credere che dopo un evento atipico è probabile che possa verificarsi l’evento opposto; ma ciò non trova alcun riscontro nel calcolo delle probabilità.
- Acquistare un biglietto vincente in un luogo e continuare a farlo nella ferma convinzione che tale prassi porti fortuna.
- La convinzione che se vincono gli altri ciò può accadere anche a noi (es: se una forte vincita viene pubblicata sui quotidiani).
- La volontà dei giocatori di dare credito alle esperienze positive, senza considerare affatto quelle negative, anche se quest’ultime son percentualmente infinitamente superiori.
La voglia di gioco che si sviluppa nella mente del giocatore compulsivo fa leva su pensieri irrazionali. Le credenze del giocatore compulsivo costituiscono vere e proprie teorie che vanno a distorcere il senso della realtà al punto che, felici o depressi, contrastati da parenti e amici, continuano a ricadere nello stesso errore.
Gli elementi che caratterizzano il comportamento disadattivo del giocatore patologico sono:
- un costante pensiero al gioco e a reperire denaro per giocare
- il bisogno di soddisfare l’eccitazione investendo somme di denaro sempre più elevate
Gli esperti sono concordi nell’affermare che si tratta di una malattia psichiatrica, in cui l’azzardo patologico e la dipendenza dal gioco sono legati a fattori biologici, genetici e ambientali sfavorevoli. Con il termine “fattori di rischio” si fa riferimento alle variabili che possono aumentare le probabilità di diventare giocatori patologici e quindi di soffrire di ludopatia.
Tutto può iniziare con la presenza di disturbi psichiatrici e di patologie quali l’ansia, la depressione e i disturbi della personalità, in particolare il disturbo borderline. Altri fattori predisponenti sono riconducibili all’alcolismo o alla dipendenza da sostanze stupefacenti, al disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività. Altro fattore di rischio è costituito dall’assunzione di farmaci per il trattamento della malattia di Parkinson, infatti, i farmaci dopamino-agonisti possono avere, tra gli effetti collaterali, quello di provocare comportamenti compulsivi (tra questi figura il gioco d’azzardo).
Altro fattore di rischio può essere la giovane età, perché la maggior parte dei giocatori affetti da ludopatia si inserisce in un bacino che va dai 20 ai 50 anni, dove la maggior parte appartiene al sesso maschile. Le donne sembrerebbero essere meno inclini a sviluppare la dipendenza da gioco patologico, ma nei casi in cui questo avviene la differenza sta in una maggiore velocità di assuefazione.
Anche la familiarità con giocatori d’azzardo e l’assunzione di farmaci sono considerati fattori di rischio nello sviluppo della dipendenza.
Tra gli elementi in comune che sono stati osservati e rilevati nei giocatori patologici, è interessante evidenziare che chi soffre di ludopatia ha solitamente un temperamento molto competitivo e soffre di “workholism”.
Altre caratteristiche comuni tra i giocatori patologici riguardano: la tendenza ad annoiarsi presto, l’iperattività, la scarsa conoscenza della matematica e delle sue regole, la sovrastima delle proprie capacità.
Le persone affette da ludopatia si rivelano, quindi, facilmente influenzabili e suggestionabili soprattutto in condizioni di invito al gioco e/o di particolari ipotesi di vincita (“gratta e vinci”, lotterie, scommesse, etc.).
A livello legislativo, in Italia, la dipendenza da gioco è stata presa in considerazione con il DDL 158 del 13 settembre 2012 (articolo 5) che ha inserito la ludopatia nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) per le prestazioni sanitarie di prevenzione, trattamento e riabilitazione destinate a coloro che ne sono affetti.
Il mercato dei consumi del gioco
La società odierna considera la pratica degli sport, non più soltanto come attività finalizzata al benessere, alla salute, allo sviluppo fisico e sociale, bensì come ambito in cui, sin da piccoli, emergere come i migliori e i vincenti.
In una società che esprime il bisogno di successo e di vittoria a tutti i costi, la competizione è vissuta come valore assoluto.
Una riflessione importante va fatta sull’appropriazione del gioco da parte del mercato. Un mercato che utilizza alcune forme ludiche come fonte di guadagno e di investimento e che impiega tutte le sue forme di marketing per indurre le persone a “consumare” gioco.
A ciò si associa anche un’opinione pubblica sul gioco, accuratamente veicolata dai media, che tende a modificare lo stesso concetto di gioco d’azzardo, proponendo slogan che omettono la parola “azzardo”, come ad esempio:
- “gioca responsabilmente”;
- invece di“gioca d’azzardo responsabilmente (ammesso che ciò sia possibile)”;
- “il gioco è vietato ai minori”;
- invece di “il gioco d’azzardo è vietato ai minori”.
Il gioco è un mondo vasto, polimorfo, fatto di mille sfaccettature e solo nel suo pieno recupero di significato, di senso, di luoghi e di azioni, nella sua riscoperta, sarà possibile trovare una delle strade per prevenirne la corruzione.
I giochi, ancor più velocemente nell’era della globalizzazione, si affermano o spariscono secondo i bisogni reali e/o indotti sviluppati dalla società stessa e vengono prodotti, creati, promossi, incoraggiati dagli stessi valori che la comunità promuove, genera, sviluppa.
Il gioco d’azzardo ha accompagnato la storia dell’uomo, ha avuto una forte presenza in tutte le società e le culture, rivestendo anche un rilevante ruolo sociale. Nonostante sia stato accompagnato da costanti divieti in ambito giuridico normativo e da costanti accuse morali, il gioco d’azzardo non è mai scomparso, sembrerebbe invece che a fronte dei veti sia uscito dalla “legalità” per crescere e prosperare nell’illegalità.
Giocare d’azzardo procura senz’altro forti emozioni e permette la sperimentazione del rischio, ma ciò è plausibile soltanto nei casi normali e non patologici di gioco, cioè quando si tratta di un rischio vissuto in maniera positiva e in un luogo protettivo per il giocatore.
Alla base del desiderio di giocare d’azzardo c’è – spesso – la speranza di un cambiamento, con un colpo di fortuna, della propria vita. Il gioco d’azzardo può evocare una fuga, una via d’uscita da una vita non soddisfacente e frustrante: quando si è disoccupati, quando non ci sono certezze e sicurezze sembra non rimanere altro da fare che affidarsi al biglietto della lotteria.
Oggi questo fenomeno è ancora più evidente (e i sondaggi sembrano confermarlo) nei territori e nelle aree geografiche in crisi economica e nei contesti di povertà e di degrado: qui diviene fonte di speranza e di fuga dalla realtà quotidiana, spazio di compensazione dalla vita, diviene luogo dove costruire il proprio mondo di illusioni.
Ma, forse, a questo punto non possiamo più parlare di gioco come forza creatrice, creativa e liberante, perché questo si è trasformato in compulsione e costrizione; anche se il riconoscimento della dipendenza da gioco d’azzardo è relativamente recente, così come relativamente recenti sono le forme terapeutiche messe inatto e sviluppate per la cura e il recupero di tale dipendenza.
Ufficialmente la GAP compare nel DSM III nel 1980 tra i disturbi del controllo degli impulsi; questa collocazione rimarrà invariata fino al 2013 con la pubblicazione del DSMV, dove viene inserito tra i disordini correlati alle dipendenze e alle sostanze. A caratterizzare la dipendenza da gioco d’azzardo è una ricerca spasmodica e incontrollabile del gioco, il comportamento di tipo compulsivo-ossessivo, l’ansia, il manifestarsi delle crisi di astinenza, l’angoscia, la riduzione della vita sociale, il vortice di menzogne, la compromissione della vita affettiva e di quella economica.
Il fenomeno della dipendenza senza sostanza in Italia
I dati più recenti vedono l’Italia al primo posto in Europa per consumo da gioco d’azzardo (e il terzo paese nel mondo). Nel 2012 la percentuale di coloro che, almeno una volta negli ultimi 12 mesi, hanno giocato d’azzardo è pari al 54% del totale della popolazione tra i 18 e i 74 anni (circa 23.894.000 soggetti); la percentuale di giocatori, cosiddetti, problematici varia dall’1.3% al 3.8% della popolazione, mentre la percentuale dei giocatori patologici oscilla dallo 0,5% al 2,2%.
A fronte di questi dati non ci sono dubbi sul fatto che il gioco d’azzardo sia ormai parte del mercato dei beni di prima necessità: è diventato un potente prodotto di mercato che fa leva sulle debolezze e speranze, un “bene” non più di lusso, ma alla portata di tutti.
I principali fenomeni da analizzare e su cui riflettere per comprendere al meglio l’andamento del fenomeno, soprattutto in Italia, sono:
- l’ideazione e lo sviluppo di nuove forme di gioco d’azzardo più popolari che si sono diffuse in maniera virale;
- la costante e continua propaganda pubblicitaria;
- una legislazione (quella italiana) fortemente ambigua tra divieto e autorizzazione.
Questi fenomeni hanno prodotto un forte cambiamento anche dell’idea di gioco d’azzardo, sia nell’immaginario collettivo che in quello giovanile; in particolare, hanno determinato un forte cambiamento del suo uso e del suo consumo, hanno forgiato nuovi stili comportamentali e nuovi atteggiamenti mentali.
Quando pensiamo alla parola gioco d’azzardo evochiamo specifiche immagini prodotte da fonti letterarie, fonti cinematografiche e artistiche: l’uomo ricco seduto a un tavolo del casinò, l’immagine del giocatore forte e dura descritta da Dostoevskij, i “Giocatori di carte” di Caravaggio.
A tutto questo, oggi, si contrappone l’immagine di profonda tristezza e solitudine del giocatore di slot machine che, come un automa, infila le monetine nella fessura, velocemente e con sguardo alienato, tirando poi la leva: un’immagine drammatica, fuori dal mondo ludico e soprattutto fuori dall’immaginario che del gioco d’azzardo, invece, ci propone la pubblicità.
I media presentano uomini e ragazzi che “vincono facile” e risolvono tutti i problemi della loro esistenza; belli, eleganti e ricchi, personaggi famosi, anche del mondo dello sport, che invitano le persone al poker on-line.
Pubblicità che influenza e alimenta la ricerca della vincita facile; pubblicità che non solo è ovunque, ma che ha completamente svincolato il gioco d’azzardo da qualunque idea di pericolosità e dal limite etico.
Una divulgazione che agisce, quasi, indisturbata sull’immaginario infantile e giovanile perché, spesso, non rispetta le fasce protette in tv e compare, indisturbata, su giornali, riviste e cartelloni pubblicitari.
Da non sottovalutare, infine, la creazione di nuove forme d’azzardo che hanno modificato il modo di interpretare l’azione ludica, hanno incrementato il numero di giocatori e hanno favorito l’emergere della patologia.
È il caso, appunto, delle slot machine, dei videopoker, delle VLT, dei giochi d’azzardo on line e dei “gratta e vinci”: un modo di giocare solitario, meccanico, che non richiede attenzione né impegno cosciente né sforzo, giochi ad alto rischio di dipendenza che, essendo legalizzati, si trovano ovunque e comunque.
Il fenomeno dell’usura, peraltro, ha oggi uno stretto legame con i giochi d’azzardo più recenti; la lunga mano della criminalità organizzata, fin da subito, è stata sedotta dell’importante indotto economico legato alle slot, ai videopoker, alle sale scommesse.
La situazione è resa ancora più complessa dal gioco d’azzardo on line, che smantella anche le residue barriere morali, il senso di vergogna e altera anche, con l’uso della carta di credito, il senso e la percezione del denaro speso.
È possibile distinguere i sintomi del gioco d’azzardo patologico in tre principali categorie:
- Sintomi psichici (l’ossessione per il gioco, il senso di onnipotenza, la presunzione, l’ansia, l’irritabilità, il nervosismo, le alterazioni dell’umore e della propria autostima, la persecutorietà, il senso di colpa, la superstizione, l’impulsività, la tendenza a minimizzare e/o distorcere).
- Sintomi fisici (disturbi alimentari, cefalea, problematiche relative all’utilizzo di droghe o sostanze alcoliche, insonnia, tremori, palpitazioni, intensa sudorazione).
- Sintomi sociali (danni di tipo economico, morale e sociale, problematiche familiari, difficoltà nella gestione delle proprie risorse economiche, problemi lavorativi, isolamento sociale).
Il fenomeno tra gli adolescenti
L’adolescenza è un periodo estremamente particolare della vita di ogni persona. Un’età difficile, caratterizzata da incertezza; sono gli anni in cui si definisce il sé e la propria identità, sono anni spesso caratterizzati dalla necessità di “omologarsi” e far parte di un gruppo, di emergere e distinguersi. Un’età fatta di fragilità emotive, di profondi cambiamenti identitari e corporei che si associano, talvolta, a momenti di forti crisi.
Ma questo è anche il periodo in cui, a tratti, si ricerca fortemente il rischio, l’avventura, l’affermazione di sé, anche adottando comportamenti ai limiti della devianza.
Ricerche recenti mostrano come negli ultimi anni ci sia stato un aumento dell’uso del gioco d’azzardo da parte di adolescenti (soprattutto maschi): nella popolazione studentesca tra i 15 e i 19 anni è emerso che circa 1.250.000 studenti dellescuole superiori di secondo grado hanno giocato d’azzardo; almeno il 7, 2% di adolescenti mostrano tratti di gioco problematico e il 3,2% ha le caratteristiche del giocatore patologico.
Eppure i giochi d’azzardo sono tutti vietati ai minori ma, come abbiamo già detto, non è difficile aggirare l’accesso ai giochi d’azzardo on line e il marketing e la pubblicità contribuiscono ad avvicinare il target adolescenziale.
Come abbiamo già visto, per gli adolescenti giocare d’azzardo è come mettersi alla prova, è una sfida al mondo degli adulti, a quella famiglia che ha rinunziato al ruolo educante, che non pone regole, che non dice mai di no ai figli. Se poi siamo in presenza di adolescenti con una bassa autostima o con una scarsa riuscita nel mondo scolastico, il gioco d’azzardo può svolgere una funzione di compensazione: diviene l’ambito in cui si può vinceree “vincere facile”, fare soldi in fretta e – soprattutto – senza fatica.
“Terapie” educativo-didattiche
Siamo sicuramente di fronte a un’emergenza derivante non soltanto dalla percentuale (in aumento) dei giocatori patologici, ma anche dal numero complessivo dei giocatori; viviamo una condizione legata al contesto sociale ed economico in cui tale situazione si è instaurata e che ha raggiunto, oggi, costi sociali elevati.
Il problema è sicuramente complesso e ha più facce: non è sufficiente l’intervento terapeutico nei casi di GAP conclamato, è piuttosto necessario sviluppare percorsi finalizzati a promuovere il gioco “sano”, occorre fare prevenzione coinvolgendo sia la società in generale che la scuola in particolare.
É necessario incoraggiare un lavoro interdisciplinare e multiforme tendente a sviluppare i fattori di protezione sociale e ridurre i fattori di rischio.
Il compito della pedagogia, rispetto alle attuali di forme patologiche del gioco, è quello di:
- Coinvolgere positivamente il contesto sociale in cui il gioco d’azzardo agisce (nei quartieri privi di luoghi di socializzazione ludica ma invasi da slot machine, abbandonati quasi a se stessi) per ottenere una riconversione del gioco malato in gioco “sano”;
- Mettere a fuoco specifiche campagne di sensibilizzazione sui rischi e i pericoli del gioco d’azzardo nelle sue forme più o meno patologiche;
- Fornire consulenze e sostegno pedagogico alle famiglie (istituzioni fortemente in crisi);
- Sviluppare interventi di animazione ludica che riporti il gioco alla sua sfera più originaria, più sociale e creativa;
- Coinvolgere la sfera politica alla quale, come stanno facendo molte associazione sensibili al problema del gioco d’azzardo, occorre chiedere chiarezza normativa e sviluppo di politiche di protezione e sostegno per i soggetti coinvolti;
- Programmare e progettare azioni didattico-educative nella scuola.
Emerge anche la necessità di sviluppare una ricerca evidence based, cioè scientificamente e didatticamente basata, per individuare pratiche didattiche e interventi utili ad affrontare il problema in modo multidisciplinare.
La letteratura internazionale suggerisce di lavorare sulla popolazione per favorire l’esatta comprensione delle reali possibilità di vincita; a tali campagne di sensibilizzazione bisogna anche affiancare campagne di formazione sulla legalità, visto il costante e preoccupante legame tragioco d’azzardo e illegalità.
Abituare il bambino e l’adolescente a un gioco sociale (e sano) può essere una buona strategia per contrastare il sentimento di solitudine e di frustrazione che, solitamente, pervade il giocatore patologico; la scuola può agire, in tal senso, per modificare l’idea di gioco presente nella società. La scuola può dar vita a luoghi, forme e momenti di gioco “sano”, sviluppando e utilizzando esperienze di didattica ludica (in tutti gli ordini e gradi), sperimentando giochi volti allo sviluppo creativo e fantastico (dai giochi narrativi a quelli di ruolo ad esempio), giochi di tipo cooperativo e collaborativo che aiutino a sviluppare forme di comunicazione e di relazione basati sulla collaborazione piuttosto che sulla competizione. Giochi che possano contribuire allo sviluppo delle, cosiddette, life skills, competenze necessarie a vivere nella società di oggi in maniera sana e positiva e a gestire adeguatamente i rischi quotidiani.
L’ apprendimento digitale e digitalizzato come ambito di prevenzione
La didattica e l’apprendimento digitale non riguardano semplicemente la traslazione del metodo di lavoro da analogico a digitale: cambiano i materiali di supporto, ma il metodo rimane identico (il libro di testo digitale al posto di quello cartaceo, la LIM usata al posto dell’antica lavagna di ardesia). La tecnologia viene sfruttata come miglioramento funzionale (si usa dropbox piuttosto che accumulare fogli di carta); si riprogettano compiti e attività con modalità attuali (si presenta un progetto sul web per ottenere un feedback sullo stesso, con Google Drive è possibile lavorare su un progetto condiviso ove coesistono testi, immagini, link e video proposti da un gruppo di docenti e studenti).
Oggi le idee e il loro frutto (prodotto finale) scaturiscono da un artefatto multimediale che non è più soltanto testuale ma, se vogliamo attuare una didattica davvero digitale, occorre andare oltre la semplice “trasposizione” dal cartaceo al digitale (come spesso si fa) e sfruttare appieno le numerosissime potenzialità che realmente quest’ultimo offre.
I giovani sono “nativi digitali”, quindi, la convivenza con i nuovi strumenti didattici è necessaria anche ai fini dell’inclusione: il loro percorso di sviluppo cognitivo non vede il digitale come semplice strumento operativo, lo vede piuttosto come elemento fondante della propria dimensione personale.
Oggi, in una visione multidisciplinare e condivisa tra pedagogia, psichiatria e psicologia l’intervento preventivo dell’emergenza ludopatica va attuato anche nelle scuole, in tutti i gradi di formazione. L’uso delle nuove tecnologie innovative deve essere, però, canalizzato verso un percorso didattico che miri ad un uso corretto, esaustivo, consapevole, critico e intelligente delle stesse tecnologie: i giovani non devono, quindi, poter conoscere e utilizzare soltanto il web e i social ma è compito del pedagogista e dell’educatore indirizzarli verso un corretto e creativo uso delle applicazioni base del PC ma anche di tantissimi strumenti che interessano i ragazzi come, ad esempio, il video editing, lo sviluppo di APP, la musica digitale, la Digital Art, etc.
Si tratta, dunque, di lavorare sulla “Postura Mentale”, sull’approccio alla vita, sulla resilienza, sulle abilità e competenze critiche dell’uomo moderno e sulla sua capacità di lettura e di analisi della realtà.
Occorre urgentemente sviluppare una strategia per contrastare l’ormai diffusissimo “analfabetismo funzionale”. Urge un sostegno forte alla genitorialità. Abbiamo bisogno di politiche più puntuali e normative specifiche adeguate all’urgenza e alla gravità del fenomeno.
L’aiuto al ludopatico può pure prevedere alcuni percorsi pedagogici da attuare parallelamente alle cure psichiatriche e psicologiche:
- l’esercizio per l’allenamento delle funzioni cognitive;
- specifici percorsi motivazionali e per l’analisi della realtà;
- una guida ai processi dell’esperienza emotiva;
- un sostegno alla riprogettazione della carriera scolastica;
- la programmazione di un percorso finalizzato all’individuazione di nuove prospettive e mete;
- la consulenza e il sostegno alla famiglia.
È necessaria, in sintesi, una pedagogia di “precisione” personalizzata e specifica, speciale e specializzata, capace di affrontare la solitudine della dipendenza che non lascia spazio alla creatività, alla fantasia, all’immaginazione e crea fragilità, annienta la personalità, indebolisce la resilienza, spegne la volontà del fare, distrugge l’iniziativa e chiude l’individuo in un recinto.
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